sabato 23 ottobre 2010

Il Cavaliere: a questo punto si ritiri il Lodo


La decisione di Berlusconi: bisogna rinunciare, non voglio si dica che faccio leggi-vergogna ROMA - Silvio Berlusconi è deciso a chiedere alla sua maggioranza di ritirare il lodo Alfano. Il presidente del Consiglio, raggiunto al telefono a tarda sera, non è affatto irritato per la nota del capo dello Stato, si dice anzi sereno e quasi indifferente per quanto sta accadendo in queste ore. «Non cambia nulla con l'intervento del presidente della Repubblica - dice -. A questo punto io chiederò che quella legge costituzionale venga ritirata. Il lodo Alfano porta con sé un meccanismo farraginoso per l'approvazione e in questo modo serve soltanto a dare fiato alle polemiche strumentali dell'opposizione». Il lodo è una legge costituzionale e come tale ha bisogno di quattro letture, due della Camera e due del Senato. Inoltre, se non approvato con una maggioranza dei due terzi, può essere sottoposto a referendum confermativo: un tipo di referendum che non ha bisogno di quorum. Berlusconi conferma quanto detto alla Frankfurter Allgemeine Zeitung: «Questa legge non è stata una mia iniziativa, ma una proposta del mio partito. Io non sono più interessato a portarla avanti. Non voglio che si dica che faccio leggi ad personam, leggi vergogna. Altro che leggi vergogna. Sono sedici o diciassette anni che vengo perseguitato dai magistrati per fatti già chiariti». Il premier cita l'ultima accusa rivoltagli dai pm: «Si guardi quanto emerso sull'evasione fiscale - afferma -. Io e mio figlio siamo perseguiti per una presunta frode di 800 mila euro, quando solo nell'anno in questione abbiamo versato al fisco 448 milioni». Il presidente del Consiglio assicura che tutte le accuse contro di lui sono assolutamente infondate e strumentali: «Ho giurato sui miei cinque figli e sui miei nipoti che non sono responsabile di nessuno dei fatti che mi vengono attribuiti».


Silvio Berlusconi difende e sostiene la riforma della giustizia che il ministro Angelino Alfano sta perfezionando in questi giorni e che troverà sbocco in uno dei prossimi consigli dei ministri: «Quello è un progetto che mi interessa e che non si fermerà, ma ripeto: senza il Lodo, che invece verrà ritirato». Quindi nessuna marcia indietro sulla riforma complessiva della giustizia, alla quale il premier non vuole in nessun caso rinunciare.
Il presidente del Consiglio con i suoi ha avuto anche modo di tornare sulla vicenda delle ville costruite ad Antigua, delle quali si è di recente occupata la trasmissione Report condotta da Milena Gabanelli (per questo citata in giudizio dal premier). Silvio Berlusconi sostiene che è tutto chiarito, di essere lui il proprietario, di aver fatto l'operazione per fare un piacere a un amico, all'architetto Gamondi che voleva investire lì e portando un cliente tanto importante ha potuto ottenere la concessione.
«Sono stato in quella casa soltanto quattro giorni», ha detto ai suoi. Berlusconi ha occupato la villa di Antigua un'unica volta, dal primo al quattro di gennaio del 2008. Il presidente del Consiglio ha anche parlato con chi gli è più vicino della banca Arner, a lungo citata nel sevizio di Report su Antigua, sostenendo che tra i correntisti c'erano alcuni suoi amici e che gli è stato affidato il conto numero uno soltanto perché il suo è il nome più noto e prestigioso.


Ma è sul lodo Alfano che si concentra la sua attenzione: non ha nessuna intenzione di offrire sponde all'opposizione continuando a portarlo avanti ed è probabilmente quello che aveva già detto nel pomeriggio al ministro della Giustizia, che era andato a trovarlo a Palazzo Grazioli.

lunedì 18 ottobre 2010

Nucleare, possibile centrale in Lombardia

Il ministro Romani: dalla Regione nessuna opposizione pregiudiziale. Podestà: sì a territorio incubatoreNel "Distretto dell’energia" nell’Alto Milanese, la produzione di componenti per gli impianti

Nucleare, possibile centrale in Lombardia

Il ministro Romani: dalla Regione nessuna opposizione pregiudiziale. Podestà: sì a territorio incubatore

