venerdì 28 agosto 2009

Scuola, nuove regole per diventare insegnanti


Roma - Un anno di tirocinio per legare teoria a pratica; assunzioni solo in base alla necessità per evitare il precariato; più inglese e competenze tecnologiche: queste alcune delle novità contenute nel nuovo regolamento che presenterà oggi il ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini per chi vuole accedere all’insegnamento. Con le novità introdotte, riferisce il ministro, "si passa dal semplice sapere al sapere insegnare". E aggiunge: "Con il nuovo tirocinio ci si forma anche sul campo".
Le nuove regole Il ministro Gelmini ha presentato oggi le novità per chi vuole accedere all’insegnamento che si sviluppano, in particolare, su quattro grandi linee: il tirocinio da svolgere direttamente a contatto con le scuole e col "mestiere" di insegnante, "perché insegnare non può essere solo teoria ma anche pratica" si legge in una nota. Il numero di nuovi docenti sarà poi deciso in base al fabbisogno. L’obiettivo è quello di porre così fine all’accesso illimitato alla professione che creava il precariato. In questo modo sarà consentito ai giovani l’inserimento immediato in ruolo.
Inglese e tecnologie Sarà infine dato più spazio all’inglese e alle nuove tecnologie. Il regolamento è il frutto del lavoro della commissione presieduta dal professor Giorgio Israel, a cui è seguita una azione di primo confronto col mondo della scuola e delle associazioni per l’integrazione scolastica. L’obiettivo dei nuovi percorsi è quello di garantire una più equilibrata preparazione disciplinare, didattica e pedagogica nel corso delle lauree magistrali e lo svolgimento di un anno di percorso, il Tirocinio formativo attivo, direttamente a contatto con le scuole.
Richiesta la laurea quinquennale Con il nuovo sistema per insegnare nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria sarà necessaria la laurea quinquennale, a numero programmato con prova di accesso che consentirà di conseguire l’abilitazione per la scuola primaria e dell’infanzia. Sono rafforzate le competenze disciplinari e pedagogiche ed è previsto un apposito percorso in laboratorio per la lingua inglese e le nuove tecnologie. Per gli alunni con disabilità, in tutti i percorsi è previsto che ci siano insegnamenti in grado di consentire al docente di avere una preparazione di base sui bisogni speciali. Per insegnare nella scuola secondaria di primo e secondo grado sarà necessaria la laurea magistrale più un anno di Tirocinio formativo attivo. È prevista una prova di ingresso alla laurea magistrale a numero programmato basato sulle necessità del sistema nazionale di istruzione, composto da scuole pubbliche e paritarie. L’anno di tirocinio formativo attivo contempla 475 ore di presenza a scuola sotto la guida di un insegnante tutor.
Il nodo Siss Rispetto al percorso Scuola di specializzazione per l’insegnamento secondario (Ssis), il ministero ritiene di prendere il meglio di quella esperienza, evitando la ripetizione degli insegnamenti disciplinari, approfonditi già nella laurea e nella laurea magistrale, per concentrarsi sul tirocinio, sui laboratori e le didattiche. Con il vecchio sistema per insegnare nella scuola dell’infanzia e in quella primaria bastava la laurea quadriennale a ciclo unico con test d’accesso al primo anno e scelta, dopo un biennio comune, dell’abilitazione in primaria o in scuola dell’infanzia. Per insegnare nella scuola secondaria di primo e secondo grado era necessaria la laurea magistrale e due anni di Ssis. Chiudono le Siss per le secondarie di primo e secondo grado e al loro posto si dà vita al Tirocinio formativo attivo della durata di un anno. Il numero dei tirocini sarà deciso in base al fabbisogno di insegnanti.

Sistema nazionale d'istruzione Nel regolamento è stato dato riconoscimento al sistema nazionale dell’istruzione (formato dalle istituzioni scolastiche statali e paritarie), tanto nel coinvolgimento nei tirocini quanto nel calcolo dei fabbisogni di personale docente, e si inizia a prevedere la possibilità di svolgere tirocini anche nelle strutture di istruzione e formazione professionale dove c’è la sperimentazione dell’obbligo formativo. Gli Uffici scolastici regionali organizzeranno e aggiorneranno gli albi delle istituzioni scolastiche accreditate e avranno funzione di controllo. Il consiglio di corso di tirocinio, che prevede la presenza di scuola e università, ha compiti di coordinamento e di progettazione e rappresenta il terreno di incontro e di raccordo tra le due realtà.
Le commissioni di abilitazione Le commissioni di abilitazione prevedono un equilibrio tra scuola e università e un peso determinante del tirocinio e della prova didattica sul voto di abilitazione. I dottori di ricerca e i "precari della ricerca", se in possesso dei requisiti curriculari, entrano in soprannumero, dopo un esame orale, nell`anno di tirocinio, vedendo valorizzato il loro percorso. L’anno di tirocinio prevede forme di interazione e coprogettazione del percorso tra istituzioni scolastiche e atenei ed è stato previsto uno specifico spazio di laboratori destinati ad approfondire quanto viene fatto in classe. È previsto che la formazione dei docenti per il sostegno sia posta in capo alle università, pur prevedendo la possibilità di specifici accordi con gli enti del settore. Sono previsti percorsi di specializzazione per il Clil (insegnamento nella scuola secondaria di secondo grado di una materia non linguistica in inglese). Il sistema Afam concorre a pieno titolo alla formazione iniziale dei docenti nelle classi di abilitazione di propria competenza. In particolare, è stata rivista la classe di abilitazione per lo strumento musicale. Sino all'entrata a regime delle nuove lauree magistrali, la programmazione del numero di abilitati e il test è previsto, per la secondaria di primo e secondo grado, prima di accedere all’anno di Tirocinio formativo attivo. Per quanto riguarda i precari non abilitati e gli ex diplomati negli istituti magistrali sono stati previsti percorsi che, dietro il superamento di prove d’accesso in grado di verificare la preparazione disciplinare, consentano di conseguire l’abilitazione.
Le lauree magistrali Con successivo decreto si stabiliranno le lauree magistrali relative al secondo ciclo dell’istruzione, per seguire il percorso di cambiamento del secondo ciclo e delle classi di abilitazione. "Oggi iniziamo a progettare un nuovo tassello per il cambiamento del nostro sistema scolastico - scrive il ministro Mariastella Gelmini - un tassello fondamentale, perché riguarda la formazione iniziale dei futuri insegnanti. Prevediamo una selezione severa, doverosa per chi avrà in mano il futuro dell’Italia e sostituiamo alle vecchie Ssis un percorso più snello, di un anno, coprogettato da scuole e università, concentrato nel passaggio dal semplice sapere al saper insegnare".

