venerdì 21 settembre 2012

LIBERARIZZAZIONI (parte settima) Liberalizzazione del commercio e degli orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali

Continuiamo col tema delle Liberarizzazioni.Finora abbiamo affrontato la liberarizzazione del mercato del gas (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberalizzazioni-parte-prima.html),la liberarizzazione dei carburanti (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberarizzazioni-parte-swconda.html),la liberarizzazione delle professioni (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberarizzazioni-parte-terza.html) e la liberarizzazione del trasporto ferroviario (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberarizzazioni-parte-quarta.html), e  la liberarizzazione dei servizi pubblici locali (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberarizzazioni-parte-quinta.html). Infine nel precedente articolo ho affrontato la liberarizzazione dei servizi postali (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberarizzazioni-parte-sesta.html).
In questo articolo affrontero' la liberarizzazione del commercio e degli orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali.

Commercio: liberalizzazione del commercio e degli orari di apertura e chiusura

Per quanto riguarda la liberarizzazione del commercio occorrerebbe rimuovere i vincoli che ancora oggi impediscono l’innovazione dell’impresa commerciale, e più in particolare la libertà di abbinare la vendita di beni alla fornitura di servizi ai consumatori.

Si propone quindi di estendere a tutte le attivita' commerciali di fornire liberamente ai consumatori anche servizi integrati con la propria attivita' economica commerciale.

Ora trattiamo la liberarizzazione degli orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali.

PREMESSE
A partire dal 1998, il commercio al dettaglio è stato oggetto di una graduale riforma, a corrente al­ternata, verso una maggiore libertà di scelta dell’esercente circa gli orari di apertura e chiusura dei negozi.
In particolare, il decreto legislativo n. 114/1998 ha consentito una maggiore flessibilità nella scelta, da parte dell’esercente, degli orari di apertura e di chiusura al pubblico, imponendo al tempo stesso una serie di limiti, per cui l’arco temporale di apertura e chiusura deve comunque rispettare la fascia oraria dalle ore sette alle ore ventidue, non può estendersi per più di tredici ore giornaliere e deve comunque essere fissato nel rispetto della chiusura domenicale e festiva dell’esercizio e, nei casi stabiliti dai comuni, della mezza giornata di chiusura infrasettimanale. Di diritto i negozi possono re­stati aperti i giorni festivi di dicembre e otto domeniche o festività nel corso degli altri mesi dell’an­no, mentre ogni altra deroga alla chiusura deve essere concordata tra le organizzazioni di categoria e il comune. Solo i comuni ad economia prevalentemente turistica, le città d’arte o le zone del terri­torio dei medesimi potevano godere di una maggiore libertà determinazione degli orari di apertura e di chiusura, ma sulla base di scelte lasciate alla discrezionalità degli enti territoriali di riferimento.
Tale flessibilizzazione, con la quale il legislatore statale ha affidato un ruolo di primo piano alle re­gioni e agli enti locali nella modulazione degli orari, se rispettosa della competenza regionale in ma­teria di commercio, si è tuttavia dimostrata poco coraggiosa.
Rispetto, dunque, a una certa rigidità dimostrata dalle regioni e dai comuni, il legislatore statale ha recentemente liberalizzato gli orari commerciali come misura per lo sviluppo economica, intervenendo tuttavia in via sperimentale e solo per le località inserite negli elenchi regionali dei luoghi a vocazione turistica e le città d’arte (art. 35, comma 6, decreto legge n. 98 del 6 luglio 2011, recante Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria e convertito con modificazioni dalla legge n. 11 del 15 luglio 2011).

PROPOSTE OPERATIVE DI RIFORMA
La riforma che si propone estende la liberalizzazione avviata in via sperimentale per le località a vo­cazione turistica e le città d’arte a tutti gli esercizi commerciali, ovunque ubicati.
Le ragioni sono molteplici.
Il costo delle rigidità italiane nella distribuzione commerciale è pari a 930 euro all’anno per famiglia. Complessivamente, il permanere di una struttura antiquata pesa per 23 miliardi di euro, pari al 2,5 per cento dei consumi totali delle famiglie (fonte: Cermes-Bocconi). Inoltre, un recente sondaggio di IPSOS su un campione di 1000 persone (margine di errore compreso fra +/- 0,6% e +/- 3,1) rivela che 8 italiani su 10 sono favorevoli alla liberalizzazione del commercio.
Occorre dunque che lo Stato recuperi, in virtù della sua competenza esclusiva in materia di concor­renza, l’occasione di liberalizzare il commercio come segnale, ancorché piccolo, di scossa all’econo­mia e allo sviluppo e come risposta alle esigenze di vita dei consumatori, specie nelle grandi città, dove i ritmi quotidiani più serrati rendono difficile anche solo comprare i generi alimentari.
L’intervento normativo necessario per attuare la presente proposta è assai semplice e richiede sol­tanto due passaggi, l’abrogazione dell’attuale deroga ai limiti agli orari di apertura e chiusura e agli obblighi di chiusura festiva solo per gli esercizi commerciali ubicati nelle località turistiche e nelle città d’arte; e, contemporaneamente, l’estensione del medesimo regime a tutti i comuni italiani.

Link utili:

Saldi: storia di un'assurdita' italiana   (IBL)
http://brunoleonimedia.servingfreedom.net/BP/IBL_BP_108-Saldi_Commercio.pdf;

Liberarizzazioni: L'esempio del commercio
http://denaro.it/blog/2011/12/21/liberalizzazioni-l%E2%80%99esempio-del-commercio/;

Liberarizzazione del commercio: 8 italiani su 10 favorevoli
http://www.chicago-blog.it/2011/07/13/liberalizzazione-del-commercio-8-italiani-su-10-favorevoli/;

Basta saldi, largo alla liberarizzazione del commercio
http://www.manageronline.it/articoli/vedi/5429/basta-saldi-largo-alla-liberalizzazione-del-commercio/

 


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