giovedì 6 maggio 2010

Crisi greca, Tremonti: "Nessuno è immune da rischi"

"La crisi della Grecia è un problema dell'area euro per questo serve una reazione europea". Il titolare del Tesoro interviene sulla questione greca.

«Nessuno è immune dalla crisi perchè passeggero con biglietto di prima classe. L'estensione della crisi è sistemica e la soluzione può essere solo comune e politica». Lo afferma il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, intervenendo in Aula alla Camera sulla crisi in Grecia. «La sovrastruttura politica deve allinearsi alla struttura economica».

«La semplice somma algebrica dei governi nazionali più o meno forti -sottolinea Tremonti - non può fare da sola quel nuovo tipo di politica che il tempo presente richiede. Il tempo è strategico. Dobbiamo guadagnare tempo, guardando non solo a domani o al prossimo mese, ma al prossimo decennio, per assorbire la crisi e per organizzare il futuro. Il nostro futuro non è infatti un destino ma una scelta».

Il Fondo monetario, la Commissione europea e la banca centrale europea «hanno accertato e dichiarato che il programma greco è adeguato e credibile e su questa base, insieme con gli altri Paesi euro, l'Italia concorda», sottolinea Tremonti. Secondo cui quella che si sta vivendo «non è una seconda crisi». «È solo la stessa crisi che è continuata e si è trasformata, passando dai debiti privati ai debiti pubblici e scalandosi su scala globale». In Europa sono stati rimossi i confini economici ma sono ancora rimasti i confini politici. «Non ci sono più confini ma travasi tra debiti, deficit e default delle banche e degli Stati». In questo quadro «l'esposizione della core Europe verso la Grecia è relativamente limitata. Ma l'esposizione della core Europe verso i paesi che a stella la circondano è, contando i connessi derivati, enormemente superiore».

«Le colpe passate e i doveri attuali non sono certo uguali, da banca a banca e da Stato a Stato», sottolinea il ministro. In particolare, i doveri degli stati in crisi «sono e devono restare assoluti, ma ormai la responsabilità è di tutti. Rimossi ex ante i confini economici, non si possono più far valere ex post i confini politici». «Crisi in greco vuol dire discontinuità. Una discontinuità che può essere positiva costitutiva e costruttiva dell'Europa. Ci si aspetta che domani il vertice possa dire che non basta una risposta a questa crisi. Dobbiamo saper andare più lontano, imparando la lezione e prendendo tutte le misure necessarie affinchè una crisi di questo tipo non si ripeta».

Berlusconi: agenzie di rating non credibili

"I conti pubblici non sono piu' credibili"Per il 2011-12 prevista manovra correttiva da 25 miliardi

Silvio Berlusconi, nell'insolita (e pro tempore) veste di ministro dello Sviluppo Economico, "ruba" la scena a Tremonti e approfitta per parlare anche di economia. In particolare del tema del giorno: crisi greca e solidità del sistema creditizio. Sui conti pubblici, il premier rassicura: "I conti pubblici italiani sono assolutamente in ordine", dice il Cav nel suo discorso di insediamento al dicastero dello Sviluppo economico dopo le dimissioni di Claudio Scajola. Sulla Grecia, invece, Berlusconi sottolinea "era giusto aiutare un Paese in difficoltà come la Grecia. Secondo quanto riferito da alcune persone, rimaste anonime, presenti alla cerimonia di insediamento del premier all'ex dicastero di Scajola, Silvio si sarebbe soffermato anche sul ruolo delle agenzie internazionali di rating, alla luce delle polemiche suscitate dal giudizio negativo riservato all'Italia da Moody's. "Le agenzie di rating ormai hanno perso credibilità, avrebbe detto il premier, è necessaria una riforma".


Conti pubblici - Il Cavaliere, poi, ha reso merito a Tremonti e ha detto che grazie alla sua politica di rigore "abbiamo i conti pubblici in ordine e, quindi, occorre continuare su questa strada". Ad ascoltare il presidente del Consiglio c'erano i viceministri delle Comunicazioni, Paolo Romani e del Commercio con l’estero, Adolfo Urso, e Stefano Saglia, sottosegretario alle Attività produttive.