giovedì 27 agosto 2009

Meeting, se Draghi promuove il Governo e invita al coraggio


Rimini, 27 ago (Velino) - Ma allora, questo governo “tanto incompetente” perché non ha fatto andare in malora l’Italia ? Questo governo con un premier così “carico di peccati”, perché sta facendo uscire il Paese dalla crisi? Il Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, parla in una sera riminese appiccicosa davanti al pubblico del Meeting di Comunione e Liberazione. È la prima volta di un Governatore alla kermesse riminese ed è forse una delle rare volte che la massima autorità finanziaria del Paese si misura con un pubblico popolare, informato, magari anche competente, ma non certo abituato ad ascoltare i meccanismi sofisticati della nuova finanza globale. Vicino al Governatore c’è il probabile futuro leader del partito d’opposizione, Pierluigi Bersani. C’è il vicepresidente della Camera, Maurizio Lupi e il presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, Giorgio Vittadini, l’allievo di don Luigi Giussani. Desta impressione che il Governatore, cresciuto negli ambienti accademici ma anche di scuola Goldman Sachs parli a braccio e dica, senza perifrasi: “La sensazione prevalente è che il peggio sia passato”. Draghi non è un improvvisatore ed è troppo esperto di cose economiche e quindi aggiunge: “Per ravviare la ripresa è necessario muoversi nella prospettiva di una ricostruzione economica del Paese”.
Ma nel discorso di Draghi ci sono altri passaggi importanti che descrivono questo anno orribile, quando si temeva che si fosse sull’orlo del baratro, quando si paventava il collasso dell’intero sistema finanziario mondiale. La grande crisi nata dai subprime pareva meno grave di quella del 1929, ma i suoi effetti potevano essere più devastanti. Invece c’è stata (riconoscimento di Draghi) l’azione abbastanza coordinata dei governi, compreso quello italiano, che hanno ugualmente assicurato, anche nei momenti più bui, la liquidità del credito necessario, la solidità delle banche soprattutto in Italia. In breve, la necessaria tenuta dell’economia in un momento di grande depressione. È evidente che una “rondine non fa primavera”, che il ritorno alla crescita sarà difficile, che sono necessarie riforme e ammortizzatori sociali adatti ad affrontare la parte finale della crisi. Ma la tenuta c’è stata, il Paese non è crollato per terra e alla fine cammina ancora e può ricominciare a correre. Non è una visione di banale ottimismo, ma di realismo in considerazione delle prove fatte e di quello che si è saputo affrontare.
Potrebbe sembrare strano che il maggior quotidiano di opposizione al governo, oggi riservi un titolo a tre colonne di taglio medio su quello che ha detto il Governatore e, dopo aver riconosciuto che la crisi sta finendo, si riservi di mettere in allarme la situazione di molte imprese. In realtà strano non è. Perché se si leggono le raccolte dei quotidiani di opposizione in quest’anno, ci si trova di fronte a una filastrocca ripetitiva di “catastrofismi annunciati” e di “incompetenze berlusconiane e del suo ministro per l’Economia, Giulio Tremonti”. In realtà tutto questo “catastrofismo” è stato smentito dai fatti. E se è vero che la definitiva fuoruscita dalla crisi è legata a un altro pacchetto di riforme e alla predisposizione di ulteriori ammortizzatori sociali, va dato atto al governo di aver operato bene, di essere stato al centro del coordinamento internazionale nel tamponamento della crisi e quindi di aver tutelato un tessuto produttivo italiano che può essere capace nei prossimi anni di competere ancora sul mercato globale e di ritornare a crescere.
Durante il dibattito al Meeting, Bersani faceva notare che il paese non cresce più da quindici anni. Francamente non si capiva se questa fosse una critica o un’autocritica da parte del futuro leader dell’opposizione. Il fatto è che l’Italia oggi esce meno provata dalla crisi (basta pensare all’indebitamento reale delle famiglie non solo all’indice dell’indebitamento pubblico) e ha bisogno di uno sforzo congiunto, da parte del governo, dell’opposizione, delle forze sociali e dei sindacati.
Secondo lo storico dell’economia, Giuseppe Berta, la sinistra italiana deve vivere la definitiva consunzione dell’esperienza del Pd (Berta è di formazione marxista), anche il sindacato, la Cgli in particolare, deve assumersi la responsabilità di non barricarsi in forme di opposizione vecchie, sorpassate e anacronistiche, ma diventare soggetto di un protagonismo nel mondo dell’economia e del rilancio del Paese. Lo saprà cogliere questo momento l’opposizione? Lo saprà cogliere il sindacato? Il Governatore Draghi, parlando da tecnico e da “non politico”, ieri sera sembrava dare una lezione proprio a chi si arena nelle polemiche sterili e negli atteggiamenti prevenuti. Di fronte alla crisi che sta per finire, ai nuovi appuntamenti che ci attendono, Draghi, quasi in un momento di commozione, ricordava il valore del “coraggio” insegnatogli da suo padre. Il Governatore dice che vede “coraggio sparso qua e là”. Ed ecco appunto la lezione di suo padre. Bisogna avere coraggio, perché “quando lo si perde si perde tutto”.

Carceri, Alfano: Sovraffollate da stranieri, Ue intervenga


Roma, 26 ago (Velino) - Nelle carceri italiane “ci sono oltre 63mila detenuti. Oltre 20mila sono stranieri, il che vuol dire che le carceri italiane sono idonee a ospitare i detenuti italiani. Con l'aggiungersi degli stranieri agli italiani si supera la capienza regolamentare ma anche quella tollerabile. Ho fatto un appello all'Ue”. Così il ministro della Giustizia Angelino Alfano che oggi ha partecipato al Meeting di Rimini a un dibattito sulla giustizia con il vice presidente del Csm Nicola Mancino. Secondo il Guardasigilli l'Ue “non può da un lato esercitare sanzioni e dall'altro chiudere gli occhi sul fenomeno del sovraffollamento carcerario che deriva dalla presenza di detenuti stranieri. Un fenomeno a cui la Ue deve prestare attenzione, facendosi promotrice di trattati o dando risorse economiche per costruire nuove carceri agli stati più interessati dal problema eri. Noi non intendiamo procedere sulla via seguita per 60 anni dalla Repubblica: trenta provvedimenti di indulto per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri”, in tal modo “si fanno uscire ogni due anni 30mila detenuti ma il problema non si risolve mai”. A questo proposito l’esponente dell’esecutivo ha poi ribadito che “non ci saranno nuovo indulti: lo dico chiaramente da un anno. Noi – ha aggiunto - puntiamo sulla realizzazione di nuove carceri e sul lavoro in carcere per abbassare la recidiva”.
Alfano ha poi toccato alcuni temi legati alla giustizia a partire dal rapporto politica-magistrati: avanti con le riforme, “partendo da due principi equivalenti”: “l'autonomia e l'indipendenza della magistratura e il fatto che i magistrati sono soggetti solo alla legge, che viene fatta dal Parlamento”. “Serve che tutti si rendano conto del proprio perimetro di azione – ha sottolineato -. Il Parlamento è sovrano e approva le leggi. Quelle leggi i magistrati le devono applicare. Noi non vogliamo interferire rispetto ai principi sacri di autonomia e indipendenza della magistratura”. Indipendenza che deve essere “esterna”, ma anche “interna”. Il Guardasigilli ha ricordato il primo incontro avuto con il Consiglio superiore della magistratura dopo il proprio insediamento: “Il vicepresidente Mancino - ha raccontato - per facilitare il lavoro ha proposto che parlasse un magistrato in rappresentanza di ciascun gruppo. Si è presentato il primo, dicendo che parlava a nome di Tizio e Caio di Magistratura democratica, poi quello che parlava per Magistratura indipendente, poi quello di Unicost e così via. Mi sono sentito in Parlamento, bonsai ma in Parlamento”. Alfano ha aggiunto: “Si parla di indipendenza e autonomia della magistratura riferendosi all'indipendenza esterna, e questa è sacrosanta, ma si parla poco del problema dell'indipendenza interna: deve essere impossibile che un leader di una corrente chiami un magistrato di periferia e che dia un input che possa segnare un giudizio o un tracciare un solco giurisprudenziale. Sono due rischi uguali - ha concluso - ma si parla solo del primo”.
Quanto al rapporto con l’opposizione in tema di riforme, dal ministro è arrivata “disponibilità al confronto” e “una grande buona volontà”, “purché l'approdo sia una decisione confortata da una maggioranza superiore da quella uscita dalle urne e non un infinito e inconcludente 'bla bla bla'. Vogliamo provare davvero a fare una riforma della giustizia che abbia il consenso più largo possibile”. Il primo anno di legislatura, ha ricordato, ha visto due “importantissimi provvedimenti”: il pacchetto antimafia e la riforma del processo civile. “Su questi due ambiti è stato possibile procedere senza grandi scontri né lacerazioni. Proveremo a fare altrettanto anche nell'ambito del processo penale e delle riforme costituzionali in materia di giustizia”. Ma il Pd “abbia il coraggio e la forza di sganciarsi da Di Pietro. Un anno fa c'era un governo ombra con cui dialogare, poi il governo ombra è caduto, mentre quello vero è ancora qua. La fase di transizione nel Pd non è ancora terminata: c'è un dibattito congressuale e, nelle more, si insulta Berlusconi. Le nostre tesi sono chiare, il Pd deve sganciarsi da Di Pietro e dire che al centro del sistema giustizia deve esserci l'uomo e il cittadino”.

