giovedì 27 settembre 2012

LIBERARIZZAZIONI (parte ottava) Liberalizzazione delle telecomunicazioni

Continuiamo col tema delle Liberarizzazioni.Nei precedenti articoli sull'argomento ho gia trattato la liberarizzazione del mercato del gas (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberalizzazioni-parte-prima.html),,la liberarizzazione dei carburanti (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberarizzazioni-parte-swconda.html),,la liberarizzazione delle professioni (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberarizzazioni-parte-terza.html), la liberarizzazione del trasporto ferroviario (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberarizzazioni-parte-quarta.html), la liberarizzazione dei servizi pubblici locali (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberarizzazioni-parte-quinta.html), la liberarizzazione dei servizi postali (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberarizzazioni-parte-sesta.html), la liberarizzazione del commercio e degli orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali. (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberarizzazioni-parte-settima.html).
Oggi in questo articolo affrontero' la liberarizzazione delle telecomunicazioni.


Liberalizzazione delle Telecomunicazioni








PREMESSE
Il settore delle telecomunicazioni presenta due volti divergenti. Nel mercato mobile si riscontra un soddisfacente livello di concorrenza, a cui corrispondono prezzi in continua diminuzione, inve­stimenti in crescita e un’am­pia diffusione delle più recenti tecnologie. Nel campo del fisso, viceversa, l’ex monopolista pubbli­co mantiene una posizione preponderante, a cui fanno riscontro un limitato livello di concorrenza, un’attenuata tendenza al ribasso dei prezzi, e soprattutto un accesso lacunoso all’innovazione. In conseguenza di ciò, l’Italia langue tra gli ultimi paesi in Europa nelle classifiche sulla penetrazio­ne della banda larga e ultralarga e, per converso, ai primi posti nelle graduatorie sul digital divide. E’ necessario, in primo luogo, eliminare gli ostacoli agli investimenti ed in questo senso, qualcosa di buono si è fatto, ad esempio, con le leggi 25 marzo 2010, n. 40 e 6 agosto 2008, n. 133, che semplificano le procedure in materia di opere civili. È però necessario intervenire altresì sul contesto di mercato, assicurando che gli operatori abbiano un in­centivo a competere ed investire.

PROPOSTE OPERATIVE DI RIFORMA
  • Intervento normativo che ridimensioni la portata delle disposizioni su cui i piani banda larga e NGN si fondano – l’art. 1 della legge 18 giugno 2009, n. 69 e l’art. 30 del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98 (manovra correttiva 2011) – così da limitare il potere d’iniziativa dell’esecutivo ad un più congruo ruolo di controllo.

Vedi anche:

Le nuove regole per le telecomunicazioni: il mercato delle telecomunicazioni in Italia
http://www.sistemapiemonte.it/territorio/ptcp/dwd/qdp_telecom_regole.pdf;

Telecomunicazioni: ultimo miglio libera tutti
http://www.loccidentale.it/node/114220;

La liberarizzazione diabolica dell'accesso alla rete fissa
http://www.brunoleonimedia.it/public/Focus/IBL_Focus_201_Trovato.pdf;

Tlc, presto liberarizzazione accesso rete fissa
http://www.techeconomy.it/2012/03/07/tlc-presto-liberalizzazione-accesso-rete-fissa/


venerdì 21 settembre 2012

LIBERARIZZAZIONI (parte settima) Liberalizzazione del commercio e degli orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali

Continuiamo col tema delle Liberarizzazioni.Finora abbiamo affrontato la liberarizzazione del mercato del gas (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberalizzazioni-parte-prima.html),la liberarizzazione dei carburanti (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberarizzazioni-parte-swconda.html),la liberarizzazione delle professioni (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberarizzazioni-parte-terza.html) e la liberarizzazione del trasporto ferroviario (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberarizzazioni-parte-quarta.html), e  la liberarizzazione dei servizi pubblici locali (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberarizzazioni-parte-quinta.html). Infine nel precedente articolo ho affrontato la liberarizzazione dei servizi postali (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberarizzazioni-parte-sesta.html).
In questo articolo affrontero' la liberarizzazione del commercio e degli orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali.

Commercio: liberalizzazione del commercio e degli orari di apertura e chiusura

Per quanto riguarda la liberarizzazione del commercio occorrerebbe rimuovere i vincoli che ancora oggi impediscono l’innovazione dell’impresa commerciale, e più in particolare la libertà di abbinare la vendita di beni alla fornitura di servizi ai consumatori.

Si propone quindi di estendere a tutte le attivita' commerciali di fornire liberamente ai consumatori anche servizi integrati con la propria attivita' economica commerciale.

Ora trattiamo la liberarizzazione degli orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali.

PREMESSE
A partire dal 1998, il commercio al dettaglio è stato oggetto di una graduale riforma, a corrente al­ternata, verso una maggiore libertà di scelta dell’esercente circa gli orari di apertura e chiusura dei negozi.
In particolare, il decreto legislativo n. 114/1998 ha consentito una maggiore flessibilità nella scelta, da parte dell’esercente, degli orari di apertura e di chiusura al pubblico, imponendo al tempo stesso una serie di limiti, per cui l’arco temporale di apertura e chiusura deve comunque rispettare la fascia oraria dalle ore sette alle ore ventidue, non può estendersi per più di tredici ore giornaliere e deve comunque essere fissato nel rispetto della chiusura domenicale e festiva dell’esercizio e, nei casi stabiliti dai comuni, della mezza giornata di chiusura infrasettimanale. Di diritto i negozi possono re­stati aperti i giorni festivi di dicembre e otto domeniche o festività nel corso degli altri mesi dell’an­no, mentre ogni altra deroga alla chiusura deve essere concordata tra le organizzazioni di categoria e il comune. Solo i comuni ad economia prevalentemente turistica, le città d’arte o le zone del terri­torio dei medesimi potevano godere di una maggiore libertà determinazione degli orari di apertura e di chiusura, ma sulla base di scelte lasciate alla discrezionalità degli enti territoriali di riferimento.
Tale flessibilizzazione, con la quale il legislatore statale ha affidato un ruolo di primo piano alle re­gioni e agli enti locali nella modulazione degli orari, se rispettosa della competenza regionale in ma­teria di commercio, si è tuttavia dimostrata poco coraggiosa.
Rispetto, dunque, a una certa rigidità dimostrata dalle regioni e dai comuni, il legislatore statale ha recentemente liberalizzato gli orari commerciali come misura per lo sviluppo economica, intervenendo tuttavia in via sperimentale e solo per le località inserite negli elenchi regionali dei luoghi a vocazione turistica e le città d’arte (art. 35, comma 6, decreto legge n. 98 del 6 luglio 2011, recante Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria e convertito con modificazioni dalla legge n. 11 del 15 luglio 2011).

PROPOSTE OPERATIVE DI RIFORMA
La riforma che si propone estende la liberalizzazione avviata in via sperimentale per le località a vo­cazione turistica e le città d’arte a tutti gli esercizi commerciali, ovunque ubicati.
Le ragioni sono molteplici.
Il costo delle rigidità italiane nella distribuzione commerciale è pari a 930 euro all’anno per famiglia. Complessivamente, il permanere di una struttura antiquata pesa per 23 miliardi di euro, pari al 2,5 per cento dei consumi totali delle famiglie (fonte: Cermes-Bocconi). Inoltre, un recente sondaggio di IPSOS su un campione di 1000 persone (margine di errore compreso fra +/- 0,6% e +/- 3,1) rivela che 8 italiani su 10 sono favorevoli alla liberalizzazione del commercio.
Occorre dunque che lo Stato recuperi, in virtù della sua competenza esclusiva in materia di concor­renza, l’occasione di liberalizzare il commercio come segnale, ancorché piccolo, di scossa all’econo­mia e allo sviluppo e come risposta alle esigenze di vita dei consumatori, specie nelle grandi città, dove i ritmi quotidiani più serrati rendono difficile anche solo comprare i generi alimentari.
L’intervento normativo necessario per attuare la presente proposta è assai semplice e richiede sol­tanto due passaggi, l’abrogazione dell’attuale deroga ai limiti agli orari di apertura e chiusura e agli obblighi di chiusura festiva solo per gli esercizi commerciali ubicati nelle località turistiche e nelle città d’arte; e, contemporaneamente, l’estensione del medesimo regime a tutti i comuni italiani.

