mercoledì 30 settembre 2009

Silvio: lunga vita a Santoro, ci porta voti E la D'Addario va ospite ad Annozero


Gongola sicuramente Michele Santoro. Le polemiche scatenate per la presenza in studio, nella puntata di giovedì sera, di Patrizia D’Addario sono lo spot migliore per rifare il boom di ascolti della prima puntata. Gongola anche Silvio Berlusconi, però, che mercoledì mattina dai microfoni di Sky ha augurato «lunga vita alla Dandini e a Santoro che non fanno altro che portare voti al centrodestra».Intanto su Annozero, come al solito, è bufera. «Avevo dato la mia disponibilità di massima a partecipare alla puntata di domani, che mi era stata presentata - dice Flavia Perina, direttore del Secolo d'Italia - come dedicata al ''sistema Tarantini'' e al rapporto tra il potere e le donne. L'annuncio della presenza in studio della signora D'Addario mi ha costretto a declinare l'invito, con la convinzione che una trasmissione così congegnata rischi di risolversi nella ricerca di facili effetti scandalistici. Ho troppo rispetto per la politica, e per il tema della dignità della donna, per affidarla a un confronto di questo tipo».Romani: "Verificare se D'Addario è compatibile con il servizio pubblico" - Più cauto Paolo Romani, viceministro alle Comunicazioni. «Do giudizi complessivi e non conosco il programma di domani sera. Leggo dalle agenzie di stampa che sarà ospite di Santoro Patrizia D'Addario: ci sarà il solito problema di verificare se un programma di questo tipo, con questo tipo di presenze e di interventi, sia compatibile con il servizio pubblico», ha dichiarato Romani, rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano un commento sulla partecipazione dell'escort barese alla puntata di domani di Annozero.Dopo aver stigmatizzato la mini-fiction ambientata nei bagni di Palazzo Grazioli e proposta da Serena Dandini nella nuova edizione di Parla con me, partito ieri sera su Raitre, Romani ha spiegato di aver «visto solo un pezzetto del programma. E comunque – ha concluso – non do pagelle».Mercoledì mattina intanto il Cavaliere ha fatto un intervento a tutto campo ai microfoni di Sky. "...e telefonatemi, che mi sento solo...". Il presidente del consiglio, Silvio Berlusconi ripropone nuovamente, questa volta in diretta su Sky Tg24 Mattina, la battuta fatta ieri al termine del collegamento con 'Unomattina’. Quella di martedì era "appunto una battuta detta ironicamente - precisa il premier - accentuata da certa stampa. In realtà se c'è una cosa che non riesco a essere è proprio 'solo’, se non la notte, quando preparo i miei interventi e il lavoro del giorno successivo".
È un Cavaliere in piena forma, a tutto tondo. Che non tralascia alcun argomento: dalla politica al suo Milan, passando per lo scudo fiscale, il canone e le polemiche in Rai, il cinema (“Sono contento che l’Italia abbia scelto 'Baaria’ di Giuseppe Tornatore per la corsa all’Oscar al miglior film straniero, una scelta scontata. Credo che non ci possa essere italiano che si sottragga al piacere di vedere questo film, consiglio a tutti di andarlo a vedere - ha detto Berlusconi - e sono orgoglioso che sia stato prodotto da Medusa") fino ai temi etici e ai problemi morali, per cui "nel Pdl c'è sempre stata libertà di coscienza e sempre ci sarà". Unico tasto che non vuole toccare è quello dei magistrati: "Per amor di patria non parlo di magistratura".
Ma andiamo per gradi.
Lunga vita a Dandini e Santoro – “Lunga vita a Michele Santoro e Serena Dandini che non fanno altro che portare voti al centrodestra". Silvio Berlusconi era un fiume in piena: "Io no tanto tempo per guardare la televisione, ma da quel che so io non credo poi che questi programmi abbiano tanto successo". Quanto all’istruttoria su Santoro, "non me ne sono interessato e non mi voglio interessare di queste cose perché è facilissimo cadere in qualche tranello". E sempre a proposito di televisione, ha aggiunto il capo dell’esecutivo, “tutti possono stare in Tv quanto vogliono finché non si fa un uso criminoso della televisione, cioè finché non si utilizza la televisione per commettere dei reati, per esempio un reato che può essere fatto facilissimamente attraverso la stampa o la televisione è la diffamazione di qualcuno. Credo che questa sia una leva - aggiunge - che non può essere contraddetta da nessuno. Aggiungo che come editore ho l’orgoglio di aver dato vita a dei giornali e delle reti che non hanno mai fatto, nemmeno singoli programmi di attacco contro qualcuno. E questa - conclude - dovrebbe essere la regola che tutta la televisione e specialmente la tv pubblica pagata con i soldi di tutti"
Fiat e incentivi – Quanto all’appello dell’amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne per una nuova serie di incentivi al settore auto, Berlusconi ha promesso che “responsabilmente esamineremo la situazione. Abbiamo fatto un intervento molto positivo nel settore auto, se quando scade il provvedimento c'è necessità e convenienza di rinnovarlo il governo non si tirerà indietro". Le parole di Berlusconi sono risultate gradite tanto all’ad di Fiat quanto al presidente del Gruppo Fiat Luca Cordero di Montezemolo “È incoraggiante. Ho apprezzato quello che ha detto”, ha sottolineato Sergio Marchionne, “Siamo disposti a lavorare con il sistema per trovare una soluzione sugli incentivi per l’anno prossimo e il 2011”.Dello stesso avviso anche Montezemolo: “Io penso che abbia perfettamente ragione nel senso che gli incentivi, non dimentichiamocelo, non sono denaro alle aziende ma incentivi ai consumi". Gli incentivi, rileva Montezemolo, "hanno portato tre fattori positivi in Europa: in Francia, in Germania, in Inghilterra e in Italia. Hanno rappresentato un freno al problema occupazionale e hanno evitato un aumento della disoccupazione in quel settore; hanno rappresentato un forte incentivo ai consumi e il ricambio del parco di vetture meno inquinanti e più ecologiche; hanno favorito tutta la filiera della componentistica". Con un coordinamento delle politiche europee, aggiunge il presidente del gruppo torinese, "è utile ripristinare gli incentivi per evitare un problema occupazionale, il problema più grave che ora dobbiamo affrontare". Quindi Montezemolo accoglie "con soddisfazione" le parole del premier che sono "condivisibili". Rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano se fossero necessari per il 2011, Montezemolo aggiunge: "Va visto in una logica e secondo l’andamento del mercato".
Crisi alle spalle - "Tutti i leader del G20 sono stati concordi nel ritenere che il peggio della crisi è alle spalle. Instillando fiducia la crisi potrebbe andare verso una ripresa e si potrebbe tornare a situazione precedente -ha aggiunto il presidente del Consiglio -. Con la fiducia, e senza paura, spiegando ai consumatori che non c'è ragione di cambiare il proprio stile di vita, perché il fattore psicologico è determinante".
Fini e libertà d’opinione – A proposito delle divergenze di opinione con il presidente della Camera Gianfranco Fini, il Cavaliere sottolinea come “Fini ha diritto alle sue opinioni su qualsiasi argomento. Dentro un grande partito - prosegue - le differenze rappresentano una grande ricchezza". Il premier aggiunge inoltre che "nel nostro partito c'è sempre stata libertà di coscienza sui temi che riguardano l’etica e la morale".
Libertà di stampa – Nell’intervista a Sky Yg24 Mattina c’è anche spazio per la manifestazione in programma sabato 3 ottobre a Roma. "Una farsa assoluta". Non usa mezzi termini Silvio Berlusconi nel criticare l’iniziativa: “In Italia c'è una tale libertà di informazione da non poter essere confrontata con nessun altro Paese, tutte le persone lo sanno. La manifestazione è una farsa che ci fa del male, questa anti italianità fa del male al Paese".
Cuore rossonero – Un piccolo dolore al cuore del presidente del Consiglio, quest’anno, viene da uno dei suoi grandi amori, il Milan: "Il Milan non attraversa una fase positiva, anche se resta la prima squadra al mondo. Quella se fosse un disastro era una domanda, e io ho detto che questi giorni non sono il periodo che ci da più soddisfazione. Come al solito la stampa fa il suo mestiere e cerca sempre il titolo".
Futuro per gli italiani – Cosa farà Berlusconi da grande? È questo l’ultimo argomento che il premier ha deciso di trattare nell’intervista: "Il mio futuro sarà di grande impegno e al servizio dell’Italia e degli italiani, così come fatto finora con una straordinaria squadra di governo e con una straordinaria maggioranza. Noi andremo avanti nella realizzazione del programma - aggiunge il premier - avendo messo avanti a tutto l’impegno di rispettare tutti gli impegni presi con i cittadini e noi li rispetteremo fino all’ultimo".

sabato 26 settembre 2009

Il dibattito/ Brunetta e Capezzone:"Il Pdl va rilanciato. Ecco come"