martedì 18 agosto 2009

Il Senatur cambia musica: «Attacco il fisco, non l’inno»

In questi giorni, gli appetiti leghisti per le regionali sono passati in secondo piano. Troppo rumorosi i mortaretti su gabbie salariali, dialetti, inno nazionale. Ma nell’agenda di Umberto Bossi l’appuntamento del 2010 è cerchiato col pennarello rosso. Il Carroccio si vanta di rappresentare il Nord ma non governa da nessuna parte. Ci aveva provato nel 2003 in Friuli, lanciando la sua Alessandra Guerra che recentemente ha mollato Bossi. Ma la Guerra era stata stracciata dal re del caffè Riccardo Illy. Per conquistare Trieste, l’anno scorso il centrodestra s’è dovuto affidare all’azzurro Renzo Tondo. Zero regioni in mano a Umberto, quindi, mentre l’Mpa di Raffaele Lombardo prende molti meno consensi ma ha le redini della sua terra-simbolo: la Sicilia.
Ecco perché Roberto Calderoli ha ribadito, anche da Ponte di Legno, che il Carroccio ha diritto a tre regioni: «Lo dicono i voti». Il sogno proibito è strappare Veneto e Lombardia, da quindici anni governate dagli azzurri Giancarlo Galan e Roberto Formigoni. Il Senatur giura che le vuole tutte e due e che fino all’ultimo non darà il via libera a Formigoni, anche se «si è comportato bene». Prima delle Europee, il Cavaliere aveva detto che va bene cedere Venezia a Bossi, ma solo se il Senatur avesse preso più voti del PdL. E per un soffio, nella corsa veneta verso Strasburgo, il centrodestra aveva mantenuto il primato. Però Galan è nervoso, si sente assediato, invoca un Popolo della Libertà più “nordista” per arginare i padani. Appena può tira le orecchie agli alleati e si dice più federalista di loro. Sa che la sfida per mantenere lo scettro di doge è difficile. In passato ha definito Bossi uno scorfano: «È il pesce più gustoso. Ma se lo tocchi ti fa male».
certezze padane
I leghisti, invece, si sentono il Veneto in tasca: alle ultime amministrative hanno conquistato a sorpresa le province di Belluno e Venezia, sfiorando il colpaccio a Rovigo. Hanno già fatto il nome per il dopo-Galan: il sindaco di Verona Flavio Tosi, che dalle colonne di Libero ha auspicato una corsa solitaria. A bordo campo, il Senatur sta facendo scaldare anche il ministro trevigiano Luca Zaia. Come dire che non gli mancano le alternative. Forse è anche per questo che, dalle parti del PdL, si sussurra di un Renato Brunetta pronto a buttarsi nella mischia. Ma alla fine il ministro potrebbe dedicarsi alla conquista di Venezia città.
Se nel Nordest il Carroccio sembra favorito, in Lombardia la missione è disperata. Uno scambio di ruoli tra Formigoni e il ministro dell’Interno Roberto Maroni è fantapolitica. Lo ha detto lo stesso Bossi, che però potrebbe alzare la voce su Milano - dove agita anche i nomi di Roberto Castelli, Giancarlo Giorgetti e Davide Boni - per sperare di convincere il premier o, più realisticamente, ripiegare sul Piemonte attualmente in mano al Pd (si parla del capogruppo alla Camera, il novarese Roberto Cota) e di un’altra regione da scippare al centrosinistra. La piccola Liguria, per esempio, che però è la casa del berlusconiano Claudio Scajola. Oppure la grande ma inespugnabile Emilia Romagna, dove la Lega è cresciuta e sogna di consolidare la tendenza prosciugando il bacino di voti della sinistra. Calderoli dice che il puzzle è meno complicato di quanto sembri. Forse per i leghisti, visto che l’eventuale ricollocazione di big come Formigoni e Galan sarebbe affare di Berlusconi. Per lui sarà una faticaccia, complicata dai problemi interni derivati dalla futura modifica ai vertici PdL.
premier equilibrista
Tra ambizioni da non frustrare e equilibri da mantenere, per il premier sarà difficile evitare spargimenti di sangue. In tutto questo deve vedersela con le sparate di Bossi. Che ieri ha corretto il tiro su Mameli: i giornalisti (che «andrebbero messi in galera»), per non parlare dei salari e delle gabbie salariali, «si sono inventati che la Lega è contro l’inno italiano. Invece noi siamo per aumentare i salari e chiediamo i salari su base territoriale legandoli al costo della vita. Gli operai non manifesteranno contro». Frasi che accontentano il presidente dei deputati del PdL, Fabrizio Chicchitto, e il ministro Gianfranco Rotondi. Non l’opposizione. L’Udc parla di frasi «che ledono l’unità nazionale» (Antonio Scalera, capogruppo centrista in regione Puglia), mentre l’Italia dei Valori dice che «Bossi arriva tardi» pure nella battaglia sui salari (Maurizio Zipponi) e Mariangela Bastico del Pd afferma: «Il solito repertorio ferragostano di Bossi colpisce due simboli dell’unità d’Italia come l’inno e la scuola pubblica». Nel centrodestra c’è chi è ancora scocciato col Senatur. Il sindaco di Roma Gianni Alemanno sbotta: «Siamo abituati ai temporali estivi, purtroppo», mentre Alessandra Mussolini stuzzica: «Togliamo a Bossi il permesso di soggiorno». Per Carlo Azeglio Ciampi, Umberto «vuole la secessione» e Clemente Mastella parla di Lega che «debilita la maggioranza». Tra tutti, l’oscar dell’arrabbiatura va all’ex ministro Adriana Poli Bortone, senatrice pugliese leader del movimento “Io Sud”. S’è appellata ai meridionali per chiedere di «boicottare i prodotti comprati in Padania».

