sabato 5 novembre 2011

LE PRIVATIZZAZIONI DELLA SINISTRA

Avrete di certo sentito dire nelle varie trasmissioni politiche, nelle interviste ai TG dei vari politici di centrosinistra la frase in cui ricordavano  "le uniche vere privatizzazioni fatte in Italia le abbiamo fatte noi". Beh non si può' dire che la cosa non sia vera. Ma mi e' sempre sorto un dubbio,visto la situazione economica in cui ci troviamo  e conoscendo la classe politica di sinistra come sono state fatte e soprattutto, le cose vendute che vantaggi anno portato al nostro paese.
Per capire tutto questo ho voluto  cercare di riassumere la storia  delle privatizzazioni nel nostro paese.
Tutto comincia nell'estate del 1992 quando  banchieri, finanzieri e manager italiani, statunitensi e anglo-olandesi si incontrano sul panfilo della regina Elisabetta, Britannia, e discussero del processo di privatizzazioni.
Sembra ieri quel 2 giugno 1992, quando il «Britannia», panfilo di sua maestà britannica, arrivò di fronte a Civitavecchia con tutti i banchieri della City a bordo (Warburg e Barclay, Coopers Lybrand, Barino, eccetera) a intimare le condizioni della finanza anglo sullo smantellamento delle partecipazioni statali.
Una torta da 100 mila miliardi, come scrisse Massimo Gaggi, giornalista de Il Corriere che era a bordo.
Ci andò anche Mario Draghi, d'ora in poi intoccabile e non criticabile governatore di Bankitalia. Allora era direttore del Tesoro.
E dovette giustificarsene in audizione parlamentare: «dopo aver svolto l'introduzione me ne andai, e la nave partì senza di me…in questo modo evitai ogni possibile sospetto di commistione».
Il Britannia infatti prese il largo.
In acque internazionali, su suolo britannico, gli italiani invitati ascoltarono le condizioni.
Fatto è che Draghi, nell'introduzione, aveva lodato le privatizzazioni così: «uno strumento per limitare l'interferenza politica…un obbiettivo lodevole»: lo stesso programma de Il Corriere oggi. Allora,  il tecnocrate dettava la linea politica.
Bastava: poi scese.
Restarono, fra gli altri, Rainer Masera (un altro intoccabile), Giovanni Bazoli (Ambroveneto), Beniamino Andreatta: che sarebbe diventato di lì a poco ministro.
Nel governo Amato, al Bilancio; nel governo Ciampi agli Esteri, nel governo Prodi alla Difesa.
Un coccolone ha impedito al Beniamino tecnocratico di ricoprire altri ministeri, di perfezionare i danni.
Gli altri, purtroppo, sono vegeti e pronti.
A consegnare l'Italia a Goldman Sachs.
Nel settembre '93, alla privatizzazione della Comit fu incaricata di presiedere la Lehman Brothers; a quella del Credit, la Goldman Sachs.
In verità Franco Nobili, il precedente capo dell'IRI, aveva dato quest'ultimo incarico alla Merrill Lynch; ma a quel punto Nobili era in prigione in attesa di giudizio per Mani Pulite (solo il tempo necessario: poi sarà prosciolto con formula piena), e comandava Prodi.
Fu Prodi a dare l'incarico alla Goldman Sachs, «della quale era stato consulente fino a pochi giorni prima». (1)
La Merrill Lynch, nel giorni in cui aveva l'incarico, aveva offerto alla Deutsche Bank il pacchetto di Credito Italiano in proprietà all'IRI per 6 mila lire ad azione.
La Goldman Sachs fissò il valore del Credit a 2.075 lire per azione, meno della quotazione in Borsa, che era sulle 2.230 lire.
Insomma vendette per 2.700 miliardi qualcosa che ne valeva almeno 8 mila.
Persino l'Espresso si chiese: «è dunque un regalo quello che l'IRI sta facendo al mercato? Dal punto di vista patrimoniale è così».
Prodi ne ha fatti, di regali.
L'Italgel, 900 miliardi di fatturato, venduta per 437 alla Nestlé.
La Cirio-Bertolli-De Rica (CBD), 110 miliardi di fatturato, valutata sui 1.350 miliardi, venduta a una finanziaria lucana mai sentita, la FISVI di tale Francesco Lamiranda, «appoggiato dalla sinistra democristiana della Campania» secondo Il Corriere.
Era la sua unica credenziale, perché Lamiranda soldi non ne aveva.
Offrì dapprima 130 miliardi, poi 310.
Avrebbe pagato, chiarì, vendendo i pezzi dell'azienda che si offriva di comprare.
Ma restò l'unico acquirente.
Un'asta ci voleva: non fu fatta.
Bisognava vendere a questo Lamiranda.
Pietro Larizza, allora capo della UIL, descrisse l'operazione così: «la FISVI acquista senza avere ancora i soldi per pagare; per formare il capitale necessario, vende una parte di ciò che ha comprato; per quel che rimane cerca ancora soci finanziatori per completare l'acquisto».
Antonio Bassolino (un merito gli va riconosciuto) denunciò alla Procura di Napoli quell'affare: «c'è il pericolo che privatizzazioni fatte in questo modo espongano pezzi del nostro apparato produttivo alle mire speculative e affaristiche».
Era peggio di così.
Un perito di nome Renato Castaldo scoprì che dietro lo sconosciuto Lamiranda c'era l'Unilever, la multinazionale olandese.
«E' documentato che la Unilever», scriveva, ha «inviato offerte, condotto trattative dirette e indirette con l'IRI…predisponendo anche le clausole da inserire nel contratto» fra Prodi (IRI) e Lamiranda.
L'Unilever?
Prodi è stato consulente dell'Unilever dal '90 al '93, come consulente di vaglia, a decidere le acquisizioni.
Ecco dov'è il miele che Goldman Sachs cerca.
Ecco dov'è la linfa che trovano i grand commis nella Goldman Sachs.
L'ape cerca i fiori, i fiori si volgono all'ape.
E' una storia d'amore.
Non amano noi, però.
Ci vogliono spogliare, oggi come allora
NOTE
1) Massimo Pini, «I giorni dell'IRI, storie e misfatti da Beneduce a Prodi», Mondatori, 2000, pagina 238. Gran parte delle informazioni di questo articolo vengono dal libro di Pini.


Sarebbe utile ricordare a quei nostri cari parlamentari che in questi giorni anno qualche mal di pancia,quale e' stato e sarà' il risultato di consegnare il nostro paese alla sinistra italiana; quali danni anno procurato alla nostra economia. Mi vien da ridere (ma poi mica tanto) quando vedo con che ipocrisia,politici, intellettuali,sindacati si scandalizzino,si fasciano la testa per il fatto che il nostro governo ha accettato di far  monitorare i nostri impegni dagli economisti dell'F.M.I. quando loro anno svenduto la nostra migliore industria di stato ai poteri forti angloamericani e europei.
RICORDIAMO A NOI STESSI A TUTTI I NOSTRI AMICI,PARENTI, CONOSCENTI IN CHE GUAIO SI CACCEREBBE IL NOSTRO PAESE SE IL POTERE PASSASSE NELLE MANI DI QUESTI LOSCHI SIGNORI.  

Luca Marinoni

Fonte dell'articolo:http://www.fattisentire.org/modules.php?name=News&file=article&sid=1913 

  

Quel falso allarme del Fmi creato "ad arte" dai giornali

In questi giorni,in special modo dopo che il nostro governo a richiesto la supervisione del fondo monetario internazionale le opposizioniin generale, sostenute anche da giornali e da una certa parte del sindacato abbiano creato un po di confusione su cosa fara' nel nostro paese realmente l'fmi.
Per cercare di capire meglio cio' che succedera' vi voglio proporre un'interessante articolo dell'economista Giuseppe Pennisi esppesrto della materia che sul sito www.ilsussidiario.net quello che in realta' succede e succedera'.
Vi invito a leggerlo e a fare le vostre riflessioni sull'argomento. Luca Marinoni


I giornali di ieri 4 novembre e di oggi 5 novembre danno grande rilievo all’annuncio di un’imminente missione del Fondo monetario internazionale (Fmi) in Italia e la presentano come una campana a morte per il Governo in carica. Ho una certa dimestichezza con le istituzioni finanziarie internazionali dette “di Bretton Wods”, perché ho fatto la mia prima carriera in Banca Mondiale. La Banca mi ha “prestato” in alcune occasioni al Fondo per missioni e studi in cui erano di rilievo materie (come la spesa sociale o i programmi d’investimento a lungo termine) in cui ero particolarmente competente. Di converso, ho spesso lavorato, in compiti specificatamente di Banca mondiale, fianco a fianco con “cugini” del Fondo datici in prestito dallo Fmi. Le due istituzioni erano nello stesso edificio quando il 15 settembre 1968 presi servizio in Banca mondiale; tre anni dopo, il Fmi si fece una casa propria, ma di rimpetto a quella della Banca.
Chiariamo alcuni punti. In primo luogo, l’articolo IV dello Statuto del Fondo prevede almeno una missione l’anno in ciascun Paese e consultazioni. In particolare, un bozza di poderoso rapporto viene predisposta a Washington prima della missione, aggiornata durante la missione (di durata, di solito, di due settimane) e presentata al Consiglio d’amministrazione del Fondo (che si riunisce tre volte la settimana, a differenza di quello della Banca che ha di norma un sessione la settimana) unitamente a una “lettera d’intenti” (se del caso) in cui il Governo del Paese in questione esprime i propri obiettivi e programmi di politica economica. Naturalmente, le “consultazioni” con pertinente missione diventano più frequenti se il Paese ha seri problemi e chiede finanziamenti al Fondo. Tra il 1965 e il 1972 (smottamento e fine dell’area della sterlina) quasi ogni mese funzionari Fmi erano a Londra, tanto che presero in affitto una palazzina a Mayfair (che a volte utilizzai anche io nel quadro di missioni della Banca mondiale).
In secondo luogo, i prestiti Fmi riguardano principalmente il sostegno di disavanzi delle bilance dei pagamenti per sorreggere il cambio o facilitarne l’aggiustamento oppure la provvista di valuta estera per il riassetto strutturale. L’ultima volta che l’Italia via ha fatto ricorso è stato nella crisi valutaria della metà degli anni Settanta, parte a sua volta di un più vasto tsunami economico mondiale dopo il crollo del regime “di Bretton Woods” e il forte aumento dei prezzi del petrolio. Nella “congiuntura difficile” del 1964 si era pensato a chiedere il supporto finanziario del Fondo, ma tensioni all’interno della maggioranza fecero sì che si andò invece alla Banca mondiale per un prestito a rapida erogazione - la quinta linea di credito dell’istituto alla Cassa per il Mezzogiorno per l’acquisto di macchine utensili estere per Piccole e medie imprese (si era ancora in regime di restrizioni valutarie e controlli sui cambi).
La situazione della bilancia dei pagamenti dell’Italia ha esposto, negli ultimi 12 mesi, un disavanzo pari al 3,7% del Pil, un dato leggermente superiore a quelli segnati da Spagna e Austria, ma un terzo di quello della Grecia e non certo tale da indurre a pensare a una crisi. L’Italia ha indubbiamente esigenza di un profondo programma di riforme strutturali; il vincolo sono le leggi (soprattutto, l’Himalaya di norme da abolire e le poche nuove riforme da approvare) non la disponibilità di valuta.
In terzo luogo, la missione viene ufficialmente “su invito della Repubblica Italiana”. È possibile che si tratti di una mossa effettuata nella speranza di avere se non una benedizione almeno una pacca sulle spalle. È molto più probabile che l’invito nasconda una vigilanza più attenta, anche perché né la Commissione europea, né la Banca centrale europea dispongono di risorse umane ed esperienza analoghe a quelle del Fmi. In tal caso, l’esito potrebbe essere un addendum alla “lettera d’intenti” presentata a fine ottobre e misure più cogenti di quelle nel “maxi-emendamento” con annessi e connessi.
Il gran fumo che si sta facendo sulla visita dei Signori Fmi ha, però, un effetto non positivo: nasconde il vero anello mancante nel dibattito e nella “lettera d’intenti”: il debito pubblico. Ai titoli pari al 120% del Pil occorre aggiungere i debiti delle pubbliche amministrazioni nei confronti di imprese, famiglie e individui pari a un altro 6% del Pil, nonché parte del debito previdenziale (stimato a 150%-200% del Pil, ma in gran parte già incluso nel debito pubblico in senso stretto). Non possiamo consolidarlo in quanto siamo parte di un’unione monetaria. Non possiamo pulirlo con un’iniqua maxi inflazione ancora una volta a ragione delle regole dell’eurozona. Non possiamo liberarcene con una crescita vigorosa, perché il peso del fardello è uno degli elementi che ci frena. Non resta che sperare che al Fmi venga qualche buona idea.

