giovedì 27 agosto 2009

Carceri, Alfano: Sovraffollate da stranieri, Ue intervenga


Roma, 26 ago (Velino) - Nelle carceri italiane “ci sono oltre 63mila detenuti. Oltre 20mila sono stranieri, il che vuol dire che le carceri italiane sono idonee a ospitare i detenuti italiani. Con l'aggiungersi degli stranieri agli italiani si supera la capienza regolamentare ma anche quella tollerabile. Ho fatto un appello all'Ue”. Così il ministro della Giustizia Angelino Alfano che oggi ha partecipato al Meeting di Rimini a un dibattito sulla giustizia con il vice presidente del Csm Nicola Mancino. Secondo il Guardasigilli l'Ue “non può da un lato esercitare sanzioni e dall'altro chiudere gli occhi sul fenomeno del sovraffollamento carcerario che deriva dalla presenza di detenuti stranieri. Un fenomeno a cui la Ue deve prestare attenzione, facendosi promotrice di trattati o dando risorse economiche per costruire nuove carceri agli stati più interessati dal problema eri. Noi non intendiamo procedere sulla via seguita per 60 anni dalla Repubblica: trenta provvedimenti di indulto per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri”, in tal modo “si fanno uscire ogni due anni 30mila detenuti ma il problema non si risolve mai”. A questo proposito l’esponente dell’esecutivo ha poi ribadito che “non ci saranno nuovo indulti: lo dico chiaramente da un anno. Noi – ha aggiunto - puntiamo sulla realizzazione di nuove carceri e sul lavoro in carcere per abbassare la recidiva”.
Alfano ha poi toccato alcuni temi legati alla giustizia a partire dal rapporto politica-magistrati: avanti con le riforme, “partendo da due principi equivalenti”: “l'autonomia e l'indipendenza della magistratura e il fatto che i magistrati sono soggetti solo alla legge, che viene fatta dal Parlamento”. “Serve che tutti si rendano conto del proprio perimetro di azione – ha sottolineato -. Il Parlamento è sovrano e approva le leggi. Quelle leggi i magistrati le devono applicare. Noi non vogliamo interferire rispetto ai principi sacri di autonomia e indipendenza della magistratura”. Indipendenza che deve essere “esterna”, ma anche “interna”. Il Guardasigilli ha ricordato il primo incontro avuto con il Consiglio superiore della magistratura dopo il proprio insediamento: “Il vicepresidente Mancino - ha raccontato - per facilitare il lavoro ha proposto che parlasse un magistrato in rappresentanza di ciascun gruppo. Si è presentato il primo, dicendo che parlava a nome di Tizio e Caio di Magistratura democratica, poi quello che parlava per Magistratura indipendente, poi quello di Unicost e così via. Mi sono sentito in Parlamento, bonsai ma in Parlamento”. Alfano ha aggiunto: “Si parla di indipendenza e autonomia della magistratura riferendosi all'indipendenza esterna, e questa è sacrosanta, ma si parla poco del problema dell'indipendenza interna: deve essere impossibile che un leader di una corrente chiami un magistrato di periferia e che dia un input che possa segnare un giudizio o un tracciare un solco giurisprudenziale. Sono due rischi uguali - ha concluso - ma si parla solo del primo”.
Quanto al rapporto con l’opposizione in tema di riforme, dal ministro è arrivata “disponibilità al confronto” e “una grande buona volontà”, “purché l'approdo sia una decisione confortata da una maggioranza superiore da quella uscita dalle urne e non un infinito e inconcludente 'bla bla bla'. Vogliamo provare davvero a fare una riforma della giustizia che abbia il consenso più largo possibile”. Il primo anno di legislatura, ha ricordato, ha visto due “importantissimi provvedimenti”: il pacchetto antimafia e la riforma del processo civile. “Su questi due ambiti è stato possibile procedere senza grandi scontri né lacerazioni. Proveremo a fare altrettanto anche nell'ambito del processo penale e delle riforme costituzionali in materia di giustizia”. Ma il Pd “abbia il coraggio e la forza di sganciarsi da Di Pietro. Un anno fa c'era un governo ombra con cui dialogare, poi il governo ombra è caduto, mentre quello vero è ancora qua. La fase di transizione nel Pd non è ancora terminata: c'è un dibattito congressuale e, nelle more, si insulta Berlusconi. Le nostre tesi sono chiare, il Pd deve sganciarsi da Di Pietro e dire che al centro del sistema giustizia deve esserci l'uomo e il cittadino”.

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