http://www.libero-news.it/articles/view/566058

sabato 15 agosto 2009

Maroni: con questo governo tutti i reati in calo


Roma - "Nei 14 mesi del governo Berlusconi, risulta che tutti i reati sono in calo rispetto ai 14 mesi precedenti: un dato senza precedenti nella storia del contrasto al crimine". Lo ha detto il ministro dell'interno, Roberto Maroni, in una conferenza stampa al Viminale al termine del comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica. I numeri, ha illustrato Maroni, indicano un calo del 3,7% per gli omicidi, del 7,7% per le violenze sessuali, del 18,6% per i furti, del 20,4% per le rapine.
"Questi mesi rappresentano la migliore stagione di contrasto alla mafia che sia stato vissuta in Italia", ha poi aggiunto Maroni. "Ad indicarlo - ha spiegato Maroni - sono in numeri: in questi 14 mesi sono state svolte 309 operazioni di polizia giudiziaria contro i clan (+35% rispetto ai 14 mesi precedenti), sono state arrestate 3315 persone (+32%) e 235 latitanti (+78%)". Dati positivi anche per i beni sequestrati, che ammontano a 4,5 miliardi di euro (+31%) e per quelli confiscati, pari a un miliardo di euro (+179%).
"Si è parlato di restituzione alla mafia o alla magistratura delle auto di grossa cilindrata confiscate ai mafiosi e assegnate alla polizia, ma non è così", ka spiegato ancora. "In questo periodo -. ha spiegato Maroni - abbiamo sequestrato 850 auto alla criminalità organizzata e le abbiamo assegnate alla polizia. di queste, 700 con cilindrate inferiore a 2000 cc e 150 con cilindrata superiore. Di queste ultime 29 sono state lasciate a disposizione dell'autorità giudiziaria perché non usate in servizi investigativi contro la mafia".
Nei centri di identificazione ed espulsioni (Cie) sono in corso proteste in conseguenza dell'allungamento dei tempi di trattenimento nelle strutture previsto dalla legge sulla sicurezza appena entrata in vigore: "siamo comunque in grado di gestire la situazione, non ci sono preoccupazioni". Maroni puntualizza: "Non è vero che i Cie sono strapieni: i dati aggiornati a ieri indicano infatti una disponibilità di 582 posti liberi nei centri". Maroni ha anche informato che "il programma per la realizzazione di nuovi Cie prosegue: sono in corso di individuazione le strutture nelle regioni che per ora ne sono sprovviste".
A partire dal prossimo primo gennaio gli appassionati di calcio potranno seguire la loro squadra in trasferta solo se muniti della tessera del tifoso, ha annunciato il ministro dell'Interno. Proprio oggi il ministro ha firmato una direttiva indirizzata a prefetti e questori che contiene disposizioni per la stagione calcistica 2009/2010. A partire dal prossimo campionato, ha spiegato Maroni, "tutte le società dovranno garantire il rilascio della tessera del tifoso a chi la richiede. Entro il 31 dicembre, in ciascun settore dello stadio dovranno essere attivate corsie più veloci, una sorta di telepass, per chi ha la tessera. Per chi non la possiede i controlli saranno più rigorosi". "Spero che queste misure coercitive - ha proseguito Maroni, servano a vincere la resistenza immotivata di alcune società calcistiche che non vogliono dotarsi della tessera del tifoso".
"Una norma sulla cittadinanza c'é già e a mio parere personale non c'é necessità di intervenirvi, ma il Parlamento è sovrano, se decide per la riforma, la applicheremo". Così il ministro Maroni commenta la proposta di legge bipartisan per un ottenimento più veloce della cittadinanza italiana. "La riforma della legge sulla cittadinanza - ha ricordato Maroni - è da diverse legislature all'ordine del giorno; noi ci inchiniamo di fronte alla sovranità del Parlamento".

