giovedì 30 luglio 2009

Tav, Matteoli annuncia: al via la fase operativa


«Clima sereno. Terremo conto di quanto chiesto dal territorio»Ma alcuni sindaci della Valle di Susa restano contrari. Virano rassicura: massima trasparenza

torino
«La Tav si fa, passiamo alla fase operativa». Lo ha annunciato il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, Altero Matteoli, al termine dell’incontro di oggi con l’Osservatorio sulla Torino-Lione. «In autunno partiranno i carotaggi per le verifiche del terreno - ha aggiunto - mentre a inizio 2010 inizieranno quelli del tunnel geognostico di Chiomonte. E tutto questo - ha sottolineato - in un clima sereno».L’incontro del ministro Altero Matteoli con l’osservatorio sulla Torino-Lione è avvenuto nei saloni della Prefettura di Torino. Erano presenti il presidente della Regione Piemonte, Mercedes Bresso, quello della Provincia di Torino, Antonio Saitta, l’assessore regionale ai Trasporti, Daniele Borioli, il presidente dell’Osservatorio, Mario Virano, e i sindaci della Valle di Susa.«È stato un altro incontro proficuo», ha affermato Matteoli, che ha annunciato anche lo stanziamento da parte del Governo di 300 milioni di euro per il potenziamento del trasporto locale e del trasporto merci su ferro. «I soldi ci sono - ha detto al riguardo - e i lavori andranno fatti», tenendo conto «di quanto chiesto - ha sottolineato - dal territorio».Alcuni sindaci della Valle di Susa restano contrari all’opera, ma il ministro allontana il rischio tensioni. «La forza? Si usa solo quando ci sono atteggiamenti contro la legge», ha risposto ai giornalisti che gli chiedevano se temesse azioni del popolo no Tav contro la realizzazione dei carotaggi. «Il fatto che un sindaco si dica contrario a un’opera - conclude - non mi pare sufficiente». Virano assicura: faremo tutto nella massima trasparenzaI sondaggi che partiranno il prossimo autunno «saranno parecchi, alcune decine, avverranno sull’intera tratta, anche nell’area metropolitana, e saranno condotti nella massima trasparenza». Questa la promessa delpresidente dell’Osservatorio tecnico, Mario Virano. «Daremo ai sondaggi la massima pubblicità - ha aggiunto Virano- diremo dove verranno fatti, come e a che cosa servono. Faremo, cioè - ha concluso - un’operazione che non ha nulla a che vedere con i sondaggi imbarazzanti, fatti di nascosto».Bresso: importante far partire i carotaggi«Bene i carotaggi, è importante che si riesca a farli partire». La presidente della Regione Piemonte, Mercedes Bresso, esprime così la propria soddisfazione per le parole sulla Torino-Lione del ministro delle Infrastrutture.«Il clima globale è buono - ha poi aggiunto la Bresso a proposito dei rapporti con i rappresentanti del territorio della Val di Susa - c’è solo un pò di irritazione nei confronti di qualche nuovo amministratore, che vorrebbe riprendere tutto da capo».Un atteggiamento, quest’ultimo, che per la Bresso è «comprensibile, ma non accettabile». «Con l’accordo di tutti non si fa quasi mai nulla - ha sottolineato - ma sulla procedura che stiamo seguendo c’è una larga condivisione. L’importante - ribadisce - è che si faccia partire qualcosa dei lavori».Al riguardo la Bresso ha ribadito al ministro Matteoli «la necessità che nella finanziaria, quando sarà approvata, venga inserita una prima parte dei finanziamenti». Una questione che il ministro, ha concluso la Bresso, «ha ben chiara».

Pa, l'Antitrust aderisce a "Mettiamoci la faccia"