P.S. Allego di seguito il link con le attivita dell'economista autore dell'articolo

venerdì 28 ottobre 2011

Lettera del presidente Berlusconi al quotidiano il foglio

Gentile direttore,
bisogna stare attenti alle parole, come sapete voi del Foglio. “Austerità” non fa parte del mio vocabolario. Responsabilità sì, autonomia sì, libertà sì, ma austerità no. La polemica sui “licenziamenti facili” è figlia di una cultura ottocentesca che ignora i cambiamenti del mercato mondiale ed è oltraggiosa per l’intelligenza degli italiani: già ora nelle aziende con meno di 15 dipendenti, dove lavora circa la metà degli occupati, non vige la giusta causa. E se ora il governo si propone di intervenire sui contratti di lavoro, seguendo la strada indicata dal disegno di legge presentato dal senatore dell’opposizione Pietro Ichino, è solo per aumentare la competitività del Paese, aprire nuovi spazi occupazionali per le donne e per i giovani, e garantire a chi perde il lavoro l’aiuto della cassa integrazione per trovare una nuova occupazione.

Di fronte al compimento di una fase critica e turbolenta, e dopo che in Europa il nostro e altri governi hanno chiesto e ottenuto impegni finanziari a difesa dell’euro, dando assicurazioni sulle riforme e un calendario impegnativo per la loro realizzazione, si va purtroppo dipanando una campagna fatta di ipocrisie e falsità, che tende a rovesciare come un guanto il senso delle cose. Ci siamo impegnati per la crescita, per lo sviluppo, per più efficaci regole di concorrenza, di competitività, di mobilità sociale, non per deprimere l’economia e rilanciare la lotta di classe, che come ho detto in Parlamento è finita da un pezzo. La rete di protezione sociale, in specie sul tema del lavoro, è tutto sommato abbastanza solida in Italia, e nessuno vuole sfilacciarla. Il problema è di ridurre le cattive abitudini, scongiurare un’estensione abnorme del lavoro precario, offrire un futuro qualificato ai giovani e alle donne rimuovendo solo e soltanto le rigidità improprie che impediscono l’allargamento della base occupazionale e produttiva, per avvicinarci agli obiettivi del Trattato di Lisbona sulla partecipazione al mercato del lavoro, purtroppo ancora lontani.

Gli imprenditori del XXI secolo non sono i padroni delle ferriere dell’Ottocento, non si svegliano al mattino con l’impulso di liberarsi di manodopera per gonfiare profitti. E i lavoratori sono titolari di forza contrattuale e di diritti, non schiavi sociali. Non dobbiamo sottometterci alla caricatura di noi stessi. di Silvio Berlusconi

mercoledì 12 ottobre 2011

DDL STABILITÀ, BOZZA:1 MLD A AMMORTIZZATORI SOCIALI, 400 MLN A SCUOLE

Roma - Tagli lineari per i ministeri che non rispettano gli obiettivi; 700 mln per rifinanziare le missioni internazionali e fondi per "strade sicure"





Tagli lineari ai ministeri inadempienti, fondi per l’Inps e per l’autotrasporto. Ma anche rifinanziamenti per il 5 per mille e per la detassazione dei salari. E ancora: fondi a scuole e università, rifinanziamento di “strade sicure” e delle missioni militari internazionali (700 milioni), agli ammortizzatori sociali (1 miliardo di euro) e per i grandi eventi. Sono alcune delle misure contenute in una bozza del ddl Stabilità che domani arriverà all’esame del Consiglio dei ministri.

TAGLI MINISTERI - La bozza del disegno di legge di Stabilità recepisce gli effetti finanziari della manovra e quindi anche i tagli alle dotazioni dei ministeri per 7 miliardi nel 2012, 6 miliardi nel 2013 e 5 miliardi nel 2014. E secondo quanto recita la relazione illustrativa “nei casi in cui i ministeri, in esito all'attività valutativa e di verifica degli effetti finanziari sui saldi di finanza pubblica, non hanno raggiunto gli obbiettivi in parola”, la tabella sulle spese rimodulabili integrata con gli ulteriori interventi correttivi, subisce una “corrispondente riduzione lineare delle dotazioni finanziarie delle missioni e dei programmi di spesa di ciascun ministero interessato”.

PREVIDENZA - Per la gestione Inps vengono stanziati fondi da destinare all’adeguamento delle pensioni alle variazioni dell'indice Istat dei prezzi al consumo, come previsto dalla legge che stabilisce ogni anno l’aumento di un punto percentuale. In totale 542,07 milioni di euro.

AUTOTRASPORTO MERCI - Per il 2012 viene autorizzata la spesa di 400 milioni di euro a sostegno del settore dell’autotrasporto merci che verranno ripartite con decreto del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti di concerto con l’Economia.

5 X MILLE – Per quanto riguarda il 5 per mille, la bozza prevede una proroga delle disposizioni relative al riparto della quota sull’Irpef che si applicano anche al 2012 con riferimento ai redditi del 2011, autorizzando per il prossimo anno una spesa di 400 milioni di euro. Prevista la detassazione dei salari di produttività per l’anno 2012.

DETASSAZIONE E DECONTRIBUZIONE SALARI - Tra le disposizioni previste nella bozza anche la decontribuzione dei salari dei produttività per il 2012 concessa nelle stesse forme della legge 247 del 2007 nei limiti delle risorse già stanziate. E la conferma della detassazione al 10 per cento di tutta la parte variabile del salario con il limite di reddito da lavoro dipendente a 40 mila euro con un costo stimato di 835 milioni di euro.

SCUOLA E UNIVERSITA’ - Incrementato anche il fondo università. Il fondo, secondo quanto recita la bozza, è incrementato per il 2012 di 400 milioni di euro. Il 75 per cento dovrebbe essere destinato alle maggiori esigenze di personale, il resto per spese di funzionamento. La bozza di provvedimento prevede anche un rifinanziamento per il 2012 a favore delle scuole non statali pari a 242 milioni di euro e un sostegno alle università non statali legalmente riconosciute di 20 milioni di euro per il prossimo anno. Per il diritto allo studio viene autorizzata dalla bozza del provvedimento la spesa di 150 milioni di euro per il prossimo anno.

MISSIONI MILITARI - Per le missioni internazionali “ai fini della proroga al 30 giugno della partecipazione italiana a missioni internazionali” il fondo previsto dalla Finanziaria 2007 è integrato “di 700 milioni di euro per l’anno 2011”.

STRADE SICURE – La bozza del provvedimento sulla stabilità autorizza una spesa di 36,4 milioni di euro per il primo semestre del 2012 a favore di forze armate e forze di polizia per “strade sicure”.

FONDO OCCUPAZIONE, FORMAZIONE E AMMORTIZZATORI – Un miliardo di euro per rifinanziare il Fondo sociale per occupazione e formazione per il 2011. Secondo quanto recita la bozza di provvedimento le somme verranno utilizzate per ammortizzatori sociali in deroga ed altri interventi finalizzati compresa la contribuzione figurativa che non avendo immediato effetto in termini di indebitamento netto, riducono gli oneri a 600 milioni di euro.

FONDO GRANDI EVENTI – Per il 2012 la bozza del provvedimento sulla stabilità stanzia 1348 milioni di euro per il 2012 per finanziare il Fondo per le esigenze improrogabili che riguarda soprattutto i grandi eventi previsto nello stato di previsione del Ministero dell'Economia e delle finanze.

FONDO STRUTTURALE POLITICA ECONOMICA – Prevista all’articolo 5 della bozza del provvedimento all’ordine del Consiglio dei ministri, una riduzione per 4.813 milioni di euro al Fispe, fondo per interventi strutturali di politica economica.

FREQUENZE – L’articolo 6 della bozza del Dl Stabilità prevede invece la modifica della destinazione dei proventi derivanti dalle aste sulle frequenze. Le maggiori entrate accertate per il 2011 rispetto a quelle previste di 2,4 miliardi, sono riassegnate per il 50% al fondo per l’ammortamento dei titoli di stato e per il 50% ad incremento del Fondo per il finanziamento di interventi urgenti ed indifferibili, con particolare riguardo ai settori dell'istruzione e agli interventi organizzativi connessi ad eventi celebrativi istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.   

venerdì 7 ottobre 2011

Sacconi, da Ue sì a credito imposta per assunzioni nel Mezzogiorno

La Commissione Europea ha comunicato il via libera al credito d'imposta per contratti a tempo indeterminato nelle regioni del Mezzogiorno varato con il decreto sviluppo dello scorso luglio. "Il provvedimento -annuncia il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi- si inserisce nell'ambito delle azioni adottate dal governo per attuare gli obiettivi della Strategia Europea 2020, con particolare riguardo all'aumento del tasso di occupazione".
 "Ciò consente di attivare -prosegue il ministro- già dalla prossima settimana i procedimenti per una rapida attuazione dello strumento, che passa per una naturale interlocuzione con le regioni meridionali per la definizione delle modalità operative di attivazione dello strumento e della relativa copertura finanziaria sui programmi nazionali e regionali del Fondo Sociale Europeo. Grazie alla collaborazione sviluppata con gli uffici della Commissione Europea, cui va il nostro apprezzamento, l'Italia -conclude- dispone oggi di un nuovo strumento di sostegno alla creazione di nuova occupazione automatico ed incentivato che riscuote il gradimento delle imprese -che lo hanno sostenuto- e che potrà permettere di accrescere l'intensità occupazionale della crescita anche in una fase delicata come questa".

http://www.adnkronos.com/IGN/Lavoro/Politiche/Sacconi-da-Ue-si-a-credito-imposta-per-assunzioni-nel-Mezzogiorno_312520014271.html

mercoledì 4 maggio 2011

Libia: Camera approva mozione maggioranza

Frattini: domani lanceremo soluzione politica




ROMA  - La Camera ha dato il via libera alla mozione di maggioranza sulla Libia con 309 si' e 294 no. Via libera anche alle mozioni di Pd e terzo Polo rispettivamente con con 260 si', 21 no e 316 astenuti e con 265 si', 45 no E 291 astenuti. Respinta quella dell'Idv con 381 no. I voti favorevoli sono stati 20, mentre 196 sono state le astensioni. ''Abbiamo approvato la mozione e abbiamo dimostrato ancora una volta che la maggioranza e il governo sono solidi', ha detto Silvio Berlusconi al termine del voto sulla Libia.  "La Lega ha vinto. Ce l'ha sempre duro". Così il leader del Carroccio, Umberto Bossi, nel recarsi in Aula alla Camera per votare la mozione sulla Libia, risponde ai cronisti che gli chiedono se la Lega abbia vinto il braccio di ferro nella maggioranza. "Con Berlusconi siamo sempre amici. Abbiamo trovato la quadra". Così il leader della Lega risponde a chi gli chiede se dopo le tensioni sulla Libia, i rapporti con Berlusconi sono tornati buoni.
FARNESINA,NO DECISIONE UNILATERALE ROMA SU TEMPI - L'Italia non assumera' ''nessuna decisione unilaterale'' sui tempi della missione in Libia. Lo ha sottolineato il portavoce della Farnesina Maurizio Massari in briefing con i giornalisti. ''E' evidente - ha aggiunto - che la durata della missione e' subordinata al raggiungimento degli obiettivi'' fissati dalla Nato e dalla comunita' internazionale.