Berlusconi: via al piano anti-criminalità

«Pronto un progetto a lungo termine di contrasto non solo alla mafia ma alle forze del male. Durerà 4 anni»
ROMA - Un piano straordinario a lungo termine contro la criminalità. È questo il progetto del governo lanciato dal premier Silvio Berlusconi al termine del comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica con i ministri Roberto Maroni e Angelino Alfano. L'esecutivo, ha spiegato il presidente del Consiglio durante la conferenza stampa di Ferragosto, sarà «in carica per quattro anni e metterà in atto un piano a lungo termine e si spera definitivo contro le forze del male, non solo contro la criminalità diffusa ma anche contro la criminalità organizzata». Il progetto anti-criminalità, hanno poi precisato il titolare del Viminale e il Guardasigilli, partirà da settembre e sarà operativo per i prossimi 4 anni.
«LIBERIAMOCI DI SILVIO» - Ha ragione Berlusconi quando dice che bisogna liberarsi delle forze del male, ma per farlo c'è un solo modo: liberarsi prima di tutto di lui»: questo il commento alle parole del premier del leader Idv Antonio Di Pietro. «Il presidente del Consiglio - scrive l'ex pm in una nota - ci sta infatti proponendo una politica di disuguaglianza sociale e economica e di leggi che vanno contro la sicurezza e il bene dei cittadini. E quando dice di voler combattere le mafie non è credibile, visto che ha portato in Parlamento i suoi sodali, condannati e con pendenza penali, come il senatore dell'Utri, condannato in primo grado per mafia a 9 anni. Insomma - conclude Di Pietro - sulla sicurezza siamo al solito spot di regime».
«L'ANTIMAFIA DELLE LEGGI» - In conferenza stampa Berlusconi si è soffermato in particolare sul tema della lotta alla mafia e ha così introdotto i ministri Maroni e Alfano nell'illustrare le norme antimafia: «L'antimafia delle leggi contro l'antimafia delle chiacchiere: è stata questa la produzione delle leggi del governo. Sono norme importanti, che mancavano e sono state subito utilizzate». «Quando cominciammo - racconta Berlusconi - ebbi a dire al ministro Maroni: se vuoi passare alla storia, lo dissi sorridendo ma non ridendo, hai l'occasione di dare un colpo definitivo alla mafia e altre organizzazioni criminali. È un compito che il governo deve porsi con estrema decisione e i rappresentanti della forze dell'ordine condividono questa necessità» ha aggiunto il Cavaliere.
«NUOVA RIUNIONE A BREVE SCADENZA» - «Il governo ha tanti compiti e impegni» ma «certamente la più importante delle risposte deve essere data ai cittadini nell’ambito della loro sicurezza personale» ha detto ancora il presidente del Consiglio. Sottolineando, all’inizio della conferenza stampa, la sua soddisfazione per i «risultati positivi» ottenuto dal governo e per il «buon lavoro» fatto dal comitato per la sicurezza e l’ordine pubblico («che si è prolungato al di là del tempo previsto») e annunciando che ci sarà una nuova riunione «a breve scadenza». Poi un novo attacco ai media. da parte di Berlusconi che, approfittando di una domanda sulle polemiche che hanno investito l’arma dei carabinieri dopo l’articolo di Bocca, ha detto: «Purtroppo il periodo estivo vede molte polemiche che non hanno riferimento alla realtà. La realtà dei media è diversa dalla realtà vera».
REATI IN CALO E TESSERA DEL TIFOSO- A snocciolare le cifre dei risultati ottenuti sul piano sicurezza dall'esecutivo ci hanno pensato i ministri Maroni e Alfano. Secondo i dati diffusi dal ministro dell'Interno, nei 14 mesi del governo Berlusconi i reati in generale sono diminuiti del 13,95%, rispetto ai 14 mesi precedenti (governo Prodi). A partire dal primo gennaio, ha poi annunciato il titolare del Viminale affrontando il tema della sicurezza negli stadi, gli appassionati di calcio potranno seguire la loro squadra in trasferta solo se muniti della tessera del tifoso. Proprio nel giorno di Ferragosto il ministro ha firmato una direttiva indirizzata a prefetti e questori che contiene disposizioni per la stagione calcistica 2009/2010. A partire dal prossimo campionato, ha spiegato Maroni, «tutte le società dovranno garantire il rilascio della tessera del tifoso a chi la richiede. Entro il 31 dicembre, in ciascun settore dello stadio dovranno essere attivate corsie più veloci, una sorta di telepass, per chi ha la tessera. Per chi non la possiede i controlli saranno più rigorosi».
CIE E AUTO DI LUSSO - Quanto ai disordini nei Cie Maroni minimizza, spiegando che nei centri di identificazione ed espulsione sono in corso proteste in conseguenza dell'allungamento dei tempi di trattenimento nelle strutture previsto dalla legge sulla sicurezza appena entrata in vigore: «Siamo comunque in grado di gestire la situazione» ha assicurato il ministro. «Si è parlato di restituzione alla mafia o alla magistratura delle auto di grossa cilindrata confiscate ai mafiosi e assegnate alla polizia, ma non è così» ha voluto anche precisare il ministro leghista.
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CARCERI - Un capitolo a parte lo dedica il Guardasigilli al nodo carceri. L'Europa ha detto Alfano «non può chiudere gli occhi» di fronte al problema del sovraffollamento carcerario italiano: su 63.571 detenuti che stanotte hanno dormito nelle carceri italiane oltre 20mila (pari a circa il 30-40%) sono infatti stranieri, dunque o l'Ue «fa applicare i trattati» per il rimpatrio dei detenuti «oppure ci si dà i fondi necessari per realizzare» nuovi penitenziari. Intenzione del governo - ha sottolineato il Guardasigilli - non è quella di far ricorso a nuove amnistie o indulti, ma di costruire nuove carceri per le quali, però, servono fondi. Per 17mila nuovi posti occorrono 1,5 miliardi di euro: 200milioni sono stati già stanziati dal Cipe, ma - ha aggiunto il ministro - devono essere definite le altre fonti di finanziamento prima di portare il piano carceri in uno dei prossimi consigli dei ministri «entro il 15 settembre».