Roma, 30 lug (Velino) - “Mettiamoci la faccia” sbarca all’Antitrust. Il ministro per la Pubblica amministrazione e l’innovazione Renato Brunetta e il presidente dell’Antitrust Antonio Catricalà hanno firmato a Palazzo Vidoni il protocollo d’intesa per estendere l’iniziativa che misura la customer satisfaction attraverso emoticon al numero verde 800 166 661 attivato dall’Autorità garante della concorrenza dal 2007 e che permette ai consumatori di segnalare presunti casi di pratiche commerciali scorrette, pubblicità ingannevole e occulta, abusi e malfunzionamenti. L’Antitrust è la prima “Autorità indipendente” ad aderire all’iniziativa “Mettiamoci la faccia” alla quale prendono parte quasi 70 amministrazioni tra enti pubblici e agenzie nazionali, enti previdenziali, aziende sanitarie, camere di commercio, province e comuni. A partire dal 1 agosto l’Antitrust avvierà dunque la rilevazione del gradimento per i servizi erogati al telefono attraverso il proprio contact center che “a oggi, ha registrato più di 16mila segnalazioni, con 2.242 procedure istruttorie e 52 milioni di multe - ha spiegato Catricalà -. Sono inoltre stati organizzati degli incontri a tema con gli amministratori delegati delle società destinatarie del maggior numero di segnalazioni”. In particolare le denunce hanno riguardato il settore delle telecomunicazioni (59 per cento), energia e industria (13), servizi (12), credito (9), l’agroalimentare e i trasporti (7).
Brunetta ha proposto di “partecipare anche alla rete di Linea Amica”, il call center voluto da Palazzo Vidoni per aiutare i cittadini a risolvere i problemi con la Pa. Quanto all’esperienza di “Mettiamoci la faccia”, Brunetta ha parlato di “uno strumento che aiuta a responsabilizzare sia chi lavora al di qua dello sportello, sia i cittadini-utenti che si trovano dall’altra parte; uno strumento che, assieme ad altri, aiuta a migliorare la Pa”. Fra le “armi” a disposizione dei cittadini l'esponente del governo ha citato anche “l’azione collettiva che partirà da gennaio”. In base al protocollo siglato gli uffici dell’Antitrust predisporranno, con cadenza trimestrale, relazioni informative sui risultati raggiunti in termini di soddisfazione dei consumatori che saranno sottoposte all’attenzione del Collegio per definire eventuali interventi di miglioramento. Sul sito web dell’Autorità (www.agcm.it), con cadenza mensile, verrà inoltre pubblicato un report con il numero complessivo degli utenti che hanno fruito del servizio di call center; il numero degli utenti che hanno valutato il servizio in valore assoluto e in percentuale rispetto al totale di fruitori; l’indicazione del giudizio prevalente; l’indicazione dei motivi dell’eventuale insoddisfazione e la relativa distribuzione.
Tra gli enti e amministrazioni che hanno aderito all’iniziativa, oltre all’Antitrust, anche Ipost, Inail, Inps, Comune di Roma e Comune di Milano stanno sperimentando la rilevazione della customer satisfaction per i servizi erogati attraverso il canale telefonico. Per quanto riguarda i servizi erogati allo sportello sono attualmente 105 le sedi di sperimentazione che coinvolgono 465 sportelli destinati a diventare rispettivamente 193 e 1820 entro l’anno.

I frutti avvelenati del "partito del Sud"

