martedì 17 agosto 2010

PERCHE’ CREDIAMO NEL POPOLO DELLA LIBERTA’





Due anni di crescenti contrapposizioni all'interno del Pdl sono culminati con la riunione dell'Ufficio di Presidenza che ha approvato il documento di censura nei confronti di Gianfranco Fini e deferito ai probiviri tre parlamentari aderenti al PdL.Questo episodio, com'era prevedibile, ha scatenato l'accelerazione politica che ha portato alla nascita del gruppo Parlamentare "Futuro e Libertà" e alla violenta campagna politica contro il Presidente della Camera lanciata dai giornali più vicini al centrodestra.Per chi, come noi, è entrato nel PdL insieme a Gianfranco Fini - condividendo una decisione da lui assunta in prima persona - dopo decine di anni di battaglie comuni all'interno della destra politica, non si tratta di una vicenda entusiasmante né di un passaggio politico da sottovalutare sul piano umano come su quello politico.Non ci interessa in questa sede entrare negli innumerevoli scontri polemici che stanno contrassegnando quest'estate, ma compiere un'analisi politica ed ideologica che dia fondamento alla nostra scelta di rimanere all'interno del Popolo della Libertà e a fianco di Silvio Berlusconi, a prescindere da qualunque comprensibile reazione emotiva e da ogni forma di semplice opportunismo politico.Noi nel Popolo della Libertà ci crediamo realmente. Questo partito politico nasce da una necessità storica e si fonda su una sintesi politico-culturale la cui importanza diventa sempre più evidente nel corso del tempo.Dopo decenni di emarginazione e di auto-ghettizzazione nella prima Repubblica, la destra doveva uscire dall'isolamento, liberandosi da ogni scoria nostalgica e autoritaria, per diventare determinante nella vita politica e nel governo dell'Italia.Questa necessità si è risolta nell'incontro fra Alleanza Nazionale e Forza Italia e nella nascita dei governi di coalizione della Casa della Libertà. Ma, segnatamente in quel periodo, è emersa con chiarezza la progressiva sovrapposizione dei ruoli e dei contenuti politici di questi due Partiti: Alleanza Nazionale, proprio sotto la spinta dei numerosi "strappi" di Fini, veniva percepito come un partito sempre meno di destra e sempre più proteso – spesso in modo confuso - verso istanze di tipo liberale, mentre Forza Italia ha cessato quasi subito di essere un "partito liberale di massa" facendo propri contenuti di tipo identitario, tradizionalista e popolare.La sovrapposizione tra An e Fi era giunta a dei livelli così paradossali da registrare vicinanze e lontananze tra i diversi esponenti politici, alleanze e conflitti, totalmente indipendenti dall'appartenenza a uno di questi due Partiti. Queste trasversalità erano evidenti soprattutto in Alleanza Nazionale dove il maggior tasso di elaborazione ideologica e il minor grado di adesione fideistica alla leadership, facevano emergere crescenti contraddizioni e difficoltà nell'elaborare una specifica linea politico-programmatica. Se vogliamo, queste contraddizioni erano figlie lontane delle antiche correnti ideologiche del Msi, dove tendenze sociali ed estremismi liberisti, spinte stataliste e cultura comunitaria, sono spesso entrati in conflitto pur nell'ambito ristretto di un partito piccolo ed isolato.Era quindi necessario e indifferibile abbattere la barriera divisoria tra due partiti "contenitore" quali erano diventati An e Fi. D'altra parte è molto preferibile costruire la sintesi politico-programmatica del centro-destra all'interno di un unico partito, dove non si possono produrre quelle contrapposizioni strumentali che nascono dalla concorrenza elettorale di più formazioni all'interno dello stesso schieramento politico.Le prospettive che si aprono all'interno del Popolo della Libertà sono realmente entusiasmanti. Dalla reciproca contaminazione di ciò che stanno via via elaborando le diverse personalità che oggi siedono nel Governo o che dirigono le tante fondazioni fiorite in questi anni, emerge l'unica autentica sintesi di valori, di idee e di riforme in grado di costruire un progetto-paese all'altezza