sabato 3 aprile 2010

Tra Berlusconi e Fini la pace passa per il presidenzialismo


Nella «Yalta del centrodestra» il Cavaliere vuole per il cofondatore la «delega» sulla forma di governo

Dopo il successo alle Regionali si prepara la «Yalta del centrodestra». Certo, i leader di Pdl e Lega non avranno da spartirsi il mondo - come i vincitori della Seconda Guerra - ma se davvero mirano a «cambiare l’Italia» in mille giorni, devono trovare rapidamente un compromesso sulle riforme, spartendosi le aree di influenza.


Così il Cavaliere si prepara all’incontro con Fini: perché se è vero che il berlusconismo si fonda sulla «rivoluzione » del fisco e della giustizia, e se Bossi punta alla realizzazione del federalismo, resta da capire cosa intende fare l’altro «cofondatore» del Pdl con il presidenzialismo. È la domanda che Berlusconi porrà all’inquilino di Montecitorio, siccome quel sistema è sempre stato un obiettivo della destra, di cui Fini è il naturale azionista di riferimento.


Serve una «Yalta» al premier, è il metodo che ha deciso di adottare per realizzare il suo progetto e soddisfare le aspettative suscitate nel Paese. Il voto lo ha rafforzato, ma la sponda di Fini è necessaria, perciò deve capire se anche l’ex leader di An ha maturato la convinzione che una fase si è chiusa. Sciolto il nodo, chiederà al presidente della Camera di farsi «parte attiva» della stagione riformatrice, invitandolo — se crede— ad innalzare la bandiera del presidenzialismo.
Secondo il Cavaliere, Fini può farlo senza che tutto ciò confligga con il suo ruolo istituzionale e tanto meno con le sue idee. Anzi, proprio la sua veste attuale e il suo retroterra culturale garantirebbero al presidente della Camera di ritagliarsi uno spazio politico di prima grandezza, e offrirebbero maggiori probabilità di successo nella difficile sfida.


Ecco perché Berlusconi lo vuole «parte attiva», «e Gianfranco — dice Gasparri — dovrà decidere se marcare un territorio che storicamente è della destra. Sono convinto che lo farà. Anche se sorprese un po’ tutti nelle scorse settimane, quando parve prendere le distanze da Berlusconi che aveva rilanciato il tema. Bisogna capire se si trattò di prudenza istituzionale o di freddezza politica». È quanto vuole capire il Cavaliere, che ha messo da parte l’irritazione di quei giorni, ricordata al vertice del Pdl di mercoledì: «Rimasi colpito. Almeno su questo punto non pensavo si distinguesse. Ora spero che condivida il progetto e si impegni in prima persona». Si è mostrato sincero il premier, che certo non cela la propria diversità quasi antropologica da Fini. Ma il suo intento è disinnescare ogni mina di qui in avanti, perciò si propone con spirito ecumenico: «Anche perché ci sarebbe gloria per tutti».


Nella logica di una «Yalta di centrodestra », dopo il colloquio tra i «cofondatori » è previsto l’avvio della fase successiva. Tra fine aprile e inizio maggio saranno i gruppi parlamentari di maggioranza a presentare il progetto di legge di riforma costituzionale, con annessa opzione presidenzialista. Saranno «testi aperti», spiega Cicchitto, dato che l’intento è di aprire il gioco all’opposizione: «Ma ovviamente si andrà oltre la bozza Violante—precisa il capogruppo del Pdl — nel quadro di un sistema bilanciato che contempla anche il federalismo».


Il Cavaliere è pronto. E secondo il «finiano » Bocchino «lo è anche il presidente della Camera. Lui vuole il presidenzialismo, l’otto aprile ne parlerà al convegno organizzato da FareFuturo sul sistema francese». Proprio il modello su cui sta lavorando il ministro leghista Calderoli. Insomma, l’intesa sembrerebbe— sembrerebbe—possibile, se è vero che Bocchino aggiunge: «Berlusconi dovrà far poggiare la trave del nuovo ordinamento costituzionale sui due pilastri cari alla Lega e alla destra». Il confronto con l’opposizione avverrà sul disegno di legge messo in cantiere, e che sarebbe frutto di un’operazione di ingegneria legislativa: il Pdl ha infatti recuperato dai lavori della Bicamerale guidata da D’Alema il testo su presidenzialismo e federalismo, unendolo agli articoli sulla riduzione del numero dei parlamentari e sul superamento del bicameralismo inseriti nella «bozza Violante». «Sono progetti che il centrosinistra ha già votato », dice Bocchino: «Se cambiasse posizione, allora saremmo legittimati ad andare avanti da soli».


Ma prima di muoversi Berlusconi attende che Fini garantisca di farsi «parte attiva». «Questione non irrilevante », a detta di Quagliariello: «Senza l’appoggio sostanziale del presidente della Camera, il progetto si arenerebbe ». Con il suo appoggio, però, muterebbe il rapporto del Pd con Fini. Chissà se è anche questo l’intento del premier. Ora però si tratta di capire quale sarà — se ci sarà — il compromesso tra i «cofondatori», perché più volte l’ex leader di An ha detto di essere «un convinto presidenzialista. Ma presidenzialismo non significa "un uomo solo al comando"...». Serve una «Yalta» a Berlusconi, che è convinto di arrivare allo stesso obiettivo comunque: per legge o per via elettiva. In fondo, con l’attuale Costituzione, già oggi il capo dello Stato assegna l’incarico di presidente del Consiglio, nomina i ministri, scioglie le Camere, sceglie parte dei membri della Corte Costituzionale, è capo delle Forze Armate, presiede il Csm, ne stabilisce l’ordine del giorno...

Di Francesco Verderami Il corriere della sera Sabato 3 aprile 2010

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