Il dibattito strampalato attorno all’emendamento leghista sul test pre-selettivo a base regionale per gli insegnanti, è il primo dono avvelenato che il fantomatico «Partito del Sud» porta in dote al governo. Se dal Sud un pezzo di classe politica alza la voce in nome di un riequilibrio di attenzioni e risorse da parte dell’esecutivo, questo produce un effetto uguale e contrario da parte della Lega, che deve rivendicare il suo posto nella maggioranza e il suo ruolo di tutore degli interessi della «questione settentrionale». Da una parte si chiedono più soldi per il Meridione, dall’altra si rivendicano misure per tutelare l’identità culturale del Nord. Avvitandosi in questo modo, il federalismo può generare, prima ancora degli esiti legislativi, una spaccatura nelle opinioni pubbliche destinata a rinfocolare antichi pregiudizi superati dalla storia nazionale. Della Lega sappiamo molto, anche che il comportamento parlamentare dei suoi dirigenti è molto più responsabile di alcune prese di posizione, a volte eccentriche o offensive, che vengono utilizzate retoricamente come camera di compensazione tra le rivendicazioni della base elettorale e la condotta misurata della Lega nel potere romano. Del Partito del Sud sappiamo ancora troppo poco per sapere se si tratta di un espediente interno al centrodestra per calmierare la vocazione nordista di qualche ministro, di un progetto politico destinato a consumare i suoi effetti in Sicilia, o di un soggetto trasversale che tra gli alfieri del meridionalismo imbarchi anche quei governatori di sinistra, da Bassolino a Loiero, che hanno enormi responsabilità nel naufragio delle ambizioni meridionali. È certo, però, che nelle regioni meridionali oggi esiste una profonda insoddisfazione, un’ansia di riscatto, una rabbia sociale che, soprattutto nelle fasce giovanili, non trovano ancora una vera rappresentazione politica, come in passato è successo quando intere città si sono affidate alla furia di qualche capopopolo. Lo spazio per un’imprenditoria dello scontento è enorme. Ciò deve far riflettere il Popolo della libertà sull’esigenza di costruire rapidamente il proprio radicamento organizzativo e identitario in quelle regioni meridionali dove la debolezza della società civile, l’anemia del senso civico e lo sradicamento della speranza come fatto collettivo attivano nel singolo cittadino la sindrome del si-salvi-chi-può e lo lasciano in balia dei singoli detentori del potere politico locale. Un neomeridionalismo davvero serio dovrebbe partire da questo presupposto, di ordine etico e civile, da porre come tema urgente al potere politico. Una missione gigantesca, che richiede coraggio, capacità autocritica, immaginazione politica, rifuggendo gli stereotipi in cui il Mezzogiorno ha dondolato per troppo tempo i limiti strutturali delle sue classi politiche e intellettuali. Invece le cose sembrano marciare in una direzione diversa. Possiamo sbagliarci, ma fino a oggi il confronto alla sacrosanta esigenza di un neomeridionalismo moderno e modernizzatore che riporti il Mezzogiorno a essere centrale nell’agenda politica, si è sviluppato lungo un binario pericoloso, per non dire un binario morto: quello che esaurisce i problemi nella sola dimensione economicistica del budget, reclamando denari senza spiegare perché in passato sono stati spesi poco o male o senza riflettere su decenni di malgoverno, o magari li ripropone nella solita storia a sfondo veteroborbonico dell’unità nazionale malassortita e del Sud rapinato e impoverito dai sabaudi romanizzati.Il Sud è una sfida politica capitale. Va strappata il prima possibile ai conati identitari della Lega e alle rivendicazioni economicistiche dei neoleghisti dell’altro emisfero che, come tutte le fotocopie, rischiano di essere peggio dell’originale.

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=370526&START=0&2col=

MA ADESSO DEVONO REMARE TUTTI

Parlando di Dpef ed economia estiva si fa un gran rumore su quello che c’è e si nota poco quello che non c’è. Ci si dimentica infatti che è pressoché sparito quell’indecoroso mercato delle vacche che caratterizzava tutta l’attività del Parlamento da luglio (con l’aperitivo del Documento di programmazione) fino a dicembre (con il banchetto della Finanziaria). Prima della scure di Tremonti sulla procedura di approvazione della legge di spesa, i parlamentari passavano l’estate a preparare gli emendamenti succhiasoldi da infilare nel calderone annuale e luglio era il periodo preferito per la semina. Due anni fa come oggi in queste pagine si potevano già leggere le anticipazioni delle spese insensate del vecchio governo, come ad esempio i miliardi per lo «scalone», che puntualmente finivano nella lista della spesa una volta rientrati dalle vacanze. La Finanziaria triennale inventata dal governo lo scorso anno ha spuntato di molto le unghie dei parlamentari e probabilmente in tanti non se ne erano pienamente resi conto: si spiegano così alcune delle proteste arrivate anche dalle file della maggioranza in questi giorni. È possibile che il nuovo sistema sia eccessivamente dirigista e soggetto ad errori, ma d’altra parte il suk a cui eravamo purtroppo abituati da anni non poteva più continuare. Intanto va registrato qualche cambiamento formale: dall’anno prossimo il Dpef non ci sarà più, sostituito da una più snella «decisione quadro». Anche questa era una commedia che non faceva più ridere nessuno: si scrivevano principi generali e grandi speranze che servivano solo per qualche frase in favore di telecamera, per poi essere velocemente cestinati non appena con la Finanziaria si cominciava a parlare dei soldi veri. Concentriamoci quindi sugli aspetti positivi: il ministro Tremonti ha ripetuto con forza che la situazione italiana è per molti versi migliore rispetto a quella di molti altri Paesi post crisi e quindi le prospettive per l’Italia sono buone. In questa frase c’è una verità ma c’è anche quella che al momento è solo una speranza: la crisi ha agito sulle diverse economie come una safety car in una gara di automobilismo quando accade un incidente, frenando più bruscamente quei Paesi che sembravano più lanciati e allineando tutti verso il basso. Pertanto il fatto che in Spagna sia esplosa la disoccupazione (18% contro 8% da noi), in Germania sia crollato il Pil (previsto a -6,5% nel 2009 contro il -5,2% italiano), in Francia sia tracimato il deficit (7,2% contro il 5,1% italiano) e in Inghilterra stia raddoppiando il debito, per noi che abbiamo mantenuto una nostra aurea mediocrità, rappresenta una comparazione senza dubbio positiva, nessuno però ci assicura che, una volta passata la crisi, le altre economie non ricomincino a correre più di noi. È una partita che deve coinvolgere gli italiani a tutti i livelli: il governo deve continuare a mettere mano alle riforme e alle infrastrutture, anche rischiando le proteste del solito partito del «no», gli imprenditori devono prendere il coraggio a due mani ed investire nelle proprie aziende con un’occasione unica per guadagnare quote di mercato, le banche devono essere lungimiranti e sostenere la piccola impresa che, se aiutata adesso, potrebbe diventare grande domani, i sindacati devono dimostrare responsabilità e non mettersi a remare contro. I segnali di ripresa ormai sono evidenti: molti indici hanno ormai passato il punto di flesso. A questo punto non è proprio il caso di perdersi in questioni localistiche ma va assolutamente colta l’occasione di poter ripartire alla pari con gli altri: bisogna tenere aperte fabbriche, uffici, cantieri e produrre eccellenza.Avevamo perso un giro, la «safety car» della crisi ci ha rimesso in corsa ma adesso bisogna dimostrare che la nostra competitività è reale.posta@claudioborghi.com