Link utili:

Saldi: storia di un'assurdita' italiana   (IBL)
http://brunoleonimedia.servingfreedom.net/BP/IBL_BP_108-Saldi_Commercio.pdf;

Liberarizzazioni: L'esempio del commercio
http://denaro.it/blog/2011/12/21/liberalizzazioni-l%E2%80%99esempio-del-commercio/;

Liberarizzazione del commercio: 8 italiani su 10 favorevoli
http://www.chicago-blog.it/2011/07/13/liberalizzazione-del-commercio-8-italiani-su-10-favorevoli/;

Basta saldi, largo alla liberarizzazione del commercio
http://www.manageronline.it/articoli/vedi/5429/basta-saldi-largo-alla-liberalizzazione-del-commercio/

 


lunedì 17 settembre 2012

LIBERARIZZAZIONI (parte sesta) Liberalizzazione dei servizi postali

Continuiamo col tema delle Liberarizzazioni. Finora abbiamo affrontato la liberarizzazione del mercato del gas (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberalizzazioni-parte-prima.html),la liberarizzazione dei carburanti (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberarizzazioni-parte-swconda.html),la liberarizzazione delle professioni (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberarizzazioni-parte-terza.html) e la liberarizzazione del trasporto ferroviario (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberarizzazioni-parte-quarta.html). Nel precedente articolo abbiamo parlato de la liberarizzazione dei servizi pubblici locali (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberarizzazioni-parte-quinta.html).

In questo post invece parleremo de la liberarizzazione dei servizi postali.

Liberalizzazione dei Servizi postali





PREMESSE
Sotto l’impulso della normativa comunitaria, il settore del recapito ha registrato nei primi mesi del 2011 un importante intervento di riforma: il recepimento della terza direttiva postale (diretti­va 2008/6/CE), operato con decreto legislativo 31 marzo 2011, n. 58. Se è certo presto per proporre un’analisi compiuta delle conseguenze del provvedimento, è però legittimo avanzare alcune riserve sulla sua efficacia. La nuova disciplina interviene, da un lato, con ritardo in un mercato sostanzialmente monopolistico, con una quota di mercato complessiva dell’operatore pubblico ben superiore al 90%; e, dall’altro, essa denota una serie di inadeguatezze che ne compromettono la solidità d’impianto e non permettono di presagire un percorso di effettiva apertura competitiva del settore.


PROPOSTE OPERATIVE DI RIFORMA
  • E’ necessario assicurare che il settore postale sia regolato da un organismo indipendente, e non da un’Agenzia ministeriale
  • Ridurre l’ampiezza dell’ambito del servizio universale al perimetro minimo previsto dalla disciplina europea e, soprattutto, elimina­re ogni residuo di riserva – inclusa quella sulle notifiche di atti giudiziari, oramai incompatibile con la normativa comunitaria. Il servizio universale andrebbe ridefinito con la cassazione immediata della pubblicità diretta (direct mail), incomprensibilmente prorogata al 2012, la limitazione ai pacchi postali fino a10 kg (dagli at­tuali 20), e l’esclusione della posta massiva, cioè degli invii dei grandi speditori di classe business, la cui ricomprensione nel servizio universale non risponde ad apprezzabili ragioni d’equità e altera pesantemente il contesto di mercato.
  • Eliminazione della disposizione che vincola ciascun operatore alla “contrattazione collettiva di lavoro di riferimen­to”, e con ciò, di fatto, alle condizioni stipulate dall’operatore dominante. 


Link utili:

La liberarizzazione dei servizi postali,il diritto d'autore e l'autorita' per le garanzie per le comunicazioni
http://www.fulviosarzana.it/blog/la-liberalizzazione-dei-servizi-postali-il-diritto-d%E2%80%99autore-e-l%E2%80%99autorita-per-le-garanzie-nelle-comunicazioni/;
La (mancata) liberarizzazione dei servizi postali in Italia (IBL)
http://www.brunoleonimedia.it/public/BP/IBL_BP_42_Poste.pdf;
Legislazione Ue sui servizi postali
http://europa.eu/legislation_summaries/internal_market/single_market_services/l24166_it.htm;
Poste italiane, l'Antitrust entra a gamba tesa sulla liberarizzazione mancata
http://economia.panorama.it/Poste-italiane-l-Antitrust-entra-a-gamba-tesa-sulla-liberalizzazione-mancata.


lunedì 10 settembre 2012

LIBERARIZZAZIONI (parte quinta) Liberalizzazione dei Servizi Pubblici Locali

Come anticipato nel precedente articolo sulle Liberarizzazioni, ora parlero' della Liberarizzazione dei servizi pubblici Locali. Prima di questo vi ricordo che sinora abbiamo affrontato la liberarizzazione del mercato del gas (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberalizzazioni-parte-prima.html),la liberarizzazione dei carburanti (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberarizzazioni-parte-swconda.html) ,la liberarizzazione delle professioni (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberarizzazioni-parte-terza.html) e la liberarizzazione del trasporto ferroviario (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberarizzazioni-parte-quarta.html).


Liberalizzazione dei Servizi Pubblici Locali 




PREMESSE
La qualità e il grado di competizione nei servizi pubblici locali sono del tutto inadeguati, sia nei settori concorrenziali sia nel caso dei monopoli tecnici. Tutto ciò si traduce nell’erogazione di servizi di scarsa qualità e alto costo. Per esempio, nel caso del traspor­to pubblico locale l’Istituto Bruno Leoni stima che, in media, i costi per vettura chilometro possano essere ridotti di circa un terzo con misure di mera efficienza organizzativa. Altri settori hanno perfor­mance non dissimili. Una riforma che consenta di mettere sotto pressione gli erogatori di tali servizi avrebbe pertanto benefiche ricadute sia sul bilancio pubblico locale, sia sulla crescita.

PROPOSTE OPERATIVE DI RIFORMA
Si tratta, semplicemente, di fissare il principio per cui l’affidamento deve avvenire obbligatoriamente attraverso procedure a evidenza pubblica. Il problema più significativo è posto dagli affidamenti in essere, laddove siano stati affidati diretta­mente. Quando le concessioni hanno durata limitata, dell’ordine di uno o pochi anni, è ragionevo­le lasciarle andare a scadenza, in caso contrario appare doveroso fissare un termine temporale di 1 o 2 anni entro il quale l’affidamento do­vrà essere rimesso a gara. Unica eccezione può essere rappresen­tato, e solo in forma di deroga data l’eccezionalità dell’evento, per le società titolari di affidamento diretto che, nel frattempo, siano state quotate in borsa (in questo caso, anticipare la scadenza del­le concessioni andrebbe a detrimento del loro valore e potrebbe generare ampio contenzioso, per cui appare più ragionevole, semplicemente, imporre la discesa degli enti pubblici azionisti al di sot­to del 20 per cento del capitale entro 1 anno).
E’ necessaria una proposta di legge che con­tenga le norme per l’affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali, nel rispetto del risultato re­ferendario (compresa l’esclusione del servizio idrico tra i servizi oggetto di intervento), ma anche dei principi europei di concorrenza, libertà di stabilimento e prestazione dei servizi, universalità e ac­cessibilità dei servizi pubblici locali. I punti essenziali della proposta sono i seguenti:
  • Codificazione dell’insegnamento della Corte costituzionale secondo cui i servizi pubblici locali sono servizi di interesse generale a rilevanza economica, per evitare d’ora innanzi che re­gioni ed enti locali tentino, come già avvenuto in più occasioni, un’indebita ingerenza in una materia che ricade nella competenza statale.
  • Previsione che l’affidamento delle nuove gestioni nonché il rinnovo di quelle in essere avven­ga mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto della normativa euro­pea in materia di appalti pubblici e di servizi pubblici, fatta salva la proprietà delle reti e dei beni pubblici strumentali e la gestione del servizio idrico.
  • Disciplina della fase transitoria per gli affidamenti già in essere, secondo quanto già detto.
  • Previsione dell’affidamento in house come modalità eccezionale e motivata di affidamento, alla luce delle condizioni previste dall’ordinamento comunitario.
  • Previsione delle condizioni di partecipazione e esclusione dalla gara.
  • Previsione di forme di vigilanza e controllo della gestione del servizio affidato.

Link Utili:

http://www.giustizia-amministrativa.it/documentazione/studi_contributi;
http://www.ilsussidiario.net/News/Economia-e-Finanza/2012/1/23/LIBERALIZZAZIONI-Servizi-pubblici-vantaggi-per-i-consumatori-o-solo-per-i-Comuni-/234954/;
http://brunoleonimedia.servingfreedom.net/Papers/Manuale-2008-06-Liberalizzazioni.pdf;
http://www.piscino.it/file/leggi/liberalizzazioni-06.pdf.

Trovate questo articolo anche qui':
https://www.facebook.com/notes/luca-marinoni/liberarizzazioni-parte-quinta-liberalizzazione-dei-servizi-pubblici-locali/365862683492322





sabato 8 settembre 2012

LIBERARIZZAZIONI (parte quarta) Liberalizzazione del Trasporto Ferroviario

Continuiamo ha parlare di LIBERARIZZAZIONI. Dopo aver affrontato la liberarizzazione del mercato del gas (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberalizzazioni-parte-prima.html) e la liberarizzazione dei carburanti (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberarizzazioni-parte-swconda.html) e la liberarizzazione dei carburanti (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberarizzazioni-parte-terza.html), ora affrontiamo la liberarizzazione del trasporto ferroviario.

