domenica 2 maggio 2010

Berlusconi: Abbiamo anche fiducia dei mercati, avanti con le riforme

"Realizzeremo il patto con gli elettori, le polemiche di Palazzo non ci fermeranno"



Mentre la tesi dell’“epurazione” di Italo Bocchino non convince neanche i ‘finiani’, una volta chiuso il caso, un deciso stop alle polemiche di questi giorni lo pone il premier Berlusconi, che rilancia sui contenuti: "Controproducenti discussioni di Palazzo non fermeranno le riforme", il programma è "un patto con i cittadini e lo realizzeremo tutto", assicura, garantendo la "stabilità" del governo per i prossimi tre anni. Così il presidente del Consiglio archivia il caso Bocchino, mostrando di non accontentarsi di una "tregua", ma di mirare a ridare slancio all'azione di governo, sulla base del rinnovato patto con gli elettori e della fiducia dei mercati internazionali. In mattinata, il presidente Fini aveva offerto la sua “solidarietà” all’ex vicecapogruppo vicario, a suo avviso dimissionato “senza che ci fosse una ragione”, ma non si parli di “dittatura”, aveva avvertito cercando di svelenire il clima. Un invito non tanto alla “moderazione”, ma a “non avvelenare più le coscienze e a non seminare l’odio”. Bocchino, precisava in risposta a Fini il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, “non è stato affatto ‘dimissionato’”, ma è lui che “ha pubblicamente presentato le sue dimissioni, poi le ha ritirate e, infine, dopo l’indispensabile convocazione del gruppo parlamentare del Pdl per chiarire la situazione, le ha definitivamente ripresentate”. Lo stesso Fini, secondo quanto ricostruisce il deputato Pdl Michele Traversa, avrebbe chiesto la sconvocazione dell’assemblea del gruppo offrendo contestualmente le dimissioni “definitive” di Bocchino. “Tutto può essere tranne che un’epurazione”, ha osservato il coordinatore e ministro Ignazio La Russa: ci sono state delle “dimissioni reiterate”, avrà avuto le sue “ragioni politiche”, ma “accoglierle, secondo le sue modalità, tutto può essere tranne che una epurazione”. Anche il ministro Andrea Ronchi, uscendo da Palazzo Chigi, rispondeva “no” a chi gli chiedeva se Bocchino fosse stato epurato. E suggeriva: a parlare sia solo Fini. Per un altro ‘finiano’, il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Silvano Moffa, quelle di Bocchino sono “parole stonate”, figlie del “risentimento per una vicenda dolorosa” ed è stato “improprio”, ha osservato, chiamare in causa Cicchitto, che come capogruppo in questa vicenda non c’entrava niente.



Nonostante i toni accessi e il risentimento dell’interessato, dunque, la conclusione del caso Bocchino potrebbe effettivamente contribuire a rasserenare gli animi all’interno del Pdl, dopo che stamattina, durante il Cdm, Berlusconi ha voluto smentire di aver mai definito “traditore” Gianfranco Fini. “Siamo ancora in tempo – fa notare il coordinatore del Pdl e ministro Sandro Bondi in una nota – per riprendere la strada della costruzione di un grande partito democratico, in cui il dissenso motivato e argomentato nelle sedi giuste e nei modi più politicamente appropriati e saggi può diventare arricchimento e lievito di una crescita comune”. Sì al dissenso, dunque, ma alle condizioni già indicate dal presidente Berlusconi e nella mozione approvata dalla direzione nazionale del partito: espresso nelle sedi e nei modi appropriati, senza scantonare nel correntismo e nel logoramento. “Siamo ancora in tempo – sottolinea Bondi – per sostenere e migliorare ulteriormente l’azione del governo, con un confronto di merito costruttivo che parta dalla soddisfazione per gli ottimi risultati fin qui raggiunti. Siamo ancora in tempo per far diventare questa legislatura la legislatura delle riforme, anche grazie all’apporto positivo delle forze politiche dell’opposizione. Siamo ancora in tempo per onorare la fiducia, il consenso e la responsabilità che i nostri elettori ci hanno affidato per il futuro dell’Italia”.

Considerazioni cui si associa Fabrizio Cicchitto (“riportare il confronto nel partito”), che annuncia un progetto di legge del gruppo Pdl per abolire l’ordine dei giornalisti e sottolinea come la crisi greca renda “ancora più evidente che una politica di crescita sarà praticabile solo se verrà tagliata la spesa”. A proposito, i conti pubblici italiani si confermano in sicurezza, a giudicare da come il presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso ha liquidato (“lascio le speculazioni agli speculatori”) le ipotesi di una sorte simile a quella greca per altri Paesi del Sud Europa come Portogallo, Spagna e Italia, ma soprattutto dal successo dell’ultima asta (la prima dopo l’incendio di Atene e il declassamento di Madrid e Lisbona) dei titoli di Stato italiani – Btp e Cct – che hanno fatto registrare una domanda superiore all’offerta e rendimenti in calo. Se quindi Berlusconi può vantare la "fiducia dei mercati internazionali nell'Italia", ad agitare le acque sopraggiunge il caso Scajola, per il presunto coinvolgimento del ministro dello Sviluppo economico nell’inchiesta sugli appalti per il G8. Il Pd intima “chiarisca o si dimetta”, e l’Italia dei Valori giudica “vergognoso” il rifiuto alle sue dimissioni, ma Scajola si sente “con la coscienza a posto” ed è deciso a non lasciarsi intimidire. Mentre il ministro della Giustizia Alfano stigmatizza l’uscita di carte sottoposte a segreto istruttorio, i ‘finiani’ Briguglio e Granata chiedono di portare subito all’esame del Parlamento il ddl anti-corruzione (ricevendo il plauso dei dipietristi).

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