Venerdì dal Cipe via libera a 4 miliardi per la Sicilia. In Cdm il piano per il Sud


Palermo - (Adnkronos/Ign) - Annunciata dal premier Berlusconi, servirà a sbloccare una parte delle risorse già stanziate per l'isola. Micciché: ''Lo sblocco dei fondi Fas una vittoria''. L'ultimatum di Lombardo sul piano: ''Si risolva definitivamente la vicenda''. Tremonti: ''I soldi ci sono, rifarei la Cassa per il Mezzogiorno'''.

Venerdì dal Cipe via libera a 4 miliardi per la Sicilia. In Cdm il piano per il SudPalermo, 29 lug. (Adnkronos/Ign) - La riunione del Cipe di venerdì, annunciata dalle parole del premier Silvio Berlusconi, servirà a sbloccare una parte, circa 4 mld, delle risorse già stanziate a favore della Sicilia.

E' quanto riferiscono fonti della maggioranza. Per l'Isola ci sono infatti a disposizione ben 14,8 miliardi di euro di provenienza comunitaria, nazionale e regionale, distribuiti tra i diversi fondi Fesr, Fes, Feasr, Fep e i tanto discussi soldi del Fas.
L'intervento sarà finalizzato al raggiungimento di obiettivi già individuati. Sarebbe stato lo stesso presidente del Consiglio ha chiarire che la priorita' politica spetta al nodo siciliano e che solo in un secondo tempo il piano sara' esteso al resto del Mezzogiorno.
"La convocazione del Cipe, fissata per venerdì prossimo, è un risultato del quale sono estremamente soddisfatto'', dichiara Gianfranco Micciché, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega al Cipe. ''Lo sblocco dei fondi Fas - rimarca - rappresenta per me una vittoria ed è il primo passo per il raggiungimento di una serie di obiettivi per il Sud dei quali parlerò domani con il presidente Berlusconi".
''Venerdi' si riunirà il Cipe: e' opportuno che in quell'occasione si risolva definitivamente la vicenda dello sblocco delle somme Fas destinate alle regioni meridionali'', aveva dichiarato oggi il presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, cha ha aggiunto: "Abbiamo registrato nei giorni scorsi l'impegno del presidente del Consiglio a intervenire a favore del Mezzogiorno. Ma lo sblocco delle somme non e' ancora all'ordine del giorno della seduta del Cipe di questo fine settimana. E non risolvere la vicenda in questa occasione sarabbe in realta' molto grave.
E' opportuno che Berlusconi intervenga disponendo la trattazione e l'approvazione della deliber. Da parte nostra - ha aggiunto il governatore - abbiamo fatto tutto ciò che ci e' stato chiesto, rimodulando secondo le indicazioni il piano di attuazione regionale per l'impiego dei quattro miliardi e 93 milioni di euro destinati alla Sicilia''.
"Con Micciche' (il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, ndr) ci sono molte sintonie, ma non solo con lui. Ci sono con tanti uomini e donne che si stanno battendo perche' in Italia si parli di Mezzogiorno, di una questione meridionale che era stata archiviata o derubricata a questioni di criminalita' o inefficienza. La posta in palio e' importante", Ha detto il presidente della Regione siciliana.
"Quando il presidente del Consiglio - ha aggiunto - mi dice 'faccio un piano straordinario per il rilancio Mezzogiorno, immediatamente ci impegnamo sui Fas', io non posso non registrare la svolta con favore, salvo poi non farsene nulla. Ad esempio, quando si riunira' il Cipe potrebbe essere affrontato il nodo del Fas, se non verrà fatto sollevero' l'argomento in sede europea".
Il governatore ha assicurato che con il sottosegretario Micciche' portera' avanti "questa questione del Sud. Io continuero' a dialogare con il governo". E sull'atteggiamento dei suoi parlamentari ha aggiunto: "Se fossimo stati 50 non saremmo stati costretti ad abbandonare l'Aula, avremmo potuto cambiare la politica del Governo".
E sottolinea: "Io non voglio un ministro per il Sud, se c'e' tanto meglio perche' serve a svolgere una funzione di sentinella all'interno dell'Esecutivo, io voglio un intero governo per il Sud, un presidente del Consiglio e un intero Parlamento per il Sud, o meglio per un'Italia che si accorga che Mezzogiorno ha bisogno di una mano, perche' superando il divario cresce l'intero Paese, non solo la Sicilia o la Calabria" ha detto il presidente della Regione siciliana.
In serata l ministro dell'Economia Giulio Tremonti rimarca:"La questione meridionale è una questione nazionale. Va affrontata mettendo i soldi, e ci sono, e mettendo una politica che non può essere segmentata regione per regione". Il problema del Mezzogiorno "non credo sia un problema di fondi pubblici", aggiunge il ministro secondo cui sarebbe necessario riaprire la Cassa del Mezzogiorno: "se dipendesse da me rifarei la Cassa per il Mezzogiorno. Non vedo alternative", conclude Tremonti.

