martedì 28 agosto 2012

PROPOSTA DI RIFORMA PER LA SANITA'

Amici, tornniamo ha parlare di RIFORME. Nei precedenti post abbiamo parlato di riforme per:
"RIDURRE DI 12 MILIARDI I COSTI DELLA POLITICA"
(http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/08/proposta-per-ridurre-di-12-miliardi-i.html);
"PUBBLICA AMMINISTRAZIONE"
(http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/08/la-pubblica-amministrazione.html);
"LE PENSIONI"
(http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/08/le-pensioni.html)

Oggi affrontiamo il tema de "LA SANITA'"

Premesse

A – (spese pubbliche)

  • Solo nel 2009 la spesa sanitaria pubblica complessiva ammonta nel 2009 a oltre 110 miliardi di euro, pari al 7,3 per cento del Pil, e supera i 1.800 euro annui per abitante.
  • Le spese in rapporto al PIL a prima vista sono in linea alla media UE (anzi leggermente inferiori), tuttavia vi sono forti squilibri interni, con le regioni del Sud che dedicano quote molto elevate del loro Prodotto Interno Lordo (PIL) alla sanità (fino all’11% in Molise, quasi il 9% in Calabria), mentre regioni come la Lombardia soddisfano il diritto all’assistenza sanitaria dei cittadini con meno del 5% del proprio reddito
Grafico 1. Spesa sanitaria pubblica corrente in rapporto al PIL (per 100) per regione. Anno 2005

B – (il personale)
  • Le spese sanitarie sono legate al personale al 33% (circa 36 miliardi), ma con per minimi del 25% in Lombardia, e ben in 7 regioni oltre il 40% (sia a Nord che a Sud); di conseguenza a cio’ in Lombardia si spende ben il 65% in beni e servizi, mentre nel Lazio, a Bolzano ed in Calabria appena il 45%.
  • In Italia ci sono 412 medici ogni 100.000 abitanti. La media europea e’ sui 325. Qui gli squilibri interni sono meno accentuati, col Centro Italia con numeri leggermente superiori al Nord ed al Sud.
  • In conclusione vi sono esuberi di personale nel comparto sanita’, con squilibri territoriali, e spesso anche all’interno delle stessa regione, ma anche fortissimi tra i vari settori e le competenza. Di certo vi sono esuberi consistenti tra il personale generico ed amministrativo e tra i medici, mentre in altri settori come l’infermieristica gli esuberi sono minimi, ed in certe aree del paese vi sono carenze di personale. Su scala territoriale, gli esuberi sono massimi nelle regioni piu’ piccole (anche al Nord, come Bolzano, la Liguria ed il friuli VG) ed in diverse regioni del Centro e Sud Italia.
C – (la soddisfazione e l’opinione dei cittadini)

  • Le indagini sono concordi, nell’identificare nei cittadini una percezione qualitativa fortemente differenziata territorialmente. L’indagine promossa dall’Anaao Assomed e condotta dalla Swg (vedi link) mette in luce una serie di elementi positivi e punti di criticità. Il voto che gli Italiani danno al sevizio sanitario, in termini di fiducia, raggiunge una dimensione del 54%. Il dato complessivo tuttavia risulta fortemente diversificato a seconda delle diverse aree del paese. La Sanità complessivamente sembra funzionare decisamente meglio nelle regioni del Nord che in quelle del Centro-Sud, sia per quanto riguarda i servizi ospedalieri, di pronto soccorso, le strutture ospedaliere in generale e le visite specialistiche. Le valutazioni sulle manchevolezze del sistema si riverberano quindi sulla fiducia nel sistema sanitario in generale che passa dal 66% di chi risiede al Nord al 41% di chi sta nelle regioni del meridione. Per i servizi ospedalieri le differenze di soddisfazione sono ancor piu’ abissali: 74% al Nord, scende al 40% al Centro e scivola al solo 23% al Sud.
D – (mobilita’ ospedaliera interregionale: 1 abitante su 13 cambia regione)

  • Il fenomeno della mobilità ospedaliera interregionale è sempre stato consistente e nel tempo non si osservano significative inversioni di tendenza. Nel complesso, le regioni sono interessate da circa 650 mila ricoveri ospedalieri (o dimissioni) di pazienti non residenti (8,3 per cento del totale dei ricoveri ordinari per “acuti” nel 2008) e da oltre 570 mila ricoveri effettuati dai pazienti in una regione diversa da quella di residenza (7,4 per cento, riferito ai soli residenti in Italia).
  • Fortemente “attrattive” diverse regioni del Centro Nord (eccetto le regioni piu’ piccole), ed in particolare Lombardia ed Emilia Romagna. L’emigrazione in particolare si concentra nelle regioni del Sud (eccetto la Sardegna).
E – (assistenza ospedaliera)

  • Il gradiente Nord-Sud risulta evidente anche nel calcolo di molti indicatori dell’assistenza ospedaliera. Infatti, la maggioranza delle regioni centro-settentrionali presentano risultati in linea o migliori rispetto, ad esempio, agli obiettivi ed agli standard di progressiva deospedalizzazione definiti dalla programmazione nazionale, mentre quasi tutte le regioni meridionali ed insulari sembrano ancorate ancora a modelli clinico-assistenziali che privilegiano il setting ospedaliero anche per attività a bassa complessità e rischio.
  • Queste differenze qualitative e quantitative tra regioni sono dovute, soprattutto, alle diverse politiche sanitarie e ai differenti modelli programmatori, organizzativi e gestionali
F – (farmaceutica)

  • L’Italia è uno dei Paesi Europei che garantisce la più elevata copertura di farmaci (il 70% circa della spesa farmaceutica è a carico del Servizio Sanitario Nazionale), il cui consumo, a livello nazionale e regionale, viene costantemente monitorato, in maniera analitica ed in tempo reale, attraverso uno specifico sistema informativo attivo dall’anno 2000. Nel 2007 il consumo totale di farmaci rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale ha registrato un aumento del 30,6% rispetto al 2001, mentre la spesa privata si è mantenuta sostanzialmente stabile. Le regioni meridionali si caratterizzano per un netto maggior consumo di farmaci a carico del SSN.
  • Per capirsi, la spesa procapite legata ai farmaci e’ pari a 206 euro annui per abitante, ma sono circa 160 per le prime 3 regioni banchmark (Bolzano, Toscana, Trentino) e 265 per le ultime 3 (Calabria, Lazio e Sicilia) che guarda caso sono regioni con forti deficit sanitari globali. Si capisce facilmente che allineando i criteri di elargizione delle ricette a quello delle regioni benchmark si risparmierebbero quasi 3 miliardi.
Grafici. 1) Consumo farmaceutico territoriale pesato per età – DDD (Dosi Definite Die)/1.000 abitanti die – a carico del Servizio Sanitario Nazionale per regione. Anno 2007 2) Spesa lorda pro-capite territoriale



 G – (performance dei sistemi sanitari regionali)

  • Il Ministero della Salute ha creato un sistema di valutazione della performance dei sistemi sanitari regionali, con ben 20 indicatori. I dati che leggerete prendono in esame i dati regionali, ma spesso anche all’interno di ogni regione le differenze sono notevoli. Quello che risultera’ chiaro e’ che se ogni regione si allineasse alle regioni Benchmark, in termini di prestazioni, efficienza e qualita’, la sanita’ Italiana avrebbe un salto qualitativo enorme e risparmi immensi.
  • Pensate solo ai parti cesarei, che nel Friuli sono il 23% (come nella media UE) ed in Campania il 62%, che significano 23.000 parti cesarei all’anno in questa regione evitabili, fatti spesso per igrassare i contributi all’ospedale o per incompetenza, e con costi per il SSN enormi, ed anche per molte madri che potevano evitare tale operazione di cui manterranno il segno (solo per questa voce con un comportamento rigoroso e non ai limiti del criminale si potrebbe risparmiare quasi 1 miliardo).
  • Qui sotto alcune conclusioni per le voci principali, indicando la regione migliore, la media e la peggiore:
    • Tasso di ospedalizzazione standardizzato (Ricovero ordinario per acuti per 1.000 residenti): Toscana 97 – Media Italiana 124 – Puglia 155
  • Degenza media pre-operatoria interventi chirurgici programmati (giorni): Friuli VG 0,73 – Media Italiana 1,38 – Molise 2,33
 Parti cesarei (percentuale sul totale dei parti): Friuli VG 23% – Media Italiana 37% – Campania 62%