venerdì 14 agosto 2009

Giro di vite sui paradisi fiscali Spunta il tesoro di 200 furbi italiani


Allarme rosso per i super ricchi che amano le banche estere e che pensavano di dormire sonni tranquilli. Anche per loro arrivano gli 007 del Fisco. Servizi segreti, Guardia di Finanza e Agenzia delle Entrate stanno affilando le armi. E a giorni a Milano verrà aperta un’inchiesta ufficiale sui patrimoni dei più facoltosi primi 200 clienti italiani di Ubs indicati solo con le iniziali in una lista riservata che pubblicammo tre settimane fa su Panorama. Si tratta dei primi clienti dell’istituto di credito elvetico con saldi sui conti correnti e depositi superiori al milione di euro. Insomma, ricchi e super-ricchi in un elenco top secret che annovera ben 214 posizioni sopra ai 2 milioni di euro di saldo e che raccoglie nomi dell’imprenditoria italiana, personaggi dello spettacolo, famiglie blasonate del nord Italia ma anche finanziarie lussemburghesi, oscure fiduciarie e prestanomi. I primi 54 nominativi presentano un saldo complessivo di 529,14 milioni di euro mentre l’intera lista sfiora il miliardo. Ad aprire l’elenco una pattuglia di società anche di diritto estero come la lussemburghese Y. Holding Bv che gode di ottima salute con un saldo che tocca i 30 milioni di euro. Spiccano poi i conti di stilisti, di famiglie proprietarie di aziende quotate in Borsa e con fabbriche in mezzo mondo, commercianti di preziosi e di materie prime, mobilieri conosciuti in tutto il Paese per finire con diversi professionisti dai conti sorprendentemente floridi.
Un’Italia che sa risparmiare e che delega gli esperti di Ubs per far rendere al meglio il proprio denaro. Questa lista nulla ha a che vedere con quella che sempre Ubs consegnerà proprio in queste ore alle autorità americane che vogliono scovare 52 mila presunti evasori fiscali con un conto in Svizzera. Ma le analogie non mancano.
Tra la banca e i Tribunali americani per mesi si è consumato un braccio di ferro sul segreto bancario, biglietto da visita da sempre del paese che “lava più bianco” per ricordare il libro-choc scritto da Jean Ziegler ormai 19 anni fa. Su questi nomi, almeno al momento, non pende alcun sospetto, si tratta infatti di correntisti italiani con conto in Ubs Italia. Ma quando l’istituto di credito ha saputo dai lanci dell’agenzia Adnkronos che stava per uscire la lista, seppur con le sole iniziali dei correntisti, ha persino valutato con i propri legali l’ipotesi di chiedere il ritiro del settimanale dalle edicole. Ora la situazione è destinata a mutare. Proprio per l’ingresso sulla scena degli 007 del fisco e della Guardia di Finanza. Posare la lente d’ingrandimento delle loro indagini su una lista di questo tipo (che viene per la prima volta diffusa in Italia) è occasione troppo rara e ghiotta per poterla trascurare e limitarsi agli scontrini fuori dai negozi. Da qui l’intenzione di ottenere formalmente la lista e di partire con un discreto accertamento sul passato dei correntisti. Alcuni di loro saranno quelli che hanno goduto dei precedenti scudi fiscali per far rientrare i capitali (tutti?) in Italia, altri magari possiedono un conto gemello oltre confine. Altri ancora presentano dichiarazioni dei redditi non conformi ai tesori custoditi in banca. Un’attività quindi di verifica incrociata con dati già in possesso della Guardia di Finanza per far emergere antinomie e possibili zone d’ombra. La frequente presenza di fiduciarie e di altre micro-società tra i correntisti rappresenta un indizio che sicuramente non verrà trascurato. Come risulta anche d’interesse quell’attività “para-bancaria” che si è sviluppata negli ultimi anni da parte di ex dipendenti di certi istituti di credito svizzeri.
In pratica l’attività di “spallonaggio” ha ripreso raffinandosi rispetto agli anni del boom economico e di quando, per timore di fisco e sequestri, si metteva il denaro al sicuro a Chiasso e Lugano.
Oggi le “corsie telematiche” utilizzate per i passaggi “in chiaro” del denaro negli anni ’90 e che compromettono l’anonimato delle operazioni per l’incredibile quantità di tracce che lasciano, vengono scartate.
Basti pensare alle segnalazioni che partono quasi in automatico agli organi di controllo, a iniziare dalla Banca d’Italia, per tutte le operazioni ritenute sospette per importo o frequenza. Se quindi si vuol uscire dal faro delle verifiche, gli stessi bancari segnalano queste “agenzie” che si occupano di portare il denaro oltre confine o con le classiche compensazioni oppure, come si faceva una volta, con la valigetta di denaro nel doppio fondo dell automobile. Una prassi, quest’ultima, ritenuta sicura soprattutto se ad organizzarla sono fidati e silenziosi ex dipendenti. Come i pizzini, i foglietti sui quali in alcune banche straniere, segnano e si scambiano le informazioni che non devono lasciare un’impronta nei computer.
Gianluigi Nuzzi
Il Giro di vite sui paradisi fiscali. Sono 170.000 i casi tenuti sotto osservazione dal fisco nell'ambito delle indagini contro i paradisi fiscali. Lo ha riferito il direttore generale dell'Agenzia delle Entrate Attilio Befera. "Abbiamo una lista di 500 nominativi circa sequestrati ad un avvocato svizzero recentemente arrestato alla procura di Milano - ha detto Befera -, abbiamo una lista di conti presenti presso Ubs Italia che si presume abbiano qualche riferimento con Ubs Svizzera, abbiamo poi la lista già nota di detentori di capitali nel Liechtenstein. Non solo gli Agnelli, dunque, nel mirino dell'Agenzia delle entrate. Se i segugi del Fisco stanno indagando per capire se esiste davvero un deposito miliardario in Svizzera occultato allo Stato italiano il direttore dell'Agenzia garantisce: "Non perseguiamo solo i miliardari; teniamo sotto controllo 170mila italiani con capitali all'estero". Tremano dunque i signori ricconi: il Gf fiscale è in agguaro. Star dello spettacolo, imprenditori, ricchi possidenti: il Fisco vuole sapere tutto di questi conti esteri. "La nostra azione è allargata, su tutti i fronti", chiosa Befera; "Stiamo operando a 360 gradi".La lotta ai paradisi fiscali si è rafforzata grazie alle recenti norme contenute nel decreto anti-crisi che prevedono non solo l'innalzamento delle sanzioni per chi detiene illegalmente capitali all'estero ma anche l'inversione dell'onere della prova. "La norma di giugno - ha detto il direttore dell'Agenzia delle Entrate - porta un fortissimo cambiamento nei confronti dei capitali detenuti illegalmente all'estero. È di particolare incisività perché commuta il capitale all'estero in reddito non dichiarato e rafforza le sanzioni dal 200% al 400%. Grazie a questo ci stiamo muovendo a tutto campo".America-Ubs - Anche gli Stati Uniti fan­no sul serio. Nel momento in cui la cittadinanza soffre, colpita dalla reces­sione, il governo persegue l’evasione fiscale con un’energia sconosciuta al­l’Italia e all’Europa. Non si limita alla retorica contro i paradisi fiscali, ma attac­ca una grande banca inter­nazionale perché, come ogni buon fiscalista sa, non c’è paradiso fiscale senza la collusione dell’ari­stocrazia bancaria globa­le. Il Dipartimento della Giustizia vuole i nomi de­gli americani che hanno depositato i loro denari - si parla di attività per 15 miliardi di dollari - in 52 mila conti correnti aperti presso la Ubs, gesti­ti in paradisi fiscali e co­perti dal segreto bancario svizzero. L’amministrazio­ne finanziaria di Washing­ton sospetta che quelle ric­chezze siano state ottenu­te anche evadendo le tas­se. Ma la legge svizzera au­torizza le banche residenti nella Confederazione a ri­velare identità e interessi dei clienti solo a fronte di richieste che indichino il nome dell’indagato e un reato che, come il riciclag­gio o la falsificazione dei documenti contabili, sia compreso tra quelli per i quali va prestata tale colla­borazione.


SE LA CGIL VUOL SABOTARE LA RIPRESA

Quel vecchio reazionario di Guglielmo Epifani! Fu commedia, e commedia grassa, il suo saltellare dalla gioia per l’elezione di Barack Obama, l’uomo del «change», del cambiamento (epocale). Fuffa i suoi compiaciuti commenti a quel «voltar pagina» che compendia e ispira la politica della troika in lizza per la segreteria del Pd. Perché la verità è che all’uomo alla guida della Cgil la sola parola «cambiamento» mette le vertigini. E il semplice frusciare d’una pagina voltata fa venire il mal di testa. «Rilanciare il sindacato vecchia maniera», cioè anni Cinquanta, ecco cosa frulla nell’ampio spazio della testa di Epifani. E vi frulla proprio ora, nel momento esatto in cui la Bce, la banca europea, annuncia con sollievo che la recessione globale è a un punto di svolta e che la ripresa è prevista, dati alla mano, per il prossimo anno.
Stiamo finalmente uscendo da un crisi devastante, siamo come i migratori che dopo aver attraversato mari e tormente vedono finalmente all’orizzonte la terraferma e quel vecchio reazionario di Epifani cosa fa? Imbraccia la doppietta e si mette a sparare sui volatili esausti, privi anche della forza di scartare. Un gentiluomo in confronto a Giorgio Cremaschi, segretario della Fiom, la federazione sindacale dei metalmeccanici, che chiede alla Cgil di «sposare una linea di sabotaggio sindacale» che apra «una stagione di conflitti sociali ovunque e a tutti i livelli». Fossero tornati come per incanto i tempi delle vacche grasse o comunque bene in carne, le sparate demagogiche di Epifani e di Cremaschi avrebbero un senso, anche se limitato alla ricerca di «visibilità» di un sindacato che non accenna a voler uscire dalla camera di rianimazione. Di un sindacato di pensionati piuttosto che di lavoratori, di un sindacato che si fa immancabilmente scavalcare - e scalzare - dall’ultima delle sigle dell’autonomia. E dunque ridotto, per arteriosclerosi ideologica, a riproporre modelli di lotta in auge mezzo secolo fa, quando a Botteghe Oscure s’alzava un telefono, dai cancelli di Mirafiori partiva la squilla e tutti dietro.
Non solo, e questo è evidente, non sono più quei tempi, ma nemmeno le vacche grasse si intravvedono. La Bce si limita a dire che se ne sente il muggito, che quella che stiamo vivendo è una «fase di stabilizzazione» alla quale seguirà, si dà per certo, «una graduale ripresa». La nuttata è insomma passata, però permangono quei «bassi livelli di fiducia» che compromettono il virtuoso evolversi della congiuntura (creando, come se non bastasse, disoccupazione). Pertanto il mercato, insiste la Bce, deve tornare a confidare in se stesso: essendoci le prospettive che aprono all’ottimismo è venuto il momento di rimettere i remi in acqua. In questo clima, si può ben capire quale iniezione, quale siringone di fiducia rappresenti allora l’appello di Epifani per «rilanciare il sindacato vecchia maniera» o la richiesta di Cremaschi di «sposare una linea di sabotaggio sindacale». Dichiarazioni di guerra che la dicono lunga sulla freschezza di pensiero di una Cgil che regredisce fino a rispolverare il vecchio, suicida dogma così caro a Luciano Lama che i salari - e ora l’occupazione - siano una variabile indipendente dall’andamento economico. Espressione di un sindacalismo qualcosa di più che reazionario: giurassico.

