In questi giorni,in special modo dopo che il nostro governo a richiesto la supervisione del fondo monetario internazionale le opposizioniin generale, sostenute anche da giornali e da una certa parte del sindacato abbiano creato un po di confusione su cosa fara' nel nostro paese realmente l'fmi.
Per cercare di capire meglio cio' che succedera' vi voglio proporre un'interessante articolo dell'economista Giuseppe Pennisi esppesrto della materia che sul sito www.ilsussidiario.net quello che in realta' succede e succedera'.
Vi invito a leggerlo e a fare le vostre riflessioni sull'argomento. Luca Marinoni
Per cercare di capire meglio cio' che succedera' vi voglio proporre un'interessante articolo dell'economista Giuseppe Pennisi esppesrto della materia che sul sito www.ilsussidiario.net quello che in realta' succede e succedera'.
Vi invito a leggerlo e a fare le vostre riflessioni sull'argomento. Luca Marinoni
I
giornali di ieri 4 novembre e di oggi 5 novembre danno grande rilievo
all’annuncio di un’imminente missione del Fondo monetario internazionale
(Fmi) in Italia e la presentano come una campana a morte per il Governo
in carica. Ho una certa dimestichezza con le istituzioni finanziarie
internazionali dette “di Bretton Wods”, perché ho fatto la mia prima
carriera in Banca Mondiale. La Banca mi ha “prestato” in alcune
occasioni al Fondo per missioni e studi in cui erano di rilievo materie
(come la spesa sociale o i programmi d’investimento a lungo termine) in
cui ero particolarmente competente. Di converso, ho spesso lavorato, in
compiti specificatamente di Banca mondiale, fianco a fianco con “cugini”
del Fondo datici in prestito dallo Fmi. Le due istituzioni erano nello
stesso edificio quando il 15 settembre 1968 presi servizio in Banca
mondiale; tre anni dopo, il Fmi si fece una casa propria, ma di rimpetto
a quella della Banca.
Chiariamo alcuni punti. In primo luogo,
l’articolo IV dello Statuto del Fondo prevede almeno una missione l’anno
in ciascun Paese e consultazioni. In particolare, un bozza di poderoso
rapporto viene predisposta a Washington prima della missione, aggiornata
durante la missione (di durata, di solito, di due settimane) e
presentata al Consiglio d’amministrazione del Fondo (che si riunisce tre
volte la settimana, a differenza di quello della Banca che ha di norma
un sessione la settimana) unitamente a una “lettera d’intenti” (se del
caso) in cui il Governo del Paese in questione esprime i propri
obiettivi e programmi di politica economica. Naturalmente, le
“consultazioni” con pertinente missione diventano più frequenti se il
Paese ha seri problemi e chiede finanziamenti al Fondo. Tra il 1965 e il
1972 (smottamento e fine dell’area della sterlina) quasi ogni mese
funzionari Fmi erano a Londra, tanto che presero in affitto una
palazzina a Mayfair (che a volte utilizzai anche io nel quadro di
missioni della Banca mondiale).
In secondo luogo, i prestiti Fmi
riguardano principalmente il sostegno di disavanzi delle bilance dei
pagamenti per sorreggere il cambio o facilitarne l’aggiustamento oppure
la provvista di valuta estera per il riassetto strutturale. L’ultima
volta che l’Italia via ha fatto ricorso è stato nella crisi valutaria
della metà degli anni Settanta, parte a sua volta di un più vasto
tsunami economico mondiale dopo il crollo del regime “di Bretton Woods” e
il forte aumento dei prezzi del petrolio. Nella “congiuntura difficile”
del 1964 si era pensato a chiedere il supporto finanziario del Fondo,
ma tensioni all’interno della maggioranza fecero sì che si andò invece
alla Banca mondiale per un prestito a rapida erogazione - la quinta
linea di credito dell’istituto alla Cassa per il Mezzogiorno per
l’acquisto di macchine utensili estere per Piccole e medie imprese (si
era ancora in regime di restrizioni valutarie e controlli sui cambi).
La
situazione della bilancia dei pagamenti dell’Italia ha esposto, negli
ultimi 12 mesi, un disavanzo pari al 3,7% del Pil, un dato leggermente
superiore a quelli segnati da Spagna e Austria, ma un terzo di quello
della Grecia e non certo tale da indurre a pensare a una crisi. L’Italia
ha indubbiamente esigenza di un profondo programma di riforme
strutturali; il vincolo sono le leggi (soprattutto, l’Himalaya di norme
da abolire e le poche nuove riforme da approvare) non la disponibilità
di valuta.
In terzo luogo, la missione viene
ufficialmente “su invito della Repubblica Italiana”. È possibile che si
tratti di una mossa effettuata nella speranza di avere se non una
benedizione almeno una pacca sulle spalle. È molto più probabile che
l’invito nasconda una vigilanza più attenta, anche perché né la
Commissione europea, né la Banca centrale europea dispongono di risorse
umane ed esperienza analoghe a quelle del Fmi. In tal caso, l’esito
potrebbe essere un addendum alla “lettera d’intenti” presentata a fine
ottobre e misure più cogenti di quelle nel “maxi-emendamento” con
annessi e connessi.
Il gran fumo che si sta facendo sulla
visita dei Signori Fmi ha, però, un effetto non positivo: nasconde il
vero anello mancante nel dibattito e nella “lettera d’intenti”: il
debito pubblico. Ai titoli pari al 120% del Pil occorre aggiungere i
debiti delle pubbliche amministrazioni nei confronti di imprese,
famiglie e individui pari a un altro 6% del Pil, nonché parte del debito
previdenziale (stimato a 150%-200% del Pil, ma in gran parte già
incluso nel debito pubblico in senso stretto). Non possiamo consolidarlo
in quanto siamo parte di un’unione monetaria. Non possiamo pulirlo con
un’iniqua maxi inflazione ancora una volta a ragione delle regole
dell’eurozona. Non possiamo liberarcene con una crescita vigorosa,
perché il peso del fardello è uno degli elementi che ci frena. Non resta
che sperare che al Fmi venga qualche buona idea.
P.S. Allego di seguito il link con le attivita dell'economista autore dell'articolo
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