Liberalizzazione del Trasporto Ferroviario 





PREMESSE
L’intero settore del trasporto ferroviario è, in Italia, dominato da un monopolista pubblico vertical­mente integrato. Se qualcosa si sta muovendo, seppure con difficoltà, nel segmento più redditizio dell’alta velocità, rimane al momento quasi privo di ogni sussulto concorrenziale il settore del tra­sporto ferroviario regionale. Il dominio di Trenitalia è cementato da sussidi pubblici (aumentati nel triennio 2006-2008 del 27%), e da norme a favore del monopolio (per esempio la legge 2/2009 aveva autorizzato la spesa aggiuntiva di 480 milioni di euro per tre anni a favore del trasporto ferro­viario regionale, solo nel caso di un rinnovo dei contratti in essere con Trenitalia, e la legge 33/2009 ha fissato in sei anni la durata minima dei contratti, rinnovabili per altri 6; Infine, la legge 99/2009 introduce una serie di paletti che, di fatto, fanno coincidere l’interesse generale col conto economi­co di Trenitalia, rappresentando lo strumento di cui l’azienda si è avvalsa per ostacolare i tentativi di competizione).

PROPOSTE OPERATIVE DI RIFORMA
L’obiettivo della riforma deve essere duplice: da un lato rendere possibile la competizione, stimo­lando così l’efficienza e la riduzione dei costi nel settore del trasporto ferroviario. A questo scopo, vale la pena sottolineare che il costo per passeggero-chilometro nel trasporto ferroviario regionale in Gran Bretagna è circa la metà di quello italiano. Secondariamente, dalla maggiore competizione ci si può anche attendere un miglioramento e una diversificazione del servizio sotto il profilo quali­tativo. Gli interventi da fare sono:
  • Separazione tra la rete e l’erogatore dei servizi, cioè tra Rfi e Trenitalia, attualmente controllate dalla medesima holding Ferrovie dello Stato;
  • parallelamente, è necessaria l’istituzione di un regolatore(un 'Authority indipenden­te), poiché l’attuale Ufficio regolazione servizi ferroviari, presso il ministero dei Trasporti, è palese­mente inadeguato essendo in  palese conflitto d'itaressi visto che  lo stato e' controllore e controllato.
Per il solo trasporto ferroviario regionale:
  • occorre anzitutto liberalizzare la durata dei contratti di servizio;
  • secondariamente, vanno rimosse le misure “salva Trenitalia” della legge 99/2009.
  • va anche totelmente liberalizzato il settore del trasporto feroviario regionale aprendoloa nuovi concorrenti. 
 Link utili:

La liberarizzazione del trasporto ferroviario (Istituto Bruno Leoni)
http://www.brunoleonimedia.it/public/BP/IBL_BP_52_Ferrovie.pdf;
Liberarizzazione:Abrogioni (Federmarmanager), concorrenza si ma con regole certe e con un'Authority
http://www.ferpress.it/?p=10360;
Liberarizzazione del mercato ferroviario passeggeri in Italia: Ambizioni e contraddizioni
http://www.rolandberger.it/news/Liberalizzazione_ferrovie/2009-12-03-Liberalizzazione_ferrovie.html;
La liberarizzazione del trasporto ferroviario a livello comunitario e nazionale (Pdf)
http://www.isfort.it/sito/ricerca/TrasportoPubblico/Documenti/LiberTrasportoFerrov08.pdf;
Forum del trasporto ferroviario: l'Authority non e' rinviabile
http://www.fercargo.net/forum-del-trasporto-ferroviario-l%E2%80%99authority-non-%C3%A8-rinviabile;
Direzione Generale Trasporti Commissione Europea
http://ec.europa.eu/transport/index_en.htm;
Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani
http://www.cifi.it/;
Collegio Amministrativo Ferroviario Italiano
http://www.cafi2000.it/;
La liberarizzazione del trasporto ferroviario di Paolo Polimanti
http://www.amministrazioneincammino.luiss.it/wp-content/uploads/2010/09/Polimanti_Liberalizzazione_Trasporto-Ferroviario.pdf

Trovate questo articolo anche qui':
https://www.facebook.com/notes/luca-marinoni/liberarizzazioni-parte-quarta-liberalizzazione-del-trasporto-ferroviario/365097523568838

Nel prossimo articolo parlerero' della Liberarizzazione dei servizi pubblici locali


giovedì 6 settembre 2012

LIBERARIZZAZIONI (parte terza) Liberarizzare le professioni

Continuiamo ha parlare di LIBERARIZZAZIONI. Dopo aver affrontato la liberarizzazione del mercato del gas (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberalizzazioni-parte-prima.html) e la liberarizzazione dei carburanti (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberarizzazioni-parte-swconda.html),ora affrontiamo la Liberarizzazione delle professioni.


Liberalizzazione Professioni


 

Premetto che personalmente in questo campo sarei per l' Abolizione degli Ordini Professionali e di tutto cio’ che essi si portano dietro.
Detto questo di seguito vi propongo l'analisi fatta dal  Garante della Concorrenza e del Mercato sull'argomento:

Libere professioni (l’analisi)
Da molti anni, la riforma delle libere professioni è al centro del dibattito, in ragione del ruolo cruciale che tali attività rivestono per la competitività delle imprese e del sistema economico tutto. L’Autorità ha piena consapevolezza degli interessi fondamentali del singolo e della collettività spesso collegati ai servizi professionali, nonché del contributo di molte attività professionali alla diffusione dell’innovazione scientifica e tecnologica nell’interesse della competitività del Paese. Per tali ragioni, l’Autorità non disconosce le peculiarità che connotano tali attività né intende perseguire alcuna impropria assimilazione delle libere professioni alle attività commerciali. L’Autorità ritiene tuttavia che i principi concorrenziali possano essere applicati, anche in tale settore, in modo compatibile con le esigenze di protezione sociale e di tutela dei rilevanti interessi pubblici ad esso sottesi e che una maggiore ispirazione del quadro regolamentare ai suddetti principi possa arrecare benefici stimoli al settore e, di riflesso, all’intera collettività.
In tale ottica, significativi passi in avanti sono stati certamente compiuti dal legislatore in accoglimento di misure da tempo proposte dall’Autorità. Si fa riferimento, in particolare, alle novità introdotte dall’art. 3 D.L. n. 138/2011, convertito in legge dalla L. n. 148/2011, dall’art. 10 della legge n. 183/2011 (legge di stabilità) e dall’art. 33 del D.L. n. 201/2011, convertito in legge dalla L. n. 214/2011. Non può, pertanto, che esprimersi apprezzamento con riguardo: i) alla prevista riforma degli ordini professionali in senso pro- competitivo; ii) alla soppressione del riferimento alle tariffe; iii) alla riduzione della durata del tirocinio; iv) alla fissazione esplicita del termine massimo entro cui decadranno le norme degli ordinamenti professionali in contrasto con le nuove disposizioni; v) alla esplicita ammissione della possibilità di ricorrere alla forma societaria secondo i modelli regolati dal titolo V e VI del libro V del codice civile.
Restano tuttavia ancora delle criticità che urge superare perché del tutto anacronistiche, prive di giustificazione e all’origine di rilevanti inefficienze nel settore che impattano negativamente sulla competitività dell’intero sistema. La prossima emanazione di un d.P.R. per la riforma degli ordinamenti professionali (ex art. 3, comma, 5, del D.L. n. 138/2011, convertito in legge dalla L. n. 148/2011) costituisce la più corretta sede per rimuovere le incrostazioni regolatorie che tuttora residuano nel settore, e nel quale l’Autorità ritiene che possano trovare spazio le misure di seguito indicate, relative ai tariffari, alla separazione delle attività di gestione degli albi da quelle di verifica disciplinare, all’incremento della pianta organica dei notai e comunque al suo completamento, alle riserve di attività ed ai regimi di incompatibilità.