Renato Brunetta e Daniele Capezzone ragionano sul futuro del Pdl. L'Italia, dicono, è divisa in due: una maggioranza ottimista e lavoratrice, che tira il carro dell'economia, e una minoranza fannullona e parassitaria, che frena per mantenere saldi i propri interessi. Questa è la casta che vuole dettare legge, eredità di un '68 che ancora oggi ci portiamo dietro. La sfida del governo e del partito, dunque, è riuscire a battere le elite che vivono sulle spalle dell'Italia sana. Federalismo fiscale, piano per il Sud, detassazione dei contratti, rinnovi legati al territorio, liberalizzazioni, concorrenza di pubblico e privato nelle scuole e nella sanità, presidenzialismo, monocameralismo, abolizione delle province, riduzione dei parlamentari saranno gli strumenti principi del Pdl. Voi che cosa ne pensate? Scrivetecelo qui, il dibattito sarà pubblicato su Libero-news. Brunetta e Capezzone risponderanno ai lettori. Nell’Italia degli ultimi decenni si è determinata una geografia politico-sociale pressoché unica nell’Occidente avanzato, basata su una sempre più netta distinzione tra due diverse realtà.Da una parte, c’è l’Italia - ultramaggioritaria - che rischia tutti i giorni; che è legata al merito, alla competitività, alla trasparenza; che sta sul mercato; che è esposta al vento della concorrenza; che mette in gioco se stessa, la propria famiglia, i propri beni. E’ l’Italia che lavora e produce; è l’Italia dei lavoratori dipendenti che rischiano il posto; è l’Italia delle piccole e piccolissime imprese dell’industria, del commercio, dell’artigianato, dei servizi; è l’Italia dei professionisti; è l’Italia dei disoccupati e dei sottoccupati non tutelati; è l’Italia di quanti, oggi anziani, hanno già dato il loro contributo alla propria famiglia e al Paese.Dall’altra parte, c’è l’Italia - più piccola e minoritaria - che non vive con queste regole: è l’Italia della rendita, delle corporazioni, dei furbi, dei fannulloni, dei garantiti. Naturalmente, non si può e non si deve fare di ogni erba un fascio, ma questo aggregato è composto dall’Italia dei cattivi dipendenti pubblici, della cattiva politica, della cattiva magistratura, delle cattive banche e della cattiva finanza, della cattiva editoria, dei cattivi sindacati (arricchiti economicamente ma impoveriti politicamente e civilmente dalla trattenuta automatica praticata su lavoratori e pensionati spesso ignari); in altre parole, siamo dinanzi all’Italia che vive in modo parassitario e improduttivo sulle spalle della prima Italia. Questa seconda Italia, pur numericamente più ridotta e marginale, dispone di mezzi e strumenti per farsi rappresentare e addirittura sovrarappresentare in modo potente e efficacissimo; le riesce perfino di accreditarsi come classe generale, come espressione e coscienza del Paese tout-court, come riferimento etico, culturale, civile della Nazione. Si tratta, a ben vedere, dei protagonisti di residui pseudoculturali del ’68 e dei settori più egoisti della borghesia italiana: la loro cifra civile è spesso quella del cinismo, della diffidenza rispetto agli esiti e ai metodi democratici, della chiusura in una dimensione tutta interna al perimetro dell’establishment.I vertici della sinistra- Costoro hanno beneficiato di un doppio paradosso. Intanto, la prima Italia, impegnata a lavorare e a produrre, ha di fatto finito per delegare alla seconda Italia l’organizzazione e la gestione dei beni e dei servizi pubblici (scuola, cultura, università, salute, giustizia, burocrazia), attualmente egemonizzati da una ridotta e potentissima casta. E così, chi rischia ogni giorno per sé e i propri figli, ha affidato e consegnato i beni della coesione sociale ad una classe che vive secondo regole opposte ai principi del mercato, del merito, dell’accountability, e - da quel ceto - subisce perfino giudizi di carattere moralistico, come se la seconda Italia potesse vantare una dimensione etico-politica superiore. In più - paradosso ancora clamoroso - la sinistra tradizionale ha incomprensibilmente scelto di difendere e rappresentare proprio questa Italia peggiore, tradendo ogni speranza di rinnovamento e schiacciandosi a tutela della parte meno dinamica e innovativa della società italiana. Simmetricamente, gli eredi del ’68 e le borghesie più chiuse hanno avuto grande spazio ai vertici della sinistra politica: gli uni captati e cooptati dagli altri, e viceversa, con la trasformazione degli “indipendenti di sinistra” di altre stagioni in vere e proprie guide di ciò che resta dell’apparato del Pci-Pds-Ds-Pd. Lo spettacolo dei banchieri in coda per le primarie prodiane resta una testimonianza plastica di questo fenomeno.Tangentopoli e la svendita dell'Italia- Buona parte di questo fenomeno trae anche origine dal golpe mediatico-giudiziario degli anni ’90, con un’azione selettiva e faziosa volta a colpire ed eliminare soltanto una parte ben individuata del ceto politico di allora, aprendo la strada non solo ad un violento e forzoso “ricambio” di governo, ma anche ad una marcata sudditanza rispetto ad interessi non italiani. A questo proposito, non va dimenticato il modo - grave e dannoso per il Paese - in cui sono avvenute tante cosiddette “privatizzazioni”, che meglio andrebbero definite come vere e proprie spoliazioni: con l’Italia che si è ritrovata improvvisamente priva - in tempi serrati e a prezzi da svendita - di gangli essenziali del proprio sistema produttivo, e senza alcun beneficio concorrenziale e di mercato per i cittadini, ma con un frequente passaggio da monopoli o oligopoli pubblici a monopoli e oligopoli privati.La sfida di oggi- Diversi lustri dopo quegli eventi, resta questa, in termini strutturali, la sfida tuttora in corso. Da una parte ceti produttivi, dall’altra ceti parassitari e burocratici; da una parte chi spinge per le riforme e il cambiamento, dall’altra chi parteggia per il mantenimento dello status quo e di un comodo immobilismo sociale; da una parte uno schieramento popolare e interclassista, dall’altra una élite autoreferenziale con scarsi ancoraggi nell’Italia reale; da una parte un partito libero di determinare le sue politiche grazie all’outsider Berlusconi, dall’altra un’aggregazione vincolata dal rapporto con alcuni interessi forti che vorrebbero dirigere il Paese senza consenso. E’ espressione evidente di questa contrapposizione il fatto che il centrodestra berlusconiano, oltre a conservare intatta la sua tradizionale area politico-elettorale, ottenga oggi anche il doppio dei voti operai rispetto al Pd e alla sinistra, e sappia anche beneficiare di un ulteriore spostamento di voti riformisti e di sinistra moderata verso il Pdl.Conservatori e rivoluzionari- Esattamente per queste ragioni, il Popolo della Libertà è capace di sciogliere antiche contrapposizioni e antinomie, e in primo luogo quella tra datori di lavoro e lavoratori, oggi storicamente uniti dall’esigenza vitale di puntare sulla crescita e sull’espansione dell’area del benessere. Questo movimento politico entra nel nuovo secolo sciogliendo e portando a sintesi le antitesi del Novecento: è l’incontro dei riformatori liberali e solidali, e può orgogliosamente dirsi - nello stesso tempo - conservatore e rivoluzionario. Conservatore perché è un grande movimento capace di esprimere il senso comune di un popolo, la sua tradizione e le sue radici; rivoluzionario perché è il partito che vuole e sa sconfiggere l’Italia delle rendite e del privilegio. Solo un grande movimento legato ai valori popolari, infatti, ha poi l’ansia e la tensione necessari per essere il motore della modernizzazione, il partito-guida dell’Italia che cambia e che cresce.La stagione politica- In questo quadro, si inseriscono le sfide della stagione politica che si apre. Noi arriviamo al dopo-crisi essendo riusciti, nell’ultimo anno, a garantire la migliore condizione possibile dei conti pubblici, e insieme una buona difesa della base produttiva e occupazionale. Il Governo Berlusconi ha agito per perseguire tre obiettivi fondamentali: tenuta della finanza pubblica e rispetto dei parametri europei, liquidità per le famiglie e le imprese, allargamento della rete di protezione sociale. E’ anche grazie a questa azione che l’Italia ha retto meglio di altri Paesi, nonostante i due grandi vincoli rappresentati dal debito pubblico (che impedisce di usare la finanza pubblica come volano per favorire l’uscita dalla crisi) e dal declino demografico (che ci priva di quantità e qualità di capitale umano). Su questa strada, e sulla definizione di un nuovo e più dinamico assetto di relazioni industriali, è stata mantenuta la coesione sociale, nonostante che l’opposizione e un pezzo di sindacato abbiano vanamente cercato di provocare un autunno caldo: e invece, si è stretta intorno al Governo la gran parte delle rappresentanze sociali e imprenditoriali, un blocco sociale leale e responsabile rispetto all’Italia e agli italiani, capace di perseguire l’interesse nazionale.Così, dopo neanche un anno e mezzo dall’apertura dell’attuale legislatura, il fatto nuovo è che il Governo Berlusconi e la maggioranza stanno non solo assicurando una rigorosa ed efficace gestione del presente e il più rapido aggancio possibile verso la ripresa, ma, con le riforme messe in campo, hanno davvero iniziato a mettere in discussione l’area della rendita, del privilegio, dell’immobilismo sociale. In questo, cioè su questo fondamentale obiettivo strategico, Pdl e Lega sono già uniti: di più, rappresentano un unico blocco riformatore, un’unica rappresentanza sociale e politica del popolo dei produttori rispetto al blocco dei difensori dello status quo. Questa è la posta in gioco, e insieme l’oggetto della rivoluzione in corso. Di fronte all’importanza di tutto ciò, è assolutamente naturale e fisiologico che, in un partito già del 40% e che punta al 50%+1 dei voti, vi siano su altri e più specifici temi, a partire dalle questioni eticamente sensibili, approcci e opinioni diverse, che contribuiranno ad arricchire e irrobustire il Popolo della Libertà.Al centro la persona- E davvero si può dire che al centro dell’intera azione politica del Governo e della maggioranza ci sia la persona, e - soprattutto - l’allargamento della sfera della decisione e della scelta privata rispetto a quella della decisione e della scelta pubblica e collettiva. E’ così per la riscrittura del rapporto tra cittadino e Pubblica Amministrazione impostata dal Ministro della Funzione Pubblica; è così per le iniezioni di meritocrazia e responsabilità che animano le riforme incardinate dal Ministro dell’Istruzione dell’Università; è così per il doppio obiettivo di non lasciare nessuno indietro e di costruire un più dinamico e meno ingessato sistema di relazioni industriali da parte del Ministro del Welfare; è così per il recupero di efficienza in sede civile e di terzietà del giudice rispetto alle parti in sede penale, sulla base delle riforme perseguite dal Ministro della Giustizia; è così per la razionalizzazione, e in qualche caso la riduzione, delle risorse pubbliche destinate dal Ministro della Cultura a iniziative spesso improduttive, incapaci di vivere sul mercato e di attrarre risorse e investimenti, desiderose sempre e solo di sussidi e finanziamenti pubblici, e perfino ignare dei rischi di una statalizzazione e politicizzazione della cultura; è così per ogni altro settore dell’azione dell’Esecutivo, sempre in linea con un approccio di sussidiarietà centrato sul favor per la concorrenza, per la scelta tra più opzioni nei servizi essenziali, per l’intervento del privato o eventualmente dell’ente territoriale più vicino alla persona. Esistono alcune sfide strategiche, da questo punto di vista, che potrebbero segnare i prossimi lustri della politica italiana:
la piena realizzazione del federalismo fiscale, capace di mettere sotto controllo la spesa pubblica ad ogni livello territoriale, di innescare meccanismi competitivi tra territori nell’attrazione di risorse e investimenti, di determinare una maggiore e più penetrante vigilanza dei cittadini sui loro amministratori e sull’uso e il prelievo del denaro pubblico, di contribuire ad una significativa compressione del nero e dell’evasione fiscale, e, soprattutto, di creare le condizioni per l’avvio della riduzione della pressione fiscale nei confronti sia delle persone che delle imprese;
l’attuazione di un grande Piano per il Sud da realizzare attraverso l’efficienza, la produttività, la trasparenza, la lotta alla corruzione, la qualità della burocrazia e il federalismo fiscale; portando a compimento le grandi opere e le infrastrutture materiali e immateriali necessarie allo sviluppo del Mezzogiorno; infine, chiedendo all’UE di credere nel Mezzogiorno non solo in nome della coesione interna ma anche di una coesione esterna;
una politica estera di rilancio della nostra economia capace di cogliere le grandi occasioni di sviluppo offerte, da un lato, dall’emergere prepotente sulla scena mondiale delle economie dell’Asia dell’Est e del Sud-Est (con al centro la Cina) e dell’Asia del Sud (con al centro l’India) e, dall’altro, dalla fuoriuscita dalla crisi;
l’avvio della detassazione della contrattazione di secondo livello, favorendo rinnovi contrattuali maggiormente legati al territorio e alle aziende, valorizzando per tutti l’elemento della produttività;
la ripresa di un percorso di liberalizzazioni che apra davvero il mercato, che non sia solo rivolto contro la base sociale ed elettorale del centrodestra, com’è sistematicamente avvenuto nella stagione di governo del centrosinistra, e che non sia concepito “contro”, cioè per spaventare o impoverire qualcuno, ma “per”, cioè per aprire nuove opportunità al cittadino-consumatore-utente: in questo senso, appare ineludibile la messa in discussione dell’attuale, appesantito e anticoncorrenziale assetto dei servizi pubblici locali;
una maggiore possibilità di scelta per il cittadino, e insieme di concorrenza tra pubblico e privato, nei settori della scuola, dell’università e della sanità, attraverso i meccanismi del “buono” o del credito d’imposta;
un nuovo assetto istituzionale più adeguato alle esigenze di velocità e decisione della modernità in cui siamo immersi, centrato sul presidenzialismo, sul monocameralismo, sulla netta riduzione del numero dei parlamentari, sull’abolizione delle Province.Rispetto alla fase politica che si apre, il Pdl, pur appena nato, può già far tesoro di tre grandi punti di forza rispetto al campo avverso. Il primo è naturalmente rappresentato dalla leadership popolare, fortissima, non consumata dai rituali della politica, di Silvio Berlusconi. In secondo luogo, il centrodestra ha manifestato la capacità, nei momenti elettorali, di puntare su una assoluta compattezza programmatica, isolando le poche questioni su cui chiedere agli elettori di esprimere il proprio consenso, costruendo una base programmatica immediatamente comprensibile ed evitando i programmi-zibaldone. Infine, il nuovo Pdl può già farsi forte di una rete di think tank, centri studi, fondazioni, giornali, riviste, agenzie, come luoghi chiamati non ad un generico o astratto dibattito, ma alla concreta produzione di software, di contenuti politici, di “attrezzi” e proposte immediatamente trasferibili nel momento elettorale e poi soprattutto in quello di Governo.Nasce e si afferma così un grande partito moderno e soprattutto post-ideologico. Nessuno è esposto al rischio di perdere qualcosa della propria identità, delle radici e delle matrici culturali e politiche a cui è legato: il tema, invece, è quello di una offerta politica che non deve mai assumere profili e connotati non inclusivi, di chiusura, o legati a riflessi minoritari. Il che non vuol dire assumere sfuggire alle scelte: anche sulle questioni più complesse o controverse, solo che lo si voglia, c’è tutto lo spazio per giungere a una sintesi e a un punto di equilibrio ragionevole. Poi, sarà compito di una vita di partito intensa e segnata da regole precise, così come del network di realtà culturali che ruota intorno al partito, animare la discussione e garantire piena cittadinanza anche alla posizione che, nell’una o nell’altra occasione, non sarà risultata prevalente. Il resto sarà virtuosamente affidato alla grande medicina del “mercato” politico-elettorale. E’ quello che lo straordinario popolo degli elettori del Pdl chiede al nostro - e soprattutto loro - partito.
Renato Brunetta-Daniele Capezzone

mercoledì 23 settembre 2009

Berlusconi all'Onu: "Riformare il Consiglio di Sicurezza, occorre renderlo più rappresentativo''