MILANO - Il ministro dello sviluppo economico, Paolo Romani, sostiene che uno dei siti per i 4 nuovi impianti nucleari Italiani sarà probabilmente in Lombardia. «E' la più grande regione italiana, la più popolosa, la più industrializzata, quindi la più bisognosa di energia. Sembrerebbe strano non prevedere che ci possa essere una delle nuove centrali», ha detto il ministro, a margine di un convegno sulla ripresa economica della provincia di Milano. Il ministro ha riferito di aver avuto una disponibilità di massima all'installazione di una centrale dal presidente della Regione Roberto Formigoni: «Non essendoci opposizione pregiudiziale da parte del presidente della Regione una centrale in Lombardia può darsi possa essere installata», ha detto. «Ma è un problema che sarà analizzato da chi lo deve fare e con il consenso di coloro che nel loro territorio vedranno installato l'impianto».

QUATTRO SITI - Romani ha ricordato di essere un «convinto nuclearista». «Tant'è - ha aggiunto - che ho dato una spinta a iniziare immediatamente con l'agenzia». Il ministro ha comunque spiegato che il processo di identificazione dei siti nucleari deve ancora iniziare: «è un problema che sarà analizzato da chi lo deve fare - ha detto -, con il consenso di coloro che nei loro territori vedranno installata una centrale nucleare, soprattutto cercando di innescare un meccanismo virtuoso di incentivi come quello che c'è stato in Francia». Non voglio fare numeri - ha concluso -. È un percorso complesso dopo 20 anni di interruzione che va fatto con il concorso degli enti locali a partire dalla Regione e dai cittadini». Il ministro dello Sviluppo economico non si è poi sbilanciato su valutazioni circa l'eventualità che in Lombardia ci possa essere in futuro anche più di una centrale nucleare: «Il progetto dell'Italia è oggi di quattro centrali - ha risposto a una domanda al riguardo -. È ovvio che si dovranno trovare i siti».

«RITARDO DA RECUPERARE» - «Il referendum del 1987 contro il nucleare ci ha fatto perdere tempo, risorse e competenze in un campo in cui figuravamo all’avanguardia. Nelle nostre bollette, molto più care di quelle francesi e svedesi, paghiamo ancora oggi quella scelta che il Governo, attraverso il varo di un progetto tutto italiano cui ora sta dando impulso il ministro Romani, vuole adesso modificare nell’obiettivo di mettere al riparo il Paese da ulteriori crisi economiche globali anche riducendo il costo dell’energia. Sono favorevole, dunque, all’individuazione di un territorio che possa fungere da incubatore della produzione di componenti per le centrali nucleari da realizzare nei prossimi anni nel nostro Paese». Così il presidente della provincia Guido Podestà, che al convegno in programma lunedì pomeriggio a palazzo Isimbardi sul tema «La ripresa economica nella Provincia di Milano tra innovazione e nuovi mercati», ha esaminato la proposta di localizzare nel «Distretto dell’energia», il territorio ad alta tecnologia individuato dalla Regione Lombardia che coincide in parte con l’Alto Milanese, la produzione di componenti per le nuove centrali nucleari italiane.

domenica 17 ottobre 2010

Le nuove degenerazioni


Bandiere rosse. Tute blu. E l’ovazione per il nuovo Nichi di turno. Come previsto nei giorni scorsi, una galassia informe di frustrazioni, fallimenti e incapacità di vedere il futuro e di governare il presente si è ritrovata sotto l’insegna della Fiom.

Che Paese l’Italia vista dall’America! Mentre a Singularity University (Silicon Valley, California) assistevo a una discussione sul futuro della fabbrica, dell’automazione e produzione con le nanotecnologie, a Roma le lancette dell’orologio tornavano indietro di circa 40 anni. Bandiere rosse. Tute blu. E l’ovazione per il nuovo Nichi di turno. Manifestazione della Fiom. Via con le frasi fatte. Ne prendo una per tutte, un distillato di banalità. L’ha pronunciata dal palco di piazza San Giovanni Marina Montanelli, studentessa alla Sapienza: "Studenti e operai sono legati dalla lotta comune di futuro e dignità". Perbacco, che profondità d’analisi. Immagino arrivi subito una telefonata dal Mit di Boston. Come previsto nei giorni scorsi, una galassia informe di frustrazioni, fallimenti e incapacità di vedere il futuro e di governare il presente si è ritrovata sotto l’insegna della Fiom, i metalmeccanici duri e puri della Cgil. Perché? Cercherò di rispondere su due piani: il primo è politico; il secondo di critica sociale. Dove il secondo punto in realtà è il presupposto del primo.