Tariffari
I tariffari professionali non sono più obbligatori a seguito della liberalizzazione introdotta dal D.L. n. 223/2006. Rimane un vincolo alla loro adozione a seguito della previsione di cui all’art. 3, comma 5, lett. d), del D.L. n. 138/2011, in base alla quale, in caso di mancata determinazione consensuale del compenso tra professionista e beneficiario, quando il committente è un ente pubblico, in caso di liquidazione giudiziale dei compensi, ovvero nei casi in cui la prestazione professionale è resa nell'interesse dei terzi, si applica la tariffa di riferimento
Secondo il consolidato orientamento dell’Autorità, le tariffe minime o fisse costituiscono un vincolo ingiustificato all’esercizio dell’attività professionale; le tariffe predeterminate, da una parte, non sono idonee a garantire la qualità delle prestazioni e, dall’altra, non consentono al professionista di gestire un’importante variabile del proprio comportamento economico rappresentata dal prezzo della prestazione.
Pur non essendo più obbligatori in linea generale, i tariffari rimangono tali nelle ipotesi previste dalla norma di mancato consenso tra le parti sul corrispettivo della prestazione. A questo proposito, non si tratta di situazioni sporadiche o marginali: basti pensare all’entità degli acquisti di servizi professionali effettuati dalle pubbliche amministrazioni, per le quali sarebbe possibile ottenere risparmi a tutto vantaggio del bilancio pubblico se i professionisti potessero offrire i loro servizi a prezzi inferiori rispetto alle tariffe di riferimento.
Si propone dunque la soppressione della parte dell’art. 3, comma 5, lett. d), del D.L. n. 138/11, che prevede le residue ipotesi di applicazione obbligatoria dei tariffari.

Separazione delle funzioni amministrativa e disciplinare
Lo svolgimento dell’attività di verifica disciplinare si estrinseca in un vero e proprio controllo nei confronti degli iscritti agli albi, controllo a seguito del quale possono scaturire dei provvedimenti a carico dei professionisti in grado di avere effetti sulla loro attività.
La delicatezza dell’attività di vigilanza pertanto rende necessario che l’organo a ciò deputato sia tale da garantire proprio in ragione della sua composizione un’effettiva terzietà ed imparzialità.
L’Autorità è dell’avviso che il principio di imparzialità non possa essere salvaguardato da un organo che sia espressione di interessi particolari riconducibili ai concorrenti del professionista sottoposto a valutazione disciplinare.
Infatti, l’affidamento della funzione di controllo a un organismo composto da professionisti che possono contemporaneamente operare sul mercato in concorrenza con coloro che devono giudicare, assume specifica rilevanza sotto il profilo concorrenziale, in ragione del fatto che questi ultimi possono essere sottoposti a un ingiustificato svantaggio concorrenziale nel caso il potere disciplinare sia esercitato in maniera distorta.
La previsione di un siffatto duplice ruolo (concorrenti e giudici) in capo ai professionisti, appare limitare l'efficacia stessa dell’attività di controllo, che risulterebbe condizionata da un potenziale conflitto di interessi e di conseguenza potrebbe non essere svolta nel rispetto del principio di imparzialità.
Al fine di evitare queste distorsioni, appare opportuno modificare l’art. 3, comma 5, lett. f, del D.L. n. 138/11, prevedendo espressamente che i nuovi organi territoriali ivi previsti per l’esame delle questioni disciplinari, che
nella norma ci si limita a dire debbono essere separati dagli organi deputati all’amministrazione, comprendano anche membri non iscritti agli albi e, limitatamente ai consigli territoriali, iscritti ad albi diversi da quello di competenza;

Formazione
La previsione dell'obbligo per il professionista di seguire percorsi di formazione continua permanente è indubbiamente da apprezzare. Tuttavia, si evidenzia l’opportunità che l’attribuzione agli Ordini della predisposizione dei percorsi di aggiornamento, formazione e specializzazione dei professionisti non si traduca nella possibilità per essi di riservare a se stessi la gestione degli eventi formativi ovvero nell’attribuzione di vantaggi concorrenziali rispetto ad altri organizzatori di eventi formativi, che devono ottenere il riconoscimento dei corsi da parte del Consiglio dell’Ordine.
Appare preferibile che i Consigli si limitino a fissare i requisiti minimi dei corsi di formazione, uniformi sul territorio nazionale, da auto-dichiarare da parte degli organizzatori dei corsi con possibilità di controlli a campione, ma senza necessità di un previo riconoscimento o autorizzazione dei corsi e dei relativi crediti formativi.

Pianta organica dei notai (omissis)

Pubblicità dei professionisti
L’art. 3, comma 5, lett. g) del D.L. n. 138/2011, convertito in legge dalla L. n. 148/2011, prevede, che, entro 12 mesi dall’entrata in vigore del decreto, gli ordini professionali debbano essere riformati recependo, tra gli altri, il principio in base a cui “la pubblicità informativa, con ogni mezzo, avente ad oggetto l'attività professionale, le specializzazioni ed i titoli professionali posseduti, la struttura dello studio ed i compensi delle prestazioni, è libera. Le informazioni devono essere trasparenti, veritiere, corrette e non devono essere equivoche, ingannevoli, denigratorie”.
Tale norma non incide tuttavia sulla previsione di cui all’articolo 2, comma 1, lett. b) del D.L. n. 233/2006, convertito in legge dalla L. n. 248/2006, che, oltre ad abrogare le disposizioni che prevedevano il divieto di svolgere pubblicità informativa, attribuisce agli ordini professionali il potere di verifica sulla trasparenza e veridicità della pubblicità.
Sul punto, l’Autorità ha già rilevato che il controllo da parte degli ordini sulla correttezza dei messaggi pubblicitari diffusi dei professionisti non trova alcuna giustificazione razionale nell’ambito del nostro ordinamento giuridico che prevede il controllo della pubblicità da parte dell’Autorità ai sensi del D.Lgs. n. 206/2005 (c.d. Codice del consumo) e del D.Lgs. n. 145/2007; ed inoltre determina il rischio che esso possa essere utilizzato dagli stessi Ordini al fine di limitare l’utilizzo della fondamentale leva concorrenziale della pubblicità da parte dei professionisti.
La modifica normativa proposta, pertanto, muove dal presupposto che non debba esserci alcuna verifica, né ex ante né successiva, da parte degli Ordini sui messaggi pubblicitari veicolati dai professionisti, posto che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato è competente ad esercitare il
controllo sulla correttezza, veridicità e non ingannevolezza dei messaggi pubblicitari diffusi da qualsiasi soggetto nell’ambito dello svolgimento della sua attività economica, e quindi anche dai soggetti che svolgono attività libero professionali e intellettuali, e non risulta necessario né proporzionale, in merito, alcun tipo di verifica ordinistica.

Libere professioni (le proposte)
Abolizione dei tariffari – Riforma della composizione degli organi disciplinari degli Ordini – Limitazione del potere degli Ordini in materia di corsi di formazione – Revisione della pianta organica dei notai – Eliminazione del controllo degli ordini sulla pubblicità dei professionisti

L’Autorità ritiene che in tale settore, al fine di completare il processo di modernizzazione già avviato e consentire ad esso di svolgere un ruolo adeguato di sostegno alla crescita nel Paese, risulta necessario introdurre le seguenti misure:
a) abolizione espressa di qualsiasi forma di tariffario e, conseguentemente, abrogazione dell’art. 3, comma 5, lett. d), del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito in legge dalla L. 14 settembre 2011, n. 148, nella parte in cui prevede che in caso di mancata determinazione consensuale del compenso, quando il committente è un ente pubblico, in caso di liquidazione giudiziale dei compensi, ovvero nei casi in cui la prestazione professionale è resa nell'interesse dei terzi si applicano le tariffe
professionali stabilite con decreto dal Ministro della Giustizia;
b) esclusione della funzione disciplinare in capo agli Ordini, da attuarsi mediante modifica dell’art. 3, comma 5, lett. f), del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito in legge dalla L. 14 settembre 2011, n. 148, prevedendo espressamente che negli organi indicati nella norma per l’esame delle questioni disciplinari entrino a far parte anche membri non iscritti agli albi e, limitatamente ai consigli locali, iscritti ad albi diversi da quello territoriale di competenza;
c) limitazione dei poteri dei Consigli degli ordini alla fissazione di requisiti minimi dei corsi di formazione, senza alcuna necessità di autorizzazioni o riconoscimenti preventivi, prevedendo forme di auto-dichiarazione da parte degli organizzatori con meri controlli a campione;
d) revisione della pianta organica dei notai (omissis);
e) abrogazione dell’articolo 2, comma 1, lett. b) del D.L. 4 luglio 2006, n. 233, convertito in legge dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, nella parte in cui prevede il controllo, da parte degli ordini professionali, sulla trasparenza e veridicità dei messaggi pubblicitari veicolati dai professionisti.