BOSSI, NATO DOVRA' TENERE CONTO MOZIONE GOVERNO - ''Una volta che passa una mozione del genere, va all'attenzione di tutti, tutti devono riflettere e tenerne conto''. Cosi' il leader della Lega, Umberto Bossi, risponde a chi gli domanda delle resistenze opposte dalla Nato alla fissazione di limiti temporali alla missione in Libia , cosi' come chiede invece la mozione di maggioranza approvata oggi alla Camera
NATO, NON IN GRADO FISSARE DATA FINE MISSIONE - ''Non sono in grado di fissare una data in cui la missione potra' essere considerata compiuta'': lo ha detto il segretario generale della
Nato, Anders Fogh Rasmussen sottolineando come ci sia un accordo tra i Paesi impegnati su tre obiettivi ''che definiscono la durata e lo scopo della misione stessa'': la fine di tutti gli attacchi alla popolazione civile, il ritiro delle forze di Gheddafi e dei mercenari, il libero accesso agli aiuti umanitari. 
FRATTINI, DOMANI LANCEREMO SOLUZIONE POLITICA - ''Da oggi cambiera' che la soluzione politica verra' lanciata certamente domani, sappiamo che il Consiglio nazionale di Bengasi ci preparera' una road map politica che io ho letto e che mi sembra un contributo importante su cui noi ragioneremo anche perche' viene dai libici, non da altri''. Lo ha detto il ministro degli Esteri, Franco Frattini, conversando con i cronisti a Montecitorio a proposito dell'incontro di domani del cosiddetto gruppo di contatto sulla Libia.
4 MOZIONI,PDL-LEGA E OPPOSIZIONE A CONFRONTO Accordo raggiunto dentro la maggioranza. Una mozione a firma Pdl-Lega-Responsabili rappresenterà alla Camera la posizione del governo sulla Libia. Archiviato dunque il testo presentato in solitaria dal Carroccio, che resta la base del documento di maggioranza, vengono fissati sette impegni (tra cui la fissazione di un termine temporale) rispetto all'intervento italiano. L'opposizione conferma invece le sue tre mozioni: due 'si'' da parte di Pd e Terzo polo alle azioni mirate dei nostri aerei su obiettivi militari, il 'no' dell'Idv.

I SETTE PUNTI DELLA MAGGIORANZA - Erano sei i 'paletti' fissati per il governo dal Carroccio, da subito contrario ai bombardamenti italiani. Al termine di tre giorni di trattative dentro la maggioranza, il testo finale, a firma congiunta, mantiene invariati quattro di quei punti, altri due li modifica, aggiungendone uno nuovo. La prima modifica è stata apportata all'impegno chiesto dalla Lega, di fissare "un termine temporale certo, da comunicare al Parlamento, entro cui concludere le azioni mirate contro specifici obiettivi militari". Quel termine, si precisa nel testo finale, deve essere determinato "in accordo con le Organizzazioni internazionali e i Paesi alleati". La seconda modifica riguarda le spese: si dice no, come chiesto dal Carroccio, ad "aumenti della pressione tributaria finalizzati al finanziamento della missione". Ma si aggiunge che, per evitare gli aumenti, si varerà "un piano di razionalizzazione delle missioni già in corso, da attuarsi in accordo con le Organizzazioni internazionali e i Paesi alleati, attraverso una graduale e concordata riduzione degli impegni del nostro Paese". Per il resto, la mozione di maggioranza chiede al governo di "intraprendere immediatamente una decisa e forte azione politica" per una soluzione diplomatica internazionale della crisi libica ed "escludere per il futuro qualunque nostra partecipazione ad azioni di terra". Inoltre, sul fronte dell'immigrazione proveniente dal Nord Africa, l'impegno è quello di promuovere "il reale concorso di tutti i Paesi alleati rispetto alle ondate migratorie". Ma anche di "superare le criticità" conseguenti alla bocciatura del reato di clandestinità da parte della Corte di Giustizia dell'Ue.

IL SI' DEL PD
- "Considerato il drammatico aggravarsi della situazione umanitaria in Libia" e gli "indiscriminati bombardamenti" di Gheddafi, la mozione del Pd è favorevole ad azioni mirate contro obiettivi militari. E impegna il governo a "continuare nell'adottare ogni iniziativa necessaria ad assicurare una concreta protezione dei civili", in coerenza con la risoluzione Onu.

IL SI' DEL TERZO POLO - Anche la mozione che porta le firme di Udc, Fli, Api e Mpa, ritiene l'uso delle armi "necessario". Perciò il Terzo polo dà il via libera al governo per "aumentare la flessibilità operativa dei propri velivoli con azioni mirate contro specifici obiettivi militari, partecipando così su di un piano di parità alle operazioni alleate, per assicurare la protezione della popolazione civile della regione, nello scrupoloso rispetto delle Risoluzione 1.973" dell'Onu.

IL NO DELL'IDV
- Netto invece il 'no' dell'Idv, che chiede al governo di "circoscrivere la natura e l'estensione della presenza italiana" in Libia, "escludendo esplicitamente la partecipazione attiva del nostro Paese ai bombardamenti contro obiettivi sul suolo libico". I dipietristi nella loro mozione puntualizzano che "un voto parlamentare si rende necessario anche per verificare se il Governo disponga ancora di una propria maggioranza in politica estera".

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/politica/2011/04/28/visualizza_new.html_896775134.html

 

sabato 30 aprile 2011

Raid in Libia, la Lega fissa i paletti E Berlusconi: «Mozione costruttiva»

Il premier approva le sei condizioni «imprescindibili» di Bossi. Maroni: «Apertura positiva, ci lavoreremo»

 




[Esplora il significato del termine: MILANO - «Da una parte c’è una Lega contrariata e contraria al crescere di una partecipazione ad azioni militari. Dall’altra esiste la precisa volontà di evitare la crisi di governo». Questi i ] MILANO - «Da una parte c'è una Lega contrariata e contraria al crescere di una partecipazione ad azioni militari. Dall'altra esiste la precisa volontà di evitare la crisi di governo». Questi i "principi ispiratori" della mozione leghista sulla Libia, pubblicata su La Padania e annunciata venerdì in serata da Umberto Bossi. Un documento al quale hanno lavorato lo stesso Senatùr, Roberto Maroni, Roberto Calderoli, Giancarlo Giorgetti e che «ha portato alla presentazione di una mozione - si legge sul quotidiano leghista - in sei punti «imprescindibili». «Mozione che porrà fine alle ostilità», ha previsto lo stesso Bossi.

L'APERTURA DEL PREMIER - Detto, fatto. Visto che il «presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi - recita una nota di Palazzo Chigi - considera la mozione presentata dalla Lega un contributo costruttivo e pragmatico per trovare la soluzione al dibattito in corso tra le forze politiche sulla vicenda libica». «Da Silvio Berlusconi è arrivata un'apertura positiva, da apprezzare, per lavorarci sopra» ha commentato il ministro dell'Interno Roberto Maroni.

LA MOSSA - Sul caso Libia la Lega pone sei paletti e in particolare chiede che venga indicata una data entro la quale ci sia lo stop di ogni azione militare. «Il primo punto chiave della mozione - si spiega su La Padania - riguarda la guerra a Gheddafi: non ci sia un escalation che porti ad azioni di guerra». Il secondo punto: «Occorre intraprendere una intensa azione diplomatica perché purtroppo le bombe non sono mai intelligenti». Per questo, e siamo al punto focale della mozione, vien proposto - scrive sempre La Padania - di «fissare un termine entro il quale far cessare qualsiavoglia azione militare. Termine rigorisissimo, da comunicare immediatamente al Parlamento». Il Carroccio chiede inoltre che «non avvenga un inasprimento della pressione tributaria per finanziare le nostre missioni». Ultima, «ma di assoluta importanza, la richiesta di promuovere un concorso reale tra tutti i paesi alleati sui temi scottanti delle ondate migratorie», intraprendendo ogni iniziativa che permetta di superamento le criticità conseguenti alla sentenza della Corte di Giustizia dell'Ue che ha bocciato il reato di immigrazione clandestina.