New York, 23 set. (Adnkronos) - Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, interviene di fronte all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite e sottolinea l'esigenza di riformare il Consiglio di Sicurezza "per renderlo piu' efficace e rappresentativo. Ma attenzione - avverte - : aggiungere nuovi membri permanenti nazionali non farebbe che aumentare il senso di esclusione di tutti quei Paesi che contribuiscono attivamente alla pace ed alla sicurezza internazionale e dei nuovi Paesi che in futuro potrebbero assumersi crescenti responsabilita'".


"La crisi dalla quale stiamo uscendo -ha affermato ancora Berlusconi in un altro passaggio del discorso- pone a tutti noi un problema di governance efficace. Il G8 mantiene la sua importanza, con un ruolo rilevante sui dossier geopolitici, della non-proliferazione e dello sviluppo, come confermato all'Aquila".
"Con il G20, che ora gli si va affiancando, occorre trovare il migliore coordinamento per affrontare la governance mondiale dell'economia, aprendola a tutti i principali Paesi determinati a contribuirvi, nel rispetto naturalmente del ruolo centrale delle Nazioni Unite, a partire dal suo organo piu' rappresentativo e cioe' da questa Assemblea", ha aggiunto il presidente del Consiglio.
Berlusconi ha parlato anche di clima riconoscendo che "abbiamo compiuto diversi passi avanti. E' stato raggiunto l'accordo tra le principali economie di stabilire un limite di 2 gradi centigradi di aumento della temperatura globale rispetto all'era pre-industriale. Questo fronte comune sui cambiamenti climatici ha trovato conferma nell'ampia partecipazione alla riunione che si e' tenuta qui, ieri, su iniziativa del segretario generale. Lo ringrazio per la leadership dimostrata anche in questa occasione, essenziale per un successo al vertice di Copenhagen''.
''All'Aquila -sottolinea il presidente del Consiglio- si e' affermato come evidente e fondamentale il concetto che vorrei qui ribadire: il cambiamento climatico e' una sfida che si potra' vincere soltanto con l'impegno concorde di tutti i protagonisti dell'economia mondiale, nessuno escluso''.
Quanto all'economia, "il nuovo modello di sviluppo dovra' anche basarsi sul rifiuto del protezionismo e sull'apertura dei mercati, perche' i Paesi piu' poveri possano beneficiare appieno delle opportunita' di crescita offerte dal commercio internazionale''. Per Berlusconi inoltre, ''la lotta alla speculazione passa anche attraverso l'abolizione dei paradisi fiscali. Molto e' stato fatto contro quelli esistenti, ma va altresi' contrastato il tentativo di crearne dei nuovi rafforzando la funzione di monitoraggio dell'Ocse''.
Berlusconi infine ha elogiato il presidente Usa Barack Obama, dicendo che "ha parlato con il cuore, con grande slancio ideale e ha chiamato tutti noi a una grande responsabilita' per il futuro del mondo. Il presidente ha espresso sentimenti, traguardi e speranze che io condivido''.

lunedì 21 settembre 2009

Pdl, Berlusconi-Fini: faccia a faccia di due ore


Roma - Si è concluso dopo quasi due ore e mezza il pranzo di "chiarimento" tra il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e il presidente della Camera, Gianfranco Fini, che si è tenuto a casa di Gianni Letta. Il primo a lasciare l’abitazione del sottosegretario alla presidenza del Consiglio è stato Fini. Il premier e il presidente della Camera si sono visti per un faccia a faccia dopo le forti polemiche dei giorni scorsi nate dagli attacchi del Giornale allo stesso Fini, che ha sporto querela, e sfociate poi nell'intervento del cofondatore del partito a Gubbio alla scuola politica del Pdl sull’organizzazione del movimento.
Bocchino: "Sintesi possibile" C’è una "sintesi possibile" tra le "visioni diverse" che negli ultimi tempi erano emerse tra Fini e Berlusconi sul Popolo della libertà. Lo dice il presidente vicario dei deputati Pdl, Italo Bocchino, che, parlando con i cronisti a Montecitorio a proposito del colloquio di oggi a casa Letta sottolinea che "sono emerse le condizioni per avviare quel percorso che avevamo auspicato". Fra i punti salienti emersi dall’incontro, l’esigenza di una "strutturazione" del partito e del suo "funzionamento democratico". Bocchino, autore della lettera firmata dai deputati ex An al premier, ha visto il presidente della Camera dopo il vertice.
Cicchitto: è andata bene, ora si lavori "L’incontro fra Berlusconi e Fini è andato bene, e adesso bisogna combinare insieme una concezione leaderistica del partito-movimento con quella che richiede sedi permanenti di dibattito e un serio lavoro sul territorio". Lo afferma il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto. "Questa conciliazione - spiega - è possibile purché si faccia uno sforzo serio da ogni parte e purchè si portino avanti contenuti coerenti con il programma elettorale e di governo. Per le elezioni regionali dobbiamo consolidare la maggioranza con la Lega e aprirla, ove possibile, anche all’Udc. Il Pdl è un grande partito nazionale, forte sia al Nord che al Sud, caratterizzato da un orientamento moderato e riformista e che quindi deve essere equilibrato, rifuggire da inutili estremismi, ma anche non soffrire di alcun complesso di inferiorità nei confronti di una sinistra che non ha più una sua autonomia politica, ma che si fa egemonizzare da la Repubblica e da Di Pietro".
La Russa: ora dalle parole ai fatti "Sono molto soddisfatto perché notizie dirette che ho sono assai incoraggianti per la prospettiva di costruire bene e velocemente il Pdl. Certo, bisognerà passare dalle parole ai fatti e avviare senza ritardi quella azione di costruzione e funzionamento degli organi di partito che sia Berlusconi che Fini si sono trovati d’accordo nel ritenere indispensabile". Ignazio La Russa, coordinatore del Pdl e ministro della Difesa, commenta così l’atteso incontro di oggi tra il premier Silvio Berlusconi ed il presidente della Camera Gianfranco Fini, dopo le incomprensioni delle scorse settimane. "Quel che conta soprattutto - spiega La Russa - è che l'incontro sia avvenuto in un clima cordiale e sereno e che i due co-fondatori del Pdl si siano ripromessi di incontrarsi periodicamente. Questo sarà anche utile ad un corretto rapporto con la Lega". "Il miglior risultato di questo incontro - conclude La Russa - sarà quindi che non sia più notizia la notizia del prossimo incontro tra i due".

Brunetta contro elite rendite: Montezemolo d'accordo con me


Roma, 21 set (Velino) - Sono apparse scritte contro i militari uccisi a Kabul, un prete di Lecco se l’è presa contro i militari morti nell'attentato di giovedì scorso. Perché c’è una sinistra che attacca i soldati che compiono un lavoro importante in Afghanistan e in altre zone di guerra? Risponde il ministro della Pa Renato Brunetta ospite della rubrica “La telefonata” di Maurizio Belpietro in onda su Canale 5. “Una sinistra che è sempre stata contro il Paese e contro l’Italia, contro la nazione, è sempre stata una sinistra fondamentalista, è una sinistra fuori dalla storia cui le macerie del muro di Berlino evidentemente non hanno insegnato nulla. Per fortuna è una sinistra minoritaria, ormai extraparlamentare, che quindi più di tanto non interessa, se non con questi conati finali che certo sono tristi. L’esponente dell’esecutivo è stato criticato perché sabato, a Cortina, ha attaccato l’elite di sinistra usando espressioni forti come “vada a morire ammazzata”: “No - replica Brunetta - se si leggono le mie dichiarazioni io ho detto lobby irresponsabili che vivono sulla rendita, cioè che vivono sulla pelle degli italiani, burocratiche, finanziarie, assicurative, delle public utilities, delle ex municipalizzate, cioè ci sono delle lobby che vivono di rendita, che vivono sulla rendita da sempre, da sempre hanno appoggiato i governi, perché i governi in qualche maniera le foraggiavano. Quando questo governo ha cominciato a togliere loro l’aria o l’acqua in cui nuotavano, queste hanno cominciato a sbarellare, a non capire più niente, e si sono appoggiate a quella sinistra di cui parlavo, quella sinistra più o meno democratica che era stata traumatizzata dal crollo del muro di Berlino. Si è formata una miscela molto strana, molto mostruosa, tra una sinistra che dovrebbe stare dalla parte della gente, dalla parte dei più deboli, con questi poteri della rendita. Ricordiamo tutti i banchieri in fila a votare per le primarie di Prodi, questa è l’immagine”. Sempre sabato Brunetta ha parlato di "irresponsabili che stanno preparando un vero e proprio colpo di stato". Il governo è davvero a rischio? “Non è a rischio per la sinistra parlamentare, è a rischio perché queste elite della rendita parassitaria, che sono molto potenti dal punto di vista finanziario, economico, editoriale, stanno costruendo le condizioni per un ribaltone; io l’ho chiamato colpo di stato, per sovvertire il voto elettorale e la democrazia, stanno rubandoci la democrazia. Io mi sono rivolto alla sinistra perbene perché non cada in questa trappola”. Il ministro ha ricevuto diverse telefonate di sostegno, anche Luca Cordero di Montezemolo “ha telefonato verso l’una di sabato dicendo sono perfettamente d’accordo con te sull’analisi che hai fatto contro la rendita parassitaria, stiamo dalla stessa parte. Io gli ho detto grazie presidente, viva il buon capitalismo, viva la buona Fiat, cento Marchionne, siamo orgogliosi di Marchionne quando porta la Fiat sui mercati internazionali”. E riguardo agli esponenti della maggioranza che non si sono detti d’accordo con il tono con cui si è espresso il ministro, Brunetta replica: “La mia maggioranza è una maggioranza di gente libera e se qualcuno pensa più ai toni che ai contenuti fatti suoi”.

domenica 20 settembre 2009

ARRIVO DELLE SALME DELLA STRAGE IN AFGHANISTAN A CIAMPINO 20 09 2009

NON CREDO CHE CI SIANO PAROLE DA AGGIUNGERE ONORE AI NOSTRI UOMINI CADUTI X DIFENDERE QUELLE LIBERTA' DI CUI NOI GODIAMO E CHE SPERIAMO CHE ANCHE ALTRI POPOLI POSSANO GODERE. CIAO RAGAZZI

