martedì 2 novembre 2010

Il paradosso campano (Di Curzio Foghini)

La scorsa settimana seguii un porta a porta fino alla fine perché m’interessava.
C’era Nicola Cosentino.
Mi rallegrai quando Cicchitto disse a De Magistris: “se fossi portato in giudizio e ci
fosse lei come inquirente non potrei far altro che preoccuparmi”. Finalmente! Un
deputato del Pdl che dice di non aver fiducia nei magistrati e quindi nella giustizia
da loro amministrata. Quando cominceranno tutti a dire questo e non la solita
frase ipocrita di credere nella giustizia e che questa deve fare il suo corso?
Un campione di tartufismo fu, nella stessa trasmissione, il signor verginiello
Tabacci che, seraficamente, disse di essersi sottomesso alla giustizia quando fu
inquisito, ma che dopo 7 anni, nel 2001, finalmente poté riprendere la sua attività
politica dopo essere stato riscontrato “verginiello”. Ma pensa il signor verginiello che
questo gli sarebbe stato possibile senza Berlusconi?
Ma veniamo al punto, la Regione Campania, e raccontiamo la favoletta per i
bambini.
Once upon a time fu eletto un presidente di nome Rastrelli, appartenete ad An e
quindi fascista. Non importa se il fratello gesuita era parroco della chiesa del Gesù
Nuovo dove aveva creato un centro antiusura per aiutare i piccoli commercianti. A
questo il fratello presidente contribuiva con la donazione del proprio emolumento
politico, che cretino direte voi rispetto a quelli che vennero dopo. Ma era fascista. In
Campania i migliori lo subirono per tre anni, ma alla fine ebbero la meglio e lo fecero
dimettere. Le elezioni portarono al potere Antonio da Afragola che mi fu molto
simpatico perché era il bersaglio di due comici napoletani, tali D’Angiò e Rizzo
(quello che oggi è in TV e fa le fictions) che lo bersagliavano elegantemente a Canale
21. (Giova fare una postilla per dire che quello che facevano i due comici allora era a
quota stratosferica rispetto a quello che fanno oggi i laidi cialtroni che occupano la RAI:
Littizzetto, Crozza, Vergassola, Dandini, Travaglio (ma è un comico?) ecc. che è poco più
di merda. Superiorità delle TV locali rispetto a quella di stato.).
Passarono due o tre anni da che Antonio aveva occupato Palazzo S. Lucia, che la
magistratura ritenne di mandare a Napoli dalle Calabrie il Procuratore capo Agostino
Cordova. Era un incrocio tra un cinghiale ed un bulldog e aveva un occhio
appannato. Non era insomma un bell’uomo come “Corvo Bianco” che si era fatto
onore in quel di Palermo, così dicono. Il nostro era uno che con il grifo voleva
grugnire a destra e a sinistra e questo non piacque ai cinghialotti che lui doveva
guidare nei prati verdi della malavita campana.
Successe il finimondo, i cinghialotti volevano seguire le loro inclinazioni e
preferivano nutrirsi delle erbe e tuberi che più piacevano loro e non andare a
grufolare dove veniva loro indicato dal nuovo venuto. In poco più di un anno questi
venne trombato per “incompatibilità ambientale” e mi sembra che fosse destinato al
servizio penitenziario, ma non ricordo bene. Così si ribadì il principio, come altre
volte era stato fatto che “all’intero della magistratura se il mio capo non mi è gradito
faccio di tutto per togliermelo dalle palle pur di fare il mio comodo”, principio che,
fortunatamente, non vale in altri settori della vita pubblica e privata. Oggi i
cinghialotti strillano come aquile cui strappano le penne dal culo, perché vogliono
continuare a fare i cavoli propri.
Antonio d’Afragola ebbe un sospiro di sollievo e con i suoi scagnozzi, finalmente
con le mani libere, poté fare, come si dice a Napoli, “carn’ ‘e puorco”.
Ma cosa fece o meglio cosa non fece? Dove ritenne di aver la scusa delle mani
legate dall’ipoteca ambientalista del pecoraio e dalla camorra non fece niente e quel
poco che fece le fabbriche delle ecoballe, grossi cioccolatoni di pattume, insieme alla
Fibe, gli avrebbe meritato l’evirazione, o se si vuole essere più indulgenti la
reclusione nella torre della muta e la damnatio memoriae. I cinghialotti tentarono
d’incastrarlo, ma un compagno che sbaglia deve essere guardato con comprensione
ed indulgenza, si può sempre ravvedere e quindi si deve dargli tempo. Quello che
accertarono e scrissero fu che, non essendo Antonio un tecnico, non era
responsabile di quello che aveva fatto o meglio di quello che altri gli avevano fatto
firmare. E qui c’è il concentrato massimo della logica de magistrati che fa a pugni
con quella del comune buon senso. Di fronte all’evidenza di mucchi di ecoballe
ammucchiati in mastabe, (perché la regione campana ha una forte vocazione
archeologica, voleva emulare gli egiziani di un tempo che ci avevano lasciato quei reperti