delle sfide della Globalizzazione.Usando vecchie categorie politiche, potremo perfino dire che il Popolo della Libertà oggi si colloca più "a destra" dell'ultima fase di Alleanza Nazionale, dove già emergevano le contraddittorie istanze radical-libertarie che hanno sempre più caratterizzato il percorso politico di Gianfranco Fini.E qui veniamo all'esito della scissione che di fatto si è prodotta dopo l'ultima riunione dell'Ufficio di Presidenza. Attorno al Presidente della Camera si è riunito un gruppo di parlamentari in larga parte già raccolto nelle associazioni e fondazioni della cosiddetta "area finiana". Sottolineiamo questo aspetto per evitare di ridurre il significato di questa aggregazione ad una semplice reazione contro la pesante censura che l'Ufficio di Presidenza ha voluto infliggere a Gianfranco Fini."Futuro e Libertà" riproduce in buona parte le contraddizioni presenti nel contesto di Alleanza Nazionale, e quindi appare in bilico tra un percorso politico di posizionamento all'interno del centro-destra e una convergenza con altre aree centriste che da tempo si sono messe in contrapposizione con Silvio Berlusconi. Sembrerebbe più probabile la seconda ipotesi, come risulta dalla scelta di espungere dal nome del nuovo gruppo tutti i concetti caratterizzanti "a destra" (il richiamo alla sigla di An, la parola "nazione", il valore del popolarismo, per non parlare della parola "destra") per affidarsi a termini generici come "futuro" e "libertà". Più ancora, l'elemento che sembra caratterizzare molti degli appartenenti al gruppo (con le solite debite eccezioni) è una crescente diffidenza verso i valori fondanti dell'identità e della tradizione, che invece assumono sempre più peso all'interno delle elaborazioni e delle proposte del Pdl.In ogni caso, come ai tempi di Alleanza Nazionale e Forza Italia, il principale riferimento che porta a dividersi non è politico ma personale: la contrapposizione tra la leadership di Gianfranco Fini e quella di Silvio Berlusconi. Chi proviene da Alleanza Nazionale ha molti motivi storici e personali per essere legato al Presidente della Camera e tanti tra noi speravano che si creasse una naturale successione tra Berlusconi e Fini. Ma dal punto di vista politico nessuno può dimenticarsi che il principale protagonista della storia recente del centro-destra è stato ed è Silvio Berlusconi, senza il quale sarebbe obiettivamente difficile immaginare la nascita dello schieramento in cui stiamo operando ormai da sedici anni. L'investitura popolare si è sempre raccolta attorno al Presidente del Consiglio che, nonostante difficoltà e ostacoli di ogni tipo, ha guidato fin dall'inizio il principale partito del centro-destra. Da tutto questo non si può prescindere se si crede nella storia stessa del centro-destra italiano e se si misurano i catastrofici risultati di tutti i tentativi (compreso "l'Elefantino" dell'alleanza tra An e Segni) di creare alternative alla leadership di Silvio Berlusconi.Peraltro, accorgersi solo ora, dopo sedici anni, che il Presidente del Consiglio avrebbe un concetto della politica "aziendalista" e "personalistico" suona francamente tardivo e pretestuoso.Oggi non siamo in grado di dire dove andrà a parare "Futuro e Libertà", ma se esaminiamo le linee di tendenza che caratterizzano da tempo l'azione politica di Gianfranco Fini, dobbiamo temere l'accentuazione di quei caratteri di cosiddetto "patriottismo costituzionale", che portano al superamento dei valori di identità e di tradizione, a scegliere il politically correct in materie delicatissime come l'immigrazione e il rapporto con l'Islam presente in Europa, fino ad accostarsi alle forme di un radicalismo liberal e di un giacobinismo giustizialista ed anticattolico. Ne costituiscono conferma non solo le ricorrenti prese di posizione dei parlamentari e degli intellettuali "finiani" a favore di leggi ostili alla vita e alla famiglia naturale, ma anche l'aver proposto una riedizione del "professionismo dell'antimafia" e del giustizialismo come strumenti di lotta interna al centro-destra.