Percentuale di ricoveri ripetuti entro 30 giorni: Piemonte 3,3% – Media Italiana 5,4% – Puglia 7.6%

 Percentuale di donne invitate in media allo screening mammografico rispetto alla popolazione (50 – 69 anni): Umbria 98% – Media Italiana 67% – Sicilia 17%

 I rimanenti 15 indicatori ed i relativi grafici li trovate nei links: qui i risultati di 2 regioni

 Lombardia


 I – (costi e costi standard)

  • Come da relazioni allegate in Link, quali quella della Corte dei Conti, si trovano alcune regioni in deficit cronico, essenzialmente localizzate nel Centro-Sud, per circa 3,5 miliardi, con il record del Lazio e della Campania, che da sole assommano oltre la meta’ del deficit complessivo.
  • Nella realta’, dall’analisi dei costi standard, e depurando dagli introiti trasversali e dalla mobilita’ regionale, si scopre che diverse regioni sono decisamente piu’ spendaccione delle regioni Benchmark piu’ virtuose (Lombardia, Umbria e Toscana), e se allineassero i costi a quest’ultime vi sarebbe un risparmi di circa 5 miliardi. Peccato che oltre a ridurre i costi, dovrebbero recuperare in qualita’ del servizio in modo drastico.
L – (acquisti di beni e servizi)

  • Nel 2009 la spesa del Servizio Sanitario Nazionale per l’acquisto di beni e servizi (non considerando quindi la farmaceutica e la produzione di servizi interni) è stata di circa 32,2 miliardi di euro, voce di costo che dall’inizio del 2001 ha subito il più alto tasso di crescita, pari all’8,4%. Sebbene negli ultimi anni sia stata caratterizzata da un andamento variabile, rimane, comunque, nel 2009, al 2° posto (30,4%) dopo i costi per il personale dipendente.
  • Spesso si sentono inchieste che dicono che il costo dell’acquisto di una siringa o di un esame appaltato ai privati, e’ triplo o quadruplo in una regione rispetto ad un’altra, ma perché? Certamente il “prezzo” non può essere fisso in tutta Italia, visto che giocano variabili temporali o legate alle quantità acquistate, ma tali differenze non trovano giustificazione. Il motivo sta nel modello di gestione degli acquisti. Il modello virtuoso e’ quello che prevede innovazioni nelle modalità di acquisto, con l’introduzione in misura più evidente degli acquisti elettronici, con il rafforzamento dell’e-procurement” e di accordi quadro, e massimizzando il processo di centralizzazione degli acquisti (su base regionale e non di ospedale), razionalizzandoli nelle fasi di definizione della domanda, con una gestione più efficace dei prodotti e dei servizi acquistati, maggiori economie di scala e benefici di natura organizzativa.
Proposta Operativa

1 – RIDUZIONE SELETTIVA DEL COSTO DEL LAVORO

Questa va attuata non linearmente, ma selettivamente, intervenendo in particolare sul personale medico, su quello amministrativo e su quello generico, mentre il settore infermieristico verrebbe interessato assai meno. Territorialmente l’azione va condotta in larga parte del territorio italiano, ma in particolare nelle regioni piccole del Nord, e nel grosso delle regioni del Centro e del Sud. Gli strumenti sono vari: dal blocco del turn over, al licenziamento (da applicare sui dirigenti e medici poco efficienti), al trasferimento intraregionale ed interregionale, all’applicazione per le regioni con minor costo della vita di misure di contenimento delle carriere e del costo unitario del lavoro. La sola estensione del modello Lombardo al resto d’Italia comporterebbe da un primo conto un risparmio di oltre 9 miliardi; considerando però, la maggiore incidenza della sanità privata nella Lombardia e l’invecchiamento progressivo cui sarà sottoposta l’Italia da un lato, e che dall’altro lato la regione subalpina non e’ comunque esente da inefficienze, si ritiene ragionevole pensare ad una riduzione di 6 miliardi (cifra peraltro già inclusa nell’ammontare sul post della personale della PA, che pertanto non considereremo).
2 – MISURE DI CONTENIMENTO DELLA SPESA FARMACEUTICA

Il solo adeguamento alle regioni benchmark (Toscana, Trentino e Alto Adige) comporterebbe un risparmio di 3 miliardi. Gli strumenti che le regioni non Benchmark devono adottare, devono necessariamente ridurre le ricette: formazione dei medici, limite numerico dei farmaci prescrivibili per ricetta, dissuasione per i farmaci non essenziali tramite introduzione di ticket, dissuasione per i medici di base alla proliferazione di prescrizioni di ricette, etc. Le misure di cui sopra sono assolutamente doverose, e sono proprio le regioni che offrono un migliore servizio sanitario ad essere simultaneamente le stesse con minore spesa farmaceutica a carico del SSN erogato. Le restanti regioni devono allinearsi adottandone gli stessi criteri.
3 – NUOVO MODELLO SU ACQUISTI DI BENI E SERVIZI

Va attuato un modello virtuoso, con introduzione massiccia di acquisti elettronici, con accordi quadro con fornitori, massimizzando la centralizzazione degli acquisti (su base regionale e non di ospedale, ed incrociando le banche dati tra le diverse regioni), adottando un modello preventivo e non d’urgenza negli acquisti che consente ampie razionalizzazioni, economie di scala, benefici organizzativi e qualitativi, etc. Chiaramente la celere adozione di tali misure, dovrebbe consentire anche processi di maggior trasparenza, con fortissima riduzione tanto dei centri di spesa che dei fornitori (che diventerebbero meno, maggiormente organizzati e fidelizzati). Gli acquisti effettuati a livello di ospedale dovrebbero ridursi drasticamente, consentendo solo acquisti di modesta entità ed in condizioni d’urgenza, con penalizzazioni economiche sugli stipendi dei manager ospedalieri se la quota di acquisti non delegati alle strutture d’acquisto centralizzate superano determinate percentuali. Chiaramente tale modello consentirebbe anche un rilevante calo di fatti illeciti e di assegnazioni ad amici e amici degli amici. I risparmi ottenibili sono valutabili prudenzialmente a regime in 6 miliardi.
4 – ORGANIZZAZIONE: FINE DEL MODELLO CLINICO-ASSISTENZIALE

In Italia vi sono 2 modelli adottati:
  1. MODELLO D’ECCELLENZA E PREVENZIONE (adottato perlomeno in parte dalle grandi regioni del Centro-Nord, pur con alcune eccezioni): scoraggia e minimizza il setting ospedaliero, pianifica le attività e gli interventi razionalmente, fa molta prevenzione, e’ generalmente efficiente e fornisce prestazioni di buona qualità e talvolta di eccellenza, vede meno strutture ospedaliere sul territorio (chiusura piccoli ospedali) con massa critica ed ottimizzazione delle risorse, investe il necessario nella formazione del personale, nelle strutture medesime e nelle apparecchiature, delega ai sistemi privati specialistici le attività che questi possono fare meglio ed a minor costo.
  2. MODELLO CLINICO ASSISTENZIALE (adottato da quasi tutte le regioni del Centro-Sud, pur con alcune eccezioni): privilegia il setting ospedaliero anche per attività a bassa complessità e rischio, fa poca prevenzione, e’ spesso inefficiente e fornisce prestazioni spesso di qualità scadente, privilegia talvolta la logica della sopravvivenza dell’ospedale alla salute del cittadino (leggi caso parti cesarei), ha strutture ospedaliere diffuse e spesso senza massa critica, non fa concorrenza al settore privato, e’ autoreferenziale. In pratica tale modello spende tanto in cose che potrebbero essere meglio disciplinate (degenza ospedaliera, personale, burocrazia, etc) e poco in spese necessarie (apparecchiature, formazione, prevenzione, etc), ed in tali realtà c’e’ un’emigrazione ospedaliera straordinaria ed un livello bassissimo di soddisfazione degli utenti, oltre a dati pessimi sulla qualità dei servizi offerti.
Appare evidente che in tutta Italia va adottato il modello d’eccellenza e va chiuso il capitolo del modello clinico-assistenziale. Le regioni e gli Ospedali devono essere obbligati a tale passaggio. Gli strumenti da adottare per questo passaggio, sono:
  • Adozione non solo del sistema dei Costi Standard (che parifica budget e costi), ma anche un sistema che tenga in conto della Qualità erogata (attraverso indicatori pre-selezionati, di cui prima abbiamo visto un assaggio). In sintesi le Regioni che non si adeguano a tale modello vedranno tagliati i fondi trasferiti dalla Stato centrale, non solo per gli sbudgettamenti, ma pure sulla qualità non erogata. In sintesi, per tornare all’esempio dei “parti cesarei”, l’abuso degli stessi non sarà più elemento premiante (si ricevono più finanziamenti), ma diventerà elemento penalizzante (si ricevono meno finanziamenti, tanto più si e’ lontani dalle regioni Benchmark). Analogo sistema verrà imposto dalle regioni agli Ospedali. Analogamente la retribuzione dei Manager e dei Medici di livello verrà ancorata ai miglioramenti di efficienza e di qualità. L’adozione del Federalismo, accentuando la responsabilità locale, aiuterebbe questi passaggi.
  • L’adozione di tale modello potrebbe consentire risparmi enormi, valutabili in alcuni miliardi. Al tempo stesso però, le realtà più spendaccione, sono anche quelle che generalmente non offrono servizi di prestazione adeguati e che non investono adeguatamente in apparecchiature e formazione, per cui e’ lecito attendersi anche alcune spese maggiorate. In considerazione anche delle future maggiori necessità legate all’incremento della vita media della popolazione, e’ lecito prudenzialmente attendersi risparmi dell’ordine di 3 miliardi.
Conclusioni