Manovra correttiva da 25 miliardi - Si era parlato di una manovrina da 5 miliardi per giugno di quest'anno, prontamente smentita dal governo. La manovra di bilancio per mettere in ordine i conti, invece, sarà molto più sostanziosa. Anche se è prevista per il biennio 2011-2012. Secono quanto scrive oggi il ministero dell'Economia nella Relazione Unificata, "per il biennio 2011-2012 servirà una manovra correttiva pari all'1,6% del Pil, pari a circa 25 miliardi di euro". Nella relazione del Ministero, tra l'altro, si legge che il Pil italiano crescerà dell'1% quest'anno, dell'1,5% nel 2011 e nel 2012 toccherà il 2% di aumento, contro le precedenti stime (+1,1% nel 2010 e +2% nel 2011 e 2012).

Deficit/Pil - La Relazione conferma invece gli obiettivi per il rapporto deficit/Pil da qui al 2012, quando l'Italia tornerà sotto la soglia del 3%: quest'anno il rapporto scenderà al 5% senza bisogno di una manovra bis, nel 2011 al 3,9% e nel 2012 al 2,7%.

Debito pubblico - Peggiorano le stime per il debito pubblico che salirà al 118,4% del Pil quest'anno, al 118,7% nel 2011 e tornerà a scendere solo nel 2012 al 117,2%. Le precedenti stime indicavano un rapporto debito/Pil del 116,9% quest'anno, al 116,5% nel 2010 e 114,6% nel 2012.

lunedì 3 maggio 2010

Sacconi, presto presenteremo piano triennale per ripresa


Il ministro del Welfare ha spiegato che l'obiettivo è di "alzare la propensione a creare lavoro nel contesto di una politica di crescita".
"Siamo impegnati a cercare di costruire la ripresa economica con l'occupazione e, per fare questo, presenteremo molto presto un piano triennale, che coinciderà con l'ultima parte della legislatura, con l'obiettivo di alzare la propensione a creare lavoro nel contesto di una politica di crescita che non può che essere, prima di tutto, politica di stabilità". Lo sottolinea il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Maurizio Sacconi, a margine dell'assise Ance Veneto che si è svolta a Venezia. "Come insegna il caso della Grecia - aggiunge Sacconi - il lavoro è il primo fattore punito dall'instabilità finanziaria ed economica".

domenica 2 maggio 2010

Sicilia, passa la finanziaria scritta dal Pd Il Pdl: ribaltone, intervenga Berlusconi


PALERMO (2 maggio) - In Sicilia all'indomani del via libera alla manovra economico-finanziaria, votata dall'Assemblea regionale dopo una settimana di scontri in aula e proteste in piazza di precari regionali (alla fine avvio stabilizzazione per 4.500 e contratti per tre anni per altri 3.200, ndr), è tempo di bilanci politici. Stravince, senza dubbio, il Pd che ha scritto oltre il 70% della finanziaria, mettendo il sigillo su alcune delle più importanti norme di riforma contenute nel testo, una fra tutte il ritorno alla gestione pubblica dell'acqua.

Vince anche il governatore Raffaele Lombardo, che tira il fiato rispetto alle polemiche sull'inchiesta antimafia della Procura di Catania che lo coinvolge e che adesso potrà dedicarsi alla costruzione del Partito del Sud. Incassa, invece, la sconfitta il Pdl, che dall'opposizione denuncia il «ribaltone» per l'approvazione di una manovra votata da Pd, Mpa e Pdl Sicilia, il gruppo che fa riferimento ai finiani e al sottosegretario Gianfranco Miccichè.