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=374043

lunedì 10 agosto 2009

migrazioni in corso



L’integrazione degli immigrati è fondamentale, ha detto il capo dello Stato ricordando le vittime della strage di Marcinelle in Belgio. E chi non è d’accordo? L’integrazione è fondamentale, ma l’integrazione non è una condizione cui si arriva assumendo dosi massicce di aspirina o di cortisone. L’integrazione è un traguardo della politica. Il successo o l’insuccesso dipendono esclusivamente dalla politica.
Solo di recente l’Italia e gli italiani hanno preso le misure al fenomeno. Alla fine degli anni Ottanta l’allora ministro del Lavoro Donat-Cattin invitava gli stranieri a venire a flotte in Italia per sopperire alla mancanza di manodopera. Un invito appaiato con una certa ideologia di sinistra per cui ai drammi del mondo non vi era altra soluzione che l’accoglienza senza eccezioni. Per di più in nome di questa accoglienza tutto era permesso, anche chiudere un occhio - anzi due - di fronte ai delinquenti.
Nel giro di vent’anni l’Italia ha cambiato faccia. La sommatoria dei nuovi arrivati però non produce un paese multietnico compiuto, né produce un multiculturalismo equilibrato. La sommatoria di nuovi cittadini produce soltanto questioni nuove, talvolta anche serissimi problemi. Non voglio ripetere fatti che voi lettori conoscete a memoria (permettetemi solo di citare il libro di Francesco Borgonovo cui ho partecipato con qualche commento, dal titolo provocatorio L’Invasione), situazioni di matrimoni combinati con spose fanciulle, casi di poligamie riconosciute de facto, sfruttamento di minori a fini di borseggi o furti, eccetera eccetera. Si tratta di cose che ci siamo detti un milione di volte.
Parliamo di altro, per esempio del tanto lavoro nero, alimentato da padroni senza scrupoli e gestito dalla criminalità, a danno di stranieri cui non resta che subire ricatti e soprusi. Si lamenta l’assenza di controlli quando accadono incidenti sul lavoro. Ebbene, quei controlli dovrebbero essere insistenti anche per verificare la regolarità del lavoratore. Invece siffatti controlli non si fanno e non certo perché manchino i controllori. La clandestinità doveva e poteva essere arginata anche così.
Oggi si parla tanto del reato di clandestinità come se fosse una bizzarria di questo governo o una mania persecutoria del ministro (...)
(...) Maroni, quando al contrario è una fattispecie esistente in altre legislazioni estere. Dello stato di irregolarità ha parlato anche il presidente della Camera Gianfranco Fini nella sua visita alla miniera di Marcinelle. «Il lavoratore merita rispetto anche se non ha il papier, cioè il documento», ha dichiarato. Intendiamoci, il rispetto è una attitudine delle buone maniere, attiene all’educazione civica.
Il rispetto lo si deve a tutti. Discorso diverso è la messa a fuoco sotto il profilo della regolarità. Non nascondiamoci dietro la retorica: la clandestinità non aiuta lo straniero. Né favorisce l’integrazione. L’integrazione si compie alla luce del sole, la clandestinità invece è agire nel chiaroscuro.
Vogliamo aumentare le quote d’ingresso? Vogliamo rivalutare le politiche di ingresso? La politica compia le proprie scelte strategiche, però poi basta con i percorsi a zigzag, altrimenti si favoriscono le peggiori soluzioni del fai-da-te.
«Nel ’56 la parola extracomunitari non esisteva ancora», ha proseguito Fini , «ma se ci fosse stata i lavoratori italiani che morirono in quella strage sarebbero stati definiti extracomunitari e magari qualcuno l’avrebbe fatto con disprezzo». Rammento che in Belgio negli anni Cinquanta gli immigrati italiani erano chiamati mafiosi, e non credo volessero farci un bel complimento. Non esiste tempo e luogo nella Storia in cui l’immigrazione sia rimasta immune da un conflitto con gli autoctoni. Non esiste. Né potrebbe esistere. In tanti hanno provato a costruire la Città Ideale ma finora nessuno ha trovato un progetto che stia in piedi.
Ad ogni migrazione, interna o esterna, corrisponde un cambiamento significativo, sempre conflittuale. I cittadini non fanno i conti con gli “extracomunitari” (per dirla con Fini) sulla base di trattati sociologici, ma perché il loro vivere quotidiano subisce cambiamenti significativi: nella scuola, negli ospedali, nei servizi sociali, nella disponibilità residenziale. Ogni comunità straniera porta una sua cultura, spesso anche diversa se non in contrasto con quella del posto.
Il cambiamento delle nostre città nel giro di vent’anni è sotto gli occhi di tutti. Basta vedere le vetrine dei negozi, basta leggere i nomi sui citofoni, basta guardare alla “suddivisione” dei quartieri. Basta vivere. Ebbene, questo cambiamento è il risultato di una stratificazione combinata, di una consuetudine mai governata (o governata male) dalla politica. Ecco perché alcune tensioni hanno prodotto veri e propri conflitti.
Come vedete, tengo a debita distanza i partiti e i loro slogan. Cerco di attenermi ai fatti. Per anni ci è stato detto che gli immigrati non accrescevano la criminalità in Italia; i dati rivelano ben altro. Questo governo sta predisponendo misure che vanno verso la giusta via.
Con insistenza ci avevano suggerito di guardare alla Francia come esempio di integrazione riuscita: addirittura indicavano la nazionale di calcio coi suoi tanti francesizzati. Dopo la vittoria dei mondiali e dell’europeo dei Blues, però il miracolo si sgonfiò con gli scontri nelle banlieues parigine. Quegli scontri (non isolati, perché tafferugli del genere covano frequentemente) evidenziarono il disagio della seconda generazione, una generazione senza identità. I saggi del sociologo Marzio Barbagli confermano la tendenza deviante delle seconde generazioni rispetto alle prime, come fallimento di una integrazione mal riuscita.
Ieri la Stampa di Torino ha raccontato l’esperimento di un asilo multietnico nel difficile quartiere di San Salvario. La storia è bella, l’ho letta tutta d’un fiato. Ma aggiungo che è assolutamente prematuro e frettoloso ritenere compiuto quell’esperimento. Ce lo auguriamo, ma i risultati si sapranno tra non meno di un decennio: solo allora capiremo se la semina in quell’asilo avrà prodotto il frutto dell’integrazione.
Costruire la città ideale - dicevo - è stata utopia di tanti. Possiamo consolarci pensando che almeno ci abbiamo provato. Sarebbe un errore: se la politica va a tentoni, la società sbanda. E i conti cadrebbero domani sui nostri figli.
Il rigore e la severità non vanno presi come un capriccio o una convenienza elettorale. Di contro, l’apertura agli stranieri va vissuta senza isterismi. L’importante è non dire: dell’immigrazione non si può fare a meno. È una cretinata galattica.
P.S. Buon riposo a quei poveretti che ieri e oggi si sono sciroppati code e disagi. Partire di lunedì è davvero così sconveniente?