In conclusione, a regime e’ legittimo puntare su risparmi complessivi di 18 miliardi per il settore sanita’, con incremento della qualita’ media erogata.

Considerando che i risparmi di spesa pubblica del personale erano già stati conteggiati nel post generale sul personale della PA, si aggiungono 12 miliardi di riduzione dei costi per lo Stato, relativi al settore sanità, escludendo da tale contabilità i costi del personale.



Link utili

- CORTE DEI CONTI SEZIONI RIUNITE IN SEDE DI CONTROLLO – Elementi per l’Audizione sullo schema di D.Lgs. n. 317 recante disposizioni in materia di autonomia di entrata di Regioni a statuto ordinario e delle Province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario (Commissione Parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale) – Audizione 24 Febbraio 2011

http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/chi_siamo/audizioni/audizione_24_febbraio_2011.pdf

- Indagine ISTAT su Sanita’ e Salute
 http://noi-italia.istat.it/index.php?id=7&user_100ind_pi1[id_pagina]=83&cHash=3dc43e70450f108f755093e2eb8827ee

- I CONTI E L’EFFICIENZA DELLA SANITÀ IN PUGLIA a cura di Massimo Paradiso
e Vito Peragine
http://www.regione.puglia.it/web/packages/progetti/cptpuglia/pubblicazioni2011/SanitaPuglia.pdf

 - La qualità dei servizi sanitari in Italia con particolare riferimento a quelli ospedalieri – Gennaio 2009 – ANAAO ed SWG
http://www.anaao.it/userfiles/INDAGINE.pdf

- Ministero della Salute – Il sistema di valutazione della performance dei sistemi sanitari regionali – Primi indicatori ministeriali Anno 2008 – Fonte dati: Ministero e database SDO 2008 – A cura del Laboratorio Management e Sanità – Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa – Responsabile Scientifico Prof.ssa Sabina Nuti
http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1239_allegato.pdf

http://www.salute.gov.it/resources/usabile/documenti_nuovo_portale/primoPiano/ConferenzaStampa21aprile2010.pdf

http://saluteinternazionale.wordpress.com/2009/04/09/rapporto-osservasalute-2008-stato-di-salute-e-qualita-dell%E2%80%99assistenza-nelle-regioni-italiane/

di Tiziana Sabetta
http://saluteinternazionale.wordpress.com/2009/04/09/rapporto-osservasalute-2008-stato-di-salute-e-qualita-dell%E2%80%99assistenza-nelle-regioni-italiane/

http://www.rischiocalcolato.it/2011/10/come-ridurre-la-spesa-pubblica-di-200-miliardi-di-euro-all%E2%80%99anno-per-riavere-il-nostro-futuro-difesa-e-forze-armate-2.html

Trovi questo articolo anche qui'
https://www.facebook.com/notes/luca-marinoni/la-sanita/361171257294798



giovedì 23 agosto 2012

ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLA PROPOSTA "AMATO-BASSANINI"

Come anticipato nel post in cui ho illustrato la proposta "Amato-Bassanini", (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/08/proposta-di-riduzione-del-debito.html) vi invito a leggere le rirlessioni fatte dalgli economisti del sito "Economy 2050" come ulteriore punto di vista ulteriore. Buona Lettura!!!

ALCUNE OSSERVAZIONI:

Noi di "Economy 2050", riteniamo che ogni proposta per la soluzione del nodo dell'eccesso di debito italiano sia utile, specie se proviene da fonte particolarmente autorevole. Tuttavia, alcuni punti della proposta non ci convincono,almeno per come sono stati esposti sulla stampa. Il testo originale della proposta, del resto,non e' ancora stato pubblicato sul sito di Astrid.

1- Sulla dismissione del patrimonio Immobiliare notiamo che le stime di Astrid  divergono (in eccesso) da quelle del governo e che, alla luce di quanto dichiarato da esponenti dello stesso esecutivo, la parte piu' appettibile del patrimonio e' stata venduta in passato. Rimane sempre l'obiezione della Corte dei Conti  circa il forte rischio di svendita nel periodo attuale:riteniamo che il mercato immobiliare nor ripartira' se non riparte l'economia, pertanto gli immobili potranno essere non svenduti solo pazientando qualche anno. Peraltro le basi per la cessione dei cespiti immobiliari e' gia' stata impostata dal governo. Quindi, tutti d'accordo a vendere immobili inutili per lo stato, ma il gettito stimato ci appare ottimistico.

2- Se abbiamo ben compreso in cosa consista la valorizzazione delle concessioni, si tratterebbe di una attualizzazione di flussi di cassa futuri. Un'artificio (utilizzato anche in Gracia) che comunque sottrarra'gettito nei bilanci statali futuri, per cui si dovra' procedere a nuove tasse o tagli per rientrare nel vincolo di deficit zero. Se le cose stanno cosi', si pagherebbe con  nuove manovre future (provabbilmente sui redditi,sulla tassazione dei quali l'Italia detiene gia' un record mondiale) la riduzione attuale del debito. 

3- La cessione di partecipazioni socetarie pubbliche trova vastissimi consensi. Ma trasferire le partecipazioni alla Cdp e' una partita di giro fatte solo per imbellettare il bilancio pubblico. Il governo a gia' percorso parzialmente questa via, ma ha salvato alcune partecipazioni. Forse per non privarsi dei flussi di cassa dei dividendi (Eni, Enel) o perche' societa' non appettibili (Finmeccanica,St) o perche' la riorganizzazione interna in corso non e' terminata (Poste,Ferrovie).
Rimane il fatto che le cessioni avrebbero anche in questo caso prezzi passi.

4- Dell'accordo fiscale con la Svizzera, cui noi di Economy 2050 siamo  (a malinquore) favorevoli ,  ma solo alle seguenti condizioni :data di applicazione rtroattiva, pagamento della quota patrimoniale anche per i futuri flussi patrimoniali,aliquote elevate,garanzia statale elvetica sui comportamenti elusivi delle banche; in questo caso,alle codizioni citate, l'accordo puo' essere politicamente e socialmente accettabile. (.)

5- Sul coinvolgimento delle casse previdenziali private non abbiamo compreso il senso. Porre il vincolo di portafoglio e' di certo un'ottima idea, visto che aumenterebbe una quota di debito italiano in mano a detentori stabili italiani (x) e sottrarrebbero parte della gestione dei flussi alla scriteriata passione immobiliare di tali enti. Ma se un'ente privato sottoscrive, debito pubblico, si trova certamente un finanziatore per lo Stato, ma... il debito pubblico non diminuisce. Sul punto cercheremo chiarimenti non appena sara' disponibile il tsto della proposta ufficiale.

