Salve a tutti!!! Torniamo a parlare di riforme; dopo aver parlato di
jobs-act. e
italcum oggi parliamo della controversa riforma delle provincie diventata legge di recente.
Premessa: come per le altre proposte di riforma di cui abbiamo parlato l'obbiettivo e' far conoscere la riforma per poterne discutere e anche criticare. ma come per tutte le cose non si puo' criticare qualcosa che non si conosce o che si conosce solo per sentito dire.
Detto questo anaslizziamo questa proposta di cambiamento delle provincie:
Il ddl provvede a ridisegnare le Province trasformandole in assemblee
formate dai sindaci e dai consiglieri comunali del circondario. I quali,
cavallo di battaglia del premier Matteo Renzi, non percepiranno alcuna
indennità aggiuntiva e avranno poteri esclusivamente di pianificazione,
edilizia scolastica e pari opportunità a parte, che rappresenteranno le
uniche funzioni "vere" delle nuove amministrazioni provinciali. Non
cambierà invece il loro numero complessivo, 107. Con l'unica differenza
che in 10 casi, a partire dal 1° gennaio 2015, la provincia lascerà il
posto alle
Città metropolitane. Secondo il governo la riforma,
una volta entrata a regime, dovrebbe produrre un risparmio di circa 1
miliardo (ma l'Upi, l'unione delle Province, parla di soli 100 milioni).
Nei piani governativi, l'abolizione vera e propria delle Province sarà
attuata con la riforma del Titolo V della Costituzione.
Come avete letto sopra al momento non si tratta di una vera riforma ma di un cambiamento di funzioni della stessa che rimarra' come enti finche una riforma costituzionale non le abolira' definitivamente.
Veniamo all'Architettura
Il ddl Delrio ridisegna i connotati del sistema
Province. Facendole diventare a tutti gli effetti enti di secondo
livello imperniati su tre organi:
- il presidente, che sarà il sindaco del comune capoluogo;
- l'assemblea dei sindaci, che raggrupperà tutti i primi cittadini del circondario;
- il consiglio provinciale, che sarà formato da 10 a 16 membri (a
seconda della popolazione) scelti tra i sindaci e i consiglieri comunali
del territorio. Oppure tra i membri uscenti degli enti in scadenza
quest'anno a cui il provvedimento ha lanciato una curiosa "ciambella di
salvataggio". Per nessuno di questi organi è previsto un compenso.
Al tempo stesso cambiano le funzioni provinciali. Su trasporti, ambiente
e mobilità avranno la semplice pianificazione, mentre manterranno la
gestione dell'edilizia scolastica e cominceranno a occuparsi anche di
pari opportunità. Tutte le altre passeranno ai Comuni a meno che le
regioni non preferiscano tenerli per sé. E lo stesso percorso seguiranno
il personale e il patrimonio
LA TEMPISTICA
Fino a fine 2014
verranno prorogati i 52 presidenti di provincia che sarebbero andati in
scadenza in primavera e i 21 commissari attualmente in carica.
L'allungamento della scadenza riguarderà anche gli assessori.
LE CITTA' METROPOLITANE/1: STRUTTURA
A partire dal 2015 saranno 10 le Città metropolitane
che sostituiranno altrettante amministrazioni provinciali. Si tratta di
Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Roma (con
poteri diversi), Napoli e Reggio Calabria (che partirà però nel 2016).
Anche nel loro caso gli organi saranno tre:
- il sindaco metropolitano, che sarà quello del Comune capoluogo a meno che lo statuto non preveda l'elezione diretta;
- il consiglio metropolitano, che sarà formato da 14 a 24 membri (a
seconda della popolazione) scelti tra i sindaci e i consiglieri comunali
del territorio;
- la conferenza metropolitana, che raggrupperà tutti i primi cittadini del circondario.
LE CITTA' METROPOLITANE/2: POTERI
A differenza delle Province le Città metropolitane
avranno compiti di primo piano. Si occuperanno infatti della
pianificazione territoriale generale, comprese le strutture di
comunicazione, le reti di servizi e delle infrastrutture,
dell'organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito
metropolitano, della viabilità e mobilità e dello sviluppo economico.
I RISPARMI/1: 3000 DIPENDENTI IN MENO
Il conto della politica registra il tramonto di 2.159
poltrone provinciali quest'anno, e di altre 751 nel 2015 e 2016. Non per
nulla Matteo Renzi si è concentrato, nel suo tweet serale a commento
del voto in Senato, sulle "3000 persone smetteranno di avere l'indennità
della politica e riprenderanno a provare l'ebbrezza del proprio
lavoro".
I RISPARMI/2: 500 MILIONI SUBITO
Il conto complessivo dei risparmi a breve segna 111
milioni in meno per indennità e gettoni, e 318,7 milioni per il fatto
che non si tornerà alle urne in primavera nei 52 enti in scadenza: con
l'ultima versione del maxi-emendamento votato ieri, il conto può salire
ancora perché impone la gratuità alle giunte e ai consigli provinciali
che sopravvivono e ai commissari e sub commissari chiamati a gestire gli
enti dove gli 'eletti' hanno già ceduto il passo. Si arriva, insomma,
vicini a 500 milioni di euro. Contro il miliardo cui punta il governo.
I RISPARMI/3: I DUBBI
Ma non c'è solo l'ambizioso obiettivo di risparmiare 1
miliardo effettivo a regime (col conto complessivo per ora fermo a 500
milioni) a creare dubbi. Per la commissione Bilancio del Senato il
provvedimento potrebbe addirittura produrre nuovi costi. Nelle sette
osservazioni al ddl presentate la commissione ha sottolineato che "non
può escludersi la duplicazione di costi e funzioni" dalla norma che
"consente l'elezione diretta del sindaco e del Consiglio delle Città
metropolitane". Evidenziando poi il rischio che il trasferimento di
personale e funzioni delle Province ad altri enti territoriali (i
Comuni) possa "comportare costi, sia in termini economici che
organizzativi, allo stato difficilmente quantificabili". Rilievi che il
Governo ha recepito nel testo del maxiemendamento su cui è stata posta
la fiducia, introducendo formule di rito sul rispetto dei vincoli di
finanza pubblica.
Ecco questa e' la proposta che e' divenuta legge di recente. La mia prima critica non la faccio io,ma la fa il parlamento e piu' precisamente il senato, osservazione che potete leggere nella nota sotto la foto coi punti di domanda.