Di Gianluigi Paragone



Berlusconi: "A settembre riforma penale al via"


Roma - "Con la ripresa dell’attività politica a settembre porteremo a termine la riforma del processo penale". Nel corso di un’intervista telefonica con il GR1, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi detta l'agenda governativa che, a partire da settembre, dovrà mettere mano a numerose riforme dando comunque la priorità al sud e alle infrastrutture.
Le priorità del governo "Sono stati 14 mesi con risultati concretissimi di cui siamo veramente orgogliosi". Per quanto riguarda la ripresa, Berlusconi fa sapere che il governo continuerà con la realizzazione delle case ai trentamila sfollati de L’Aquila. Quindi "apriremo molti cantieri per le opere pubbliche sia a Nord che al Sud, aumenteremo la difesa dei cittadini contro la criminalità singola e organizzata anche con l’ utilizzo delle forze armate, metteremo a punto il piano per il Sud che chiede maggiori infrastrutture, fiscalità di vantaggio, misure per il turismo". Ma tra le riforme che il premier ha a cuore c'è sicuramente la riforma del processo penale: "La porteremo a termine al ritorne dalle vacanze".
Crisi e ripresa "Davvero io non lo so e nessuno lo sa" quanto tempo ci vorrà per uscire dalla crisi, "ma quello che so per certo è che dobbiamo riprendere le nostre abitudini di vita e di consumo al più presto possibile". Secondo Berlusconi, "dagli ultimi segnali arrivati dalle istituzioni internazionali il nostro paese sembra essere quello che reagisce meglio in europa e questo mi da ulteriore fiducia".
Il nodo Rai Sulla Rai il premier fa sapere di aver "avuto modo di dire quello che pensano la maggioranza degli italiani e cioè che è inaccettabile che la televisione pubblica che è pagata con i soldi di tutti sia l’unica tv pubblica ad essere sempre contro il governo". "La sinistra - ha aggiunto il presidente del Consiglio - che è stata al governo dovrebbe apprezzare che questo governo dica che la Rai non deve attaccare nessuno, nè il governo, nè tantomeno l’opposizione". Per il Cavaliere, infatti, "la Rai deve fare ciò che deve fare e cioè una televisione di servizio pubblico: prima di tutto deve informare, poi formare e soltanto come terzo obiettivo divertire".
Gli attacchi di Repubblica Berlusconi torna, quindi, ad attaccare il quotidiano La Repubblica definendo il suo lavoro "giornalismo deviato". "Repubblica parla anche di servizi segreti deviati, ma a me pare che di deviato qui ci sia solo certo giornalismo", ha detto Berlusconi, riferendosi agli articoli del quotidiano delle ultime settimane. Il giornale romano guidato da Ezio Mauro è una delle voci più critiche del mondo dell’informazione italiana nei confronti del presidente del Consiglio e del governo e a maggio ha pubblicato una dichiarazione in cui la seconda moglie di Berlusconi chiede il divorzio e accusa il marito di frequentare minorenni.


domenica 2 agosto 2009

Scudo fiscale e tassa sull’oro, la manovra anti-crisi è legge


Roma Ancora qualche mal di pancia sudista, testimoniato dal fatto che non hanno votato la fiducia due senatori dell’Mpa di Raffaele Lombardo. Poi le opposizioni all’attacco, con nuovi appelli al presidente della Repubblica affinché non firmi.Ma per il resto i nodi della politica economica sono stati tutti sciolti. Il Senato ha dato via libera definitivo alla manovra estiva che contiene le due mini riforme delle pensioni, lo scudo fiscale e altre misure per fronteggiare gli effetti della crisi. Poco dopo il Consiglio dei ministri ha varato un decreto che modifica i capitoli più spinosi del decreto anti crisi, accogliendo i rilievi che erano venuti dalla Banca centrale, dalla Corte dei conti e dal Quirinale.La tassa sull’oro resta. In sostanza si prevede un’aliquota del 6% sulle plusvalenze delle riserve auree di Bankitalia e delle altre banche, con il limite di 300 milioni di euro sulle riserve alle quali si applica. Il decreto ha però stabilito che per l’applicazione della tassa servirà il parere favorevole della Bce e l’assenso di Bankitalia. Un passaggio vincolante, quindi, mentre nel decreto approvato al Senato era solo facoltativo. Una norma «rispettosa» dell’autonomia della Banca d’Italia, come ha sottolineato lo stesso premier Silvio Berlusconi.L’altro nodo del quale si era fatto carico anche il Quirinale riguardava i poteri di indagine della Corte dei conti. Rispetto alla stretta sulle attività dei magistrati contabili prevista dalla manovra, il decreto approvato al consiglio dei ministri stabilisce che le procure della Corte possano iniziare l’attività istruttoria ai fini dell’esercizio dell’azione di danno erariale a fronte di «specifica e concreta notizia di danno». Accolti anche i rilievi che erano stati fatti allo scudo fiscale. Resta la possibilità di fare rientrare capitali detenuti all’estero con l’aliquote di favore del 5 per cento, ma lo scudo non garantirà alcuna tutela agli evasori che hanno procedimenti in corso.Poi sono stati ripristinati i poteri del ministero dell’Ambiente guidato da Stefania Prestigiacomo che avrà «di concerto» con gli altri dicasteri, un ruolo nelle procedure per realizzare le grandi opere energetiche, comprese le centrali nucleari.Qualche piccola modifica alla normativa sullo stretto di Messina, poi tutte le altre misure del decreto sono confermate, dalla regolarizzazione selettiva per le colf e badanti, il bonus anti licenziamenti, il mini condono per le multe contestate fino al dicembre 2004 e le misure anti evasione. Gli ispettori del Fisco, ad esempio, potranno accedere ai dati acquisiti da Bankitalia, Consob e Isvap nella loro attività ispettiva. Scatteranno infine segnalazioni automatiche per chi ha più di 10 auto.Adesso entrambi i decreti arriveranno al Quirinale e il Presidente della Repubblica farà, come annunciato, le sue valutazioni. Giorgio Napolitano intanto è, suo malgrado, tornato in mezzo alla battaglia politica che si è scatenata intorno al decreto. Italia dei valori ha continuato a bersagliare il Capo dello Stato. Il senatore Stefano Pedica, è entrato in aula con una t-shirt bianca con su scritto «Giorgio non firmare» e il gruppo che fa capo all’ex Pm ha chiesto a Napolitano di non promulgare. Anche dal Pd sono arrivate forti critiche all’iter dei due decreti, una vicenda, secondo la capogruppo del Pd Anna Finocchiaro, «ridicola e rocambolesca». Soddisfatta, invece, la maggioranza: «Il governo oggi ha dato una risposta pronta ed efficace alle richieste delle famiglie, a quella delle piccole e medie imprese che formano il tessuto produttivo del Paese e alle esigenze di nuove infrastrutture per il Meridione», ha detto il sottosegretario Paolo Bonaiuti.