6- In merito alla gestione del debito pubblico, Astrid riprende e migliora notevolmente cio' che gia' oggi e' possibile ma inattuato: la possibilita' di ridurre l'aliquota fiscale sui componenti da investimenti finanziari di lungo termine. Correttamente viene proposto di innalzare l'aòiquota al 20% per gli investimenti di breve durata  e di mantere al 12,5% quella sui titoli a lunga scadenza.
Riteniamo che la logica dei "piani di risparmio" andrebbe estesa a tutte le forme di investimento, quantomeno in bond. Tuttavia pensiamo che per ragioni contingenti tale ipotedi non sia praticabile: il tesoro e' tornato ad emettere (causa spread) in modo massiccio Bot e non puo' permettersi di fiaccare la domanda interna con una riforma fiscale penalizzante per i sottoscrittori. Almeno in questo periodo.

Infine noi di Economy2050 pesiamo che e' vero che la proposta Vegas segmenterebbe il mercato dei bond italiani (del resto vi sarebbero titoli con rating differenti), ma di certo avrebbe un'impatto positivo sul tasso medio di rifinanziamento. Ricordiamo, comunque,che quella proposta a un'altro obbiettivo: non riduzione del debito, ma riduzione del costo del debito (a tal fine e' funzionale)
Non e' quidi alternativa alla proposta Astrid (se non per il deverso uso (garanzia e non vendita) del patrimonio pubblico.

CONCLUSIONI

Per noi di Economy2050 la proposta di Astrid ha diversi punti positivi,ma non e' sostanziale ai fini della riduzione del debito pubblico; le cessioni mobiliari e immobiliari sono gia' state avviate dal governo e non possono essere accellerate per motivi di mercato (prezzie liquidita' disponibile). Potrebbe migliorare la gestione delle casse previdenziali, ma non e' questo l'obbiettivo della proposta. Si incentiverebbe il risparmio privato di lungo termine e si allungherebbe la duration del debito italiano: buone cose, ma dall'impatto fiscale sui conti pubblici incerto (per questo motivo provabbilmente il governo e' immobile sull'introduzione dei "piani di risparmio" pluriennali) e comunque non rilevante se positivo.
La proposta di Astrid a nostro giudizio avrebbe un impatto minimo di poco superiore al deludente programma in materia stilato dal governo.


(.) Post dedicato all'accordo con la Svizzera in materia fiscale stilato dal sito Economi2050
    (http://www.economy2050.it/evasione-fiscale-segreto-bancario-svizzera-italia-rubik-2/)

(x) Post ideato dal sitoEconomy2050 sui finanziatori del debito pubblico italiano
     (http://www.economy2050.it/debito-pubblico-tesoro-italiano-bce-banche/)

Link originale di questo articolo:
(http://www.economy2050.it/debito-pubblico-piano-astrid-amato-bassanini/)


 

  




mercoledì 22 agosto 2012

PROPOSTA DI RIDUZIONE DEL DEBITO PUBBLICO,"PROPOSTA AMATO-BASSANINI"

Concludo questa seie di articoli dedicata alla riduzione del debito pubblico;  ( prossimamente parleremo delle proposte per la riduzione degli intaressi sul debito); dopo aver trattato nel primo articolo della proposta Savona-Rinaldi (http://www.blogger.com/blogger.g?blogID=2008902614412910872#editor/target=post;postID=1904990770542848736 ),nel secondo articolo della proposta  Monorchio- Salerno (http://www.blogger.com/blogger.g?blogID=2008902614412910872#editor/target=post;postID=6137545114549798599 )ora vediamo  la propoosta conosciuta col nome  "Amato-Bassanini".


DEBITO PUBBLICO: IL PIANO ASTRID PER RIDURLO (PROPOSTA AMATO-BASSANINI)
Undici economisti di fama propongono una serie di soluzioni per ridurre il debito pubblico in modo sostanziale in cinque anni. Le misure proposte sono gia' in corso di attuazione da parte del governo,in parte, almeno per come sono state riportate dalla stampa, sembrano poco efficaci.

L'Astrid (fondazione per analisi. gli studi e le ricerche sulla riforma delle istituzioni democratiche e sull'innovazione nelle amministrazioni pubbliche, in cui si confrontano vari economisti italiani di fama e di scuole di pensiero differenti) ha presentato di recente al ministro dell'economia Vittorio Grilli e al presidente del consiglio Mario Monti un documento messo a punto da un gruppo di undici economisti: Giuliano Amato, Franco Bassanini, Giuseppe Bivona, Davide Ciferri,Paolo Guerrieri, Giorgio Macciotta, Rainer Masera, Marcello Messori, Stefano Micossi, Edoardo Reviglio, Maria Teresa Salvemini.

L'obbiettivo e' portare lo stock del debito italiano a un livello di sicurezza in cinque anni, per poi condurlo nel 2020 entro la soglia del 100% del pil.
Il pacchetto di misure straordinarie avrebbe una valenza complessiva di 150-200 miliardi di euro in un arco di cinque anni (la cifra specifica indicata, soggetta a oscillazioni,e' di 178,7 miliardi). Secondo la proposta, denominata sulla stampa "Amato-Bassanini" l'implementazione anche nel quinquennio successivo al 2017 produrrebbe un'ulteriore riduzione del debito di circa 150 miliardi.
LE AZIONI PROPOSTE

La proposta di Astrid si articola in sei punti.

1-Vendita di immobili: il ricavato e' stimato  fra' i 55 e gli 80 miliardi.Il valore del patrimonio pubblico, esclusi i beni demaniali, viene valutato tra' i 550-600 miliardi: il 53% e' in uso alle amministrazioni, il 27% a enti no-profit, solo il 10% puo' essere considerato libero per alienazione.
Entro il 2017 si prevede la cessione di immobili per 72 miliardi: 5 miliardi dai cespiti liberi inclusi nel federalismo demaniale ( viene escluso il complesso dei 62 miliardi gestiti dall'agenzia del demanio); dal patrimnio degli enti locali (la parte vendibile e' valutata 100-120 miliardi) realisticamente sono attesi ricavi per 15 miliardi, poi 6 miliardi dalla vendita dei beni della difesa e delle province, 16 miliardi dagli enti previdenziali, ben 30 miliardi dalla cessione di appartamenti di edilizia residenziale pubblica.

2- Capitalizzazione delle cessioni: questa misura potrebbe fornire un gettito di 30 miliardi ( previsti nei soli 2012,2013 e nel 2014). Le sole lotterie fruttano oggi 1,6 miliardi l'anno.

3- Cessione delle partecipazioni: le quote delle societa' quotate ( Eni,Enel, Finmeccanica,StMicroelettronics) in mano al tesoro sarebbero vendibili per 25-30 miliardi di euro.
Le partecipazioni non quotate dello stato e degli enti locali sono valutate 12-15 miliardi (Poste, FS, ex munipalizzate, ma non solo). Il piano prevede la totale dismissione del vendibile entro il 2016 (nel 2017 non sono previsti introiti). L'incasso totale attese sommando aziende a partecipazione statale e locale e' di 40 miliardi.

4- Accordo fisclale con la Svizzera: I capitali italiani non scudati sono stimate nell'ordine dei 150 miliardi. Con un prelievo del 25% si avrebbe un gettito esptemporaneo di 37,5 miliardi; il prelievo successivo sui proventi da capitale frutterenne 2-3 miliardi annui. La proposta tiene in gran conto la possibilita' di fuga di capitali dalla Svizzera a seguito di un'accordo fiscale con Roma, pertanto il gettito ipotizzato per l'unatantum e di 13 miliardi e per l'imposta sui proventi a regime e' di 0,8 miliardi (taglio dei due terzi sui valori a capitali fermi).

5- Vincolo di portafoglio per gli enti previdenziali privati: l'idea prende spunto dal fatto che le casse di previdenza degli ordini professionali attualmente gestiscono asset, per circa 42 miliardi, ma di questi solo il 10% e' investito in bond sovrani. L' introduzione di un vincolo all'acquisto di titoli di stato a lungo termine,magari indicizzati all'inflazione, consentirebbwe maggiori rendimenti dei fondi ( rispetto al passato) e una garanzia sugli impegni previdenziale a lungo termine. Gli enti potrebbero sottoscrivere 6 miliardi nel 2013 e 2014, 1 miliardo nel 2014.