Senso vietato / Ma lui è qualcosa di più di un buon premier


Roma, 18 set (Velino) - Ma quale presunzione. Quale megalomania. Quale narcisismo. Affermando di essere il miglior presidente del Consiglio che l’Italia abbia avuto in questi suoi primi 150 anni di storia, Berlusconi non ha affatto espresso una smisurata egolatria. Ha dimostrato, al contrario, una singolare modestia. Questa non è una facezia generata da quella losca passione che è il berlusconismo viscerale. È il prodotto di una fredda, astratta, rigorosa applicazione all’argomento in questione di un metodo valutativo serenamente desunto dalla teoria degli insiemi. La quale insegna, innanzitutto, che se ci sono gruppi, classi o insiemi formati da più elementi (vedi, per esempio, l’insieme delle galassie, che a detta degli astronomi sarebbe suppergiù costituito da 100 miliardi di elementi), ne esistono anche che contengono un unico elemento (vedi per esempio l’insieme dei satelliti della terra, che infatti è formato da un unico membro: la luna). E un insieme costituito da un solo elemento è per l’appunto anche quello che contiene lui e soltanto lui, il cittadino Berlusconi Silvio. (segue)
Egli ha infatti dimostrato già da un pezzo di essere molto di più che un comune (eccellente o pessimo che sia) presidente del Consiglio. Se fosse soltanto un bravo o cattivo premier sarebbe semplicemente uno dei moltissimi elementi che costituiscono l’insieme dei capi di governo toccati finora alla nostra patria. Invece è anche, anzi soprattutto, il primo interprete e ambasciatore di un’Italia che mai prima di lui era riuscita a esprimersi in prima persona sulla scena politica e che solo grazie a lui ha potuto finalmente presentarsi come nuova, nuovissima Italia, nata felicemente dal decesso di tutte le Italie precedenti. E come tale è e resterà per sempre, quale che potrà essere l’epilogo, prossimo o remoto, della sua avventura politica, l’elemento di un insieme formato appunto soltanto da lui.
Le diverse Italie dalle cui rovine è nata quella che ha trovato in lui il suo primo leader sono, nell’ordine, l’Italietta detta liberale, che fu accoppata dal Fascismo; l’Italia fascista, che fu cancellata dalla sua disastrosa ma provvidenziale disfatta nella Seconda guerra mondiale; l’Italia del primo trentennio della Prima Repubblica, che dopo essere stata fiaccata e sfregiata prima dal consociativismo statalista, quindi dal ‘68 e dagli anni di piombo, stramazzò con l’assassinio di Aldo Moro; infine l’Italia cattocomunista degli anni successivi, che sarebbe dovuta crollare col muro di Berlino e il collasso dell’Urss, ma che invece riesce a vivacchiare ancora oggi grazie alla truffa di Mani Pulite, che permise ai comunisti (ex, post e neo) ridotti dai fatti dell’’89 allo stato di morto che parla, di rilanciarsi sulla scena politica sventolando la bandiera della Questione Morale.
L’Italia che ha trovato in Berlusconi il suo primo vero interprete e rappresentante simbolico non è dunque figlia né del Risorgimento (del quale ormai tutti sanno che non fu un movimento di popolo, ma una lunga serie di cospirazioni e sommosse ordite da movimenti elitari e sfociate in una serie di guerre di conquista combattute e vinte dal Piemonte, col sostegno di un’esigua minoranza di “patrioti” e di alcuni Stati europei, per annettersi tutti gli altri staterelli preunitari); né del Fascismo (del quale fra l’altro sarebbe ora di ammettere che avendo condiviso coi regimi comunisti delizie come il partito unico, lo stato etico e pedagogico, la militarizzazione delle masse, la statizzazione di vasti comparti dell’economia, il controllo dell’informazione, dell’istruzione e della cultura, la gestione del tempo libero, insomma tutto fuorché i massacri e il gulag, fu un singolare esempio di “socialismo dal volto umano”); né delle due sinistre antifasciste, la marxista e la cattolica, che hanno governato il paese prima dell’avvento di mastro Silvio.
Di che cosa è dunque figlia la nuova Italia che si riconosce in lui? È figlia della fede nel primato di quel fattore squisitamente pragmatico che egli ama chiamare “il fare”, e che come tale, basato com’è sul riconoscimento dei valori espressi e garantiti della costellazione “lavoro-scienza-tecnica-capitalismo-mercato-democrazia”, non ha proprio niente a che vedere con le nobili illusioni delle precedenti quattro Italie, tutte decedute sotto il botto di quell’evento epocale che fu la sua geniale “discesa in campo”.
Altro dunque che miglior presidente del Consiglio dell’Italia Una! Di simili premier l’Italia, dal 1861 a oggi, ne ha avuti finora esattamente 52. E molti di essi, come capi dei governi da loro presieduti, si dimostrarono anche eccellenti. Ma in quanto prima espressione della nuova realtà sociale e politica sorta dalle rovine di quelle precedenti (che purtroppo ingombrano ancora il nostro paesaggio), Berlusconi è e resterà per sempre una figura unica. Sicché è evidente che lui, proprio come la luna è l’unico membro dell’insieme costituito dai satelliti della terra, è il solo elemento di quello costituito dai creatori dell’Italia politica di oggi.

mercoledì 16 settembre 2009

Macché dossier su An, pubblicò già tutto l'Espresso nel 2001

Nessun dossier, niente ricatti. Non c’è nulla di misterioso nelle carte processuali oggetto del durissimo scontro politico di queste ore. Si tratta di documenti giudiziari «pubblici», che il Giornale è riuscito a visionare in più tranches, e con non poche difficoltà, vista l’ermetica chiusura adottata da chi, solitamente, non si fa problemi a consegnare atti di procedimenti penali ormai chiusi da anni.Nessun dossier, dunque. Ma atti noti. Stranoti agli addetti ai lavori. La vicenda in argomento, anticipata da questo stesso giornale alla fine del giugno scorso con riferimento a un giro di escort che si esibivano anche dentro Montecitorio e che riguardava il cosiddetto «clan D’Alema» (erano coinvolti personaggi vicinissimi all’ex premier, non ultimo quel Roberto De Santis tornato oggi di moda per l’amicizia con l’imprenditore barese Gianpaolo Tarantini) a onor del vero non l’ha tirata fuori il Giornale, bensì l’Espresso, nel 2001 sotto al titolo «onorevoli prestazioni». In due pagine, assemblate con foto scattate di nascosto dalla polizia alla maitresse romana che gestiva le squillo impegnate a fare sesso per ottenere in cambio ricchi appalti, si dava anche conto dell’intenzione della «donna della seconda repubblica» (testuale sempre da L’Espresso) di mandare in stampa un libro di memorie scabrose. Si abbozzava anche un titolo, molto poco hard: «Una freccia a Montecitorio», dove il dardo stava a rappresentare sia il logo della società di pubblicità e pubbliche relazioni della maitresse, sia la testata della rivista Alitalia («Freccia Alata») nella quale la signora - grazie all’interesse politico di alcuni sponsor ripagati con prestazioni erotiche documentate in intercettazioni e verbali di interrogatorio - piazzava le sue belle paginate di pubblicità. Se per anni non se ne è più saputo niente dell’indagine è solo perché, intorno al procedimento 10498/99r del pm romano Felicetta Marinelli, è calata un’impenetrabile e imbarazzata cortina fumogena. Nessuna indiscrezione è trapelata mai dalla procura, nessuna conferma documentale arrivava da quella Squadra mobile che dopo aver avviato una banalissima indagine sulla prostituzione s’è ritrovata a dover gestire una bomba politica a orologeria. A rompere quella cortina, questa estate, ci hanno pensato i giornalisti Marco Travaglio, Peter Gomez e Marco Lillo. Nel loro libro su Berlusconi dal titolo «Papi» (uscito due mesi fa) a pagina 327, nell’eloquente capitolo denominato «puttanopoli con autoscatto», scrivono fra l’altro: «(...) il Giornale ha sbattuto in prima pagina la prima puntata di una serie di servizi su un’inchiesta romana del 1999 a proposito di squillo che si accompagnavano con alcuni imprenditori vicini a Massimo D’Alema, all’epoca presidente del Consiglio. Uno dei titoli a tutta pagina recitava: “le escort del clan D’Alema”, oppure “i nostri festini hard a Montecitorio”. Segue la trascrizione di vecchi verbali d’indagine da cui risulta - continuano i tre autori - che la maitresse R.F. riusciva a ottenere appalti pubblici, come la stampa di dépliant e volantini per alcune aziende di Stato». Detto ciò, Travaglio, Gomez e Lillo rispolverano la memoria e il pezzo in archivio de L’Espresso. E al dunque, si chiedono: «Nei servizi del Giornale non si trova alcun riferimento a un importante leader del centrodestra che veniva citato nel 2001 tra i clienti della call-girl in un articolo dell’Espresso (il settimanale pur non facendo nomi si è occupato per primo della vicenda otto anni fa). Esiste o non esiste quel cliente “leader del centrodestra?”. E se esiste, chi è?». Incuriositi da quel riferimento lanciato da tre «giudiziaristi» sempre bene informati ci siamo così messi a cercare le carte che mancavano all’appello. E dal clan di D’Alema siamo passati a scoprire altro. Tutto qui.

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=382894

martedì 15 settembre 2009

"Subito tavolo Berlusconi-Fini, stop a Lega e Feltri". Gli ex di An scrivono al Cavaliere


Roma - (Adnkronos/Ign) - I parlamentari chiedono a Berlusconi di riequilibrare i rapporti all'interno del Pdl . Appello di Tremonti: ''Serve discussione aperta sulle idee di Fini''. D'Alema: ''Spero che il Governo sia più disponibile al dialogo''. Querela a Feltri dopo l'editoriale in cui si allude all'esistenza di un dossier a luci rosse anche su An. La terza carica in aula: ''Approfondirò in sede politica e giudiziaria''


Roma, 15 set. (Adnkronos/Ign) - Non c'è nessuna minaccia di rottura o ipotesi di formare un nuovo gruppo parlamentare. C'è, invece, la richiesta di riequilibrare i rapporti all'interno della maggioranza, perché in questo momento sono troppo sbilanciati a favore della Lega. Da qui la necessità di un tavolo permanente di confronto tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini per fare scelte condivise sul Pdl. E' questo uno dei passaggi chiave della lettera inviata dal presidente vicario del Pdl, Italo Bocchino, e firmata dagli ex di An, al Cavaliere e per conoscenza al capogruppo a Montecitorio Fabrizio Cicchitto. I deputati provenienti dal partito di via della Scrofa, chiedono che i due cofondatori del Popolo della libertà si vedano con maggiore frequenza per sciogliere tutti i nodi sul tavolo in vista delle prossime scadenza politiche ed elettorali, a cominciare dalle regionali.