[Esplora il significato del termine: «MIGLIORA IL CLIMA» - Prima di martedì prossimo, giorno decisivo per la mozione parlamentare sulla Libia, non sono previsti incontri fra il premier e il leader della Lega, ma fonti parlamentari della maggioranza spiegano che il «clima» nei rapporti fra il presidente del Consiglio e i vertici del Carroccio «sta migliorando». Tanto che il Cavaliere, riferiscono altre fonti parlamentari, si è detto «ottimista» sulla possibilità di arrivare ad una «mozione condivisa» con Bossi e i suoi. Ad ogni modo, aggiunge un’altra fonte della maggioranza che sostiene di aver parlato con il diretto interessato, il Cavaliere è «ottimista, anzi dice di aver praticamente trovato una quadra con il Carroccio sulla questione libica». CALDEROLI - Roberto Calderoli dal canto suo rivolge «un appello» a tutte le forze, di maggioranza e di opposizione, perché votino la mozione della Lega. «È la più equilibrata e completa e dovrebbero votarla tutti, non soltanto gli alleati di maggioranza ma anche le forze di opposizione che, diversamente, negherebbero i valori della sinistra storica», afferma il ministro della Semplificazione. «La nostra mozione parla di pace, di diritti civili, di stabilità, di fine dei bombardamenti, di diplomazia, e non a caso nelle ultime ore Gheddafi ha proposto un cessate il fuoco, e dice no ad azioni militari di terra, ad aumenti di tasse e a esodi di massa», è la posizione dell’esponente leghista. «La guerra è una questione molto seria - spiega Calderoli - e mi aspetto da tutti una posizione seria». Il responsabile della Semplificazione confessa che a volte per la Lega c’è la tentazione di andare all’opposizione ma stare al governo «non è una scelta. Come Lega abbiamo l’obbligo perchè non so cosa altrimenti sarebbe potuto succedere al Paese». La maggioranza , in ogni caso, non è mai stata posta in dubbio, ha detto Calderoli. IL PD - Il ministro del Carroccio però deve poi prendere atto del «no» del Pd alla mozione della Lega sulla Libia. «Non ci interessa l’offerta di Calderoli» ha spiegato Dario Franceschini. Da qui la presa di posizione di Calderoli che accusa il partito di Pier Luigi Bersani di rinnegare i propri valori schierarsi dalla parte dei bombaroli. Pronta la replica, affidata stavolta a Maurizio Migliavacca: «Calderoli non si stupisca di apprendere che il Pd non è come la Lega e che i piedi in quattro staffe noi non li mettiamo».] «MIGLIORA IL CLIMA» - Prima di martedì prossimo, giorno decisivo per la mozione parlamentare sulla Libia, non sono previsti incontri fra il premier e il leader della Lega, ma fonti parlamentari della maggioranza spiegano che il «clima» nei rapporti fra il presidente del Consiglio e i vertici del Carroccio «sta migliorando». Tanto che il Cavaliere, riferiscono altre fonti parlamentari, si è detto «ottimista» sulla possibilità di arrivare ad una «mozione condivisa» con Bossi e i suoi. Ad ogni modo, aggiunge un'altra fonte della maggioranza che sostiene di aver parlato con il diretto interessato, il Cavaliere è «ottimista, anzi dice di aver praticamente trovato una quadra con il Carroccio sulla questione libica».

CALDEROLI - Roberto Calderoli dal canto suo rivolge «un appello» a tutte le forze, di maggioranza e di opposizione, perché votino la mozione della Lega. «È la più equilibrata e completa e dovrebbero votarla tutti, non soltanto gli alleati di maggioranza ma anche le forze di opposizione che, diversamente, negherebbero i valori della sinistra storica», afferma il ministro della Semplificazione. «La nostra mozione parla di pace, di diritti civili, di stabilità, di fine dei bombardamenti, di diplomazia, e non a caso nelle ultime ore Gheddafi ha proposto un cessate il fuoco, e dice no ad azioni militari di terra, ad aumenti di tasse e a esodi di massa», è la posizione dell'esponente leghista. «La guerra è una questione molto seria - spiega Calderoli - e mi aspetto da tutti una posizione seria». Il responsabile della Semplificazione confessa che a volte per la Lega c'è la tentazione di andare all'opposizione ma stare al governo «non è una scelta. Come Lega abbiamo l'obbligo perchè non so cosa altrimenti sarebbe potuto succedere al Paese». La maggioranza , in ogni caso, non è mai stata posta in dubbio, ha detto Calderoli.

IL PD - Il ministro del Carroccio però deve poi prendere atto del «no» del Pd alla mozione della Lega sulla Libia. «Non ci interessa l'offerta di Calderoli» ha spiegato Dario Franceschini. Da qui la presa di posizione di Calderoli che accusa il partito di Pier Luigi Bersani di rinnegare i propri valori schierarsi dalla parte dei bombaroli. Pronta la replica, affidata stavolta a Maurizio Migliavacca: «Calderoli non si stupisca di apprendere che il Pd non è come la Lega e che i piedi in quattro staffe noi non li mettiamo».

http://www.corriere.it/politica/11_aprile_30/bossi-lega-condizioni_4cf631de-72f3-11e0-9ff4-f30aef48f116.shtml

venerdì 15 aprile 2011

Riforma della giustizia: per Berlusconi il bello viene adesso

Chi pensa che le tensioni politiche e le manifestazioni di piazza che hanno accompagnato la discussione alla Camera sul processo breve saranno presto soltanto un ricordo, come è capitato a molti passaggi della politica italiana, sarà con ogni probabilità smentito dai fatti, in tempi rapidissimi. Il premier Silvio Berlusconi non considera affatto chiusa la partita con la parte politicizzata della magistratura. Anzi, la ritiene soltanto agli inizi e vuole battere il ferro finché è caldo. Per questo ha chiesto al ministro della Giustizia, Angelino Alfano, di sollecitare la discussione in Parlamento del disegno di legge per la riforma costituzionale della giustizia approvato dal Consiglio dei ministri circa un mese fa. Non solo. Per tutti i messaggi e i discorsi che si accinge a pronunciare nei prossimi giorni per le elezioni amministrative, Berlusconi ha preparato di suo pugno un appunto di poche righe in cui ribadisce la volontà di ridisegnare l'architettura istituzionale dello Stato, fare la riforma della giustizia e quella delle imposte, ovvero tre grandi riforme che i suoi governi non sarebbero riusciti a realizzare, dal 2001 ad oggi, per colpa - sostiene il premier - di alleati indecisi come Pierferdinando Casini (nel governo precedente) e di Gianfranco Fini in questa legislatura.

Il piano d'azione lo ha riassunto lo stesso Cavaliere ai giornalisti stranieri che l'hanno invitato a cena: "C'è una guerra in corso con una parte della magistratura, che è iniziata nel 1992. Per fare in modo che la guerra finisca bisogna riformare la Costituzione. Sarà un'impresa storica, ma la condurrò in porto". Oltre che storica, a molti dei suoi oppositori (e non solo a quelli), l'impresa appare un po' folle, visto che nessuno è mai riuscito a riformare davvero la giustizia in Italia. Un tasto, quello della follia, che di solito ha l'effetto di gasare ancora di più Berlusconi, che in privato sprona gli interlocutori a rileggere un testo che lui stesso scrisse parecchi anni fa, prima di scendere in politica, come prefazione all'Elogio della follia di Erasmo di Rotterdam. Rileggere un passaggio di quel testo è illuminante per capire il Berlusconi di oggi: "Ad affascinarmi nell'opera di Erasmo fu in particolare la tesi centrale della pazzia come forza vitale creatrice: l'innovatore è tanto più originale quanto più la sua ispirazione scaturisce dalle profondità dell'irrazionale. L'intuizione rivoluzionaria viene sempre percepita al suo manifestarsi come priva di buon senso, addirittura assurda. È solo in un secondo tempo che si afferma, viene riconosciuta, poi accettata e persino propugnata da chi prima l'avversava. La vera genuina saggezza sta quindi non in un atteggiamento razionale, necessariamente conforme alle premesse e perciò sterile, ma nella lungimirante, visionaria pazzia. E nella mia vita di imprenditore sono stati proprio i progetti a cui più istintivamente mi sono appassionato contro l'opinione di tanti, anche amici cari, i progetti per i quali ho voluto dar retta al cuore più che alla fredda ragione, quelli che hanno poi avuto i maggiori e più decisivi successi".

Oggi basta applicare quel metodo folle, che esalta "una lungimirante, visionaria pazzia", alla riforma della giustizia, e tutto diventa più chiaro nell'analisi e nei progetti di Berlusconi. L'analisi. "I giudici politicizzati sono la grande patologia, il cancro italiano, la metastasi: se non capite questo, non capirete il mio Paese" ha spiegato Berlusconi ai giornalisti stranieri. "Questi giudici sono un'associazione con finalità eversive. Hanno iniziato nel 1992, facendo fuori cinque partiti, poi Bettino Craxi con accuse infamanti, dicendo che si era arricchito con la politica. Invece non ha lasciato nemmeno una lira alla sua famiglia. Nel 1994 hanno fatto fuori il mio governo. Nel 2008 quello di Prodi perché volevano impedire la riforma della giustizia di Mastella. E anche ora continuano a processarmi con accuse risibili. Le Br usavano il mitra, questi usano il potere giudiziario, perciò il loro attacco è molto più pericoloso per la democrazia". Quanto al progetto, l'unico rimedio, per Berlusconi, è di approvare - ora e subito, anche a tappe forzate in Parlamento - la riforma costituzionale della giustizia, introducendo alcuni principi assolutamente indispensabili per riequilibrare i poteri tra politica e magistratura. Separazione delle carriere tra pm e giudici giudicanti. Istituzione di due Csm, uno per i pm e uno per i giudicanti, ciascuno con una composizione diversa dall'attuale, e non più con una maggioranza dei membri togati, che ha trasformato l'attuale Csm in una Terza Camera, sempre pronta a criticare governo e Parlamento (che sono eletti dal popolo, a differenza dei togati del Csm, che hanno vinto un concorso). Introduzione della responsabilità civile per punire i magistrati che sbagliano. E per completare il tutto, una riforma della Corte costituzionale per fare sì che le sue deliberazioni contro le leggi approvate dal Parlamento debbano avere una maggioranza qualificata dei due terzi, pena la nullità. Se questi sono gli obiettivi della riforma costituzionale della giustizia, e per Berlusconi lo sono, bisogna dire che al confronto il processo e la prescrizione breve sono robetta quasi insignificante, un petardo a confronto di una bomba atomica. Vi è dunque da aspettarsi che per contrastare il disegno riformatore del Cavaliere l'opposizione e le toghe politicizzate faranno ricorso nei prossimi mesi a tutte le armi a loro disposizione, da quelle mediatiche ai processi eclatanti. Non potranno più dire, però, che si tratta di una legge ad personam, essendo sempre più evidente che il problema è generale, essendo la giustizia uno dei grandi handicap dell'Italia moderna: se i processi durano dieci anni, la colpa non è di Berlusconi, ma dei magistrati che lavorano poco e male, pur essendo i meglio pagati in Europa. E questo, pian piano, potrebbe portare anche gli scettici a dare ragione alla "lungimirante, visionaria pazzia" di Berlusconi, da sempre convinto che "l'intuizione rivoluzionaria si afferma solo in un secondo tempo, quando viene riconosciuta, poi accettata e perfino propugnata da chi prima l'avversava". Sarà così che andrà a finire? Un dato, comunque è certo. Nelle prossime settimane, con la politica non ci annoieremo.

mercoledì 13 aprile 2011

Berlusconi, da 2015 giu' debito Nel 2014 deficit a zero

Tremonti: 'Manovra bis? Non c'è emergenza'