6- Gestione del debito pubblico: si suggerisce di introdurre incentivi e disincentivi fiscali per favorire l'allungamento delle scadenze del debito pubblico e una corretta conformazione  della curva dei rendimenti. La proposta e' di applicare la tassazione degli intaressi del 12,50% per titoli pubblici al momento del rimborso del capitale, in modo da favorire chi mantiene in portafolio i bond con scadenze lunghe; di contro, l'aliquota fiscale sugli intaressi dovrebbe essere uniformata a quella delle altre attivita' finanziarie (20%) per chi cede i titoli di stato prima della naturale scadenza.
LA CORNICE DEGLI INTERVENTI

Il metodo suggerito e' quello di un complesso di interventi soft sulle finanze pubbliche, dall'impatto anuo compreso fra' l'1 e il 3% del Pil in riduzione del debito: nessun provvedimento una tantum e magari traumatico, come potebbe essere una patrimoniale.
La proposta dell'Astrid punta molto su soggetti gia' esistenti: veicolo per dare attuazione pratica al piano sarebbe la (solita) cassa deposito e prestiti, molto liquida in ragione dei 300 miliardi di raccolta annuale di risparmio privato (postale) che verrebbe chiamata a valorizzare e coordinare le partecipazioni azionarie del tesoro e degli enti locali, quotate e non.

Bassanini, uno degli ideatori del piano ha precisato che nel tink tank e' stata bocciata l'idea di un'inposta patrimoniale ( causa effetto recessivo) o di operazioni troppo complesse (difficile da realizzare e magari non gradire all'europa).

 ALCUNE OSSERVAZIONI PERSONALI:

La cosa che non mi convince di questa proposta e' che mi sembra di leggervi un  ritorno al passato.
Come ben sappiamo il nostro paese si ritrova nuovamente a dover intervenire per ridurre il debito pubblico;
fin qui' nulla di nuovo, ma la proposta qui' descritta ricalca in alcuni suoi punti cio' che e' gia' stato fatto in passato e cioe' la cessione di asset strategici per il nostro paese. Ricordiamo tutti le privatizzazioni selvagge dei primi anni novanta fatte per cercare di ridurre quello che allora era un  debito molto minore dell'attuale. Con quale risultato? Abbiamo svenduto ( perche' di svendita si tratto') i migliori asset di cui disponevamo, abbiamo smembrato e svenduto quella che era la piu' grande multinazionale fuori dagli USA (l'IRI) senza di fatto risolvere il problema alla base e cioe' la diminuzione dello stock del debito.Come ho gia' accenato nel primo articolo di questa serie, il problema principale legato all'aumento del debito e soprattutto alla non sua diminuzione sta' nella spropositata spesa pubblica che questo nostro paese fa. Ripeto nuovamente che prima di QUALSIASI PIANO DI RIDUZIONE DEL DEBITO  e o di cessione di parte del patrimonio pubblico sia necessaria una diminuzione e quindi REVISIONE dell'attuale spesa pubblica. In mancanza di un Piano di riduzione di spesa, ogni cessione  di patrimonio sarebbe INUTILE nonche dannoso, perche' se anche inizialmente potremmo averne qualche vantaggio, sul lungo periodo ci ritroveremo con gli stessi problemi di oggi, con l'aggravante di non avere un patrimonio su cui fare affidamento.
Oltre a questo, aggiungo che privarci di aziende strategiche come ENI e ENEL (ad esempio) priverebbe prima di tutto lo stato degli introiti che queste aziende forniscono grazie ai dividendi che esse producono col loro lavoro, ma anche dia ziende che essendo strategiche nei loro settori, sono essenziali per la fuoriuscita del paese dalla crisi economica in cui ci troviamo.Gia' ora come tutti sappiamo, il nostro paese per il suo fabbisogno energetico ricorre all'acquisto di energia per un buon 80% del consumo di cui tutti noi necessitiamo; oltre a questo se queste aziende finissero in mani straniere rischieremo fortemente di essere ricattabili, piu' di quanto lo siamo gia' ora.

Aggingo in calce a questo articolo una riflessione fatta dagli economsti del sito "Economy 2050"  che fornisce altri spunti interessanti di rirlessione sulla proposta ciata in questo articolo.
Aspetto anche qui' sul blog le vostre riflessioni. Grazie Luca Marinoni

Fonte dell'articolo:
http://www.economy2050.it/debito-pubblico-piano-astrid-amato-bassanini/  

Post sulle riflessioni del sito Economy2050
http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/08/alcune-considerazioni-sulla-proposta_23.html 




 



lunedì 20 agosto 2012

ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLA PROPOSTA MONORCHIO-SALERNO

Nel precedente post ho illustrato la proposta Monorchio-Salerno (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/08/proposta-di-riduzione-della-spesa.html);vi propongo ora una riflessione completa fatta dagli economisti del sito "Economy 2050" ( da cui ho preso la proposta) che spiegano dettagliatamete il motivo per cui la proposta, cosi' come progettata sarebbe di fatto inattuabile.


I presupposti e gli obbiettivi del tagliadebito decritti nella proposta "Monorchio-Salerno", sono tutti condivisibili. Detto questo entriamo nel merito dei singoli interventi ipotizzati dagli autori.

  1- PATRIMONIO PUBBLICO
La creazione de  "Il fondo patrimoniale degli italiani" avrebbe degli effetti indesiderati sul deficit;
i dividendi degli aziende pubbliche non finirebbero piu' nelle casse degli enti attuali proprietari; essendo stati conferiti tutti gli immobili pubblici nel fondo, le amministrazioni dovrebbero tutte pagare un canone di affitto (di mercato) al fondo come tutte le concessioni pubbliche conferite non genererebbero piu' gettito per gli enti concedenti. Inoltre, l'potesi di rendere esentasse i proventi del fondo sottrarrebbe a tassazione almeno 30 miliardi annui di proventi (oltre al valore delle eventuali rivalutazioni dei cespiti). Pertanto la pubblica amministrazione avrebbe minori entrate e maggiori oneri che inciderebbero sul bilancio pubblico.
Occorrerebbe fare una valutazione finanziaria del peso di questi effetti non secondari.
Non e' chiaro se la proprieta' del fondo debba rimanere a maggioranza pubblica: lo stato rinuncerebbe ad Eni ed Enel (per esempio) a favore di soggetti finanziari istituzionali?
Altrettanto oscuro e' il motivo per cui i beni conferiti debbano essere necessariamente inallienabili. In particolare per il patrimonio immobiliare, non ha alcun senso che venga detenuto in un fondo perpetuo; dovrebbero essere previte modalita' di dismissioni in condizioni di mercato favorevoli e tempi congrui con rimborso pro-quota (tassato) ai proprietari del fondo da destinare all'abbattimento dei rispettivi debiti, magari fissando per legge dei targhet minimi di dismissione immobiliari,al mancato raggiungimento dei quali i gestori decadessero in modo automatico.
Non e' previsto il caso di un'eventuale riaqquisto da parte dello stato dell'intera proprieta' del fondo:oggi appare secondario,ma in futuro potrebbe avere una valnza strategica.

Inoltre e' stato tralaciato del tutto l'aspetto dell'equilibrio patrimoniale delle istituzioni finanziarie obbligato all'acquisto delle quote: queste di fatto, vedrebbero trasformato di fatto il loro portafoglio di bond sovrani in quote di proprieta' con cedola e scarsa vendibilita'.Se, ad esempio, Gemerali ed Unicredit da 50 miliardi di Btp si trovassero in portafolio 50 miliardi di capitale proprietario (non cedibile facilmente), saranno considerate piu' solide?
In piu' banche e assicurazioni avrebbero dei benefici poco giustificabili (aiuti di stato?) se la cessione (swap) dei titoli di stato per pagare le quote del fondo avvenisse alla pari e non a valori di mercato.

2- PRESTITO FORZOSO

Il prestito obbligatorio cui sarebbero costretti gli interlocutori della pubblica amministrazione sembra una buona idea, in particolare perche' i beni pubblici a basso rendimento dati in pagamento potrebbero essere smobilizzati con facilita'. Alcuni aspetti, tuttavia non sono chiari.