"In qualità di deputati quotidianamente impegnati in Parlamento a sostenere l'attività del governo ci rivolgiamo a te per rappresentarti un disagio che richiede un intervento al fine di armonizzare le varie anime politiche e parlamentari che si ritrovano nel Popolo della Libertà”, si legge nella missiva in cui. "Riteniamo che sarebbe opportuno - afferma l'esponente del Pdl - un patto di consultazione permanente tra te e il cofondatore del Popolo delle Libertà Gianfranco Fini, al quale siamo politicamente e personalmente legati e con cui siamo entrati nel Pdl e in Parlamento. Riteniamo inoltre opportuno segnalarti la necessità di tenere dei vertici di maggioranza che coinvolgano tutto il Pdl, evitando la sensazione che dalle cene del lunedì venga fuori la linea dell'esecutivo e che questa sia di fatto condizionata dalla Lega a scapito del nostro partito".
"Ti sottoponiamo per ultima una questione non politica ma a nostro giudizio pericolosa e incomprensibile per gli effetti che produce. Ci riferiamo - spiega il vice presidente dei deputati Pdl - alle reiterate affermazioni offensive e calunniose de 'Il Giornale' diretto da Vittorio Feltri nei confronti di Fini. "Ferma restando la nostra convinzione sull'irreversibilità del bipolarismo e sull'impossibilità per chi come noi viene da An di prefigurare scenari di tipo diversi slegati dal Pdl e dalla tua leadership, ti preghiamo – conclude - di intervenire quanto prima per evitare che tali problematiche possano causare un corto circuito interno al nuovo partito".
Dopo un impasse iniziale tutti gli ex di An hanno firmato la lettera, anche i deputati vicini ai ministri Altero Matteoli e Ignazio La Russa, che avevano criticato l'iniziativa, hanno sciolto la riserva. I ministri, a quanto si apprende, avrebbero deciso di dare il loro via libera perché “le critiche all'iniziativa di Bocchino si limitavano al metodo e non certo al merito e al contenuto della missiva che sono del tutto condivisibili”.
Intanto, le diplomazie sono sempre al lavoro per far tornare il sereno tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. Il giorno dopo il polverone suscitato dall'editoriale di Feltri, oggi pomeriggio Niccolò Ghedini, legale del premier e deputato del Pdl, è stato ricevuto dal presidente della Camera.

Onna, il premier consegna le case: ''Promesse mantenute, auguri per una nuova vita e aprite il frigo...''


Onna (L'Aquila) - (Adnkronos/Ign) - Berlusconi: ''C'è ogni ben di Dio, dall'arredamento ai generi alimentari di prima necessità''. Ma c'è chi protesta: ''E gli altri?''. Bertolaso: "Abitazioni definitive e decorose". L'opposizione all'attacco: ''Non sono quelle promesse''. Il premier da Vespa: ''In tv, stampa e politica, circondati da troppi farabutti''. Il Pd dichiara guerra a 'Porta a Porta', Franceschini: ''Non andrò da Vespa''


Onna (L'Aquila), 15 set. (Adnkronos/Ign) - ''Promessa mantenuta. Era una promessa ardita, lo sapevamo, ma grazie a Dio mantenuta''. Silvio Berlusconi con queste parole ha lasciato Onna, dove ha consegnato personalmente le chiavi di casa alla prima famiglia assegnataria di uno dei villini antisismici costruiti dopo il terremoto del 6 aprile.


Un alloggio che, ha sottolineato il premier, "speriamo soltanto per poco tempo", sarà la casa dei cittadini di Onna. "Siamo tutti emozionati - ha detto il presidente del Consiglio - perché per la prima volta viene consegnata una casa affinché una famiglia possa ritrovarsi in un nido d'amore per una nuova vita".
Il premier non ha nascosto dunque l'auspicio che sia "soltanto per poco tempo", ma ha espresso anche la convinzione che "questa residenza possa già accogliervi e darvi tutto ciò che serve, tutto quello cui hanno bisogno i figli per crescere". In questa nuova casa Berlusconi ha augurato quindi "speranza e serenità". Come nei bigliettini da lui firmati fatti trovare nelle abitazioni, con i ''più affettuosi auguri di salute e serenità nella nuova casa''.
Si parte oggi con le prime sei unità abitative, ma sono 94 gli alloggi pronti a Onna.
Dopo aver deposto una corona ai piedi dell'albero della vita, in memoria delle vittime del sisma, Berlusconi ha preso parte anche alla cerimonia di inaugurazione del nuovo asilo nido di Onna, intitolato a Giulia Carnevale, giovane studentessa di ingegneria che aveva ideato e disegnato il nuovo edificio, vittima del terremoto. Il premier ha fatto il giro della nuova struttura non risparmiando come al solito le strette di mano e le foto con sostenitori e curiosi.
La consegna delle case a tempi record è l'orgoglio del premier. ''Sono case dotate di tutto, dall'arredamento alle lenzuola, lo shampoo, il dentifricio e anche i generi alimentari di prima necessità: in frigorifero - dice - c'è ogni ben di Dio''. E promette che tornerà ''quando tutte le case saranno consegnate per fare un pranzo e ringraziare tutti gli uomini della Protezione civile e della Croce Rossa''.
Anche oggi però non sono mancate le proteste di chi ancora è senza casa. All'arrivo il presidente del Consiglio è stato accolto da uno striscione dei cittadini di Tempera, frazione di Paganica: 'Dove andremo a settembre? No alla deportazione'. E su un altro striscione si leggeva: 'Belle le case di Onna. E gli altri?'. Mentre il premier parlava qualche cittadino si è lamentato per essere costretto ancora a vivere nelle tende. Prima di andare via da Onna, Berlusconi ha replicato ai contestatori: ''Proteste? Solo di quei paesi in cui non siamo ancora arrivati. Ci vuole tempo, ma le promesse le manteniamo''.
Il capo dipartimento della Protezione civile, Guido Bertolaso, ha intanto assicurato che "tra sabato e domenica la tendopoli di Onna sarà chiusa e smontata". "Oggi è solo un primo piccolo passo. Le cose difficili inizieranno da domani. Entro dicembre - garantisce - tutti gli sfollati avranno un tetto sulla testa e allora la Protezione civile lascerà i poteri agli Enti locali".
In precedenza, intervenendo a 'Radio Anch'io', Bertolaso aveva ricordato che già dal mese di maggio diceva: ''Tenete duro nelle tendopoli perché già da settembre inizieremo a chiuderle e sarete trasferiti in case non definitive per quanto riguarda il possesso, ma definitive perché poi passeranno nella gestione del comune che potrà fare quello che riterrà più opportuno. Sono case decorose, permanenti dal punto di vista della sicurezza e della stabilità" e le persone vi rimarranno ''fino a che non avranno ricostruito le proprie abitazioni. E' un impegno - ha aggiunto Bertolaso - che abbiamo preso e che a cinque mesi dal sisma stiamo rispettando. Il 29 di settembre consegneremo i primi 700 appartamenti dove metteremo oltre 2500 persone".
''La consegna delle case ad Onna è sicuramente un passo importante, simbolico - ha detto da parte sua Stefania Pezzopane, presidente della provincia dell'Aquila - Ma è solo una goccia nel mare, se si considerano i numeri di questa immensa tragedia. Infatti, ''a fronte dei 200 onnesi che potranno rientrare sotto un tetto, migliaia di persone sono ancora senza una sistemazione certa''. ''Il risultato di Onna è sicuramente importante - ha concluso - ma vanno evitati toni trionfalistici o festeggiamenti inopportuni. La ricostruzione è ancora tutta da definire''.

lunedì 14 settembre 2009

Farefuturo assicura: "Fini non abbandonerà mai Berlusconi''


Roma - (Adnkronos) - Il periodico on line della Fondazione ne è certo: "Non gli farà lo sgambetto né fonderà un suo nuovo partito. Riconoscenza e lealtà non hanno nulla a che fare con i rapporti di potere". Ma soprattutto, si legge nell'articolo che porta la firma di Alessandro Campi, il presidente della Camera "non ha alcuna convenienza ad apparire come colui che colpisce alle spalle il suo antico alleato"

Roma, 14 set. - (Adnkronos) - ''Gianfranco Fini non abbandonera' mai Silvio Berlusconi: non gli fara' lo sgambetto fondando un suo nuovo partito e non dara' una mano ai nemici di quest'ultimo annidati nel Palazzo, nelle redazioni dei giornali e nelle procure''. Lo scrive Alessandro Campi su 'Ffwebmazine', in una articolo intitolato 'Fare politica, oltre il presentismo'.


Roma, 14 set. - (Adnkronos) - ''Gianfranco Fini non abbandonera' mai Silvio Berlusconi: non gli fara' lo sgambetto fondando un suo nuovo partito e non dara' una mano ai nemici di quest'ultimo annidati nel Palazzo, nelle redazioni dei giornali e nelle procure''. Lo scrive Alessandro Campi su 'Ffwebmazine', in una articolo intitolato 'Fare politica, oltre il presentismo'.
google_protectAndRun("render_ads.js::google_render_ad", google_handleError, google_render_ad);
Campi spiega le ragioni della sua affermazione: ''La prima, sentimentale e prepolitica, e' che quindici anni di collaborazione e di amicizia, di incontri che in alcune fasi sono stati persino quotidiani, non si cancellano d'un colpo, solo perche' sono nel frattempo insorte divaricazioni e attriti. Riconoscenza e lealta', si dice, non hanno nulla a che fare con i rapporti di potere, dove contano solo l'interesse e il tornaconto, ma questo e' il realismo dei cinici, che pensano di saperla lunga, di conoscere il mondo la storia e gli uomini, mentre in realta' hanno solo idee confuse e approssimative, finendo cosi' per interpretare la politica a misura delle proprie miserie''.
''La seconda, piu' concretamente e fattuale -prosegue- e' che Fini non ha alcuna convenienza ad apparire - ammesso sia mai stata questa la sua intenzione - come colui che colpisce alle spalle il suo antico alleato, per di piu' in un momento di sua oggettiva difficolta' e in una fase politicamente cosi' turbolenta e magmatica. L'elettorato non apprezzerebbe quello che a tutti gli effetti sarebbe un tradimento, un gesto estremo e imperdonabile, che in politica non ha mai portato fortuna a chi lo ha commesso. A Gubbio Fini e' stato chiaro: il Popolo della liberta' e' rimane il suo partito. Solo che lo vorrebbe diverso da come e' attualmente. Poco piu' di un organigramma, all'interno del quale poco si discute e poco si decide. Un partito che la gente non vota, dice Verdini, uno dei suoi coordinatori, perche' in realta' la gente vota solo e soltanto Silvio Berlusconi. Ma se le cose stanno cosi' perche' non chiuderlo direttamente? Che senso ha mantenere in piedi un simile apparato se si tratta solo di una copertura o di una messinscena, se cio' che conta - oggi, domani, sempre - e' solo e soltanto la volonta' di Berlusconi e la sua capacita' di aggregare consenso qualunque cosa faccia e dica?''.
''La verita' e' che tra i maggiorenti del partito, tra i fedelissimi di Berlusconi, ha preso piede nel corso del tempo un atteggiamento che si puo' solo definire nichilista e potenzialmente autodistruttivo. Il loro problema non e', forse non e' mai stato, dare continuita' storica al berlusconismo, farlo diventare una famiglia politica stabile, ma cavalcare l'onda sino a che ci sara' Berlusconi. Brunetta, per fare un esempio, quest'atteggiamento lo ha apertamente teorizzato: io sono berlusconiano, ha scritto alla lettera, perche' a me del dopo Berlusconi non me ne frega niente. Dopo Silvio, accada pure il diluvio, tanto noi non ci saremo piu' e comunque a quel punto, quanto la festa sara' finita, faremo altre cose. Nel frattempo, pero', quanto ci siamo divertiti!"
"Bene, il problema di Fini, che e' poi il problema dei moderati e della stessa politica italiana, e' esattamente il contrario: far si' che dopo Berlusconi, quando sara', non si torni al punto di partenza, non vincano i restauratori, non ci si trovi in un deserto di rovine. E perche' cio' accada, perche' questi quindici anni di storia italiana non si risolvano in una solitaria cavalcata nel deserto, avvincente quanto sterile, lo strumento del partito e' a dir poco indispensabile. Ma, appunto, un partito vero. Con un leader, certo, ma anche con una base militante, con dirigenti e quadri che trovino qualcuno a Roma disposto ad ascoltarli, con una sua autonoma base culturale, con molte anime e sensibilita' al suo interno, tutte legittime e rispettose le une delle altre, come si conviene a un partito che e' nato per essere inclusivo e plurale, per parlare a quanti piu' italiani possibile, per imporre sulla societa' italiana un'egemonia non effimera"
''E invece questo partito, almeno come appare sinora, e' silente e inconsistente. Dovrebbe essere la cinghia di trasmissione attraverso la quale stabilire un dialogo continuo e costruttivo con la societa' italiana nelle sue diverse articolazioni. Nella realta' succede il contrario. Ci si appella di continuo al popolo, che e' un'astrazione retorica, e si trascura il dialogo con il territorio, con le forze sociali, con gli apparati istituzionali. Peggio, in omaggio all'idea che sia in corso una guerra politica all'ultimo sangue, con l'idea di dover difendere a spada tratta Berlusconi dai suoi molti nemici ovunque annidati, si e' scelto di andare allo scontro frontale con tutto e tutti''.