ROMA, 13 APR - "Dobbiamo arrivare a deficit zero nel 2014 e dal 2015 dobbiamo ridurre la montagna del debito pubblico: 1 ventesimo per la parte superiore al 60%". Lo ha detto il premier, Silvio Berlusconi, in conferenza stampa a Palazzo Chigi ricordando il percorso europeo per la stabilità dei conti pubblici".
"Per noi - ha spiegato Berlusconi - era un gravame insostenibile quindi ci siamo attivati e portato avanti perché la solidità di un paese non si deve misurare solo con il debito ma anche da fattori rilevanti. Primo fra tutti è il debito privato: in Italia l'85% ha casa, il sistema bancario é molto solido, la bilancia commerciale in attivo, abbiamo riformato il sistema pensioni, tutto questo deve essere considerato per valutare la capacità di un paese di sostenere suo debito".
PREMIER, STATO INDEBITATO MA CITTADINI BENESTANTI  - "Oltre il 50% del debito è posseduto dai cittadini che sono creditori verso lo Stato quindi in sostanza noi abbiamo una Stato indebitato ma dei cittadini benestanti ecco perché l'Italia è all'ultimo posto in Europa per il debito pubblico, ma diventiamo il secondo Paese in Europa per solidità e benessere dopo la Germania se facciamo l'aggregazione del debito pubblico con quello privato". Lo afferma il premier Silvio Berlusconi nel corso di una conferenza stampa a Palazzo Chigi.
TREMONTI, MANOVRA BIS? NON C'E'EMERGENZA  - "Non abbiamo emergenze o urgenze. Fare un drammatico intervento su 2011? E' una visione pessimistica". Lo ha detto il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti in conferenza stampa a Palazzo Chigi, rispondendo alla domanda se sarà necessaria una manovra aggiuntiva. "Noi abbiamo per obiettivo il pareggio 2013-2014 e in funzione di quello dobbiamo fare calcoli e conti. Escludo lacrime e sangue. Adesso stiamo lavorando ad un provvedimento che pensiamo piuttosto efficace per lo sviluppo che crediamo sarà efficace". "Non possiamo intervenire oggi per arrivare al pareggio nel 2014. L'andamento delle entrate quadra. Dobbiamo proiettare nel 2014 il pareggio. Non abbiamo emergenze o urgenze".
'CREDITO IMPOSTA PER RICERCA IN UNIVERSITA''  - "Tutte le imprese che fanno ricerca in università non hanno solo la deduzione dei costi ma in più un credito di imposta pari al 90% della ricerca stessa. Un meccanismo che funziona e che possiamo sostenere finanziariamente". Lo ha detto il ministro Tremonti, parlando degli interventi previsti dal programma nazionale delle riforme.
'APPENA AVREMO CARTE CHIEDEREMO DELEGA SU RIFORMA FISCO' - "Stiamo seguendo i lavori delle commissioni di studio sulla riforma fiscale. Appena avremo quelle carte chiederemo al Parlamento quella delega": ha detto Tremonti.
'PAUSA DI RIFLESSIONE SU NUCLEARE'  - Sul nucleare "c'é una fase di riflessione". Lo ha detto il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, in conferenza stampa a Palazzo Chigi. Una pausa indicata anche nel Def (Documento di economia e finanza) che ha ricevuto oggi l'ok del Consiglio dei Ministri. "La profonda riflessione che si è aperta a livello europeo e anche mondiale sulla sicurezza dell'energia nucleare a seguito della tragedia di Fukushima - si legge nel documento - ha indotto il Governo italiano, pur ritenendo che non siano venute meno le ragioni che avevano portato a riconsiderare l'opzione nucleare, a non procedere, per il momento, all'attuazione del programma nucleare fino a che le iniziative già avviate al livello di Unione europea non forniranno elementi in grado di dare piene garanzie sotto il profilo della sicurezza". "Nel 2050 - si ricorda - uno degli scenari ipotizzati dall'Agenzia Internazionale per l'Energia prevede che vi saranno circa 9 miliardi di abitanti del pianeta che produrranno 3-4 volte la ricchezza odierna, attesa anche l'emancipazione veloce dei Paesi oggi 'emergenti'. Ciò richiederà il doppio dell'energia rispetto al fabbisogno attuale, anche se avremo sfruttato tutti i margini di efficientamento dei nostri usi energetici e massimizzato il rendimento delle varie tecnologie attuali. Probabilmente a quell'orizzonte sarà arrivata la seconda generazione di fonti rinnovabili e, sperabilmente, qualche innovazione che consenta un 'salto' quanti-qualitativo di queste produzioni. Nonostante il riconoscimento del ruolo sempre più ampio che potranno rivestire le energie rinnovabili e l'efficienza energetica, il Governo italiano, come altri Paesi in Europa e nel mondo, ha riaperto due anni fa la possibilità di riprendere la produzione nucleare, come tecnologia in grado di coniugare la sicurezza degli approvvigionamenti, l'economicità e la sostenibilità ambientale, economica e sociale". Ma dopo l'incidente in Giappone si è appunto deciso di soprassedere, almeno per il momento
BERSANI, SERVE MANOVRA DA 7-8 MILIARDI - Nel 2011 il governo dovrà varare una manovra da 7-8 miliardi se vorrà mantenere gli obiettivi del deficit per quest'anno. Lo ha detto il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, nel corso di una conferenza stampa tenuta con il responsabile economia del partito, Stefano Fassina, in cui è stato presentato il Piano nazionale di riforme "ombra" del Pd.

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/economia/2011/04/13/visualizza_new.html_902410163.html 

 

sabato 9 aprile 2011

Sullo scandalo rifiuti giustizia negata

Mentre langue nelle secche di una prescrizione annunciata il processo a “Bassolino ed altri” per la catastrofe rifiuti, quella costata tre miliardi di euro, con le montagne di immondizia per le strade e lo sputtanamento mondiale di Napoli, ecco che la Procura ci riprova e chiede il rinvio a giudizio per “epidemia colposa” dell’(ormai quasi ex) sindaco Iervolino, dell’ex governatore Bassolino, dell’ex prefetto Pansa e di una quindicina di sindaci di Comuni dell’hinterland. Tutti costoro non avrebbero impedito che la spazzatura marcisse per mesi nelle strade e questo, tra la fine del 2007 e l’inizio del 2008, avrebbe provocato un aumento di gastroenteriti e infezioni cutanee. Il gip deciderà se rinviare a giudizio o archiviare. Ma ormai sembra sempre più probabile che il peggior disastro ambientale che si sia mai verificato in una città europea, resterà impunito. Naturalmente, ci riferiamo al primo processo, quello avviato a prescrizione certa anche per l’enorme numero di testi ammessi. Al punto da indurre le stesse “parti offese” a rinunciare alla costituzione di parte civile. Se è già tutto prescritto a che serve costituirsi? Ma, a questo punto, a che serve continuare? Bah! misteri del pianeta giustizia. Un binario morto che di fatto lascerà impunite le responsabilità di chi ha reso Napoli capitale della monezza. Non sappiamo se tutto ciò sia stato casuale o meno. Certo è che quando la “giustizia” vuole, sa essere rapida, decisa, severa, implacabile. Vedi mani pulite ed i più recenti “casi” berlusconiani, Mills, Mediatrade, Ruby, ecc. In questo caso non è stato così. Amen. Vedremo ora l’esito di questo nuovo impianto accusatorio. Ma, francamente, non ci scommetterei. Intanto, mentre continua il ping pong delle responsabilità istituzionali e da Avellino, Caserta, Benevento giunge un bossiano “fuori dalla palle la mondezza del Vesuvio”, l’emergenza rifiuti, con tanto di barricate, incendi, vergogne, e figuracce varie, resta stabile e duratura. Dovremo conviverci. E, se fossero tre anni, come dice il Governatore Stefano Caldoro, ed intanto si procedesse sulla strada giusta, ci si potrebbe pure stare. La paura, fondata, e che si continui a parlare, molto più di quanto si stia effettivamente facendo.

http://www.ilvelino.it/lariachetira.php

Da oggi paghiamo meno tasse sugli affitti

Da oggi entra in vigore la cosiddetta cedolare secca sugli affitti, termine di uso popolare, non del tutto appropriato tecnicamente per l'imposta proporzionale a titolo definitivo facoltativa sui redditi dei fitti ad uso abitativo di persone fisiche a persone fisiche con aliquota del 21% per i contratti ordinari e del 19 per quelli tipo equo canone. Si tratta di una riduzione di imposte, con cinque effetti economici favorevoli.
È una riduzione di imposte mirata alla crescita economica, in cui tutti ci guadagnano, in gergo economico inglese un caso di modello tipo “win win”. Il primo vantaggio è per il fisco: la nuova simil-cedolare non comporterà perdita di gettito, ma aumento dopo un certo lasso di tempo. Il nuovo regime tributario non deroga al rigore operando pro crescita. E ne guadagnerà la legalità, col recupero dell'economia sommersa che non si fa con proclami, né solo con improbabili eserciti di controllori, ma sulla base delle leggi di convenienza economica. Il nuovo regime entra in vigore dall'inizio di quest'anno, anche se il decreto è di aprile, in quanto esso non è retroattivo perché non va a beneficiare chi abbia già compiuto le sue scelte fiscali, ma quelle di chi ancora deve fare la dichiarazione dei redditi.
Né le istruzioni attuative, a cura del direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanare entro novanta giorni dal momento di entrata in vigore del decreto, comportano una deroga all'entrata in vigore dell'opzione per la nuova aliquota dall'inizio dell'anno, per i contratti precedenti e nuovi, perché esse riguardano solo le modalità di esercizio dell'opzione e di versamento in acconto e la dichiarazione dei redditi in cartaceo va fatta entro il 30 giugno, mentre in formato elettronico può essere fatta entro settembre. C'è tutto il tempo per esercitare l'opzione con le istruzioni del direttore dell'Agenzia delle entrate vincolato alla scadenza massima di 90 giorni che termina ai primi di giugno e che sarà verosimilmente anticipata, perché il fisco ha convenienza a riscuotere gli acconti entro giugno di chi usa fare la dichiarazione dei redditi cartacea, anziché vederli posticipati dal ricorso al sistema elettronico.
I proprietari che beneficeranno dello sgravio saranno incentivati a mettere sul mercato immobili con interni in cattive condizioni che hanno bisogno di restauri. Un beneficio per l'edilizia. Gli inquilini hanno benefici futuri con la maggiore offerta di abitazioni, anche tramite cambio di destinazione dei locali adibiti ad altri usi e benefici immediati tramite il fatto che l'opzione impedisce di chiedere l'adeguamento del contratto all'inflazione e va pertanto comunicata all'inquilino con raccomandata. I contratti sommersi in tutto o in parte possono fruire dell'opzione: quelli già in essere «in ero» saranno sottoposti solo aunasanzione pecuniaria, che non premia gli evasori, ma rende conveniente per loro emergere, perché pagando poco di imposte hanno la sicurezza che gli inquilini onorano il contratto e, se essi non lo fanno, possono essere sfrattati tramite le (lunghe) giudiziarie.
Rimarrà circoscritto il sommerso dell'economia illegale e degli extra comunitari clandestini. Il fisco non perde la progressività del tributo perché il reddito soggetto a questa similcedolare entra nell'imponibile dell'imposta personale sul reddito. Una bella riforma, di un governo che non campa alla giornata, come dice l'opposizione e che si preoccupa dei problemi della gente comune, senza perdere di vista il lungo termine.

http://www.loccidentale.it/node/104330

martedì 22 marzo 2011

LIBIA/ . Pelanda: ecco il vero progetto della Francia che danneggia l'Italia

L’indecisione dell’America che per quasi 60 anni ha presidiato il Mediterraneo, stabilizzandolo sostanzialmente, sta lasciando spazio alle ambizioni neo-imperiali di Francia e Regno Unito. Questa è la vera ragione dell’attacco franco-inglese alla Libia, con timido e riluttante sostegno tecnico degli Stati Uniti, e non certo il motivo umanitario. L’Italia è in grave imbarazzo morale, politico ed economico. Dobbiamo riflettere su come uscire da questa situazione, intanto cercando di capirla.