Innanzitutto la circostanza (come sembra) che anche i dipendenti pubblici (solo statali?) verrebbero pagati in bond sovrani: e' prevedibile una provabile insurrezione contro questa ipotesi.

Inoltre per lo smobilizzo di titoli presso la Bce le banche subiscono dei costi ( taglio sul valore nominale) che, sembra di capire, sono a carico dello stato e non sono stati quantificati.
Supponiamo possano essere ingenti per le casse pubbliche, visto che e' presumibile che verrebbero resi liquidi quasi tutti i 20 migliardi annui emessi: i costi a carico dello stato vanno approfonditi.

Nel progetto,poi, e' previsto (anche se non e' un punto imprescindibile) che verrebbero pagati immediatamente per questa via anche i debiti fuori bilancio della pubblica amministrazione verso i privati: questo implicherebbe un balzo del debito pubblico immediato di 70-80 miliardi di euro ( che poi verrebbe riassorbito negli anni) di dubbia convenienza nel bilancio pubblico.

Infine, il prestito forzoso implicherebbe, nei flussi di finanza pubblica, che le spese (correnti e per investimenti) oggi coperte dalla fiscalita' generale verrebbero trasformate in parte in debito pubblico, per cui si libererebbe cassa sul bilancio pubblico. Provabbilmente la logica e' che tale cassa venga utilizzata per comprare i titoli sovrani oggi sul mercato (a piu' alto costo sul mercato): in questo modo,tuttavia, si riducono gli intaressi sul debito pubblico complessivo, ma non scende automaticamente lo stock di debito (se non, al massimo,in misura degli intaressi risparmiati annualmente). Su questo aspetto sostanziale e' necessaria maggiore chiarezza.

3- PATRIMONIO PRIVATO

L'idea di mettere il patrimonio immobiliare privato al servizio del bene pubblico, su base volontaria e senza conseguenze patrimoniali  e' coinvolgente. Sorgono pero' alcuni dubbi che ne minano la realizzabilita' concreta.
Di fatto tutta l'operazione si basa su un finanziamento di liquidita' mostruoso da parte della Bce: 500 miliardi di euro in un solo colpo. Sicuramente a Francoforte qualcuno avra' delle obiezioni, visto che il titale degli affidamenti del sistema bancario italiano si attesta poco sotto i 2mila miliardi di euro; l'aumento del 25% di credito concesso in uno Stato interamente a carico della Bce e' un po irrituale. Tra' l'altro, Francoforte dovrebbe sterilizzare tale importo altrimenti creerebbe moneta e per di piu' tutta a vantaggio di un singolo paese dell'eurozona. L'operazione sarebbe simile ad un Ltro, ma a solo beneficio delle banche italiane e finalizzato unicamente all'abbattimento del debito italiano. In pratica, non avendo l'Italia le risorse per ricomprarsi il proprio debito, lo si chiede in prestito alla Bce. E il prestito andrebbe rinnovato per molti anni.
Il sistema bancario,poi, si troverebbe invischiato, in un'operazione che di fatto non determina profitti di alcuun tipo, nonostante le imponenti masse in gioco. Poco male, ma verrebbe compromessa la redditivita' prospettica (e il valre di mercato) a fronte di un'incremento dell'esposizione al rischio-Italia. Da questo nasce un dubbio: siamo sicuri che poi le banche avrebbero capitali e risorse per finanziare imprenditoriali produttive?

L'operazione e' congeniata in modo che la vera garanzia all'istitto di credito al corretto pagamento delle rate deriva dall'esistenza del titolo di stato acquistato grazie al mutuo. Sarebbe prudente quindi, trovare il modo diancorare i bond speciali al mutuo:main tal modo,oltre all'ipoteca,vi sarebbe anche una soerta di garanzia pignoratizia sui bond acquistati con il mutuo, tutti a carico del cittadino.
Per di piu',per l'occasione, bisogerebbe provabbilmente modificare il calcolo degli intaressi sui mutui adottato dal sistema bancario nazionale (ammortamento alla francese), altrimenti si rischierebbe di non avere l'equilibrio di entrate-uscite nei primi anni del mutuo; sull'adozione di un sistema di calcolo degli intaressi meno vantaggioso si ritiene vi sarebbe una strenua resistenza delle banche, per cui bisonerebbe creare una sorta di compensazione (a carico dello stato).

Si vede quindi, una grave freno alla cedibilita' degli immobili: vendere una casa senza ipoteche e' oggi difficile,venderne una ipotecata e' impossibile.E com unque il compratore potrebbe ricorrere al credito bancario in misura inferiore ( se la banca accetta un'ipoteca subordinata); a meno di non prevedere che con la vendita dell'immobile, si ceda anche il mutuo,il bond sovrano i beneficii fiscale connessi (soluzione un po macchinosa).

Un'evidente effetto pervwerso e che verranno proporzionalmente avantaggiati i grandi proprietari immobiliari: aderendo alla proposta chi possieda miglioni di euro in immobili non paghera' alcuna imposta sulla sua ricchezza. Non mi sebra una soluzione socialmente equa, specie in un paese che comunque avra' bisogno di tenere la pressione fiscale alta per anni e nell'ottica (europea) dello spostamento della tassazione dal lavoro al patrimonio.

Le minori entrate da imposte sugli immobili,inoltre, impatterebbe negativamente sul deficit per qualche miliardo. La proposta non  approfondisce le minori entrate causate dall'incetivo fiscale di esenzione: quanto costerebbe al tesoro ( e soprattutto ai comuni,che vorranno essere compensati)
l'esenzione totale da imposte per venti anni su buona parte del patrimonio immobiliare privato italiano?

CONCLUSIONI

La proposta Monorchio-Salerno appare complessa,coinvogente,plausibile,anche affascinante ma impraticabile.
Allo stato attuale, mancano molti riscontri contabili sostanziabili a livello di impatto sul deficit pubblico a causa delle molteplici mancate entrate. Si teme che i costi correnti siano troppo elevati.
Qualora si riuscisse a deteminare la convenienza sul deficit in termini finanziari (cosa non scontata), bisognerebbe introdurre a livello normativo qualche clausola di garanzia che impedisca alla politica di far saltare il programma in corso d'opera.  
Immaginiamo cosa potrebbe succedere nel momento in cui il debito iniziasse a scendere, pur in presenza di vincoli dello stato di durata ventennale ( e su alcuni aspetti quarantennali): assunzioni, sperse e magari pensioni come ai "bei" tempi andati (quelli che anno prodotto l'attuale debito).
Il debito pubblico verrebbe sottratto alle bizze dei mercati internazionali, ma tornerebbe sotto l'influenza politico-bancaria nazionale: infatti tornato quasi iteramente in mani italiane, verrebbe del tutto sottratto al giudizio dei mercati finanziari. Questo e' un'aspetto positivo in generale, ma non forse in Italia: il rischio di inefficenze allocative del risparmio italiano sarebbe molto elevato, come pultroppo gia' accaduto in passato.
Il sistema di tassazione verrebbe fortemente distorto a favore delle rendite patrimoniali,sia sul "fondo patrimoniale degli italiani"( avantaggio delle istituzioni finanziarie), che sugli immobili privati ( a vantaggio dei grandi patrimoni). Si ritiene che il tagliadebito ingesserebbe l'attuale sistema fiscale, penalizzante per il lavoro, visto che la gran parte del debito andrebbe abbattuta attraverso la fiscalita'generale. Percio' i livelli impositivi verrebbero di fatto mantenuti per due decenni, ma riducendo il peso della tassazione sui patrimoni e lasciando intatta la pressione fiscale sul lavoro ( la piu' alta d'europa e uno dei maggiori svantaggi competitivi del nostro sistema produttivo).
Il sistema bancario diventerebbe il puntello del debito pubblico, riaccuisendo una centralita' parapubblica: avrebbe la proprieta' di parte del patrimonio pubblico, emetterebbe mutui in quantita' enorme a fronte di qualche contropartita (anche solo politica), sconterebbe (con spese a carico dello stato) bond a basso rendimento, sarebbe meno solido in termini di patrimonio ( e quindi piu' dipendente dalla politica).