sabato 12 settembre 2009

Mafia, Bossi: Il governo l’ha colpita, il caso escort nasce da lì


Roma, 11 set (Velino) - Nel dibattito politico - e in particolare nel Pdl - continuano a fare rumore e provocare reazioni le parole sull’opportunità di riaprire le inchieste relative alle stragi di mafia che il presidente della Camera Gianfranco Fini ha pronunciato ieri a Gubbio. Quanti ieri avevano predetto - dopo aver ascoltato Fini - che le sue valutazioni avrebbero tenuto banco sono stati facili profeti. In molti hanno letto, nell’esortazione di Fini a “non lasciare “nemmeno il minimo sospetto sulla volontà del Pdl di accertare la verità sulle stragi di mafia” anche passando per una riapertura delle indagini, una colpo basso al premier. Certo, il presidente della Camera aveva premesso di essere “convinto” - non meno della platea di Gubbio - di come Berlusconi sia vittima di un “accanimento giudiziario” da parte di “magistrati politicizzati”. Fini aveva anche espresso “certezza” rispetto al fatto che Berlusconi non abbia “nulla da temere”. Eppure, la discrasia rispetto alla durezza con cui Berlusconi si era pubblicamente riferito alle procure di Palermo e Milano, che - aveva detto - “cospirano contro chi lavora per il bene del paese”, era parsa evidente. E aveva fatto calare il gelo sulla sala che ospita la scuola di formazione del Pdl. Dove oggi sono intervenuti il Guardasigilli Angelino Alfano - che ha parlato a margine dei lavori - e il presidente del Senato Renato Schifani. Il quale ha ricordato tra l’altro che “in questo scorcio di legislatura sono state proposte dal governo e approvate dal Parlamento misure di contrasto alla criminalità organizzata di estremo rigore come l’inasprimento del carcere duro. In questo ultimo anno - ha aggiunto il presidente del Senato - il contrasto alla criminalità non ha conosciuto un momento di pausa e di ciò dobbiamo essere grati al governo e al lavoro della magistratura”. La durezza con cui il governo sta contrastando la criminalità organizzata è sottolineata anche da Alfano, il quale rileva “un certo rancore da parte della mafia verso un uomo come Silvio Berlusconi, che l’ha combattuta non con le parole ma con i fatti”. All’ostilità della mafia verso il premier si richiama anche Umberto Bossi, che la propone come chiave di lettura per il caso escort: “È stato tutto messo in piedi dalla mafia. Abbiamo fatto leggi pesantissime contro la mafia e quindi - spiega il Senatur - l’ho detto anche a Berlusconi, guarda che qui c’entra la mafia. Chi ha in mano le prostitute è la mafia, sono convinto che è la mafia che ha organizzato tutta questa cosa qui”. Da Bossi anche un accenno alle ipotesi di elezioni anticipate: “Dobbiamo fare le riforme, non le elezioni anticipate”. E comunque votare a breve significherebbe una cosa, per Bossi: “Far vincere la Lega ancora di più”. Il leader del Carroccio fa anche alcune considerazioni sull’immigrazione, tema ampiamente affrontato ieri a Gubbio da Fini: “All’interno del governo c’è chi vorrebbe aprire agli immigrati probabilmente perché fa questo ragionamento: ‘stando così le cose la Lega vince sempre e facendo arrivare gli immigrati che non voteranno mai la Lega magari cambia qualcosa’. È un ragionamento insano perché chi è forte vince sempre. Alla fine anche gli immigrati passeranno dalla parte del più forte, dalla parte di chi magari dice cose dure ma dice cose vere e giuste”. Nel rapporto con Fini, Bossi precisa: “Quando vado a Roma, lo vado a trovare. Cosa gli dico? Quando sono li sento cosa dice lui. Sull’immigrazione è stato fatto un accordo elettorale, c’è un patto e sono sicuro che lo manterrà”. E i rapporti tra il presidente della Camera e Berlusconi? “Se la vedono loro”. Ma le cose alla fine si risolvono. “C’è un patto elettorale e Fini è uno che rispetta i patti”. A proposito di immigrati, Bossi fa una battuta su Fini: “Se li porti a casa sua”. Poi aggiunge: “Io non ho attaccato Fini, certo che voler riempire il paese di immigrati non è molto tranquillizzante”. Comunque - graffio finale di Bossi a Fini - “ognuno è libero di suicidarsi come vuole”, anche proponendo di dare il voto agli immigrati - e così alienandosi le simpatie degli elettori di centrodestra. Anche nelle valutazioni consegnate a Gubbio da Denis Verdini ai cronisti ampio spazio è dato alle posizioni di Fini. Convinto - come Bossi - che la legislatura finirà nel 2013? “Per forza ci si deve arrivare, per cambiare ci vorrebbe un sovvertimento democratico”. Il coordinatore del Pdl sottolinea: “Abbiamo quattro anni per fare il nostro lavoro”. Quanto a Fini, “Fini - nota Verdini - vive una situazione di difficoltà legata al fatto che fa il presidente della Camera, che poi sia uno stimolo al partito è più che legittimo. Quando sei sempre stato un leader di partito e sei abituato a discutere, a riunirti e lo hai sempre fatto, ti manca. Ora ha un ruolo straordinario ma parla con gli altri presidenti e le delegazioni. Ha un sentimento da tifoso, riceve sollecitazioni dalle persone che sbagliando gli chiedono del partito che non c’è e dei luoghi di discussione. Lui ascolta, ma non è così. Altro che organigramma, il partito è su tutto il territorio. Non sarà la perfezione, ma ci vuole rispetto per gli uomini e le donne che lavorano”. Da Verdini anche uno sguardo al futuro: “Sarebbe una follia se Fini non si volesse giocare la partita” della leadership Pdl.
Nel dibattito politico - e in particolare nel Pdl - continuano a fare rumore e provocare reazioni le parole sull’opportunità di riaprire le inchieste relative alle stragi di mafia che il presidente della Camera Gianfranco Fini ha pronunciato ieri a Gubbio. Quanti ieri avevano predetto - dopo aver ascoltato Fini - che le sue valutazioni avrebbero tenuto banco sono stati facili profeti. In molti hanno letto, nell’esortazione di Fini a “non lasciare “nemmeno il minimo sospetto sulla volontà del Pdl di accertare la verità sulle stragi di mafia” anche passando per una riapertura delle indagini, una colpo basso al premier. Certo, il presidente della Camera aveva premesso di essere “convinto” - non meno della platea di Gubbio - di come Berlusconi sia vittima di un “accanimento giudiziario” da parte di “magistrati politicizzati”. Fini aveva anche espresso “certezza” rispetto al fatto che Berlusconi non abbia “nulla da temere”. Eppure, la discrasia rispetto alla durezza con cui Berlusconi si era pubblicamente riferito alle procure di Palermo e Milano, che - aveva detto - “cospirano contro chi lavora per il bene del paese”, era parsa evidente. E aveva fatto calare il gelo sulla sala che ospita la scuola di formazione del Pdl. Dove oggi sono intervenuti il Guardasigilli Angelino Alfano - che ha parlato a margine dei lavori - e il presidente del Senato Renato Schifani. Il quale ha ricordato tra l’altro che “in questo scorcio di legislatura sono state proposte dal governo e approvate dal Parlamento misure di contrasto alla criminalità organizzata di estremo rigore come l’inasprimento del carcere duro. In questo ultimo anno - ha aggiunto il presidente del Senato - il contrasto alla criminalità non ha conosciuto momento di pausa e di ciò dobbiamo essere grati al governo e al lavoro della magistratura”. La durezza con cui il governo sta contrastando la criminalità organizzata è sottolineata anche da Alfano, il quale “un certo rancore da parte della mafia verso un uomo come Silvio Berlusconi, che l’ha combattuta non con le parole ma con i fatti”. All’ostilità della mafia verso il premier si richiama anche Umberto Bossi, che la propone come chiave di lettura per il caso escort: “È stato tutto messo in piedi dalla mafia. Abbiamo fatto leggi pesantissime contro la mafia e quindi - spiega il Senatur - l’ho detto anche a Berlusconi, guarda che qui c’entra la mafia. Chi ha in mano le prostitute è la mafia, sono convinto che è la mafia che ha organizzato tutta questa cosa qui”. Da Bossi anche un accenno alle ipotesi di elezioni anticipate: “Dobbiamo fare le riforme, non le elezioni anticipate”. E comunque votare a breve significherebbe una cosa, per Bossi: “Far vincere la Lega ancora di più”. Il leader del Carroccio fa anche alcune considerazioni sull’immigrazione, tema ampiamente affrontato ieri a Gubbio da Fini: “All’interno del governo c’è chi vorrebbe aprire agli immigrati probabilmente perché fa questo ragionamento: ‘stando così le cose la Lega vince sempre e facendo arrivare gli immigrati che non voteranno mai la Lega magari cambia qualcosa’. È un ragionamento insano perché chi è forte vince sempre. Alla fine anche gli immigrati passeranno dalla parte del più forte, dalla parte di chi magari dice cose dure ma dice cose vere e giuste”. Nel rapporto con Fini, Bossi precisa: “Quando vado a Roma, lo vado a trovare. Cosa gli dico? Quando sono li sento cosa dice lui. Sull’immigrazione è stato fatto un accordo elettorale, c’è un patto e sono sicuro che lo manterrà”. E i rapporti tra il presidente della Camera e Berlusconi? “Se la vedono loro”. Ma le cose alla fine si risolvono. “C’è un patto elettorale e Fini è uno che rispetta i patti”. A proposito di immigrati, Bossi fa una battuta su Fini: “Se li porti a casa sua”. Poi aggiunge: “Io non ho attaccato Fini, certo che voler riempire il paese di immigrati non è molto tranquillizzante”. Comunque - graffio finale di Bossi a Fini - “ognuno è libero di suicidarsi come vuole”, anche proponendo di dare il voto agli immigrati - e così alienandosi le simpatie degli elettori di centrodestra. Anche nelle valutazioni consegnate a Gubbio da Denis Verdini ai cronisti ampio spazio è dato alle posizioni di Fini. Convinto - come Bossi - che la legislatura finirà nel 2013? “Per forza ci si deve arrivare, per cambiare ci vorrebbe un sovvertimento democratico”. Il coordinatore del Pdl sottolinea: “Abbiamo quattro anni per fare il nostro lavoro”. Quanto a Fini, “Fini - nota Verdini - vive una situazione di difficoltà legata al fatto che fa il presidente della Camera, che poi sia uno stimolo al partito è più che legittimo. Quando sei sempre stato un leader di partito e sei abituato a discutere, a riunirti e lo hai sempre fatto, ti manca. Ora ha un ruolo straordinario ma parla con gli altri presidenti e le delegazioni. Ha un sentimento da tifoso, riceve sollecitazioni dalle persone che sbagliando gli chiedono del partito che non c’è e dei luoghi di discussione. Lui ascolta, ma non è così. Altro che organigramma, il partito è su tutto il territorio. Non sarà la perfezione, ma ci vuole rispetto per gli uomini e le donne che lavorano”. Da Verdini anche uno sguardo al futuro: “Sarebbe una follia se Fini non si volesse giocare la partita” della leadership Pdl.