La vera guerra - indiretta, non spaventatevi - è tra Francia e Italia. Non solo per il controllo delle risorse petrolifere della Libia, ma, soprattutto, per ottenere il mandato proconsolare dagli Stati Uniti, in ritirata, per la gestione del Mediterraneo. Sarkozy ne ha bisogno per: (a) recuperare consenso entro un elettorato nazionalista in vista delle elezioni presidenziali; (b) bilanciare con tale ruolo di potenza lo strapotere tedesco sulle questioni economiche e monetarie nell’Eurozona, cioè per poter finanziare in deficit il consenso in violazione delle euroregole; (c) ergersi a potenza protettrice degli arabi sunniti in alleanza privilegiata con l’Arabia Saudita che si sente sempre meno protetta dall’America.
Da tempo la Francia ha creato una base militare negli Emirati a protezione dei regimi arabi sunniti contro l’Iran sciita. Infatti sta collaborando con i sauditi per la repressione delle popolazioni sciite in rivolta negli Emirati stessi. Parigi, inoltre, ha il problema di contenere la crescente influenza geoeconomica della Cina nell’Africa francofona, obiettivo per cui ha bisogno del sostegno dei movimenti islamisti. Esattamente quelli, maggioritari in Cirenaica, che si sono ribellati al dominio delle tribù tripolitane alleate di Gheddafi cogliendo l’occasione dei moti popolari in Egitto e Tunisia.

Lo scopo finale è quello di portare il petrolio libico entro l’orbita dell’influenza saudita, con un sostanzioso assegno per Parigi se ci riesce. Conoscendo queste cose, Londra si è ingaggiata con la Francia proprio per non lasciarle campo libero, puntando ad obiettivi simili sia proconsolari sia di protettore degli arabi sunniti, questi rilevanti anche perché i loro capitali tengono in vita la piazza finanziaria di Londra.
 
Lo scenario è molto più articolato, ma quanto detto è sufficiente per almeno far sospettare ai lettori quanto sia ridicolo parlare di primavera araba - pur origine reale dei moti, poi strumentalizzati per giochi di potere - e di interventi umanitari. Prova ne è che la risoluzione Onu, il cui testo prevede azioni limitate, è stata violata da Francia e Regno Unito che stanno portando un attacco militare totale contro le tribù della Tripolitania alleate con Gheddafi a favore di quelle islamiste filo-saudite della Cirenaica, sostenuto dalle televisioni a diffusione panaraba controllate dagli Emirati (Al Jazeera e Al Arabjia).

Gli sviluppi della situazione descritta comportano gravi rischi di danni economici per l’Italia. Quello della perdita delle nostre concessioni petrolifere in Libia sarebbe il minore, pur pesante per l’Eni. Danni sistemici verrebbero dall’instabilità areale creata dall’azione francese che, se fuori controllo, ed è probabile, colpirebbe l’Algeria, regime laico che i sauditi vorrebbero rovesciare, e complicherebbe la stabilizzazione dell’Egitto, inducendo crisi dei rifornimenti energetici, del nostro export, problemi di immigrazione, ecc.
Al momento l’Italia ha deciso di assecondare Parigi per poterla ingabbiare. Ma sarà difficile e bisogna pensare a qualche azione più forte.

venerdì 18 marzo 2011

Passo falso sul nucleare del nostro governo La strategia dell'errore

Il governo ha deciso per una pausa di riflessione, ma si tratta di un passo falso. Qual è il motivo per il quale l'incidente in Giappone debba avere conseguenze per l'Italia?

Il governo ha deciso di prendersi una pausa di riflessione sul piano di costruzione di centrali nucleari in Italia. Si tratta di un passo falso. Riflessioni sul nucleare ne abbiamo fat­te già troppe. Il prezzo del­l’abbandono dell’atomo lo paghiamo da anni nelle no­­stre bollette. Si parla sem­pre del debito pubblico, e ie­ri l’Ocse ci ha ricordato il no­stro passivo pensionistico, ma se c’è un macigno che ti­ra il freno alla nostra cresci­ta economica, quello si chia­ma dipendenza dai combu­stibili fossili. Il primo er­rore del go­verno è, per così dire, for­male. Qual è il motivo logi­co per il qua­le l’incidente in Giappone debba avere conseguenze per l’Italia? C’è forse qual­cuno, tra chi ci governa, che, oggi più di ieri, si sia accorto che l’energia nu­cleare non è esente da ri­schi? Serviva forse il Giap­pone per ricordare al mon­do che i manufatti dell’uo­mo talvolta sono pericolo­si? Non si riesce bene a capi­re su cosa debba riflettere il governo.

Non certo sull’esi­genza di diversificare le no­stre fonti di approvvigiona­mento. E men che mai sul fatto che le tecnologie che sarebbero state adottate in Italia sono di generazione ben più sicura di quella coinvolta in Giappone. Se c’è un unico,misero vantag­gio che abbiamo verso il re­sto del mondo nuclearizza­to, è che sul nostro territorio non ci sono e non ci saran­no mai impianti di vecchia concezione. Un governo li­berale non adotta piani di politica industriale centra­lizzata, ma si limita a fornire le condizioni affinché l’in­dustria prosperi. Il nucleare resta una buona occasione. E il governo questo lo ha det­to e scritto in tutti i modi. Il timore è che, parafrasando Huygens,l’Italia sia diventa­ta piena di «teologi» che si comportano come «i por­ci »: «quando tiri la coda ad uno, gridano tutti». Insom­ma, il pensiero all’ammas­so.

E il governo non ha il co­raggio di andarci contro. Un secondo fatale errore, ovviamente collegato al pri­mo, riguarda il nostro futu­ro energeti­co. Il petrolio e i suoi simili, sia per l’incre­mento della domanda nei Paesi emergenti, sia per la ridu­zi­one delle ri­serve a buon prezzo, sono destinati a co­stare caro. Le fonti rinnova­bili, per ora, sono costo­s issime. Qualcuno forse si di­mentica che gli incentivi previsti dall’Italia costeran­no, per i prossimi 20 anni, 90 miliardi di euro. E a pa­garli sono tutti gli italiani con le loro bollette. I tede­schi pag­ano per la sola com­ponente rinnovabile un so­vrapprezzo superiore al co­sto di un kilowatt in Russia. Insomma, facciamola bre­ve. È impensabile credere che questo governo stia ra­dicalmente cambiando la sua politica energetica. Se così fosse, sarebbe un disa­stro: alla Pecoraro Scanio, per intenderci. Se invece è un modo per passare la nottata, il rischio di far perdere ancora tem­po al piano nucleare è co­munque troppo elevato.

http://www.ilgiornale.it/interni/leditoriale_la_strategia_dellerrore/18-03-2011/articolo-id=512241-page=0-
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giovedì 10 marzo 2011

Riformare la giustizia non è reato

Fiato alle trombe evvai coll’antiberlusconismo. La riforma della giustizia è stata appena approvata dal Consiglio dei ministri e già si sprecano le critiche dell’opposizione - tra cui legittimamente non si può più non annoverare l’Anm – che gridano allo scandalo e al complotto di Berlusconi per salvare solo ed esclusivamente se stesso. Come faccia, non si sa, ma stando alle critiche, contro il ddl di Alfano si prospetta il solito fuoco di fila.
“Il referendum metterà fine allo scempio” arringa Di Pietro dal suo scranno in Parlamento. "La riforma è incompatibile con la Costituzione”, grida il procuratore aggiunto di Milano, Armando Spataro. “E’ una riforma scritta sotto dettatura” afferma un redivivo Diliberto. “La riforma? Sembra mossa dal risentimento del premier”, chiosa la Finocchiaro, tanto per aggiungere un tocco di sensibilità femminile alle critiche. “E’ una riforma punitiva, volta solo a ridurre il potere dei magistrati”, profetizza Franceschini. E chi più ne ha più ne metta.
Certo, anche augurando la più florida fortuna politica al premier dubitiamo che gli effetti della riforma della giustizia possano in qualche modo beneficiare Berlusconi. Così come, leggendo l’articolato approvato dal Cdm, possiamo pensare che forse vi sia un qualche intento punitivo nei confronti dei magistrati laddove si prevede – e aggiungiamo, finalmente – una imputabilità di responsabilità al giudice che sbaglia. Ma da qui a dire che la scelta del Guardasigilli non abbia avuto lo scopo di mettere al centro l’interesse generale dei cittadini vittime della mala giustizia ma si configuri come una ben studiata vendetta per il Cav. francamente ci sembra troppo.
Siamo disposti anche a fare autocritica, se necessario, ma chiediamo ai più accesi detrattori della riforma: si può davvero considerare punitiva una legge che fa pagare per una responsabilità durante l’esercizio delle funzioni quei protagonisti della tribuna giudiziaria che rovinano la vita di molti privati cittadini? Da che parte dovrebbe stare un grande partito politico di massa come il Pd, dalla parte di una casta di funzionari pubblici o dei cittadini?
Sarebbe bastato ascoltare alcune conversazioni che Massimo D’Alema teneva a via Veneto con l’ambasciatore americano a Roma, fedelmente riportate da Wilileaks, in cui il líder máximo non mancava occasione per dichiarare che la più grande anomalia italiana sono i magistrati per creare attorno ad una riforma necessaria un’aria più respirabile e collaborativa. Ma già sappiamo che non sarà così. Perché l’anomalia denunciata da D’Alema ce la dobbiamo tenere solo perché c’è Berlusconi alla guida del paese.
Stando così le cose temiamo che il problema dell’opposizione non sia certo la mancanza di un leader o di una qualche linea politica da tenere quanto una distanza oramai incolmabile tra il loro interesse e quello dei cittadini, che poi – a detta loro stranamente – decidono di non votarli.

http://www.loccidentale.it/node/103331

Libia, una voce contro: l'Italia non segua gli Usa

Di Ida Magli

Ci impongono l’immigrazione e vogliono farci prendere posizione militare a ogni costo, perché c’è un piano per sopraffare noi e l’Europa. E' l'ultima possibilità per continuare a esistere.