Link utili:
http://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato6617595.pdf:
http://www.ilsussidiario.net/News/Economia-e-Finanza/2012/1/20/LIBERALIZZAZIONI-Ordini-e-professioni-cosi-Monti-copia-le-idee-di-Tremonti/234757/;
http://www.edilportale.com/news/2012/03/professione/professioni-via-libera-definitivo-della-camera-alle-liberalizzazioni_26589_33.html;
http://www.fasi.biz/it/news/studi-e-opinioni/4817-etica-e-concorrenza-nella-liberalizzazione-delle-professioni.html;
http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2012-01-20/liberalizzazione-professioni-maria-carla-203223.shtml?uuid=AaCS4dgE

Trovate questo articolo anche qui':
https://www.facebook.com/notes/luca-marinoni/liberarizzazioni-parte-terza-liberarizzare-le-professioni/364562253622365 

mercoledì 5 settembre 2012

LIBERARIZZAZIONI (parte seconda) Liberalizzazione Carburanti

Continuiamo ha parlare di LIBERARIZZAZIONI. Dopo aver parlato della liberarizzazione del mercaro del Gas (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberalizzazioni-parte-prima.html)  Ora affrontiamo la liberarizzazione dei carburanti.

PREMESSE
La filiera petrolifera che è oggi dominata da un oligopolio costituito da 8 società integrate verticalmente (cioè che contestualmente producono, commercializzano all’ingrosso e vendono al dettaglio) e che determina un extra prezzo di alcuni centesimi di euro per ogni litro di carburante a carico degli automobilisti rispetto al panorama europeo.
Mancano nel nostro Paese sia forti operatori commerciali puri in grado di contrattare liberamente con i produttori sul piano nazionale e internazionale le migliori condizioni di acquisto dei carburanti, sia un numero sufficiente di rivenditori al dettaglio (cioè di stazioni di rifornimento) autonomi rispetto ai produttori e indipendenti sul piano dell’offerta commerciale e quindi dei prezzi di vendita..

PROPOSTE OPERATIVE DI RIFORMA
  • Consentire ai distributori legati da vincoli di esclusiva alle compagnie petrolifere (che gestiscono direttamente o indirettamente la gran parte dei 22.450 punti di vendita al dettaglio) la facoltà di approvvigionarsi di carburanti presso altri fornitori: l’acquisto in esclusiva non potrà superare il 75% e il singolo esercente al dettaglio potrà acquistare la restante parte da altri rifornitori ai migliori prezzi presenti sul libero mercato.
  • Creare una società pubblica che veicoli, controlli ed agevoli le attivita’ di commercio all’ingrosso dei carburanti, in modo da rifornire migliaia di punti di vendita al dettaglio a prezzi competitivi e così contribuire al contenimento dei prezzi al consumo, superando le attuali strozzature del mercato.
  • Eliminazione dei vincoli regionali sulla liberalizzazione della distribuzione dei carburanti.
 Link utili:

http://www.lagazzettadeglientilocali.it/pf/testo-news/21264/Taglio-ai-lacciuoli-sui-carburanti;
http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2012-01-19/disposizioni-materia-separazione-proprietaria-123219.shtml?uuid=Aanh51fE;
http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/cresci_italia/DL_LIBERALIZZAZIONI.pdf

Trovi questo articolo anche qui'
https://www.facebook.com/notes/luca-marinoni/liberarizzazioni-parte-seconda-liberalizzazione-carburanti/364175900327667 

martedì 4 settembre 2012

LIBERALIZZAZIONI (parte prima) Liberalizzazione del Mercato del Gas

Amici, negli ultimi articoli da me pubblicati in questo blog, ho parlato di RIFORME su Scuola, lavoro,pubblica amministrazione, costi della politica,pensioni.
Invece ora, comincio una serie di articoli dedicati ad un diverso tipo di Riforme, Le Liberalizzazioni.

PREMESSA:
Sono perfettamente consapevole che la difficota' delle riforme che si possono classificare genericamente sotto il titolo di "Liberalizzazioni" e' tutta Politica.Infatti, si tratta di riforme a costo zero, nell’immediato, e a costo negativo, nel lungo termine. Nel breve periodo, le liberalizzazioni non im­plicano lo spostamento di alcuna posta di bilancio all’interno delle finanze pubbliche né, tanto meno, richiedono di impegnare risorse che non ci sono.“Liberalizzare” è un atto puramente normativo (an­che se può avere risvolti sulle finanze pubbliche se implica la cessione di aziende o di rami d’azien­da controllate dal settore pubblico, che in alcuni casi possono fare profitti e in molti altri, quasi la ge­neralità, producono perdite).Liberalizzare significa cambiare leggi e consentire a nuovi entranti di amnire a soddisfare i bisogni del consumatore.
Se nel breve termine liberalizzare non costa (e non rende nulla),nel lungo termine le cose sono ben diverse.
La concorrenza produce efficenza e innovazione: a parita' di altri elementi,ci si puo' attendere che la qualita'dei beni o servizi erogati in condizioni di mercato migliori,il loro prezzo diminuisca o entrambe le cose.
Questo ha due importanti conseguenze. La prima è che quegli stessi settori, che in precedenza erano ostaggio di monopoli od oligopoli, diventano terreno fertile per l’im­presa e partecipano alla creazione di ricchezza nazionale. La seconda conseguenza deriva dal fatto che questi beni o servizi sono, spesso, a loro volta fattori di produzione che incidono sulla struttu­ra dei costi e sull’efficienza produttiva di altri beni o servizi: il loro miglioramento qualitativo e la ri­duzione dei prezzi generano esternalità positive sull’intera economia. Per questo le liberalizzazioni sono la più efficace politica per la crescita.

La Banca d’Italia ha stimato che la piena liberalizzazio­ne del settore dei servizi potrebbe far lievitare il Pil italiano di addirittura 11 punti, la metà dei quali negli anni immediatamente successivi l’apertura del mercato dei servizi.

http://brunoleonimedia.servingfreedom.net/Indice_Libs/2011/Indice_2011-Presentazione-Web.pdf
http://brunoleonimedia.servingfreedom.net/Papers/IBL-PolicyPaper-03.pdf

Detto questo,parliamo della prima Liberalizzazione che voglio portare alla vostra attenzione:

LIBERALIZZAZIONE DEL MERCATO DEL GAS


                      
Per questo campo vi propongo due soluzioni; la prima proposta proviene dal sito di economia RISCHIO CALCOLATO, la seconda  proviene dall'associazione ASSOLOMBARDIA.
Cominciamo con la prima:


PREMESSE
Nel 2010 la domanda italiana di gas è stata di 85 miliardi di metri cubi. Al netto delle vendite innovative, il market leader, Eni, ha una quota di mercato nelle impor­tazioni del 39,2 per cento, seguito da Edison (18,4 per cento), Enel Trade (14 per cento), mentre tutti gli altri operatori hanno quote inferiori al 2,5 per cento. La posizione dominante dell’ex monopoli­sta è resa più solida ancora dal suo predominio nella produzione nazionale (83,3 per cento) e inclu­dendo le quantità di metano cedute ai concorrenti alla frontiera. In tutte le regioni italiane tranne 2, la quota di mercato dei primi tre operatori (CR3) è superiore al 60 per cento. La situazione con­correnziale è migliore solo in Lombardia (35,7 per cento) e Veneto (51,2 per cento). Parte del proble­ma deriva dalla carenza (nel lungo termine) delle infrastrutture di adduzione, i rigassificatori.
Inoltre gli stoccaggi, pur non rappresentando un monopolio tec­nico, sono quasi totalmente in mano all’ex monopolista.
A di­spetto dell’abbondanza di gas, i prezzi italiani non hanno riflettuto, durante la crisi, le riduzioni di prezzo osservate nei principali mercati europei.

PROPOSTE OPERATIVE DI RIFORMA
  • Allo scopo di rendere più concorrenziale il mercato italiano del gas, è necessario intervenire sul mer­cato in analogia a quanto fatto sul mercato elettrico, imponendo la separazione proprietaria (e il divieto di future forme di integrazione verticale) della rete dall’ex monopolista (in sintesi l’ENI deve cedere le quote eccedenti il 20% di Snam Rete Gas, e SRG dovrebbe cedere il controllo di Italgas e Stogit).
  • Per gli stoccaggi il problema non è, di per sé, la separazione, quanto la creazione di un contesto competitivo facendo spezzatino dei siti attualmente gestiti da Stogit (società del gruppo Snam Rete Gas controllato da Eni) e accelerando le autorizzazioni per i siti progettati dai diversi operatori.