Il cuore della manovra è fatto da norme targate Pd: acqua pubblica, credito d'imposta per l'occupazione, abolizione dei ticket sanitari sulla diagnostica e sugli esami di laboratorio per le famiglie con reddito basso, apertura pomeridiana delle scuole, zone franche urbane. Un pacchetto di misure che fa dire a Lombardo come questa finanziaria sia «la più densa e ricca di spunti riformistici che si sia vista». «C'è una coalizione con Mpa, Pdl Sicilia, Api e Pd, che credo debba crescere e consolidarsi di più», aggiunge il governatore. Parole che inducono il segretario siciliano del Pd, Giuseppe Lupo, a spargere cautela per non turbare gli equilibri all'interno del partito (tre deputati sono usciti dall'aula al momento del voto): «Il nostro sì alla finanziaria - spiega Lupo - non è un voto di fiducia al governo regionale, ma un atto di responsabilità nell'interesse dei siciliani».

Non sono affatto convinti, però, nel Pdl, dove in tanti sollecitano la resa dei conti. «È l'ufficializzazione del ribaltone del governo Lombardo - afferma il co-coordinatore siciliano del Pdl, Giuseppe Castiglione - del tradimento del voto degli elettori che adesso sono governati da una coalizione della quale fa parte il Pd che aveva perduto le elezioni e ora è parte integrante dell'esecutivo». Castiglione sottolinea il voto favorevole alla manovra espresso dal Pdl Sicilia e sostiene che »il presidente Silvio Berlusconi e l'ufficio di presidenza del Pdl hanno adesso tutti gli elementi per potere valutare la situazione politica in Sicilia».

Un richiamo condiviso dal presidente del gruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri: «La logica dei ribaltoni non è quella che possiamo sostenere o condividere, in ogni caso questa confusione politica non può essere ignorata. Restiamo certi che, come era stato annunciato nei giorni scorsi, questo problema troverà la necessaria priorità nell'agenda politica del Pdl».

Berlusconi aveva promesso di affrontare il caso Sicilia subito dopo la direzione nazionale del Pdl, ma Miccichè, ieri mentre l'Ars votava il bilancio, afferma: «Berlusconi per adesso ha talmente da fare .... Non capisco perchè tutti aspettino questo mio incontro col premier, sembra che io sia il suo medico. C'è troppa attenzione ingiustificata. Venerdì abbiamo un Cipe e staremo mezza giornata insieme. Ci incontriamo in continuazione. Il tema del Pdl Sicilia? È da due anni che c'è».

Berlusconi: Abbiamo anche fiducia dei mercati, avanti con le riforme

"Realizzeremo il patto con gli elettori, le polemiche di Palazzo non ci fermeranno"



Mentre la tesi dell’“epurazione” di Italo Bocchino non convince neanche i ‘finiani’, una volta chiuso il caso, un deciso stop alle polemiche di questi giorni lo pone il premier Berlusconi, che rilancia sui contenuti: "Controproducenti discussioni di Palazzo non fermeranno le riforme", il programma è "un patto con i cittadini e lo realizzeremo tutto", assicura, garantendo la "stabilità" del governo per i prossimi tre anni. Così il presidente del Consiglio archivia il caso Bocchino, mostrando di non accontentarsi di una "tregua", ma di mirare a ridare slancio all'azione di governo, sulla base del rinnovato patto con gli elettori e della fiducia dei mercati internazionali. In mattinata, il presidente Fini aveva offerto la sua “solidarietà” all’ex vicecapogruppo vicario, a suo avviso dimissionato “senza che ci fosse una ragione”, ma non si parli di “dittatura”, aveva avvertito cercando di svelenire il clima. Un invito non tanto alla “moderazione”, ma a “non avvelenare più le coscienze e a non seminare l’odio”. Bocchino, precisava in risposta a Fini il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, “non è stato affatto ‘dimissionato’”, ma è lui che “ha pubblicamente presentato le sue dimissioni, poi le ha ritirate e, infine, dopo l’indispensabile convocazione del gruppo parlamentare del Pdl per chiarire la situazione, le ha definitivamente ripresentate”. Lo stesso Fini, secondo quanto ricostruisce il deputato Pdl Michele Traversa, avrebbe chiesto la sconvocazione dell’assemblea del gruppo offrendo contestualmente le dimissioni “definitive” di Bocchino. “Tutto può essere tranne che un’epurazione”, ha osservato il coordinatore e ministro Ignazio La Russa: ci sono state delle “dimissioni reiterate”, avrà avuto le sue “ragioni politiche”, ma “accoglierle, secondo le sue modalità, tutto può essere tranne che una epurazione”. Anche il ministro Andrea Ronchi, uscendo da Palazzo Chigi, rispondeva “no” a chi gli chiedeva se Bocchino fosse stato epurato. E suggeriva: a parlare sia solo Fini. Per un altro ‘finiano’, il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Silvano Moffa, quelle di Bocchino sono “parole stonate”, figlie del “risentimento per una vicenda dolorosa” ed è stato “improprio”, ha osservato, chiamare in causa Cicchitto, che come capogruppo in questa vicenda non c’entrava niente.