Non ci sono prove, non ci sono do­cumenti, è vero; ma è la logica che lo dice: l’islamismo sta per darci l’assalto finale. La logica lo diceva già da molti anni, quando si poteva ancora parlare di previ­sioni più che di fatti, mentre i poli­tici, i leader, anche quelli religio­si, lo negavano. Stiamo dialogando in maniera molto costruttiva con tutti i Paesi mediterranei, ripetevano a chiunque avanzasse qualche dubbio, e non ci sarà nessun conflitto perché la volontà che prevale è quella dell’integrazione, della tolleranza, del rispetto.
L’assurda idea che essere bagnati dalle acque del Mediterraneo significasse essere simili è il frutto di quella sciagurata teoria che è la geopolitica, un’invenzione che dobbiamo all’amico di Hitler, Karl Haushofer, e che induce a tremendi errori perché guarda ai territori come se non vi fossero i popoli ad abitarli. Tutto il progetto a lungo accarezzato dall’Europa per coinvolgere il Nord del-l’Africa, in quanto bagnato dal Mediterraneo, nella propria area economico-politica è andato in frantumi in questi giorni proprio perché erano stati ignorati i popoli. Popoli di cui l’Occidente si ostina a sottovalutare la forza culturale islamica, la fede che li sostiene e che li guida, l’abisso storico e psicologico che li separa da noi.
Non si pensi che il terremoto attuale non sia stato preparato e fatto scoppiare in base a un piano preciso finalizzato alla sopraffazione dell’Europa. Per questo si è sviluppato in brevissima successione dall’Egitto alla Libia senza che a tutt’oggi si sappia con precisione chi abbia dato fuoco alla miccia, quali siano le forze in campo, che cosa si prefiggano i ribelli. Il caos a poca distanza da noi, dall’Italia soprattutto, significa soltanto una cosa: che si vuole costringere l’Europa, e l’Italia, a prendere posizione. E che questa posizione, guerra o non guerra, giustificherà il trasferimento di migliaia di africani, di musulmani, nel nostro territorio. Lo scopo è questo; tutto il resto - libertà, diritti umani, democrazia, petrolio - costituisce soltanto la solita occidentalizzazione del problema, visto che l’Occidente, l’America soprattutto, ritiene di potersi ancora servire di tali fragili bandiere per mettere i piedi in casa altrui.
Per l’Italia e per l’Europa, però, questa è l’ultima possibilità di affermare la propria volontà di continuare ad esistere. Bisogna cambiare del tutto l’atteggiamento tenuto fino adesso di superiore benevolenza, di comprensione, di tolleranza, di solidarietà. Il primo e unico obbligo dei governanti è quello di proteggere il proprio popolo e i suoi beni. Quindi l’integrità del territorio, della cultura, dell’identità, di tutto ciò che un popolo possiede. Qui non si tratta di uno «scontro di civiltà», come spesso si è detto; quella che ci viene imposta con l’immigrazione è l’astuzia di una strategia che non ha bisogno di «scontri», che sfrutta i valori di cui ci facciamo vanto per vincerci senza armi, esclusivamente con la propria presenza.
L’Italia non può consentire, dunque, ad azioni di guerra, da chiunque siano decise, perché provocherebbero gravissime azioni di guerra presso di noi e disordini e stragi di lunghissima durata nei Paesi africani. Nessun interesse economico può giustificare un tale scenario. Ma soprattutto non ci salverebbero dall’immigrazione che ne è l’unico scopo. 
Il governo deve dare subito il segnale che a nessuno sarà permesso di superare i nostri confini non lasciando apparire al di qua del limite neanche l’ombra di una barca e sospendere il trattato di Schengen, senza timore di reazioni negative da parte dell’Ue, perché è l’Italia ad avere il coltello dalla parte del manico: non può esistere un’Europa senza l’Italia. Dove porrebbe i propri confini? Quale credibilità avrebbe il concetto stesso di un’Europa unita senza l’Italia che ne ha tracciato con i Romani il profilo e la storia fondando Parigi, Londra, York, Strasburgo, che ne ha creato le lingue e il diritto, che ne ha irradiato la religione e custodisce la sede del Papato? Abbiamo il diritto e il dovere di salvare tutto questo. 

domenica 20 febbraio 2011

Abruzzo, la ricostruzione de l'Aquila parte dal turismo



Firmato a Palazzo Chigi il protocollo d'intesa per la valorizzazione dell'area del cratere sismico. Letta: Messi d'accordo tutti i soggetti interessati


"E' un documento molto importante per la rinascita dell'Abruzzo e la valorizzazione della provincia de l'Aquila e vuole essere un simbolo e uno stimolo per la rinascita di un sistema economico e produttivo regionale. E' un passo importante, per la valorizzazione turistica di un comprensorio splendido, che fino a oggi aveva avuto una valorizzazione inferiore alle sue potenzialità". Così il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta ha presentato, in una conferenza stampa che si è tenuta a Palazzo Chigi, il protocollo d’intesa per il rilancio dello sviluppo e la valorizzazione dell’area aquilana del cratere, colpita dal tragico sisma del 6 aprile del 2009. Un rilancio che sarà guidato dal settore turistico, grazie alla valorizzazione del paesaggio e alla creazione di un polo sciistico che dovrebbe fare dell'aera la maggiore stazione sciistica del Sud Europa. "Oggi - ha osservato Letta - si sono messi insieme tutti i soggetti che in quell'area insisitono. E' una zona molto ampia, in cui ognuno era stato per conto suo. E' una possibilità immensa che si offre ai turisti, soprattutto a quelli di Roma. Questo protocollo, istruito dalla presidenza del Consiglio, è stato assistito, promosso e sostenuto dal Cnel, che è innovativo perché non si limita a coordinare ma a dare una politica unitaria. Tutti questi comuni fanno corona a l'Aquila, che è entrata nel cuore degli italiani dopo quella tragica ferita, e non è escluiso che altri comuni si aggiungano".

Per il presidente della Regione e commissario governativo alla ricostruzione Gianni Chiodi, "oggi si dà una risposta all'ansia ansia di rilancio economico, con un protocollo che dà un vero progetto strategico per una delle zone a più alta possibilità d'incremento. Lo logica che emerge è quella di un sistema che viene a nascere. Riteniamo che si possano raggiungere questi obiettivi. Siamo consapevoli che lo sviluppo di quest'area - ha aggiunto Chiodi - dipende dalla partecipazione di attori sempre più vasti e di un'area sempre più vasta". Gli ha fatto eco il sindaco de l'Aquila Massimo Cialente, che ha anche fornito alcuni ragguagli sull'entità degli investimenti: "Oggi - ha affermato Cialente - è una data molto importante. Non è una firma di una delle tante tappe di un proceso, ma è la tappa fondamentale per il rilancio economico e produttivo, dopo una tragedia. Con questa firma si avvia un processo che non riguarda solo questi comuni, ma è il primo aspetto dell'intero Abruzzo, in particolare dell'area interessata dal cratere, per rendere ancora più fruibili le nostre meraviglie ambientali, con un minimo di infrastrutture. C'è un investimento - ha sottolineato - di 30 milioni di euro, il comune ha già stanziato 10 milioni di euro per l'instalazione del primo impianto, ai quali si aggiungono ulteriori 3 milioni. Riteniamo complessivamente - ha concluso - che, con altri 10 milioni, per il 2012 potemmo portare Campo Imperatore a 63 km di pista. Sarà uno degli investimenti della ricostruzione a maggior ritorno economico".

sabato 19 febbraio 2011

Nel processo contro il Cav. le uniche prove "evidenti" sono quelle della Boccassini


Appurato ormai che nonostante gli sforzi del Commissario D'Avanzoni nelle carte milanesi dell'arma letale contro il Cav. non c'è traccia - di talché dopo le dieci domande e le dieci bugie anche i dieci "pistoloni fumanti" sono destinati a fare cilecca -, qualche parola in più la merita forse il decreto di giudizio immediato emesso dal giudice per le indagini preliminari. Già, perché mentre i giornaloni si affannano a rintracciare nelle ventisette pagine vergate dal gip Cristina Di Censo "le prove che incastrano Berlusconi", l'unico fatto che il documento sembra dimostrare incontrovertibilmente è che la sbandierata parità fra accusa e difesa in Italia - o almeno a Milano - è una remota chimera.

Basta correre a pagina 25: dopo aver chiarito che l'evidenza della prova, condizione per il giudizio immediato, non significa "prova positiva della responsabilità dell'imputato" ma "prova della fondatezza dell'accusa", il gip spiega per quale motivo tale presupposto ricorrerebbe per entrambi i reati contestati al premier dalla Procura di Milano.

Per quanto riguarda la presunta concussione sui funzionari della Questura, il gip ritiene il fatto "storicamente acclarato", e rinvia al giudizio del tribunale la valutazione di diritto e di merito. Ma è sulla presunta prostituzione minorile che la faccenda si complica. Afferma infatti la dottoressa Di Censo che "(...) i contenuti delle investigazioni difensive (...) in più punti stridono in termini netti con le acquisizioni dell'indagine pubblica, di talché la sede naturale della dialettica probatoria che già si profila è, a maggior ragione, quella processuale richiesta dal pm".

Ricapitolando: se per disporre il giudizio immediato è necessaria la prova della fondatezza dell'accusa, se in un processo di parti quale è quello previsto dal nostro ordinamento le indagini dell'accusa equivalgono a quelle della difesa, e se le indagini della difesa "stridono in termini netti" con quelle dell'accusa, dov'è l'evidenza della prova che giustifica il processo immediato? Forse a Milano tutte le prove sono evidenti, ma quelle della Boccassini sono più evidenti delle altre...

martedì 15 febbraio 2011

Il premier a processo, Alfano attacca: «In gioco la sovranità del Parlamento»

Bersani: «Chiediamo voto anticipato». Idv: «Si dimetta». Famiglia Cristiana: «Le 3 donne nemesi per Berlusconi» ] Bersani: «Chiediamo voto anticipato». Idv: «Si dimetta». Famiglia Cristiana: «Le 3 donne nemesi per Berlusconi»


MILANO - Il rinvio a processo del premier Silvio Berlusconi scatena veementi reazioni politiche. Il Pdl fa quadrato attorno al presidente del Consiglio e assicura che il governo andrà avanti. Fortissima la reazione del ministro della Giustizia Angelino Alfano, secondo il quale «il fatto che il gip di Milano abbia disposto il processo immediato nei confronti del premier Silvio Berlusconi significa che non ha tenuto conto di quanto votato le settimane scorse dalla Camera, dunque - afferma il Guardasigilli - questo è un tema che attiene l’autonomia, la sovranità e l’indipendenza del Parlamento». Dal segretario del Pd Pier Luigi Bersani arriva invece una richiesta precisa. «Io chiedo le elezioni anticipate - ha detto il segretario dei democratici. Berlusconi è un fine costituzionalista ed essendo tale ha detto la sua. Un po’ di studio in più sulla Costituzione non gli guasterebbe». Dura anche la reazione di Famiglia Cristiana. «La sentenza in mano a tre signore. Viene subito in mente la nemesi. Tu, Berlusconi, delle donne ti sei servito, e in malo modo; le stesse donne faranno giustizia» è il commento alla notizia del rito immediato per Berlusconi, che il settimanale affida a un editorialeon line. «Con l’aria che tira - si legge nel testo - la notizia non è il rinvio a giudizio immediato. È la composizione del collegio giudicante: tre donne».] MILANO - Il rinvio a processo del premier Silvio Berlusconi scatena veementi reazioni politiche. Il Pdl fa quadrato attorno al presidente del Consiglio e assicura che il governo andrà avanti. Fortissima la reazione del ministro della Giustizia Angelino Alfano, secondo il quale «il fatto che il gip di Milano abbia disposto il processo immediato nei confronti del premier Silvio Berlusconi significa che non ha tenuto conto di quanto votato le settimane scorse dalla Camera, dunque - afferma il Guardasigilli - questo è un tema che attiene l'autonomia, la sovranità e l'indipendenza del Parlamento». Dal segretario del Pd Pier Luigi Bersani arriva invece una richiesta precisa. «Io chiedo le elezioni anticipate - ha detto il segretario dei democratici. Berlusconi è un fine costituzionalista ed essendo tale ha detto la sua. Un po' di studio in più sulla Costituzione non gli guasterebbe». Dura anche la reazione di Famiglia Cristiana. «La sentenza in mano a tre signore. Viene subito in mente la nemesi. Tu, Berlusconi, delle donne ti sei servito, e in malo modo; le stesse donne faranno giustizia» è il commento alla notizia del rito immediato per Berlusconi, che il settimanale affida a un editorialeon line. «Con l'aria che tira - si legge nel testo - la notizia non è il rinvio a giudizio immediato. È la composizione del collegio giudicante: tre donne».