http://www.adnkronos.com/IGN/News/Politica/?id=3.0.3596015389

mercoledì 29 luglio 2009

Il Dpef passa alla Camera Tremonti: nessun declino


La Camera ha detto sì alla risoluzione targata Pdl e Lega sul Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2010-2013 e, al Senato, il ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha tranquillizzato: “L’Italia non è in declino”. I voti a favore sono stati 254, 233 quelli contrari. Due deputati si sono astenuti. La risoluzione chiede impegni al governo per contenere il debito pubblico, per le infrastrutture per il Sud, per approvare entro novembre il ddl sulla riforma di bilancio. Inoltre, si impegna l'esecutivo a trasmettere al parlamento le delibere del Cipe contenute nel Dpef, in modo che le commissioni competenti possano esprimere il parere come richiesto per legge. "Scelta razionale e prudente" - Il ministro dell'Economia, durante il suo intervento in Senato dove dovrà transitare il documento, ha spiegato che “la scelta prudente e razionale di fiducia fatta da questo governo è la scelta che è stata oggetto del consenso nelle ultime tornate elettorali, è la scelta che questo governo intende continuare a fare”. Anche perché l'Italia “non è in declino”, il sistema economico “tiene” e va anche meglio rispetto ad altri paesi europei.Tremonti ha portato un esempio a sostegno delle sue parole: “Per la prima volta negli anni recenti la dinamica del deficit e del debito italiano è sotto la media europea e questi sono i numeri che si acquisiscono in Europa”. Sull’evasione ha incalzato: “Ma voi pensate davvero che un evasione fiscale, che è evidentemente presente e su scala di massa in questo paese, si possa contrastare senza mettere in campo i governi locali? Io credo l'Italia sia l'unico Paese che non ha finanza locale vera”. Finanza locale - Per il titolare del Tesoro “la finanza locale è fondamentale anche come principio di azione per battere l'evasione fiscale e su questo credo che sia fondamentale l'azione del governo, l'azione della maggioranza e anche l'azione dell'opposizione. Se volete davvero contrastare l'evasione fiscale serve anche l'azione dei governi locali, essendo che questo è uno dei differenziali che ci separano dal resto d'Europa”.Il Sud - Dal dibattito non poteva mancare il Mezzogiorno. Tra gli obiettivi prioritari dell'azione di governo si indicano “le opere strategiche per l'infrastrutturazione del Mezzogiorno d'Italia” con la presentazione di “uno specifico piano al fine di promuovere lo sviluppo e la competitività internazionale”. Inoltre, l'esecutivo dovrà “valutare” la possibilità di introdurre, tenendo conto delle compatibilità di finanza pubblica, “un sistema di fiscalità di vantaggio in favore delle imprese che investono nelle regioni meridionali”. Ma il Movimento per le autonomie ha presentato a sua volta una risoluzione in Senato: in particolare la mozione vuole impegnare il governo ad attuare “una profonda inversione di rotta sul piano degli investimenti economici e finanziari, restituendo al Mezzogiorno, in modo progressivo ma in tempi certi, le risorse sottratte negli ultimi anni”. Ed ecco che Salvatore Cuffaro, senatore dell'Udc, ha spiegato che “il Governo nell'ultimo anno ha cassato un miliardo e mezzo di risorse che il Mezzogiorno aveva già avuto, utilizzandole per l'ICI, ma promettendo di restituirle. Non si capisce, però, se, dove e quando ha intenzione di restituire quelle risorse”.