archeologici) che si moltiplicavano a dismisura nel territorio, dei quali non si sapeva
cosa fare, se non che di spedirli in Germania, situazione di per se illogica, assurda e
paradossale per il buon senso comune, ma non per la logica del nostro e dei giudici
che lo dovevano giudicare, di fronte alle diatribe infinite partorite dalla sindrome del
nimby, dissero che non essendo un tecnico Antonio d’Afragola non era responsabile.
Ma come dico, il nostro non avrà avuto conoscenze tecniche, ma un po’ di comune
buon senso si. Ma la logica superiore del potere giudiziario è insindacabile e
per il futuro siamo certi che governerà questo paese.
Torniamo però al nostro Antonio d’Afragola. In altri campi dove aveva le mani più
libere cercò di intrallazzare forse un po’ troppo. Per questo gli amici cinghialotti non
poterono non annusare qualche altro tartufo un po’ grosso e profumato. Le azioni
furono intraprese, ma si diressero tutte verso scagnozzi di secondo piano, le altre
verso Antonio furono strascicate per le lunghe fino ai giorni nostri e chi sa per
quanto tempo ancora.
Ma i cinghialotti non potevano farsi capaci che tutto fosse riconducibile ad
Antonio da Afragola per questo cercarono di trovare altri tartufi. Il tempo era
passato e si avvicinavano le elezioni regionali. La montagna di pattume, che aveva
sommerso Napoli come un’eruzione del Vesuvio, era stata troppo grande e si correva
il rischio che travolgesse tutta la congrega di potere che si era costituita in
Campania. Allora i cinghialotti si diressero contro chi, a livello regionale, poteva
rosicare consensi che non sarebbero stati dalla parte di Antonio e why not se non
verso il duca di Benevento e la sua consorte? Ci provarono due volte: la prima lo
costrinsero a dimettersi da guardasigilli e la seconda, per questioni di
raccomandazioni, rispolverarono la pena dell’esilio per la consorte in un impeto di
giustizia creativa.
Questo però non poteva bastare per assicurare continuità di potere e poiché, per
quasi 20 anni con il passo felpato della pantera rosa, i cinghialotti avevano
attenzionato tutti gli emergenti politici locali del centro destra, appena uno di questi
si propose come candidato alla regione Campania lo stroncarono spolverando tutto
quello che sapevano di lui, accumulato in tanti anni d’attenzioni mirate che il
reprobo cinghialone trombato voleva impedire o limitare. Non importava che le
risultanze fossero irrilevanti bisognava alzare il tiro e richiedere l’arresto per fare un
pò di casino, tanto poi i tempi del processo sarebbero stati lunghi a sufficienza per
far passare “’a nuttata” ossia le elezioni e nell’eventualità che il processo avesse
fatto la fine di quello di Andreotti nessuno dei cinghialotti avrebbe pagato.
Morale della favola. La logica superiore dei “superiori” della magistratura non è
in sintonia con quella comune che con il detto “propter hoc ergo post hoc” ha
consentito fino ad oggi lo sviluppo delle normali relazioni umane. Le
responsabilità politiche non esistono più se il politico è di sinistra. A chi è di
destra gli si dice attenzione tu non sei fit e quindi stai buono se non vuoi andare in
galera.
Ora miei cari Berlusconi ha resistito a lungo a questo tipo di logica perché aveva
spalle e disponibilità larghe. Ma nel futuro un ominicchio del centro-destra con
poche possibilità materiali chiederà solo voti per mantenere il proprio status di
parlamentare e vivacchiare a Montecitorio e quindi la possibilità di incidere sulla
struttura economica del paese e migliorare le speranze per le generazioni future sarà
azzerata.
Curzio Foghini

P.S. Ora che il problema "munnezza" è tornato alla ribalta è ritornato di attualità.L'Unità fa il count down per vedere se Berlusconi ce la farà. Ma chi tifa contro Berlusconi tifa per la camorra.E' patente che è la camorra che impedisce la raccolta differenziata nei quartieri periferici di Napoli ed è sempre la camorra che strumentalizza le proteste dei cittadini della cintura vesuviana e di Giugliano. Sotto un certo punto di vista hanno ragione. Se si guarda bene ogni tanto ci fanno vedere le mastabe fatte da cioccolatoni di munnezza. Di queste ce ne stanno tante nella pianura a nord di Napoli un tempo vocata all'agricoltura, che sono il lascito di 10 anni di Antonio di Afragola e di Alfonso pecoraio. Si aggiunga l'ignoranza e la propensione all'ammuina così il quadro è completo per rappresentare una situazione da terzo mondo.Conosco Napoli perché vi ho lavorato agli inizi della mia carriera 52 anni fa e mia moglie è napoletana. Entrambi ci rosichiamo le mani.

Curzio Foghini

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