Ecco la seconda proposta:


Assolombarda ha messo in evidenza alcuni elementi chiave per proseguire in maniera efficiente allo sviluppo della competitività del mercato gas in Italia.
I temi trattati riguardano l’adeguamento delle infrastrutture di trasporto e di interconnessione tra Stati Membri, il completamento dello sviluppo dei siti di stoccaggio previsti per i complessivi 4 miliardi di metri cubi di gas e la rapida attuazione delle norme che prevedono la riduzione del numero degli ambiti di concessione della distribuzione.
Il quadro della situazione mostrato da Assolombarda nel “Paper sulla liberalizzazione del mercato gas” analizza gli aspetti caratteristici dell’intera filiera del gas in Italia ed Europa, a partire dall’estrazione per finire all’utilizzo degli utenti, passando dal trasporto, stoccaggio, rigassificazione e le regole di distribuzione e commercializzazione.
Cinque sono ambiti su cui Assolombarda propone di intervenire per incidere positivamente sull’efficacia e l’efficienza del sistema gas nel nostro Paese:
-    Sicurezza degli approvvigionamenti
Fondamentale per investire in nuove infrastrutture e per diversificare le fonti e ridurre i rischi di dipendenza dai Paesi Produttori
-    Hub del gas europeo in Italia
Tale ruolo può derivare da un lato dallo sviluppo  dei “corridoi prioritari” che possono coinvolgere il sistema in Italia, dall’altro uno sviluppo organico di servizi e prodotti sul mercato del gas che permettano di congiungere il mercato italiano con quello europeo
-    Siti di stoccaggio
Completamento della realizzazione e assegnazione della capacità di stoccaggio
-    Riforma dei meccanismi di concessione di distribuzione
Rendere rapidamente operativi tutti i regolamenti di gara per l’assegnazione delle concessioni così da favorire condizioni di trasparenza idonee alla partecipazione di nuovi operatori
-    Completa deregulation dell’attività di vendita del gas
Il mercato del gas naturale ha raggiunto un livello di maturità tale da consentire una sempre più’ spinta deregulation delle cosiddette attività libere

Link utili:
http://www.ambientediritto.it/dottrina/Politiche%20energetiche%20ambientali/politiche%20e.a/liberalizzazione_gas_portatadino.htm ;

Paper sulla liberalizzazione del mercato del gas di assolombardia
http://www.assolombarda.it/governance/gruppi-merceologici/gm-energia/documenti/paper-sulla-liberalizzazione-del-mercato-del-gas/view

Trovi questo articolo anche qui'
https://www.facebook.com/notes/luca-marinoni/liberalizzazioni-parte-prima-liberalizzazione-del-mercato-del-gas/364176153660975







domenica 2 settembre 2012

Proposte di Riforme del Mercato del Lavoro

Continuiamo ha parlare di riforme.Qui' parleremo di RIFORMA DEL LAVORO; come tutti ben sappiamo, negli scorsi mesi l'attuale governo, ha messo mano alla questione,presentando quella che tutti conosciamo come riforma Fornero (dal nome dell'attuale ministro del lavoro Elsa Fornero http://www.siwikinews.it/images/3/38/Riforma_del_lavoro.pdf).

Sappiamo tutti quanto questa riforma abbia innescato discussioni e malcontento arrivando ad unire parti che normalmente sono antagoniste come sindacati e confindustria.
Quella che mi appresto ha presentarvi e' un'interessante proposta (alternativa a quella presentata dal governo)di riforma del lavoro. Vi invito quindi ha leggere la proposta e a dirmi cosa ne pensate. Grazie Luca Marinoni

Premesse
(Situazione del Mercato del Lavoro)
- L’Italia ha un tasso do occupazione complessivo inferiore del 7,2% alla media Europea (equivalente a quasi 3 milioni di lavoratori). Nel 2010 il tasso di occupazione femminile in Italia e’ stato del 56,9% contro una media della UE a 27 del 64,1%.
- In Italia si stima vi siano ben 2,6 milioni di lavoratori in nero.
- L’Italia ha il primato negativo in Europa nel rapporto tra la disoccupazione giovanile e quella complessiva. A giugno 2011 l’Italia aveva una disoccupazione all’8,0% contro il 9,4% della UE a 27, ma tra i giovani sotto i 25 anni siamo al 27,8% contro il 20,5% della UE a 27.
- L’Italia ha il primato negativo in Europa nel rapporto tra la disoccupazione femminile e quella complessiva. Nel 2010 il tasso di occupazione femminile in Italia e’ stato del 46,1% contro una media della UE a 27 del 58,2%
Ma perche’ questa siuazione disastrosa, penalizzante proprio le categorie piu’ deboli (donne, giovani, etc)? Semplice, il sistema Italiano, presenta rigidita’ incredibili, per cui la flessibilita’ (necessaria in ogni sistema) e’ incanalata sulle micro-imprese (legali e non) e sulle categorie deboli. Le imprese cosi’ restano condannate al nanismo, ed un intera generazione, condannata al precariato.
(Il Contesto: i contratti)
- Normative e codici intellegibili: le normative che regolano il mercato del Lavoro, sono complesse e spesso illeggibili. Oggi un codice del lavoro completo richiede 2700 pagine: è illeggibile senza il consulente.
- Normative che regolano la flessibilita’ in uscita che obbligano alla reintegrazione e non al risarcimento (cosa che non ha pari nel mondo). La legge e i contratti prevedono in quali casi si può licenziare. L’art 18 – che si applica per le aziende sopra ai 15 dipendenti, quando si è accertato in giudizio che il licenziamento è ingiusto – prevede che il lavoratore abbia il diritto di riavere il proprio posto di lavoro, la copertura previdenziale dal licenziamento alla reintegrazione, nonché un risarcimento pari alle retribuzioni perse che non può comunque essere inferiore a 5 mensilità. Il lavoratore inoltre, se ha perso fiducia nel datore e non intende più tornare nel proprio posto, può chiedere – in sostituzione della reintegrazione – ulteriori 15 mensilità.
- I sistemi contrattuali sono stati riformati negli ultimi 20 anni (tra cui Legge Biagi in ultimo) cercando di regolare le nuove forme di contratto, quelle flessibili, nate e cresciute, e viste quali necessarie “valvole di sfogo”  per le imprese, vista la rigidita’ di fondo che le stesse subiscono dalla normativa per i lavoratori.
- L’Italia presenta un sistema del Lavoro con ampie rigidita’ anche sul fronte della diffusione del Part Time, con dati nettamente peggiori della media Europea, nonche’ sul fronte della Flessibilita’ nell’orario di Lavoro e sulla Flessibilita’ Organizzativa.
- Rappresentanze e Relazioni Sindacali all’insegna della scorrettezza: le normative sul tema sono frutti di compromesso con le corporazioni sindacali storiche. L’intero quadro normativo non e’ limpido. I sindacati stessi, godono di privilegi incredibili, che vanno dalla trattenuta automatica in busta paga, all’iscrizione automatica di anno in anno, ad agevolazioni di ogni ordine e grado, a ruoli di queste organizzazioni spesso fuori riga. Ricordiamo anche le normative sui distacchi sindacali, nonche’ il ruolo sindacale in tanti settori (es. patronati) che garantiscono forti flussi di denaro ai sindacati per attivita’ sconnesse dal ruolo degli stessi)
In pratica il contesto di riferimento e’ poco chiaro, preda di interessi corporativi, con fortissime rigidita’ sui licenziamenti (ed in altri aspetti che regolano il lavoro), scarsamente aperto alle innovazioni. E’ evidente che le imprese sono incentivate al “nanismo” ed ad ampliare a dismisura “consulenti” e “precari”.
(Il Contesto: ammortizzatori sociali)
- Lo Stato investe assai meno degli altri paesi UE in ammortizzatori sociali e formazione: in pratica il “disoccupato” e’ lasciato a se’ stesso, senza alcuna formazione, con un aiuto a ricollocarsi praticamente nullo, e con un sostegno economico alla disoccupazione (cassa integrazione, mobilita’, sussidi alla disoccupazione) modesti nel confronto col resto d’Europa. I numeri sono impietosi. Inoltre, ancora una volta, i beneficiari teorici, non sono trattati tutti allo stesso modo.
(Le Caste)
- Metà abbondante dei nostri lavoratori dipendenti non hanno alcuna protezione per il caso di perdita del posto, o ne hanno una molto debole. Parliamo di: lavoratori a termine, “a progetto”, co.co.co., “partite Iva” fasulle, che hanno perso il lavoro in questi ultimi tre anni di crisi, senza un giorno di preavviso e senza alcun trattamento di disoccupazione. Inoltre parliamo dei milioni di lavoratori operanti in imprese sotto i 15 dipendenti, in cui l’art. 18 non e’ applicabile. Ricordiamo inoltre i 2,6 milioni di “fantasmi” in nero, per i queli le protezioni sono nulle in tutti i sensi.
- L’altra metà dei lavoratori protetta o intoccabile (gli statali). La vecchia protezione forte contro il licenziamento -  il famoso articolo 18 dello Statuto del 1970  -  è molto difettosa. Essa di fatto consiste in una sorta di ingessatura del rapporto di lavoro; ma quando viene l’acquazzone anche il gesso si scioglie, e anche il lavoratore protetto dall’articolo 18 si trova con un pugno di mosche in mano.
(Proposte in campo)
- La proposta governativa presentata nella Legislatura 2001-2006 proponeva di “derogare” l’applicazione dell’art 18, quale conseguenza del licenziamento ingiustificato, prevedendo il risarcimento in alternativa alla reintegrazione. Le imprese che escono dal sommerso assumendo più di 15 dipendenti, e quelle già “regolari”, ma sotto i 16, che assumono, così superando la soglia dei 15 dipendenti, sono esonerate (per 4 anni, ma prorogabili) dall’applicazione dell’art18, inquanto non sono computabili tali “unità lavorative”: dunque si applica loro la cd tutela obbligatoria prevista per il licenziamento illegittimo di datori di lavoro sino a 15 dipendenti. Quindi sarebbe garantita solo la cd tutela obbligatoria, cioè il solo risarcimento danni nella misura da2.5 a6 mensilità. La proposta all’epoca fu accantonata a causa dell’opposizione totale di sindacati ed opposizione. Oggi e’ stata ripresa dal governo e richiesta dall’Europa, ma le possibilità che venga attuata realmente sono scarse, visto il contesto ostile e la debolezza del governo.
- Vi sono sul tavolo numerose proposte in campo, in particolare da Pietro Ichino, giuslavorista del PD. Vi rimandiamo ai link sotto.
Proposta Operativa di Liberalizzazione del Mercato del Lavoro
NUOVO CODICE DEL LAVORO SEMPLIFICATO
  • Approvazione immediata del D.D.L. N. 1873 che semplifica fortemente il Codice del Lavoro, introducendo un Codice del Lavoro semplificato composto di 70 articoli molto chiari e facilmente traducibili in inglese, suscettibili di applicarsi a tutta l’area del lavoro sostanzialmente dipendente. Così si supera il dualismo fra protetti e non protetti nel mercato del lavoro.
NUOVO CONTRATTO DI LAVORO: TUTTI A TEMPO INDETERMINATO, MA NESSUNO INAMOVIBILE
  • La nuova disciplina si puo’sintetizzare così: tutti a tempo indeterminato (tranne, ovviamente, i casi classici di contratto a termine, per punte stagionali, sostituzioni temporanee, ecc.), a tutti le protezioni essenziali, in particolare contro le discriminazioni (donne in maternita’, invalidi, etc), ma nessuno inamovibile.
  • E a chi perde il posto una garanzia robusta di assistenza intensiva nella ricerca della nuova occupazione, di continuità del reddito e di investimento sulla sua professionalità.
  • In caso di licenziamento, l’azienda dovra’ versare al lavoratore un ammontare in termini di mensilita’ che tiene conto del numero di anni di lavoro effettuati nell’azienda stessa, variabili da 3 mensilita’ (per persona assunta da 1 anno in contratto TI) e 15 mensilita’ (lavoratore con 25 anni di anzianita’ aziendale)
  • AMMORTIZZATORI SOCIALI RAFFORZATI: Verrà introdotta un’indennità di disoccupazione «generalizzata», destinata a chi ha perso il lavoro (ma non ai disoccupati lungo corso) e finanziata con i contributi versati (senza alcun peso, quindi, sulla fiscalità generale), le cui risorse sono reperibili (vedi post su spesa sociale extraprevidenziale). La stessa indennita’ verra’ revocata in caso di non accettazione di occupazione da parte del lavoratore, o se il lavoratore non si sottoporra’ a corsi di formazione, o se non dimostrera’ che attivamente sta ricercando una nuona occupazione. Questa sara’ pari al 90% dell’ultimo salario il primo mese, e scendera’ al 60% al sesto mese; sara’ applicabile fino ad un massimo di 24 mesi.
  • Applicazione delle Normative contenute nei contratti privati anche alla PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
IMPRESE. INCENTIVI, CONTRATTAZIONE DI SECONDO E TERZO LIVELLO E FLESSIBILITA’
  • Incentivazione fiscale per le IMPRESE che propongono forme di compartecipazione agli UTILI AZIENDALI per i dipendenti; meglio cio’ delle STOCK OPTION, che invece vanno disincentivate (gli Utili sono reali, i valori di Borsa sono aleatori).
  • Incentivazione fiscale per le IMPRESE che adottano il Part Time (ad esempio per le donne con bimbi piccoli) e la flessibilita’ dell’orario di Lavoro per tutte le categorie.
  • Promozione della contrattazione LOCALE e di quella AZIENDALE, per tener conto non solo della specificita’ del settore, ma anche della specificita’ dell’Area di appartenenza e della Ditta. Resta chiaro che la contrattazione Individuale sarebbe comunque preminente.
  • Superamento di ogni divisione normativa per aziende sopra e sotto i 15 dipendenti
SINDACATI
  • Stop alla trattenuta automatica: i sindacati gli iscritti se li dovranno conquistare anno per anno (l’iscrizione sindacale va rinnovata volontariamente anno x anno, e non in automatico)
  • Il Diritto di Sciopero resta inalienabile, ma nei settori dei trasporti ed i quelli dove si creano disagi alla collettivita’, va regolato ancor piu’ in modo stringente
  • Regolamentazione e stretta ai distacchi sindacali, strumenti abusati in diversi settori