Bisogna anche considerare che le norme internazionali sulla solidita' patrimoniale del capitale bancario rendono irrealizzabile il punto 1 della proposta, date le cifre in gioco. E questo non perche' l'idea di un fondo patrimoniale non sia convincente, ma in quanto le istituzioni finanziarie italiane non anno le risorse per finanziario massicciamente.
 Si ritiene comunque, che il punto interrogativo maggiore e' a Francoforte: difficilmente verrebbe concessa la liquidita' necessaria per valorizzare il patrimonio privato per mezzo di mutui ipotecari.

Si ritiene, pertanto, che il punto tre' della proposta sia inattuabile.     

Fonte del post:

  

PROPOSTA DI RIDUZIONE DELLA SPESA PUBBLICA DEMOMINATA MONORCHIO-SALERNO

 Dopo aver illustrato la proposta RINALDI-SAVONA (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/08/proposte-per-la-riduzione-del-debito.html) passiamo alla seconda ipotesi di riduzione del debito pubblico.
 L'ex ragioniere generale dello stato Andrea Monorchio e l'ex vicesegretario generale di pallazo Chigi Guido Salerno Aletta hanno presentato, sul finire del 2011, un'articolata strategia di riduzione del debito pubblico denominata anche " Tagliadebito.


OBIETTIVI

L'obiettivo quantitativo e' anbizioso: portare il debito al 60% del Pil in venti anni, a 1140 miliardi, in linea coi dettami del fiscal compact fimato anche nei mesi scorsi da Roma.Un taglio di 922 miliardi nel ventennio, oltre 1100 miliardi in venti anni.
Il percorso individuatosi pone anche altri obbiettivi. Innanzitutto evitare di accollare uno sforzo finanziario alle famiglie e all'economia in generale, come potrebbe essere una imposta patrimoniale una tantum. E' rilevante nel progetto anche "l'italianizzazione" del debito pubblico per ovviare alle influenze dei mercati finanziari sugli itaressi da corrispondere e per evitare che ogni anno decine di miliardi di gettito fiscale debbano essere trasferiti a percettori esteri sottoforma di cedole.Anche la riduzione delle risorse destinate a rimunerare il debito e' un'obbiettivo che la proposta si pone, specie alla luce del fatto che oltre un terzo degli itaressi pagati vengano acquisiti all'estero (quest'anno verranno trasferiti oltre frontiera oltre 30 miliardi di gettito fiscale).
ANALISI DEL CONTESTO ITALIANO

La proposta parte dall'osservazione di quanto fatto in Italia nell'ultimo ventennio per ridurre il debito: non potendo utilizzare i classici strumenti della svalutazione, inflazione o ristrutturazione (default) e volendo evitare imposte patrimoniali, la storia recente dimostra che la strada della riduzione dello stok di vendita degli asset pubblici e utilizzando la fiscalita' generale si e' dimostrata fallimentare.
Tra il 1994 e il 2007 il debito e' sceso dal 122 al 104% del PIL (grazie alla vendita dei beni pubblici migliori); la crisi iniziata nel 2008 ha riportato il rapporto al 123,5% dei nostri giorni. Di fatto sono stati buttati via venti anni di vendite di stato e di manovre di bilancio a spiccato contenuto fiscale .
L'idea di prelevare delle imposte il necessario per ridurre il debito in circolazione si e' dimostrata fallimentare anche per il duro prezzo pagato dall'Italia in termini di crescita. Vari studi econometrici dimostrano che un debito superiore all'85% del Pil frena necessariamente la crescita potenziale di almeno l'1%: la non crescita italiana dal 1992 in poi ne e' l'evidenza empirica. In venti, quindi,la ricchezza complessiva del paese e' scesa,anche perche' abbiamo pagato per remunerare il servizio del debito di circa 1900 migliardi di euro: insomma, la logica seguita finora non e' piu' proponibile secondo Monorchio e Salerno.
Pun to di partenza della riflessione e' che le famiglie italiane,rispetto al reddito,sono tra' le piu' ricche del mondo: l'idea percio' e' di sfruttare il risparmio privato per ridurre il debito pubblico, nel presupposto che anche una solida crescita nei prossimi anni non sarebbe sufficiente a soddisfare gli impegni di bilancio europei.

Il piano si articola in tre' azioni complementari.
1- PATRIMONIO PUBBLICO

Il primo passo riguarda il patrimonio pubblico: la parte piu' rilevante e' costituita da immobili, per lo piu' ancora da valorizzare e la cui cessione e' lunga e complessa. E' necessario, quindi, un sistema che consenta al settore pubblico di incassare rapidamente, ma senza rinunciare al maggior valore che puo' derivare dalla valorizzazione di questi beni e dalla vendita in un momento di mercato non depresso.
La soluzione prospettata e' "Il fondo patrimoniale degli italiani" insiema ad uno "swap program": il complesso del patrimonio fruttifero delle pubbliche amministrazioni ( Societa' pubbliche e immobili) dovrebbe essere conferito obbligatoriamente e senza deroghe in un fondo unico, ma con gestioni distinte ( partecipazioni,immobili,concessioni,crediti). Nel 2004 il valore massimo  per i beni conferendi era di 675 miliardi (275 stato,il resto enti locali): le valutazioni attuali dovrebbero essere fatti da soggetti credibili, italiani e internazionali per determinare il valore di conferimento degli asset di tutte le pubbliche amministrazioni.
I beni conferiti sarebbero inallienabili, ma inseriti in un sistema di valorizzazione di lungo termine: il targhet di rendimento potrebbe essere fissato al 5,7%, reso esente da imposizione fiscale per enderlo piu' appetibile. Il fondo sarebbe azionista, non gestore: la gestione dovrebbe essere affidata ai privati. Le quote di proprieta' avrebbero diritto e dividendi ( frutti della gestione) e godrebbero della rivalutazione dei beni conferiti ( in regime di totale esenzione fiscale) dovuta alla loro valorizzazione nel corso del tempo.
Con i conferimenti le amministrazioni locali abbattereberro prioritamente il lro debito e, per il valore eccedente, avrebbero una quota di partecipazione al fondo, insieme allo stato (principale quotista ).
Stato ed enti locali,monetizzerebbero in tempi brevi parte delle quote mediante uno scambio forzoso (swap) con investitori istituzionali di lungo periodo (fondi previdenziali assicurazioni, societa' di gestione del risparmio, banche) in cambio dei titoli pubblici attualmente in circolazione (valutati al valore nominale) detenuti nel portafolio stabile da questi investiori.
Le quote di proprieta' sarebbero cedibili solo tra' questi soggetti finanziari istituzionali e le pubbliche amministrazioni conferenti i cespiti. Abbiamo trovato tracce,in alcune dichiarazioni di qualche mese fa di un'ipotesi di cessione forzosa ai privati, ma questa soluzione sembrerebbe essere superata.
La stima di riduzione del valore nominale del debito pubblico in circolazione e di 218 miliardi di euro in tre' anni: le quote del fondo, infatti, non sono debito pubblico, ma quote di proprieta'.Sarebbe un primo passo importante, ma non sufficiente: la cessione ( diretta e vincolata) del patrimonio pubblico puo' contribuire a ridurre il debito ma non lo abbatterebbe.
2-PRESTITO FORZOSO