1. Più sinistra, meno Pd. Sul piano politico la manifestazione della Fiom è importantissima: ha spostato l’asse dell’opposizione sempre più a sinistra e, di fatto, indicato il campione futuro dell’utopia italiana: Nichi Vendola. Ieri è nato il partito della Fiom, una calamita per quella sinistra dispersa che oggi nome non ha. Distrutta dal berlusconismo e dall’inadeguatezza dei suoi presunti leader, con la Fiom ha scoperto una ragione per tornare a esistere: la lotta retrò in fabbrica (il richiamo della foresta) e un leader dotato di capacità seduttoria e affabulatoria che dalla Puglia si lancia alla conquista del trono dell’antagonismo nazionale. Attenzione non più semplice opposizione (parlamentare o extra ha poca importanza), ma antagonismo, cioè proposta alternativa al riformismo mai trovato dal Pd, cioè stacco e rivoluzione rispetto alla situazione attuale nella sinistra. La Fiom è la radice di un progetto fusionista, quello vendoliano, in cui la fabbrica è la metafora della società, il luogo di emersione e scontro delle diseguaglianze sociali, il terminale della lotta. La Fiom e Vendola sono consapevoli dell’ingranaggio che hanno messo in moto? Direi di no. Non mi pare abbiano gli strumenti d’analisi per capire che cosa c’è realmente dietro le loro azioni e motivazioni. Le cose accadono quasi sempre grazie a pulsioni irrazionali, primitive, che non hanno per forza bisogno di un piano a tavolino. Succedono e basta.


2. Più tecnologia, meno lavoro Quale società immagina quella piazza? È la domanda che precede la seconda parte del tema Fiom, cioè quella della critica sociale. Fiom e studenti hanno una visione del mondo che è pura archeologia. Non un passo indietro, ma un salto nel buio degli anni Settanta, un risveglio surreale nel bel mezzo di un anticapitalismo con la chiave inglese, arretrato, inutile, polveroso, privo perfino della lettura dei libri fondamentali (Marx e la Scuola di Francoforte), quindi del tutto marginale rispetto all’utilità che invece potrebbe avere una riflessione seria sul problema dei problemi: gli effetti delle tecnologie a crescita esponenziale sul mondo del lavoro. Di cosa sto parlando? Di quello che si progetta sotto i miei occhi qui in Silicon Valley, di quello che si discute nel mondo dell’industria avanzata e dell’Università che fa ricerca e dibattito su questi temi. Altro che Landini, Epifani e Vendola. Altro che le risposte del governo. Lo scenario del mondo della produzione sta cambiando alla velocità della luce e gli argomenti della Fiom, della Cgil e le stesse soluzioni proposte da Palazzo Chigi fanno amaramente sorridere. La verità, l’orizzonte concreto, quel che nessuno ha il coraggio di dire è che si va rapidamente verso la fabbrica senza operai. Quello che sembrava l’incubo di qualche futurologo, sta accadendo realmente. La ricerca sull’intelligenza artificiale vola, le spese per acquisire la tecnologia si stanno abbassando, le capacità di calcolo e di lavoro dei supercomputer sono inimmaginabili, le nanotecnologie rivoluzioneranno la produzione dei beni. E qui stiamo a parlare della produzione della Panda... Marchionne, messo alle strette, farà come Apple: lascerà la progettazione e il design in Italia e sposterà la manifattura altrove, lontano da un Paese che vuol farsi solo del male. I soliti parrucconi diranno che ci vuole ancora molto tempo prima che tutto questo accada. Poveri illusi. Ciò che oggi fa la differenza con le passate rivoluzioni industriali è la velocità d’entrata e uscita della tecnologia e la sua capacità di diffondersi ovunque. Globalizzazione. Convergenza. Pervasive computing. Mai sentito niente di tutto questo cari studenti? E avete idea, cari studenti, di che cosa ci sia dietro Twitter e Facebook, i social network che usate per spararle grosse sul governo, l’Italia, la Fiom, la Fiat, il futuro e l’Università? Dietro il vostro narcisismo senza intelligenza, dietro la vostra assenza di coraggio e voglia di sacrificio che mettete in mostra online, c’è la tecnologia che sta tagliando posti di lavoro in tutto il mondo. Quelli che non ci saranno per voi, troppo presi a protestare e a non capire, e quelli delle tute blu che avete eletto a vostro totem. Si può perdonare agli operai l’incapacità di vedere il futuro, si può perfino comprendere l’archeo-strategia del sindacato teso a riprodurre se stesso, ma ciò che non è perdonabile - ed è preoccupante per il Paese - è l’ignoranza degli studenti. Ieri "Panteristi", poi "Ondisti" e oggi "Fiommisti". E questi sarebbero il nuovo? Sì, certo, sono le nuove degenerazioni.