Tutto ciò rischia di allontanare la nuova aggregazione dalle ragioni politiche del centro-destra per avvicinarla pericolosamente ad una area indistinta che va dalla sinistra al centro moderato.Ci auguriamo che non sia così e che Gianfranco Fini e "Futuro e Libertà", nonostante tutto, trovino modo di rimanere all'interno del nostro schieramento per esercitarvi una funzione positiva e creativa, riportando la loro ansia di "rinnovamento" nell'alveo dei valori e dei progetti del centro-destra italiano.In ogni caso il nostro compito è profondamente diverso. Noi dobbiamo lavorare all'interno del Popolo della Libertà per farlo crescere politicamente, culturalmente e sul piano organizzativo, per non sciupare un'occasione storica di superamento definitivo della contrapposizione fra il centro e la destra.La difficile situazione in cui vive il nostro Paese, la crisi globale che sta mettendo in discussione i fondamenti stessi del " Pensiero unico mercatista", ci obbliga a lavorare per fare emergere una agenda di riforme chiare e profonde, di segno completamente opposto alla cultura radical-progressista che domina il nostro Paese dalla fine degli anni sessanta.Noi giudichiamo le difficoltà che sta vivendo il Popolo della Libertà come la naturale crisi di crescita di un soggetto politico appena costituito, che deve organizzarsi in modo partecipativo e democratico per non dipendere unicamente dal proprio fondatore e per proiettarsi verso il futuro.E' necessario convocare i congressi comunali e provinciali del Pdl per superare definitivamente, partendo dalla base del partito, la logica delle "quote" di provenienza e per far emergere nei ruoli dirigenziali il personale politico più meritevole e rappresentativo. Al rinnovamento della classe dirigente locale deve corrispondere un rafforzamento della struttura centrale, per arrivare rapidamente al pieno funzionamento dei Dipartimenti e delle Consulte e alla convocazione sistematica e puntuale di tutti gli organi politici decisionali.Il rilancio politico ed organizzativo del Pdl deve anche permettere al nostro Partito di dare risposte credibili alla "questione morale", senza cedere ai processi mediatici e al giustizialismo dell'antipolitica. Sono gli organi di Partito che devono decidere, prima di arrivare alle sentenze definitive della magistratura, quali provvedimenti assumere di fronte alle accuse che, soprattutto dalle pagine dei giornali, vengono lanciate contro nostri autorevoli esponenti. Attorno a queste scelte si deve compattare tutto il Popolo della Libertà proprio per evitare che siano talune Procure e taluni organi di informazione a dettare la nostra agenda politica e le nostre priorità morali.D'altra parte, la debolezza della politica di fronte al potere giudiziario, che siamo impegnati a combattere, non deve essere un alibi per negare la necessità e l'urgenza di quella articolata riforma della macchina della Giustizia che tutti gli italiani si attendono da tempo.Dopo l'approvazione della più difficile manovra economica degli ultimi anni, l'azione del Governo e del Parlamento deve concentrarsi su un nuovo patto economico e sociale - di cui, anche grazie all'auto-isolamento della Cgil, ci sono tutte le premesse nelle rappresentanze sindacali ed imprenditoriali - per rilanciare lo sviluppo, superare la crisi e fondare una nuova giustizia sociale libera da ogni forma di assistenzialismo.L'anniversario dei 150 anni di Unità nazionale può essere l'occasione culturale per porre fine ad ogni contrapposizione tra autonomie locali ed identità nazionale, mentre l'attuazione della riforma del federalismo fiscale deve portare a responsabilizzare tutti i diversi livelli istituzionali, combattendo gli sprechi ed eliminando qualsiasi alibi per tentazioni secessioniste e conflitti tra il Nord e il Sud dell'Italia. Il Popolo della Libertà proprio per non lasciare troppo spazio alla Lega Nord, deve prendere in mano la bandiera di un federalismo solidale, profondamente radicato nella nostra identità ed unità nazionale, realmente ispirato dal principio della sussidiarietà.Ma, soprattutto, non possiamo mettere in secondo piano gli insegnamenti vitali e terribilmente attuali che ci vengono dalla nostra identità e dalla nostra tradizione, come la necessità di radicare il principio della cittadinanza nell'identità nazionale contro ogni infatuazione immigrazionista, di difendere in modo intransigente i valori della vita e della famiglia, di promuovere tutte le appartenenze comunitarie, il merito e la dignità della persona umana. Proprio in questi giorni il Presidente Sarkozy, dopo aver visto il proprio consenso precipitare verso il basso con il rischio di una rinascita del Front Nazional, ha pensato bene di tornare alle origini del proprio successo, rilanciando politiche di difesa della legalità e di contrasto dell'immigrazione e del nomadismo clandestini.Per realizzare questi obbiettivi nulla è più negativo che collocarsi ai margini dell'azione politica del centro-destra, assumendo un atteggiamento ipercritico e pessimista, offrendo oggettivamente sponde politiche agli attacchi distruttivi di un centro-sinistra che si è ridotto a vivere solo in funzione anti-berlusconiana.Il Popolo della Libertà può e deve crescere, se è necessario deve essere corretto e migliorato, nella piena consapevolezza che la costruzione del più grande partito della storia repubblicana italiana è un compito difficile e complesso.Parallelamente il governo Berlusconi deve continuare nella sua azione, senza essere sottoposto a ricatti e condizionamenti strumentali. Questa necessità e non altro, è la pietra di paragone per decidere – fatte tutte le più opportune ed approfondite verifiche politiche e parlamentari – se completare o meno questa legislatura. O si continua a governare secondo il mandato degli elettori, con una capacità decisionale adeguata al difficile periodo che stiamo vivendo, oppure è meglio andare subito a votare.In ogni caso, nessuno di noi può permettersi di rimettere in discussione un percorso politico che ormai attraversa più di sedici anni della nostra storia, per dare ragione ai teoremi ideologici e alle spinte dissolutrici di una sinistra che, ancora oggi, sogna una destra nel ghetto e un centro privo di identità e di valori.

CIRCOLI DELLA NUOVA ITALIA

Roma, 10 agosto 2010

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