lunedì 11 maggio 2009

Brunetta: «Mi dimetto se entro 60 giorni non passa la riforma della Pa»


Il ministro promette di raccogliere entro i prossimi due giornile obiezioni avanzate dagli altri componenti del governo


ROMA (11 maggio) - «Se entro 60 giorni non passa il decreto legislativo me ne vado». È lapidario il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta nel prefiggersi l'obiettivo di riformare la Pubblica amministrazione, in particolare nel darsi come limite massimo 60 giorni per l'approvazione del decreto legislativo che consentirà tutto questo. Lo ha detto intervenendo al convegno inaugurale del Forum PA alla Fiera di Roma in cui il ministro ha fatto un bilancio della sua attività ad un anno dal suo incarico. «Mi dimetto -ha ribadito Brunetta- se vi sarà qualche potere forte che mi blocca io me ne vado» e spiegando che rispetto ad alcune obiezioni sul decreto sollevate dai ministri Carfagna, Maroni e Tremonti su alcuni punti, Brunetta ha detto che «tra oggi e domani le obiezioni saranno raccolte il testo sarà mandato alle Camere» per poi passare di nuovo, al vaglio del Consiglio dei ministri entro 60 giorni.Nella pubblica amministrazione il contratto «ha prodotto rendita» Lo ha detto il ministro per la pubblica amministrazione Renato Brunetta rivolgendosi ai sindacati che hanno criticato il decreto delegato sulla riforma della pubblica amministrazione. «Non mi fanno fessi con parole d'ordine “viva il contratto, abbasso la legge”. Viva le regole chiare e certe». «Io sto dalla parte della gente e voglio l'alleanza dei dipendenti pubblici, dei sindacati che rappresentano i buoni lavoratori pubblici. La politica, una volta tanto, è più avanzata su questa rivoluzione: lo è di certo il mio partito ma anche l'Udc, una parte del Pd e una dell'Idv», ha detto. Quanto ai sindacati, ha rilevato Brunetta, la Cgil «è contro ferocemente, mentre la Cisl, la Uil e l'Ugl stanno a guardare. Mi sarei aspettato che un bel sindacato dicesse questo è un obiettivo comune, realizziamolo insieme speriamo che avvenga».Il ministro ha anche stigmatizzato la «pratica balorda» e i premi a pioggia. Per questo il decreto spinge sulla meritocrazia «è possibile - ha aggiunto - che fino a ieri il salario accessorio veniva dato tutto a tutti: l'esatto contrario della premialità. Una pratica balorda voluta da una cattiva politica e un cattivo sindacato. Con la parola contrattazione è passata l'ira di Dio di negatività».

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