Mario Sechi

sabato 16 ottobre 2010

Tremonti ribadisce: prima si trovano le risorse, poi si spende


Prima si recuperano le risorse, poi si spende. A Cernobbio, ospite del forum della Coldiretti, il ministro dell’Economia ribadisce la strategia del governo perché si passi senza rischi dalla “stabilità” allo “sviluppo”. Uno sviluppo che deve dunque muovere su basi solide - essere scritto “coi numeri” - e da scrivere “in inglese”, perché risponda agli standard imposti dall’Europa e dal contesto internazionale. Non si tratta più di fissare le priorità e poi reperire le risorse, ma il contrario: “In passato era la politica che faceva i numeri. Ora i numeri vengono prima della politica”. Un piano da disegnare dunque “con grande serietà” e che possa essere costruito sulle reali disponibilità di cassa. Che potenzialmente sono buone: per il ministro esistono “per esempio forti margini per il recupero dell’evasione fiscale”, punto sul quale, ha suggerito Tremonti, “i signori Comuni dovrebbero attivarsi di più”. Il titolare di Via XX settembre è poi tornato sulle scelte di rigore imposte ai ministeri, altro perno del progetto di stabilità e sviluppo, respingendo le critiche ai cosiddetti “tagli lineari”: si tratta, ha detto, di una modalità adottata in tutta Europa. “Ovunque si fanno tagli percentuali dando ai ministeri la possibilità di varare proprie finanziarie” e di decidere con flessibilità dove sforbiciare al loro interno. Il tutto sullo sfondo di una riforma del sistema fiscale che rimetta in discussione un modello fermo agli “anni 60”. In questo percorso si inserisce il progetto federalista, che attraverso il “controllo democratico” delle risorse, è lo strumento con cui “raddrizzare un albero storto”: L’Italia, ha osservato, è l’unico paese che “non ha una finanza locale”, per troppo tempo dominato dalla logica per cui “più si spende” più voti si prendono”.

Calderoli: Dopo il 'Taglialeggi', è il momento del 'Tagliaregole'


"Con l'attuazione del "Taglialeggi", sono state eliminate norme inutili e troppo onerose. I provvedimenti eliminati sono stati circa 375mila. Ora il nostro ordinamento si pone in linea con i migliori paesi Ue. L'Ocse, non a caso, ci ha inserito nelle migliori pratiche mondiali. Nella prossima fase, che definisco 'Tagliaregole', occorrerà eliminare costi burocratici superflui, come circolari, diretive, ordinanze ministeriali con un raccordo con le normative regionali". Lo ha annunciato il ministro per la Semplificazione normativa Roberto Calderoli, nel corso del question time che si è svolto alla Camera, replicando a un'interrogazione del deputato del Pdl Stracquadanio. "Sarete invitati - ha concluso scherzando Calderoli - al prossimo rogo".