Disoccupazione: al Nord più bassa che in più ricche regioni Ue


Roma, 12 set (Velino) - In Italia, nel primo trimestre di quest’anno, la percentuale dei disoccupati ha toccato il 7,9 per cento con un aumento, rispetto al terzo trimestre del 2008, del +1,8 per cento. In termini assoluti i senza lavoro sono 1.982.000. Probabilmente a fine anno, secondo le previsioni della CGIA di Mestre, in Italia si raggiungerà un tasso di disoccupazione medio dell’8,8 per cento che corrisponderà ad oltre 2 milioni e 200 mila persone senza un lavoro. Ma nel resto d’Europa le cose non vanno meglio. Anzi. Sempre al 31 marzo del 2009 in Spagna il tasso di disoccupazione era pari al 17,4 per cento (+ 6 per cento rispetto a settembre 2008), in Francia all’8,7 per cento (+ 1,3 per cento sul 3° trim. 2008) e in Germania all’8,5 per cento (+0,9 per cento su settembre 2008). Solo il Regno Unito registrava un tasso di disoccupazione inferiore al nostro pari al 7,1 per cento (+1,3 per cento su settembre 2008). Chiaramente le percentuali sono valori medi nazionali che presentano delle differenze territoriali molto evidenti, soprattutto in Italia. “Per questo – dichiara Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA di Mestre – abbiamo cercato di capire qual è la percentuale dei senza lavoro nelle aree più industrializzate del nostro Paese confrontandola con i livelli di disoccupazione registrati nelle regioni più ricche d’Europa”.
Ebbene, nel marzo di quest’anno, il tasso di disoccupazione del Piemonte ha toccato il 7 per cento, quello della Lombardia il 5 per cento, nel Veneto il 4,7 per cento e in Emilia Romagna il 4,1 per cento. Sempre nello stesso periodo nelle tre regioni più ricche della Germania la disoccupazione ha raggiunto l’8,9 per cento nella Nordrhein-Westfalen, il 5,1 per cento in Baviera e il 4,8 per cento nel Baden-Wurttemberg. In Francia, invece, nella Provenza-Alpes- Costa Azzurra la disoccupazione è salita al 10,3 per cento nella Rhone-Alpes all’8,1 per cento e nell’Ile-de-France al 7,4 per cento. Nel Regno Unito la regione londinese ha segnato l’ 8,2 per cento, il South-West il 7,9 per cento e il South- East il 5,3 per cento. Sconcertante la situazione dei senza lavoro in Spagna. La Catalogna presenta una disoccupazione del 16,2 per cento, la Comunidad de Madrid del 13,5 per cento e l’Andalusia addirittura del 24 per cento.
“Da questo confronto emerge in maniera molto chiara – prosegue Bortolussi - che nonostante un progressivo aumento dei disoccupati anche nelle regioni settentrionali, non siamo un Paese alla deriva, visto che quasi tutti i nostri principali partners economici stanno peggio. Certo, per quegli italiani che hanno perso il lavoro in questi ultimi mesi è poco consolante sapere che nei territori più ricchi d’Europa c’è chi sta peggio. Ma è altresì vero che in questa fase così delicata bisognerebbe affrontare questo tema con un approccio meno emotivo e basarsi, invece, su una attenta analisi delle statistiche ufficiali”. Ciò non toglie che la preoccupazione per la perdita di posti di lavoro rimane un dramma che va combattuto attraverso il rilancio dell’economia del Paese. “Per questo – conclude Bortolussi – c’è la necessità di aiutare concretamente il mondo delle piccole e micro imprese che in questi ultimi decenni ha dimostrato di essere la vera spina dorsale dell’economia nazionale”.


Schifani lo gela sulla mafia E Gianfranco corre da Casini

nostro inviato a Gubbio (Perugia)Non c’è aria di tregua, figuriamoci di pace. C’è paura, semmai, che la rottura, quella vera, tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini, sia dietro l’angolo. E non aiuta di certo il «blitz» centrista messo a punto in extremis dal presidente della Camera, che dice «sì» all’invito dell’Udc - si giustificherà magari con il suo ruolo istituzionale - e si presenta oggi ai suoi Stati generali. Lui, dunque, di nuovo insieme a Pier Ferdinando Casini, l’ex alleato di cui aveva perso le tracce negli ultimi due anni. E in compagnia di Francesco Rutelli, tanto per gradire. Tutti insieme a Chianciano. Prove di grande centro? L’interrogativo, vecchio come il cucco, ma pur sempre attuale, rispunta. Per buona pace di pontieri e ambasciatori (Gianni Letta e Ignazio La Russa in prima fila), chiamati nelle ultime ore agli straordinari, che al momento strappano solo la promessa di un faccia a faccia con il Cavaliere, la prossima settimana: non fa testo l’incontro istituzionale di stasera a Villa Madama. Sarà tosta. Lo strappo c’è stato, c’è e si fa poco per nasconderlo. D’altronde, l’affondo di giovedì scorso, dal palco umbro della Scuola di formazione politica del Pdl, pure a freddo fa risalire la bile a (quasi) tutti. Per capirci, non è certo la critica sul dibattito interno che latita a gettare nello sconforto (ex) azzurri e aennini. Né l’auspicio che il partito non si trasformi in una caserma, dando prova invece di movimentismo. Tutto già sentito. Oltre al fastidio per quel riferimento alle non frequentazioni di «grembiuli e compassi», che è sembrato un messaggio in bottiglia, la parola della discordia è infatti questa: mafia. Tradotto: nessuno sospetti che non vogliamo l’accertamento della verità sulla stragi. Quindi, se ci sono elementi nuovi, si riaprano le indagini, convinti che Berlusconi non abbia nulla da temere. È il finimondo, qui a Gubbio, ma non solo. Da ventiquattr’ore, senza soste. «Roba da matti, ha fatto passare Silvio per il capo della mafia», si lamenta chi sta in quota Forza Italia. «Siamo allo sbando, chissà che gli passa per la testa. Si lamenta di Berlusconi, ma dimentica che quando eravamo in An scoprivamo la linea del partito dai giornali», replica un fedelissimo deluso. Non basta quindi Denis Verdini per smussare gli angoli. «Ha fatto un chiarimento», parziale, attraverso La Russa, ma «quando abbiamo ascoltato le parole di Fini abbiamo pensato che non era il caso e siamo saltati sulle sedie, anche quelli di An». «Tutti vogliono la verità - aggiunge il coordinatore Pdl - ma c’è un gioco politico non sulla verità, quanto sul suo utilizzo». Il quadro s’ingarbuglia ulteriormente, con le prese di posizione di Angelino Alfano e Renato Schifani. Il primo - nel giorno in cui Marcello Dell’Utri, «d’accordissimo» con Fini, riconosce il «fallimento» della magistratura, auspicando l’apertura di una commissione d’inchiesta - afferma: «Come Paese abbiamo già consolidati risultati, derivanti dalle indagini svolte da volenterosi magistrati. E se vi saranno elementi per riaprire i processi sulle stragi, i giudici lo faranno con zelo e coscienza, convinti che nessuno abbia intenzione di inseguire disegni politici, ma solo un disegno di verità». Un intervento non contraddittorio con quello che dirà di lì a poco il presidente del Senato, ma in linea con il suo ruolo di Guardasigilli, che viene subito fatto suo da Fini - a cui il ministro della Giustizia, che incontra in serata il premier a Palazzo Grazioli, riconosce di aver denunciato l’antico accanimento giudiziario contro il Cavaliere - per far notare la differenza di trattamento subìto, più che per testimoniare una retromarcia. «La inequivocabile dichiarazione del Guardasigilli - scrive Fini -, che condivido al cento per cento, e che indica chiaramente l’auspicio del governo, spazza via le strumentali interpretazioni e le false dietrologie circa quanto ho affermato ieri sulla necessità di giungere alla completa verità sulle stragi mafiose degli anni ’90».

A dire la sua, tocca dunque pure alla seconda carica dello Stato, con una visione diversa dal collega presidente: «Nutro il massimo rispetto per la magistratura, ma mi piace di più quando si occupa, a volte addirittura pagandone il prezzo in prima persona, del contrasto diretto e senza quartiere alla mafia per distruggerne l’organizzazione territoriale, sradicandone le sue radici velenose e profonde». «Mi piace meno, invece - rimarca Schifani - quando alcuni singoli magistrati, seguendo percorsi contorti e nebulosi ed avvalendosi di dichiarazioni di collaboratori di giustizia che parlano per sentito dire, tendono a riproporre teoremi politici attraverso l’evocazione di fantasmi di un passato lontano, che avrebbe visto congiure contro il regolare assetto delle istituzioni». In attesa di ascoltare nel primo pomeriggio la replica di Berlusconi, dalla platea di Gubbio, con un probabile collegamento telefonico, anche la Lega iscrive Roberto Cota nell’elenco dei pontieri, delegato dal Senatùr (nonostante la boutade sul «suicidio» politico) ai rapporti con il presidente di Montecitorio, sentito al telefono mercoledì scorso. Fini, Bossi e Cota pranzeranno insieme alla Camera all’inizio della settimana prossima.

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=381772&START=0&2col=

giovedì 10 settembre 2009

Berlusconi: "Nessun giro di prostituzione''. Procura Bari: non c'è alcun reato


Roma, 10 set. (Adnkronos/Ign) - "Confermo che nella mia vita non ho mai, neppure una volta dovuto dare dei soldi a qualcuno per una prestazione sessuale e vi spiego anche perche'. Perche' per chi ama conquistare la gioia e la soddisfazione piu' bella e' proprio la conquista. Se paghi, mi domando, che gioia ci potrebbe essere...". Silvio Berlusconi parla alla conferenza stampa congiunta con Jose' Luis Zapatero al vertice italo-spagnolo alla Maddalena. Il premier coglie l'occasione per parlare, bacchettare la stampa e respingere al mittente "le calunnie e le menzogne" che vengono scritte sulla sua vita privata. E ribadisce: "Non esiste alcun giro di prostituzione". Il Cavaliere parla dell'inchiesta della magistratura di Bari e si difende: "Una persona di Bari, Tarantino o Tarantini, e' venuta ad alcune cene facendosi accompagnare da belle donne. Ragazze che questo signore portava come sue amiche, come sue conoscenti".
La Procura di Bari, intanto, esclude qualsiasi responsabilità penale per il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi nell'ambito dell'inchiesta sulle escort che Giampaolo Tarantini ha portato durante le serate organizzate a Palazzo Grazioli, residenza del premier: "E' assolutamente fuori da qualsiasi responsabilità penale", ha detto Antonio Laudati, nuovo procuratore della Repubblica di Bari che spiega: "Da quello che viene pubblicato sui giornali è di tutta evidenza".
Dal canto suo, il legale del Cavaliere, Niccolò Ghedini, è soddisfatto: “Le dichiarazioni del procuratore della Repubblica di Bari – dice il deputato del Pdl - dimostrano ciò che il presidente Berlusconi ha avuto modo di evidenziare più volte, ovvero la sua totale estraneità alle inchieste in corso”. “Le reiterate pubblicazioni di materiale di indagine - aggiunge Ghedini - fra l'altro in violazione del segreto e con evidente commissione di reati, assumono chiare connotazioni di straordinaria gravità essendo correlate soltanto non già a vicende penalmente rilevanti ma a fantasiose ricostruzioni di fatti privati, non solo senza che vi sia stato alcun accertamento, ma radicalmente smentite dagli ipotizzati protagonisti”.
Intanto, Massimo D'Alema in una lettera al Corriere della sera, ha spiegato di non "conoscore Giampaolo Tarantini. Pur essendo da oltre 20 anni parlamentare della Puglia e avendo certamente molte conoscenze comuni con l'imprenditore di Bari non ho mai avuto occasione di incontrarlo, di frequentarlo, di ricevere da lui richieste o di chiedergli qualcosa".
"Non mi occupo di appalti della sanita' pugliese ne' di altri rami di attivita' in cui opera in modo industrioso il poliedrico imprenditore", scrive D'Alema spiegando tra l'altro: "Nelle elezioni politiche non esiste piu' il voto di preferenza ed io non ho promosso ne' concordato ne' richiesto alcuna iniziativa 'per D'Alema' che non avrebbe avuto alcun senso. Ho partecipato a centinaia di incontri, compresi pranzi e cene, per il Partito democratico". Alla cena chiamata in causa da Tarantini negli interrogatori "arrivai tardi, feci un breve saluto, e me ne andai. Mi rivolsi a un pubblico di professionisti e operatori della medicina", "non avevo alcuna idea di chi aveva organizzato, promosso e pagato".
D'Alema continua: "L'impressione e' che questo episodio di cui abbiamo letto ormai infinite cronache su tutti i giornali venga enfatizzato solo allo scopo di accostare il mio nome a vicende rispetto alle quali sono del tutto estraneo". Dicendosi "umanamente dispiaciuto" per Sandro Frisullo, il presidente di 'Italianieuropei' aggiunge: "Tuttavia egli ha sbagliato", ma "ha riconosciuto i suoi errori" e ha lasciato il governo regionale."Non si capisce perche' questo principio di responsabilita' che vale per l'assessore Frisullo non debba a maggior ragione valere per il presidente del Consiglio". D'Alema sottolinea: "Non c'e' nessun sistema di potere che il partito democratico o io vogliamo proteggere, ne' alcuno scheletro nell'armadio che vogliamo nascondere. Siamo interessati alla chiarezza e alla verita' perche' questa e' la condizione per fare effettivamente pulizia e anche per diradare i polveroni e restituire autorevolezza alla politica''.