Conclusioni
La sostanza e’ compiere i seguenti passaggi:
·         Normativa: da intellegibile a semplice
·         Flessibilita’ in ingresso ed uscita: dal sistema a caste (flessibilita’ concentrata su meta’ della forza lavoro) al sistema con tutti a Tempo Indeterminato ma nessuno inamovibile (flessibilita’ distribuita)
·         Ammortizzatori sociali: rafforzamento degli stessi compatibilmente al bilancio
·         Imprese: fine di ogni differenza tra pubblico e privato, tra impresa sopra e sotto i 15 dipendenti
·         Incentivazione: incentivazione dei comportamenti aziendali volti verso la compartecipazione degli utili aziendali ai lavoratori, al part time ed alla flessibilita’ dell’orario
·         Contrattazione Locale e Aziendale: va rafforzata
·         Sindacati: fine dei potentati ideologici ed economici; i sindacati devono tornare ad essere tali
Le conseguenze prevedibili saranno le seguenti:
·         Forte crescita dell’occupazione giovanile e femminile
·         Crollo dell’occupazione precaria
·         Fine delle Caste e trionfo del merito
·         Crescita dell’occipazione regolare

Link utili




 

sabato 1 settembre 2012

RIFORMA DELLA SCUOLA




Torniamo ha parlare di Riforme. Oggi vi voglio parlare della riforma della Scuola.
PREMESSA: negli ultimi venti anni sono state fatte diverse riforme in questo ambito; la prima riforma e' stata fatta alla fine degli anni novanta dall'allora ministro dell'istruzione Luigi Berlinguer (http://it.wikipedia.org/wiki/Riforma_Berlinguer); questa riforma e' stata abrogata dalla successiva riforma fatta nel 2003 dall'allora ministro dell'istuzione Letizia Moratti (http://it.wikipedia.org/wiki/Riforma_Moratti).Successivamente,negli ultimi anni si e' messo mano nuovamente alla scuola con la riforma dell'ex ministro dell'istruzione Mariastella Gelmini che nel 2008 ha riscritto nuovamente le regole della scuola con una nuova Riforma, la cosidetta riforma Gelmini (http://it.wikipedia.org/wiki/Riforma_Gelmini).Negli ultimi giorni anche l'attuale ministro dell'istruzione, Francesco Profumo pare voglia presentare una sua riforma o comunque alcune modifiche alla riforma Gelmini (http://www.universita.it/riforma-universita-2012-merito/).Il problema principale di qualsiasi riforma della scuola sta' nel mettere al centro il merito,sconfiggere il grave problema ( nelle universita') delle baronie,favorire la ricerca (che e' uno dei principali freni alla modernizzazione del paese e che a causa del continuo taglio ai finanziamenti porta i nostri migliori cervelli ha lavorare all'estero, dove sono meglio finanziati e che quindi contribuiscono alla sviluppo dei paesi in cui si trovano a lavorare a danno del nostro). Inoltre, un'altro dei problemi che qualsiasi riforma si dovrebbe porre e' di proporre corsi sia a livello di scuola superiore che universitaria collegati alle esigenze del territorio in cui le suddette scuole e universita' si trovano.
Si riscontra infatti, che manca un reale collegamento tra' istruzione scolastica e quelle che sono le esigenze del mondo del lavoro, Molto spesso si sente che mancano alcune figure professionali di cui il mondo del lavoro ha reale esigenza. Sarebbe quindi opportuno che nella programmazione dei corsi scolastici sia alivello di scuole superiori che a livello universitario ci fosse un tavolo in cui scuola e impresa si incontrassero per sviluppare corsi che portino gli studenti alla fine del percorso di studi ha poter trovare un lavoro.