Nonostante i toni accessi e il risentimento dell’interessato, dunque, la conclusione del caso Bocchino potrebbe effettivamente contribuire a rasserenare gli animi all’interno del Pdl, dopo che stamattina, durante il Cdm, Berlusconi ha voluto smentire di aver mai definito “traditore” Gianfranco Fini. “Siamo ancora in tempo – fa notare il coordinatore del Pdl e ministro Sandro Bondi in una nota – per riprendere la strada della costruzione di un grande partito democratico, in cui il dissenso motivato e argomentato nelle sedi giuste e nei modi più politicamente appropriati e saggi può diventare arricchimento e lievito di una crescita comune”. Sì al dissenso, dunque, ma alle condizioni già indicate dal presidente Berlusconi e nella mozione approvata dalla direzione nazionale del partito: espresso nelle sedi e nei modi appropriati, senza scantonare nel correntismo e nel logoramento. “Siamo ancora in tempo – sottolinea Bondi – per sostenere e migliorare ulteriormente l’azione del governo, con un confronto di merito costruttivo che parta dalla soddisfazione per gli ottimi risultati fin qui raggiunti. Siamo ancora in tempo per far diventare questa legislatura la legislatura delle riforme, anche grazie all’apporto positivo delle forze politiche dell’opposizione. Siamo ancora in tempo per onorare la fiducia, il consenso e la responsabilità che i nostri elettori ci hanno affidato per il futuro dell’Italia”.

Considerazioni cui si associa Fabrizio Cicchitto (“riportare il confronto nel partito”), che annuncia un progetto di legge del gruppo Pdl per abolire l’ordine dei giornalisti e sottolinea come la crisi greca renda “ancora più evidente che una politica di crescita sarà praticabile solo se verrà tagliata la spesa”. A proposito, i conti pubblici italiani si confermano in sicurezza, a giudicare da come il presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso ha liquidato (“lascio le speculazioni agli speculatori”) le ipotesi di una sorte simile a quella greca per altri Paesi del Sud Europa come Portogallo, Spagna e Italia, ma soprattutto dal successo dell’ultima asta (la prima dopo l’incendio di Atene e il declassamento di Madrid e Lisbona) dei titoli di Stato italiani – Btp e Cct – che hanno fatto registrare una domanda superiore all’offerta e rendimenti in calo. Se quindi Berlusconi può vantare la "fiducia dei mercati internazionali nell'Italia", ad agitare le acque sopraggiunge il caso Scajola, per il presunto coinvolgimento del ministro dello Sviluppo economico nell’inchiesta sugli appalti per il G8. Il Pd intima “chiarisca o si dimetta”, e l’Italia dei Valori giudica “vergognoso” il rifiuto alle sue dimissioni, ma Scajola si sente “con la coscienza a posto” ed è deciso a non lasciarsi intimidire. Mentre il ministro della Giustizia Alfano stigmatizza l’uscita di carte sottoposte a segreto istruttorio, i ‘finiani’ Briguglio e Granata chiedono di portare subito all’esame del Parlamento il ddl anti-corruzione (ricevendo il plauso dei dipietristi).