martedì 16 giugno 2009

LA GIORNATA POLITICA

DI PIERFRANCESCO FRERE' Nell'atmosfera ovattata dello Studio Ovale, l'eco delle polemiche italiane sulle possibili "scosse" al governo deve essere suonato particolarmente distante. La calorosa accoglienza ricevuta da Silvio Berlusconi e il tono a volte informale dell'incontro hanno smentito la presunta freddezza dei rapporti tra il presidente Usa e il premier italiano. Si è trattato certamente di un successo della nostra diplomazia che aveva programmato attentamente l'agenda di un vertice che ha portato in dote a Barack Obama due obiettivi di peso come l'aumento del contingente italiano in Afghanistan e l'assenso a ricevere tre detenuti di Guantanamo sul nostro territorio. Ma per il Cavaliere il risultato più importante è stato quello d'immagine: Obama ha detto che Berlusconi gli piace come persona e ha mostrato di gradire proprio ciò che in Italia è più criticato, cioé l'approccio amichevole del presidente del Consiglio con i grandi della Terra. Naturalmente in tutto ciò pesa anche la necessità di riavviare su basi nuove il dialogo italoamericano all'indomani dell'era Bush, ma nel complesso è sembrato che sui temi chiave del prossimo G8 - come per esempio il nuovo sistema di regole finanziarie per il mondo dell'economia globale o il tema della sicurezza - ci sia una certa sintonia tra Roma e Washington. L'Italia resta un alleato strategico degli Stati Uniti. La maggioranza lamenta il silenzio dell'opposizione sulla missione americana di Berlusconi, proprio nel giorno in cui anche il caso dei voli di Stato è stato archiviato dalla magistratura. Sandro Bondi parla di evidente imbarazzo mentre sarebbe normale apprezzare i positivi risultati del summit. Lamberto Dini ha una spiegazione: sostiene che con la tesi dei complotti e delle scosse il Pd cercava semplicemente un appiglio per tornare in gioco ma l'evoluzione della situazione politica lo ha spiazzato. E' davvero così? In realtà il pronostico di nuove difficoltà per il governo (le famose "scosse") formulato da Massimo D'Alema era stato accolto con una certa freddezza dai suoi colleghi di partito. L'attacco di Roberto Maroni, il quale ha avanzato il dubbio di un collegamento tra i pericoli denunciati da D'Alema e l'insorgere di fenomeni eversivi, ha fatto esplodere i democratici: l'accusa al ministro dell'Interno é di alimentare tensioni e di fare accostamenti inaccettabili, "indecenti" dice D'Alema, soprattutto per chi il terrorismo lo ha combattuto con un tributo di sangue. Dario Franceschini chiede che Maroni ritiri le sue parole. Difficilmente ciò accadrà. La maggioranza resta convinta che ci sia stato un tentativo di destabilizzare il governo: "che qualcuno abbia preparato il 'piattino di Casoria' è ormai riconosciuto da tutti", riassume il ministro Gianfranco Rotondi. Il tentativo è stato respinto perché, come dice il presidente del Senato Renato Schifani, la maggioranza è compatta. E la Lega ha fatto quadrato. D'Alema non rinuncia tuttavia a sottolineare come il primo a denunciare un complotto internazionale sia stato proprio Berlusconi: affermazione, spiega, che tradisce l'esistenza di tensioni interne al governo e un'insicurezza di fondo. In altre parole, D'Alema si sarebbe limitato ad analizzare le parole del premier e a trarne le conseguenze. Anche a dargli credito, è il caso di aggiungere, se la previsione è di nuove "scosse". E intanto alla vigilia di ballottaggi molto importanti per il partito, nel Pd prende quota il dibattito precongressuale a dispetto degli inviti a rinviare tutto a dopo il 22 giugno.Il "caminetto" per decidere la collocazione europea ha dato il sostanziale via libera all'adesione al gruppo dell'Asde insieme ai socialisti che ne costituiranno l'ossatura portante. Franceschini avverte che la strada è ormai tracciata e che il Pd ha dato una risposta a chi lo accusava di non sapere da che parte stare in Europa. Ma alla Direzione che dovrà esprimere il voto finale, Francesco Rutelli voterà contro: a suo giudizio è un errore confluire con i socialisti nel momento di massima crisi del Pse. Oltre ai rutelliani, anche i liberal di Enzo Bianco e Paola Binetti sono contrari. Perplessità sono state espresse anche da Beppe Fioroni, ma la grande maggioranza è con Franceschini. L'Udc ha fiutato l'aria e con Lorenzo Cesa lancia un invito: democratici cristiani, riformisti e liberali si ritrovino insieme nella costituente di centro. pierfrancesco.frere@ansa.it

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