mercoledì 9 settembre 2009

Lodo Alfano, l'attesa per una sentenza serena della Consulta

Roma, 9 set (Velino) - L’udienza pubblica che il plenum della Corte costituzionale terrà il 6 ottobre prossimo sul “lodo Afano” (la decisione, comunque, non dovrebbe esserci prima dell’8) sembra essere diventata la madre di tutte le “scadenze” attesa dalle opposizioni per regolare i conti, se favorevole, con Silvio Berlusconi. Ma in realtà la decisione della Consulta influirà ben poco anche se non dovesse essere positiva per la maggioranza che appoggia il governo. Il premier, infatti, può temere ben poco perché il processo a suo carico per la presunta corruzione dell’avvocato inglese David Mills, dovrà ricominciare da capo, con altro giudice e, quantomeno per prescrizione, tutto finirà senza una sentenza negativa per lui. Quanto alle indagini sulle stragi mafiose del ‘92 che i magistrati di Caltanissetta hanno riaperto e che di riflesso interesseranno quelle successive di Firenze e di Milano, bisognerà attendere ancora qualche mese, ma la sopravvivenza o meno del “lodo” inciderebbe, almeno politicamente, davvero poco.
Comunque, mai come questa volta, i giudici della Consulta sono attesi al “varco” e mai su di loro era stato esercitato un pressing tanto feroce da alcuni settori dell’opposizione. Se si dovesse dar credito alla provenienza ed alla fonte di designazione dei giudici costituzionali e stabilire che la valutazione che essi faranno del “lodo” sarà squisitamente politico, non ci sarebbe storia. L’immunità dei vertici delle istituzioni votata dalla maggioranza di centrodestra sarebbe bocciata. La sinistra, infatti, sulla carta è da 15 anni maggioranza nel plenum, da quando, cioè Oscar Luigi Scalfaro nominò ben 5 giudici tutti di sinistra. La situazione si è leggermente riequilibrata negli ultimi anni, ma il vantaggio è della “sinistra”. A questo fronte possono essere indicati il presidente Francesco Amirante ed il suo vice Ugo De Siervo. Vengono poi l’ex ministro Franco Gallo, Gaetano Silvestri eletto dal Parlamento in quota Ulivo nel 2005, Sabino Cassese, Maria Rita Saulle e Giorgio Tesauro nominati dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Con la destra, sulla carta, sarebbero schierati invece, Paolo Maddalena, Alfio Finocchiaro, Luigi Mazzella, Paolo Maria Napolitano, Giuseppe Frigo e Alessandro Criscuolo. Fuori dagli schieramenti ufficiali Alfonso Quaranta, eletto dal Consiglio di Stato, e il cattolico Paolo Grossi, nominato da Napolitano. Proprio questi ultimi due giudici potrebbero fare la differenza, ma la bontà o meno costituzionale del “lodo” potrebbe non limitarsi ad una scelta in funzione esclusivamente politico-partitica. Certo gli attacchi di Antonio Di Pietro contro Mazzella, accusato di essere andato a cena con il Cavaliere (seppure in presenza di decine di altri commensali), qualche effetto lo hanno provocato, non per nulla in tanti hanno parlato di “intimidazione”, ma il giudizio della Corte potrebbe essere più libero ed indipendente di quel che non si creda e questo grazie anche ai precedenti. C’è infatti una sentenza con la quale la Consulta traccia la strada. È quella con la quale dichiarò illegittima la legge n. 140 del 2003 (nota come “lodo Maccanico”, espressione adoperata addirittura dalla stessa Corte nel comunicato stampa con il quale annunciava la decisione presa).
Il giudizio dei giudici della Consulta fu molto stringato, ma per niente contrario alla questione di fondo affrontata dal “lodo”. La Corte infatti censurò la norma oggetto del giudizio di costituzionalità, senza sconfessare del tutto la ratio della norma stessa, come hanno riconosciuto buona parte dei costituzionalisti italiani, sostenendo: “Ciò non significa che quello delle sospensioni (dei processi, ndr) sia un sistema chiuso e che il legislatore non possa stabilire altre sospensioni finalizzate alla soddisfazione di esigenze extraprocessuali, ma implica la necessità di identificare i presupposti di tali sospensioni e le finalità perseguite, eterogenee rispetto a quelle proprie del processo”. Non solo: il giudice redattore della sentenza, Amirante (lo stesso che adesso presiede la Corte costituzionale), affermò pure che quello della tutela delle cinque più alte cariche dello Stato, al fine del sereno svolgimento delle rilevanti funzioni che ineriscono a quelle cariche è “un interesse apprezzabile che può essere tutelato in armonia con i principi fondamentali dello Stato di diritto, rispetto al cui migliore assetto la protezione è strumentale”. Non, quindi, una violazione dei principi del costituzionalismo (ovvero dello Stato di diritto, come scriveva la Corte), perché la prerogativa di tutela delle alte cariche istituzionali può convivere “in armonia” con quei principi.
Ne discende, come insigni costituzionalisti hanno evidenziato, che “la ripresentazione di una nuova legge, che tenesse conto delle argomentazioni della Corte costituzionale, è perfettamente lecita e legittima”. Tesi condivisa dal professore Cassese che prima di diventare giudice costituzionale scrisse sul Corriere Della Sera del 25 gennaio 2004: “Si può pensare che una durata ragionevole della sospensione ‘dei processi’ possa risolvere anche questo problema ‘di incostituzionalità’. Insomma, la strada imboccata dal Parlamento non è sbarrata”. Proprio per questo il presidente della Repubblica dell’epoca, Carlo Azeglio Ciampi, non ebbe molte difficoltà a firmare la legge votata dal Parlamento,” Il ‘lodo’ non è un problema”, sostenne, confortato da Loris D’Ambrosio, suo consigliere giuridico (confermato nel suo incarico da Giorgio Napolitano) che aggiunse: “La legge non è manifestamente incostituzionale”.

http://www.ilvelino.it/articolo.php?Id=938774#news_id_938774

Con Gianfranco un manipolo di irriducibili

La solitudine dei numeri Fini è un po’ la condanna del nuovo Gianfranco. Uno che ha dominato la destra italiana per un ventennio con maggioranze bulgare. Plebiscitarie. E che adesso - l’esempio sono le ultime polemiche su immigrazione e Avvenire - si adatta a fare la minoranza interna, un po’ abbandonato anche dai suoi. Volontà sua. Non gliel’ha detto il medico. È che adesso il presidente della Camera, libero da responsabilità di partito, parla a rotella. Immagina la destra del futuro, anticipa temi, introduce dibattiti. In due parole: fa politica. Il problema? Che il suo approccio futurista a volte imbarazza i soci del PdL. Capita che - su temi come immigrazione, vita, famiglia, etica - elettori e dirigenti non siano sulla stessa lunghezza d’onda di Gianfranco. E non tutti gli ex An riescono a sintonizzarsi sulle nuove frequenze di Radio Fini.
«Non farò una corrente», giurava il presidente della Camera al congresso del PdL. Perché allora, era il ragionamento, tanto valeva tenersi An. Oggi? Una parte di via della Scrofa non sta più con lui. Lecito: fusione con Forza Italia significa che i due partiti devono mischiarsi. Vale un po’ il principio della porta girevole: alcuni vanno, altri vengono. Il fatto è che finora l’andazzo è stato abbastanza univoco. Verso Silvio Berlusconi. Prendiamo il caso di Altero Matteoli. Il ministro delle Infrastrutture, uno dei più apprezzati dal premier, è stato presentato in alcune cronache politiche come «ex fedelissimo» di Fini. E ha dovuto precisare con un filo di imbarazzo: «Non capisco da dove sia uscito quell’ex».
Stesso discorso per altri colonnelli di An. Lunedì hanno testimoniato solidarietà alla terza carica dello Stato attaccata da Il Giornale. Sì, ma non prima che il Cavaliere avesse preso le distanze dal quotidiano. Casualità. Forse. E pure quelli che si dichiarano solidali con lui, non è che poi condividano tutte le sue posizioni. Ancora ancora sulla laicità. Ma sull’immigrazione no, neanche i finiani fino al midollo hanno voglia di seguirlo sulla cittadinanza veloce o sul voto agli stranieri. «Ma Gianfranco con quella uscita ha raggiunto un doppio risultato», ragiona il deputato PdL Marcello De Angelis, «rompere l’accerchiamento e riaprire un canale con il Vaticano. Giordano Bruno passa dal rogo al dialogo».
Il dilemma allora è: organizzare o no la minoranza dentro il PdL? «Adesso è il momento dell’elaborazione politica», risponde un finiano doc, «gli eserciti si organizzano quando c’è una battaglia da vincere». Tradotto: senza un congresso in vista e senza una leadership da contendere, che senso ha fare una corrente? Vero. Chi oggi si iscrive all’area dei finiani, e non sono tanti, lo fa come attestato di stima unilaterale, non è aperto un tesseramento. Ancora la fonte vicina al presidente della Camera: «Ma se decidesse un’iniziativa forte, l’80 per cento dei deputati del PdL eletti in quota An starebbe con lui».
In attesa della chiamata alle armi, oggigiorno si fa presto a passare in rassegna le truppe dell’ex capo della destra. Con lui un tot di deputati, a partire dal vice capogruppo a Montecitorio Italo Bocchino. Proseguendo con Benedetto Della Vedova, Giulia Bongiorno, Alessandro Ruben, Silvano Moffa, Flavia Perina, Enzo Raisi, Donato Lamorte, Paola Frassinetti, lo stesso De Angelis. Al governo Fini può contare sul ministro Andrea Ronchi, sul viceministro Adolfo Urso e sul sottosegretario Roberto Menia. Ci sono poi la corrente dei finiani siciliani (Carmelo Briguglio, Fabio Granata, Pippo Scalia, Nino Lo Presti) e il movimento di deputati meridionali Polo Sud, guidato da Amedeo Laboccetta. In tutto? Più di una ventina. E basterebbero per costituire un gruppo parlamentare autonomo alla Camera.

http://www.libero-news.it/articles/view/570536