Turismo, Brambilla: Abbiamo fatto una vera e propria riforma


"Non è retorica definire il turismo ‘settore strategico per la nostra economia’: già ora rappresenta all’incirca il 10 per cento del Pil e dà lavoro, direttamente o indirettamente, a due milioni e mezzo di persone. Ma tali sono le ‘dotazioni naturali’ del nostro Paese – artistiche e culturali, storiche, paesaggistiche, enogastronomiche, di tradizione e di made in Italy – che possiamo e dobbiamo fare molto di più”. Così il ministro del Turismo, Michela Vittoria Brambilla alla V conferenza nazionale del turismo a Cernobbio. Il titolare del dicastero ha ricordato che la crisi 2008-2009 ha portato a un calo degli introiti turistici dall’estero del 7,3 per cento. Contrazione tuttavia meno marcata i quella subita dai competitor Spagna (-9,4 per cento) e Francia (-10,4 per cento) e seguita da un’uscita dalla crisi più rapida per il comparto italiano del turismo internazionale (+5,3 per cento) rispetto alla media dei paesi europei (+2). Per rilanciare il comparto nell’ottica di una maggiore competitività del sistema Italia, il ministro ha sollecitato l’approvazione del Codice del turismo Brambilla-Ronchi-Calderoli con l’avvio del confronto con le Associazioni di categoria e con le Regioni. “In un mercato globale sempre più aperto ed aggressivo occorre mettere mano ad una strategia globale di valorizzazione e sviluppo del settore, che confermi ed esalti il ruolo dell’Italia, anche in un panorama dove si affacciano o si sono già affacciate destinazioni ‘nuove’. Le parole d’ordine che propongo – spiega Brambilla – sono: destagionalizzazione, circuiti nazionali di eccellenza, turismo diffuso, mezzogiorno del turismo e innovazione”. Dai buoni vacanza per sostenere le fasce più deboli, alla completa strutturazione del Mezzogiorno del turismo, “un passaggio obbligato per accrescere la nostra competitività nazionale e garantire alle Regioni del sud un importante contributo alla produzione di ricchezza”. Il turismo, ha concluso il ministro, Il turismo è stato considerato, da una miope e purtroppo diffusa visione economica, quale attività residuale, quasi folkloristica, una sorta di ‘cenerentola’ delle attività produttive. “Ma Cenerentola diventerà principessa ed io non considererò esaurito il mio mandato fino a che questo grande cambiamento culturale non sarà avvenuto in maniera compiuta”.

Brunetta presenta il piano contro costi burocrazia: -25% entro 2012


La burocrazia? Costerà almeno il 25 per cento in meno entro il 2012 per un risparmio di 17 miliardi di euro l’anno. Questi i traguardi che si raggiungeranno con il “Piano per la semplificazione amministrativa 2010-2012” presentato in Consiglio dei ministri lo scorso 7 ottobre e che - insieme al Codice dell’amministrazione digitale (Cad) - sarà parte integrante del Piano nazionale di riforme che a gennaio verrà portato all’Unione europea. Parola del ministro per la Pa e l’Innovazione Renato Brunetta che ha illustrato le novità durante una conferenza stampa “dedicata a Ugo Magri, con il sorriso sulle labbra naturalmente”, che oggi gli ha dedicato una pagella di midterm sulla “Stampa”. Parte rilevante del Piano - che prevede la misurazione e la riduzione degli oneri amministrativi (MOA) per lo Stato e per le Regioni ed enti locali - anche le norme per semplificare la burocrazia alle pmi. In questo modo, ha sottolineato Brunetta, si rispettano la strategia di Lisbona - che chiede di diminuire del 25 per cento entro il 2012 le spese di Pa per le aziende - e lo Small Business Act. “Si tratta di riforme fredde, più complesse ma anche più divertenti, per alleggerire gli oneri burocratici e finanziari per le imprese e le famiglie - ha commentato il responsabile della Pa -. Sono riforme che non costano e che fanno vivere meglio le imprese, piccole e grandi”. Alle norme (e ai tagli) - ha chiarito Brunetta, che ha la delega alla semplificazione amministrativa - “nessun ministero potrà sottrarsi”. Favorevole al Piano si è detto il numero uno di Confesercenti, Marco Venturi, intervenuto in rappresentanza anche di Rete Imprese Italia. “È un programma di semplificazione non solo utile, ma prezioso - ha sottolineato -, in tempi di crisi in cui le Pmi devono far fronte a grandi difficoltà per tenere e per riprendere a investire salvando lavoro e opportunità di crescita”. Durante la conferenza Brunetta ha anche confermato che la prima riunione con le parti sociali per avviare la riforma fiscale per le famiglie e le imprese si terrà mercoledì.

MOA statale - Finora sono stati misurati oltre 21,5 miliardi di costi annui che, grazie alle riduzioni previste nel “Taglia oneri amministrativi” (legge 133/2008), sono già diminuiti di 5,5 miliardi l’anno. Entro il 2012 si punta a ridurre la spesa del 32 per cento con un risparmio di 11,6 miliardi l’anno. Al momento le aree in cui si è stimato il calo dei costi (per un totale di 5,5 miliardi) sono “Lavoro e previdenza” (-48 per cento ovvero 4,8 miliardi), “Prevenzione e incendi” (-37 per cento ovvero 526 milioni), “Beni culturali (-27 per cento ovvero 166 milioni). Tra dicembre 2010 e marzo 2011 si concluderà l’esame per i settori “Appalti”, “Privacy”, “Ambiente”, “Sicurezza sul lavoro”, “Disabilità”, entro giugno 2012 invece per “Poitiche agricole”, “Infrastrutture e Trasporti”, “Interno”, “Salute”, Statistica”, “Giustizia”, “Economia e Finanze”. Si attendono risparmi per 6,1 miliardi sui 14,7 di oneri da misurare.
MOA Regioni ed enti locali - La misurazione è prevista nel collegato semplificazione alla Finanziaria 2010, al momento all’esame del Senato, e anzi alcune Regioni l’hanno già avviata o prevista. Il traguardo è di ridurre del 25 per cento entro il 2012 gli oneri per le imprese in modo da risparmiare ogni anno 5,3 miliardi.