Fatta questa premessa, voglio proporre alla vostra attenzione alcune delle diverse proposte che ho trovato girovagando in rete.
La prima proposta che pongo alla vostra attenzione e' la proposta fatta nel 2005 dal professor Lorenzo Picunio (che riguarda solo la scuola primaria e la scula superiore); successivamente,alla fine dell'articolo troverete le altre proposte sottoforma di link. Vi invito percio' ha fare le vostre valutazioni solo dopo aver letto le varie proposte commentando l'articolo. Grazie Luca Marinoni.

 
Proposta di legge sulla Riforma della scuola
di Lorenzo Picunio - 03-01-2005

1. Il sistema dell’istruzione pubblica in Italia è organizzato in scuole autonome, coordinate a livello nazionale dal Ministero della Pubblica Istruzione, dell’Università e delle Ricerca. Le scuole autonome sono gestite democraticamente da organi di gestione di carattere didattico, Collegi dei Docenti, e di carattere organizzativo, Consigli di Scuola. È fatta salva l’autonomia dell’Università, regolata da leggi specifiche.

2. Il ruolo dei docenti è unico, per la scuola d’infanzia, primaria, secondaria di primo e secondo grado. È ammessa una differenziazione salariale non superiore al 10% per gli insegnanti della scuola secondaria. Gli orari di insegnamento sono di 22 ore settimanali e 2 di coordinamento didattico per gli insegnanti della scuola d’infanzia e primaria, 18 ore d’insegnamento e 4 di coordinamento didattico e preparazione dei compiti per gli insegnanti della secondaria. Le ore di preparazione e correzione dei compiti sono forfettizzate nella misura di 3 settimanali.

3. Le scuole sono organizzate secondo un orario settimanale dalle 28 alle 40 ore settimanali, con un massimo di 34 ore per la secondaria. La scuola d’infanzia è organizzata su un orario da 36 a 40 ore settimanali, per 39 settimane l’anno. La scuola primaria è organizzata su un orario da 32 a 40 ore settimanali, per 35 settimane l’anno. La scuola secondaria è organizzata su un orario da 28 a 34 ore settimanali per 35 settimane l’anno.

4. Ad ogni sezione di scuola d’infanzia sono assegnati due insegnanti. Ad ogni coppia di classi di scuola elementare sono assegnati 3 insegnanti, salvi i casi indicati dall’articolo successivo. Ad ogni classe di scuola secondaria è assegnato il numero di insegnanti risultante dalla tabella elaborata dal Collegio docenti ed approvata dal Consiglio di Circolo, all’interno dei criteri minimi e massimi elaborati dal Ministero, sentito il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, e del rispetto del numero minimo di alunni per insegnante, indicato dagli stessi criteri.

5. Laddove in un Circolo di scuola primaria più di 15 genitori richiedano l’istituzione di una classe prima a tempo pieno sono assegnati per quella classe 2 insegnanti. Sono assegnati due insegnanti anche laddove prosegua un’esperienza di tempo pieno in una classe successiva alla prima. L’orario settimanale delle classi a tempo pieno è fissato in un minimo di 38 e in un massimo di 40 ore settimanali. La scuola può, con mezzi propri, con l’apporto degli enti locali o con il contributo delle famiglie disporre attività di accoglienza anticipata o posticipata per un massimo di 2 ore giornaliere complessive.

6. I criteri di cui all’articolo precedente si applicano per l’istituzione di classi a tempo prolungato nella scuola media, dove l’orario può svolgersi dalle 30 alle 34 ore settimanali, anche prevedendo attività su base opzionale (ma queste ultime per un orario non superiore a 2 ore settimanali).

7. Nelle scuole d’infanzia o primarie di minore dimensione possono essere adottati criteri organizzativi di unione di più classi in determinati orari, tali da consentire l’assegnazione di un numero di docenti inferiore a 3 per 2 classi (o 2 per una classe se a tempo pieno o 2 per una sezione se di scuola d’infanzia). Tali soluzioni devono essere attivate in classi inferiori a 15 alunni, o in scuole aventi una media per classe inferiore a 13 alunni.

8. La classe è organizzata con un numero minimo di 10 alunni, salve deroghe speciali decise dal Ministero.
Il numero massimo è di 20 alunni nella scuola primaria, 24 nella scuola d’infanzia e secondaria.
In presenza di alunni portatori di handicap, il numero massimo si riduce di 4 unità.

9. Ad ogni due alunni portatori di handicap è assegnato un docente di sostegno. Deroghe in meno o in più sono disposte dal Ministero. È assicurata in ogni ordine di scuola l’integrazione degli alunni con handicap nelle classi ordinarie, mediante programmazioni specifiche redatte dal gruppo docente comprendente anche l’insegnante di sostegno.
Specifici supporti sono forniti, per particolari difficoltà, dagli enti locali.

10. L’intervento educativo specializzato nell’ambito delle classi ordinarie è svolto anche per gli alunni con difficoltà socio-ambientali e culturali e per gli alunni stranieri che non parlano ancora la lingua italiana. Il Ministero dispone l’assegnazione di specifiche risorse alle scuole. Le programmazioni specifiche individualizzate sono redatte dal gruppo docente, comprendente eventualmente gli insegnanti appositamente assegnati.

11. La scuola è obbligatoria dal sesto al diciottesimo anno di età. L’obbligo è assolto con il conseguimento del diploma della scuola secondaria di secondo grado.
Tutti gli ordini e gradi di scuola sono gratuiti.
I libri di testo sono gratuiti nella scuola primaria per tutti gli alunni, e le scuole hanno diritto di scelta fra libri di testo e biblioteca alternativa.
Nella scuola secondaria i libri di testo sono gratuiti per le famiglie il cui reddito non supera quello medio nazionale, aumentato del 20% per i lavoratori dipendenti.

12. In tutte le scuole di ogni ordine e grado sono favorite le attività fondate sulla metodologia della ricerca, anche mediante l’organizzazione di laboratori e di attività di piccolo gruppo, impiegando quando possibile le contemporaneità orarie. Gli obiettivi generali dell’attività didattica, per ciascun anno di studi, sono stabiliti con legge dello Stato, sulla base di una proposta redatta dal Ministero, sentito il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione.
I Collegi Docenti, in autonomia, deliberano sulle specifiche programmazioni valide per ciascun gruppo docente, per ciascuna classe, per ciascun laboratorio, per l’insieme delle classi di un plesso o di un’istituzione scolastica. Ciascun gruppo docente definisce un proprio piano d’intervento, anche articolato per gruppi di alunni o riferito in specifico ai singoli alunni.

13. Il Piano dell’Offerta Formativa di ciascuna istituzione scolastica è definito dal Collegio Docenti, e ratificato poi dal Consiglio di Scuola che può rimandarlo al Collegio con l’invito ad apportare modifiche.

14. Il Consiglio di Scuola ha parere deliberante in materia di orari di funzionamento della scuola, bilanci, utilizzo degli spazi, attività in rapporto con gli enti locali, visite e viaggi d’istruzione.
Nel Consiglio è assicurata la rappresentanza paritetica di genitori ed insegnanti, con la presidenza di un genitore e la partecipazione del Dirigente Scolastico e del Direttore dei Servizi Generali ed Amministrativi. Nella scuola secondaria di secondo grado metà dei rappresentanti dei genitori sono sostituiti da rappresentanti eletti dagli studenti.

15. I docenti e gli altri operatori scolastici devono godere di uno stipendio che consenta loro una vita dignitosa. A tale scopo, fatti salvi i diritti della contrattazione sindacale, un’apposita commissione presso il Ministero verifica semestralmente che lo stipendio degli insegnanti garantisca un potere d’acquisto pari a quello medio degli insegnanti dei paesi d’Europa. Parametri analoghi devono essere applicati agli altri operatori scolastici.

16. Le scuole si fanno protagoniste di progetti di educazione alla pace e di solidarietà, anche a livello internazionale; valorizzano il riconoscimento dei diritti dei bambini, contribuendo in modo particolare con gli enti locali al disegno degli spazi abitativi, sociali, culturali, sportivi nelle città ed alla regolazione del traffico ed alla lotta all’inquinamento.

17. Particolari disposizioni riguardano le scuole delle aree bilingui.

18. Le scuole secondarie di secondo grado si articolano in cinque anni di corso, suddivise fra loro secondo una tabella approvata dal Parlamento.
Il primo biennio è organizzato in forma unitaria.
È sempre possibile il passaggio dall’uno all’altro corso, mediante appositi programmi approvati dal Collegio Docenti della scuola entrante.

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PER LA RIFORMA DELLA SCUOLA pubblica laica territoriale http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/p/per-la-riforma-della-scuola-pubblica.html 

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