Il secondo intervento proposto, denominato "cash & kind" e' quello di impatto piu' forte. Lo stato dovrebbe imporre il pagamento di una percentuale di spesa pubblica mediante titoli sovrani speciali ventennali (seie speciale denominata "ricostruzione del risparmio nazionale") con un rendimento parametrato al tasso si riferimento della Bce (quidi molto basso). Il presupposto logico e' che i destinatari della spesa pubblica mediante titoli sovrani speciali sono i primi beneficiari attuali del debito pubblico eccessivo, percui vanno coinvolti forzosamente nella sua riduzione: offrire i titoli a basso rendimento significa evitare l'aumento delle tasse, ma anche evitare ritardi nei pagamenti pubblici. In sostanza,le spese pubbliche correnti (660 miliardi) verrebbero pagate per il 2,5% in titoli speciali e le spese pubbliche per investimenti ( 66 miliardi) in percentuale del 6,5%:in totale verrebbero emessi bond speciali per 20,8 miliardi di euro annui. Nell'arco di un ventennio ne verrebbero emessi circa 416 miliardi: i titoli ventennali sarebbero rimborsati in quota capitale del 5% annui e l'ammortamento complessivo si completerebbe nell'arco di quaranta anni.
I crediti arretrati delle pubbliche amministrazioni sarebbero tutti corrisposti con questa modalita'.
La circolazione dei bond speciali sarebbe limitata: potrebbero essere usati per pagare imposte, tasse e contributi, ma non sarebbero cedibili tra' privati. Tuttavia viene previsto un meccanismo sui generis di anticipazione di liquidita' (dell'intero valore nominale) presso il sistema bancario fornendoli a garanzia: le banche acquisirebbero le (basse) cedole e il tesoro pagherebbe alla banca agente una commissione aggiuntiva (per eendere economicamente sostenibile l'operazione). La banca potrebbe scontare i titoli presso la Bce per ottenere corrispondente liquidita'. In tal modo cittadini e imprese otterrebbero il cash,le banche avrebbero un (minimo) utile lo stato si indebiterebbe a basso costo, il debito sarebbe detenuto da mani italiane.
Per effetto dell'ammortamento automatico dei titoli speciali, la riduzione del debito pubblico sarebbe di 198 miliardi nei primi venti anni, 218 miliardi nei secondi venti anni (fino ad estinzione del programma).
La simulazione dei tassi fatta nella proposta prende in considerazione il tasso Bce all'1,5% e un tasso medio pagato dallo stato sul debito del 3,9%: il risparmio per il tesoro in termini di intaressi, sarebbe di 215 miliardi in quaranta anni risoetto ai tassi sul mercato ( totale intaressi pagati 109 miliardi.
Da notare che oggi le condizioni di mercato sono molto piu' penalizzanti per i sottoscrittori forzati (il tasso Bce e' della meta').
Provabbilmente per consentire ai bond speciali di essere accettati dalla Bce sarebbe necessaria una garanzia fornita da bankitalia.
3- PATRIMONIO PRIVATO

Il terzo step del Taliadebito e' denominato " Mobilitazione del patrimonio immobilare privato-bonus ai proprietari garanti". E' la parte che ha sollevato piu' polemiche e allarme,specie perche' nella formulazione iniziale sembrava accompagnato da obbligatorieta'. Il ragionamento parte dal presupposto dell'azzeramento del deficit oggi (ancora) previsto per il 2013. Una volta raggiunto uno stabile pareggio di bilancio, l'Italia potrebbe sfruttare l'enorme patrimonio immobiliare delle familie il cui valore ammonta a oltre 4800 miliardi ed e' gravato da mutui per circa 350 miliardi: in sostanza per poco meno di 4480 miliardi si tratta di un patrimonio libero.
La proposta e' di chiedere alle familie di sottoscrivere un mutuo bancario con ipoteca su una parte (tra' il 10 e il 15%) dell'immobile di proprieta': ipotizzando un'adesione del 11,3% del patrimonio immobiliare privato libero, verrebbero emessi titoli sovrani (anche questi di serie speciale,denominata "mobiltazione del patrimonio immobiliare privato") per circa 505 miliardi, di durata ventennale, con riborso del 5% annuo ed un tasso eguale al tasso Bce maggiorato dell'1,5%.
I 505 miliardi sarebbero forniti da un cosorzio di banche italiane,che poi conferirebbero le garanzie immobiliari acquisite presso la Bce. Le banche applicherebbero ai mutui lo stesso tasso che pagano alla Bce per ottenere la liquidita' piu' un piccolo spread per coprire le spese (comunque inreriore all'1,5% di spread riconosciuto dallo stato ai mutuari).
Dal punto di vista finanziario i cittadini avrebbero un piccolo vantaggio finanziario ( pagano il mutuo meno di quanto ricevono a titolo di intaresse) a fronte di un a concessione di una garanzia reale sull'immobile. Per favorire la volontarieta' dei cittadini verso questa operazione, il tagliadebito prevede una agevolazione  (questa si) molto appetibile: gli immobili costituiti in garanzia sarebbero esenti da imposta (IMU, ma eventualmente anche altri balzelli) e con formale impegno da parte dello stato a non modificare il vantaggio fiscale per tutta la durata dell'ipoteca.Questa soluzione consentirebbe a molti italiani di eliminare (legalmente l'IMU su tutti gli immobili di proprieta' e di pagare le spese di esercizio delle abitazioni grazie al pur minimo vantaggio finanziario relativo al meccanismo sottoscrizione bond-pagamento mutuo.
Il denaro che entrerebbe nelle casse del tesoro sarebbe impiegato per riaccuistare sul mercato i titoli di stato attualmente in circolazione (con cedole ben superiori) con innegabili vantaggi per i conti pubblici. Nel lavoro di Monorchio e Salerno il risparmio di spesa per intaressi (almeno il 2% in meno) e' quantificato in 261,7 miliardi in venti anni. Il risparmio sugli intaressi sarebbe dicirca 13 miliardi l'anno da utilizzare insieme all'avanzo primario ad ammortizzare il mutuo (circa 25 miliardi annui).
In tal modo, col risparmio sui tassi di utilizzo del (necessario) avanzo primario,si ridurrebbe in venti anni, e in maniera indolre il debito,di oltre500 miliardi, oltre la meta' dell'obbiettivo da raggiungere.
Con il vantaggio, rispetto alla crisi finanziaria che investe l'Italia attualmente, che 505 miliardi di debito pubblico nominale tornerebbero in mani italiane e sarebbereo sottratti alle quotazioni di mercato.
In sostanza e' un modo di utilizzare il patrimonio immobiliare delgli italiani per dare una garanzia alla Bce (che fornisce la liquidita'), abbattendo contestualmente il costo del debito.
Il rispetto del vincolo di pareggio di bilancio (O meglio un consistente avano primario) e' la garanzia per i cittadini che l'ammortamento del mutuo contratto verra' pagato dallo stato.
I MUMERI DELLA PROPOSTA IN SINTESI

Riepilogando: le tre' gambe della proposta tagliadebito implicano, cumulativamente, 922 miliardi di debito di riduzione del debito pubblico in venti anni ( di cui 218 nei primi tre' anni grazie al " fondo patrimoniale degli italiani", 198 dal "cash & kind" e 506 grazie alle garanzie private). Nei successivi venti anni il debito si ridurrebbe di 218 miliardi (solo effetto "cash & kind"). Con la proposta Monorchio-Salerno l'abbattimenyto strutturale sarebbe  di 922 miliardi in venti anni (debito/Pil al 60%) e di 1140 miliardi in quaranta anni ( debto/Pil  finale al 45%).

L'artenativa e' uno sforzo fiscale quantificato in manovre finanziarie per 580 miliardi in venti anni; il Tagliadebito implica uno sforzo fiscale di 445 miliadi in quaranta anni (186 nel primo ventennio)

La proposta oggi e' presa in considerazione  da un numero sempre piu' vasto do economisti ed e'attualmente oggetto di studio presso il Cnel. Il forte dibattito che ha generato ha portato , nel corso dei mesi,ad un affinamento degli strumenti e delle modalita' attuative infocate dagli autori. Il governo tuttavia, ha eseminato e scartato per ora la proposta senza spiegare le motivazioni.

Ho illustrato qui' sopra al completo la proposta Monorchio-Salarno cosi come progettata dagli autori.
Tanto per fugare ogni dubbio dico subito che la proposta l'ho trovata nel sito "Economy 2050" dai cui l'ho riportata integralmente.
Detto questo mi permetto di fare una personale, quanto opinabile riflessione: la proposta e' molto interessante ma molto provabbilmente irrealizzabile. Per farvi capire meglio quello che intendo vi invito ha leggere il post con la spiegazione molto chiara e semplice che gli enomosti di Economy 2050, e in cui io mi trovo totalmente d'accordo fanno della proposta.Mi rendo conto che l'argomento non e' semplice e presenta molti aspetti tecnici, ma credo anche che leggendolo con attenzzione ci si possa fare una propria opinione.
Lascio a voi giudicare il testo e vi invito a dirmi cosa ne pensate, ma vi invito anche a farlo avendo anche letto l'opinione degli economisti sopra citati. Luca Marinoni.

Post con l'opinione degli economisti di Economy 2050:
http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/08/alcune-considerazioni-sulla-proposta.html