«FORTE MANDATO» - A chi gli chiedeva se il premier fosse disponibile ad un passo indietro, il ministro Alfano ha risposto: «E la presunzione di innocenza?». «Tutti gli indagati sono colpevoli e devono fare un passo indietro?», ha insistito Alfano. «Il Presidente del Consiglio ha un forte mandato conferitogli dagli italiani, un mandato non nato occasionalmente, ma reiterato in almeno tre circostanze nelle più recenti elezioni», ha ricordato. Non solo, ha insistito. «Il presupposto parlamentare non esiste», ha detto, perché «numerose volte negli ultimi 30-40 giorni è stato ribadito» il sostegno al governo. «In otto circostanze il governo ha avuto una netta prevalenza sull’unione di tutte le opposizioni», ha ricordato, «Di Pietro, Bersani, Fini e Casini, tutti insieme hanno perso otto volte. Vi è una legittimazione piena dell’esecutivo sia dal punto di vista della legittimità parlamentare sia da quella del consenso popolare, che anche le ultime rilevazioni confermano essere significativo e certamente più robusto di quelli dei partiti di opposizione». PDL - «Come volevasi dimostrare. È proprio il caso di parlare di una giustizia ad orologeria che per Berlusconi è rapidissima, addirittura istantanea. Tutto questo procedimento è viziato alla radice dal fatto che trattandosi, visto il reato ascritto che è la concussione, di un’imputazione che per definizione riguarda il titolare di un pubblico incarico, nel nostro caso deve essere trattato dal tribunale dei ministri» sottolinea invece Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera, alla notizia del rinvio a giudizio del presidente del Consiglio. «Il governo - aggiunge - va avanti, resistendo a questi tentativi di manomettere l’equilibrio politico del Paese». Per Daniele Capezzone, portavoce Pdl, «la decisione del gip di Milano ricalca un copione perfino scontato. La situazione è davvero paradossale: non ci sono né i reati né le vittime, ma c’è il processo a tamburo battente, e soprattutto c’è un processo mediatico già in corso da settimane sotto forma di gogna anti-premier». «Il silenzio dei garantisti di sinistra è un epitaffio politico per loro: è evidente il tentativo della sinistra, sconfitta sia nelle urne che nelle aule parlamentari, di usare la scorciatoia giudiziaria per una spallata. Ma non si illudano: non praevalebunt», conclude Capezzone. Per il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo (Pdl) : «Il giudizio immediato disposto dal Gip nel processo farsa contro Silvio Berlusconi conferma che la via giudiziaria in Italia è la continuazione della politica con altri mezzi». «Mi sembra tutto una grande costruzione mediatica con poco sostanza» e «non esiste alcuna ipotesi accusatoria» contro il premier sottolinea invece il presidente della Regione Roberto Formigoni (Pdl). È in corso un vero e proprio attacco alla sovranità popolare e ad un’istituzione dello Stato. Il pericolo che i Padri Costituenti della Repubblica avevano immaginato, inserendo l’immunità parlamentare nella Costituzione, è oggi quanto mai reale». afferma invece il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini (Pdl) che aggiunge: «Un potere dello Stato tenta di condizionare la volontà degli elettori e di stravolgere uno dei principi cardine di tutte le democrazie: l’equilibrio tra il potere giudiziario, legislativo ed esecutivo. Non è un problema del centrodestra o di Berlusconi, ma dell’Italia. L’anomalia del nostro Paese non è rappresentata da un presidente del Consiglio liberamente eletto, ma da una parte della magistratura che agisce con finalità politiche». ] «FORTE MANDATO» - A chi gli chiedeva se il premier fosse disponibile ad un passo indietro, il ministro Alfano ha risposto: «E la presunzione di innocenza?». «Tutti gli indagati sono colpevoli e devono fare un passo indietro?», ha insistito Alfano. «Il Presidente del Consiglio ha un forte mandato conferitogli dagli italiani, un mandato non nato occasionalmente, ma reiterato in almeno tre circostanze nelle più recenti elezioni», ha ricordato. Non solo, ha insistito. «Il presupposto parlamentare non esiste», ha detto, perché «numerose volte negli ultimi 30-40 giorni è stato ribadito» il sostegno al governo. «In otto circostanze il governo ha avuto una netta prevalenza sull'unione di tutte le opposizioni», ha ricordato, «Di Pietro, Bersani, Fini e Casini, tutti insieme hanno perso otto volte. Vi è una legittimazione piena dell'esecutivo sia dal punto di vista della legittimità parlamentare sia da quella del consenso popolare, che anche le ultime rilevazioni confermano essere significativo e certamente più robusto di quelli dei partiti di opposizione».

PDL - «Come volevasi dimostrare. È proprio il caso di parlare di una giustizia ad orologeria che per Berlusconi è rapidissima, addirittura istantanea. Tutto questo procedimento è viziato alla radice dal fatto che trattandosi, visto il reato ascritto che è la concussione, di un'imputazione che per definizione riguarda il titolare di un pubblico incarico, nel nostro caso deve essere trattato dal tribunale dei ministri» sottolinea invece Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera, alla notizia del rinvio a giudizio del presidente del Consiglio. «Il governo - aggiunge - va avanti, resistendo a questi tentativi di manomettere l'equilibrio politico del Paese». Per Daniele Capezzone, portavoce Pdl, «la decisione del gip di Milano ricalca un copione perfino scontato. La situazione è davvero paradossale: non ci sono né i reati né le vittime, ma c'è il processo a tamburo battente, e soprattutto c'è un processo mediatico già in corso da settimane sotto forma di gogna anti-premier». «Il silenzio dei garantisti di sinistra è un epitaffio politico per loro: è evidente il tentativo della sinistra, sconfitta sia nelle urne che nelle aule parlamentari, di usare la scorciatoia giudiziaria per una spallata. Ma non si illudano: non praevalebunt», conclude Capezzone.
Per il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo (Pdl) : «Il giudizio immediato disposto dal Gip nel processo farsa contro Silvio Berlusconi conferma che la via giudiziaria in Italia è la continuazione della politica con altri mezzi».
«Mi sembra tutto una grande costruzione mediatica con poco sostanza» e «non esiste alcuna ipotesi accusatoria» contro il premier sottolinea invece il presidente della Regione Roberto Formigoni (Pdl).
È in corso un vero e proprio attacco alla sovranità popolare e ad un'istituzione dello Stato. Il pericolo che i Padri Costituenti della Repubblica avevano immaginato, inserendo l'immunità parlamentare nella Costituzione, è oggi quanto mai reale». afferma invece il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini (Pdl) che aggiunge: «Un potere dello Stato tenta di condizionare la volontà degli elettori e di stravolgere uno dei principi cardine di tutte le democrazie: l'equilibrio tra il potere giudiziario, legislativo ed esecutivo. Non è un problema del centrodestra o di Berlusconi, ma dell'Italia. L'anomalia del nostro Paese non è rappresentata da un presidente del Consiglio liberamente eletto, ma da una parte della magistratura che agisce con finalità politiche».



IL PD - «Berlusconi si proclama perseguitato ed innocente, allora si presenti davanti ai giudici». Così Dario Franceschini, capogruppo del Pd alla Camera, ai giornalisti a Montecitorio. Più duro il vice Maran: «Rispettiamo l’autonomia della magistratura e ripetiamo, come facciamo da mesi e non da oggi che viene disposto il suo giudizio immediato per i reati di concussione e prostituzione minorile, che Berlusconi si deve dimettere. Lasci la presidenza del Consiglio, ci permetta di non essere lo zimbello del mondo. ] IL PD - «Berlusconi si proclama perseguitato ed innocente, allora si presenti davanti ai giudici». Così Dario Franceschini, capogruppo del Pd alla Camera, ai giornalisti a Montecitorio. Più duro il vice Maran: «Rispettiamo l'autonomia della magistratura e ripetiamo, come facciamo da mesi e non da oggi che viene disposto il suo giudizio immediato per i reati di concussione e prostituzione minorile, che Berlusconi si deve dimettere. Lasci la presidenza del Consiglio, ci permetta di non essere lo zimbello del mondo.



[Esplora il significato del termine: IDV - «Con il rinvio a giudizio da parte del gip del Tribunale di Milano la condizione politica del premier è sensibilmente mutata in peggio». È l’opinione di Silvana Mura deputata, dell’Italia dei valori. «Considerato che Silvio Berlusconi dovrà difendersi da accuse pesanti, sarebbe opportuno che lo facesse da privato cittadino invece che da premier, evitando di coinvolgere mediaticamente il governo in un processo che certo non farà bene all’immagine dell’Italia in particolare nello scenario internazionale». UDC - «La vicenda Ruby deve essere chiarita al più presto» sottolinea invece il segretario Udc, Lorenzo Cesa. «Rispettiamo i magistrati milanesi che hanno scelto il rito abbreviato per Berlusconi, e nei confronti del premier siamo garantisti come per ogni imputato. Ci auguriamo che questa vicenda sia chiarita al più presto, nell’interesse delle istituzioni italiane», dice Cesa commentando il rinvio a giudizio di Silvio Berlusconi. CGIL - «Il rinvio a giudizio dovrebbe comportare le dimissioni del premier» ha detto Susanna Camusso oggi a Bari. Un lungo applauso ha accompagnato la notizia data dalla leader Cgil della richiesta di rinvio a giudizio per Berlusconi. Camusso, che partecipava ad una assemblea regionale della sua organizzazione, ha detto: «In quel procedimento si dice che parti offese sono quella ragazza di cui conosciamo il nome e il ministero degli Interni. Se un primo giudizio possiamo darlo è che ancora si può credere che in questo paese la giustizia sia uguale per tutti». ] IDV - «Con il rinvio a giudizio da parte del gip del Tribunale di Milano la condizione politica del premier è sensibilmente mutata in peggio». È l'opinione di Silvana Mura deputata, dell'Italia dei valori. «Considerato che Silvio Berlusconi dovrà difendersi da accuse pesanti, sarebbe opportuno che lo facesse da privato cittadino invece che da premier, evitando di coinvolgere mediaticamente il governo in un processo che certo non farà bene all'immagine dell'Italia in particolare nello scenario internazionale».

UDC - «La vicenda Ruby deve essere chiarita al più presto» sottolinea invece il segretario Udc, Lorenzo Cesa. «Rispettiamo i magistrati milanesi che hanno scelto il rito abbreviato per Berlusconi, e nei confronti del premier siamo garantisti come per ogni imputato. Ci auguriamo che questa vicenda sia chiarita al più presto, nell'interesse delle istituzioni italiane», dice Cesa commentando il rinvio a giudizio di Silvio Berlusconi.

CGIL - «Il rinvio a giudizio dovrebbe comportare le dimissioni del premier» ha detto Susanna Camusso oggi a Bari. Un lungo applauso ha accompagnato la notizia data dalla leader Cgil della richiesta di rinvio a giudizio per Berlusconi. Camusso, che partecipava ad una assemblea regionale della sua organizzazione, ha detto: «In quel procedimento si dice che parti offese sono quella ragazza di cui conosciamo il nome e il ministero degli Interni. Se un primo giudizio possiamo darlo è che ancora si può credere che in questo paese la giustizia sia uguale per tutti».