venerdì 4 settembre 2009

Il precariato è una piaga di cui non è responsabile la Gelmini ma i sindacati


Ci risiamo. Sta per iniziare l’anno scolastico e la scuola italiana entra di nuovo in fibrillazione. Questa volta i protagonisti sono i cosiddetti “precari”. Alcuni di loro si incatenano a Milano, altri si mettono in mutande a Roma, altri ancora salgono sui tetti a Benevento, chiamando a far loro compagnia anche il segretario del PD Dario Franceschini. Sotto tiro, manco a dirlo, il famigerato Ministro Gelmini. La Cgil è durissima nei suoi confronti: “Il governo si disinteressa di 25000 precari della scuola che rimangono senza lavoro e senza salario per colpa dei tagli alla scuola pubblica”. Secondo il segretario nazionale della Cgil scuola, Mimmo Pantaleo, il Ministro si occuperebbe d’altro, baloccandosi con “proposte che calpestano la nostra Costituzione, come quella di finanziare allo stesso modo le scuole statali e quelle paritarie” (che tristezza, ragazzi). Questo almeno è quanto viene riportato da “Repubblica”, la quale da due giorni sembra essersi affezionata non poco alla “strage” di precari che sarebbe stata messa in atto dalla Gelmini.
Premesso che quando c’è di mezzo il lavoro, c’è di mezzo la vita delle persone e che quindi non è proprio il caso di scherzarci sopra o di farne un pretesto per attaccare chicchessia, siamo di fronte alla replica di una tragedia (i precari in mutande potrebbero in verità trasformarla in farsa), della quale la scuola italiana sembra non vedere la fine. Il precariato purtroppo l’assilla da molto tempo; per comprenderlo e per arginarlo, si dovrebbe forse riflettere un po’ più a fondo sulle cause che l’hanno generato, tra le quali troviamo soprattutto il sistema di reclutamento; ma non sempre coloro che si occupano di scuola, specialmente i sindacati confederali, sembrano propensi a farlo. Aver ingrossato le graduatorie degli “abilitati”all’insegnamento, con la speranza di farli scivolare verso il ruolo a tempo indeterminato sulla base di alchimie sindacali circa la composizione delle cattedre, anziché in base al numero effettivo degli alunni: tutto ciò ha creato i problemi di sovrannumero con i quali ci troviamo a fare i conti. In ogni caso, mi sembra opportuno ricordare che il famoso “Quaderno bianco sulla scuola”, pubblicato nel 2007, nel quale si affermava che “l’elemento dominante della maggior spesa pubblica per studente della scuola italiana si conferma il rapporto insegnati/studenti”, auspicando la “diminuzione di un punto” in tale rapporto che avrebbe determinato “una riduzione di circa 70.000 unità nel fabbisogno insegnanti”; questo quaderno, dicevo, porta la firma dei Ministri Fioroni e Padoa-Schioppa, non della Gelmini, la quale si è limitata semplicemente, e, diciamolo pure, giustamente, a farne propri alcuni criteri che, come ebbi a dire a suo tempo, mi sembravano e mi sembrano impeccabili.
Il precariato, lo ripeto, è senz’altro un problema; quando poi si resta senza lavoro è un vero dramma; sarebbe però imperdonabile se ne facessimo semplicemente un pretesto per alimentare vecchie strategie di gestione sindacale della scuola che sono le principali responsabili della situazione nella quali oggi ci troviamo.

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