Semplificazione Pmi - Se “l’obiettivo è di eliminare e semplificare entro il 2011 gli adempimenti sproporzionati per le pmi”, il primo passo è applicare un criterio di proporzionalità nelle procedure con la Pa in base alla dimensione e al settore in cui operano le aziende, come previsto dallo Small Business Act. Un’operazione che riguarderà 4 milioni e 300mila microimprese e le oltre 238mila piccole e medie. Tra i criteri previsti dal Piano, eliminazione o semplificazione delle procedure inutili, informatizzazione, estensione dell’autocertificazione.

giovedì 7 ottobre 2010

Sì a federalismo fiscale per le Regioni. Tremonti: ''Unisce e non divide''


Il Consiglio dei ministri ha dato il primo via libera al decreto legislativo che introduce il federalismo fiscale per le regioni. Dentro il decreto, non solo l'autonomia tributaria ma anche i costi standard della sanità.
Una sorpresa quest'ultima per gli stessi Governatori che non si aspettavano l'unificazione dei due decreti. Secondo le norme approvate, ha spiegato subito dopo il ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli, le Regioni avranno la possibilità di aumentare l'addizionale Irpef fino al 3%, in modo graduale a partire dal 2013 e fino al 2015. La possibilità di ridurre l'Irap, inoltre, sarà data solo agli enti territoriali che non avranno superato l'incremento Irpef del 5%.


La parte variabile che potranno applicare le regioni potrà arrivare fino allo 0,5% nel 2013, fino allo 0,9% nel 2014 e potrà arrivare al 2,1% nel 2015 che si potrebbe aggiungere all'addizionale gia' prevista che ha il tetto attualemtne fissato allo 0,9%. L'incremento, spiega Calderoli, non potrà essere applicato ai primi due scaglioni Irpef.


"L'impressione è che abbiamo cominciato" il federalismo fiscale, "in realtà il processo è quasi terminato", ha affermato il ministro dell'Economia Giulio Tremonti nella conferenza stampa di rito. E subito dopo ''il governo chiederà la delega per la riforma fiscale''. Ma ''il nostro obiettivo è quello di non aumentare la pressione fiscale", ha precisato il titolare di via XX settembre. Anzi ''noi la vogliamo ridurre'', ha detto spiegando che per tenere fermo il livello dei tributi "saranno introdotti meccanismi di controllo: pensiamo ad un vincolo".


Tremonti ribadisce la positività della riforma. ''Il federalismo unisce e non divide. Siamo convinti che questo meccanismo raddrizza l'albero storto della finanza pubblica'', dice usando le stesse parole di Umberto Bossi. Il leader della Lega, infatti, lasciando Palazzo Chigi, aveva parlato di ''un'Italia migliore, che costerà meno'' e di ''albero storto della finanza pubblica'' finalmente ''raddrizzato''.


Di tutt'altra opinione il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini che parla di un "provvedimento pericoloso" che piace solo alla Lega Nord che "da partito della demagogia diventa ora il partito delle tasse" perché ora regioni e enti locali potranno aumentare l'Irpef e, di conseguenza, le tasse a cittadini e famiglie.


Il leader centrista invita Pd e Idv ad ''uscire dal letargo'' e ''spiegare che questo è un falso federalismo, che non trasferisce risorse dal centro alla periferia riequilibrando il divario tra Nord e Sud ma mette le mani nelle tasche degli italiani''.


La decisione di riunificare i decreti su costi standard e fisco, però, viene giudicata ''sbagliata'' dai Governatori, riunitisi subito dopo l'approvazione del Cdm. "E' una questione di metodo - ha spiegato il presidente Vasco Errani - Non condividamo ciò che è stato fatto anche perché, non piu' di 48 ore fa, nell'incontro con i ministri competenti avevamo definito un metodo di lavoro che non prevedeva la riunificazione dei due decreti".