martedì 28 luglio 2009

Dl anticrisi, dalla Camera va al Senato Intesa nella maggioranza su modifiche


Roma - La Camera ha approvato il decreto anti-crisi con 285 voti favorevoli e 250 contrari. Il provvedimento passa ora all’esame del Senato, che ha già previsto sedute fino a domenica prossima per approvarlo nei tempi più stretti possibili. C osì, se da una parte il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, assicura che il testo subirà modifiche a Palazzo Madama, dall'altra il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, sale al Quirinale per un colloquio con il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. L’incontro potrebbe riguardare la possibilità di introdurre alcune modifiche al testo.
Modifiche, c'è l'accordo La maggioranza avrebbe concordato con il governo di apportare alcune modifiche al decreto anti-crisi. I punti in questione riguardano le norme sul trattamento fiscale delle riserve auree di Bankitalia; la revisione della norma che sottrae al ministero dell’Ambiente le autorizzazioni relative all’impatto ambientale nella costruzione di nuovi siti per la produzione di energia; infine la revisione della riforma della Corte dei Conti, entrata in questo decreto dopo essere stata stralciata da un precedente provvedimento.
Il nodo Prestigiacomo Il presidente del Consiglio ha spiegato che le modifiche dovrebbero contenere anche la richiesta del ministro Prestigiacomo. Per quanto riguarda la norma sulla tassazione del rendimento dell’oro, il capo del governo non va oltre un "stiamo lavorando". Nodi principale è proprio l’articolo 4 sull’energia con le competenze del ministero dell’ambiente sulle centrali. Il ministro all’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, si augura, infatti, che l’articolo 4 sarà modificato perché "è nell’interesse del Paese". e spiega: "Ho avuto la parola del Presidente del Consiglio e a me quella basta".
La tassa sull'oro Berlusconi non sa dire se Palazzo Madama metterà mano anche alla parte che riguarda la tassa sull’oro e, in particolare, a quello della Banca d’Italia, argomento sul quale si limita a dire: "Ci stiamo lavorando". La tassa sull’oro è stata, infatti, bocciata per due volte dalla Bce perché considerata lesiva dell’autonomia di Bankitalia. Non ha convinto Francoforte nemmeno la previsione che, per applicare la tassa a Bankitalia, serva il parere "non ostativo" della Bce. Un altro nodo del provvedimento - che introduce, tra l’altro, la terza sanatoria per i capitali detenuti illegalmente all’estero - riguarda la stretta alle indagini della Corte dei conti, che potrà aprire un’inchiesta per danni erariali solo "a fronte di una specifica e precisa notizia di reato".
Gli interventi per il Sud Durante l’esame del decreto è scoppiata la questione dei mancati interventi a favore del Mezzogiorno e relative minacce di uscita dalla maggioranza da parte dell’Mpa e dell’ala del Pdl che fa capo a Gaetano Micciché. Per smorzare le tensioni, Berlusconi ha annunciato un imminente piano del governo sul Mezzogiorno. Dovendo modificare il decreto, che dovrà quindi tornare in terza lettura alla Camera, non si può escludere che il governo ne approfitti per adottare primi interventi al sostegno del Sud.
Le misure economicheOltre allo scudo fiscale, il decreto contiene un pacchetto di misure a sostegno dell’economia, come gli sgravi fiscali su utili reinvestiti e aumenti di capitale delle pmi. Il provvedimento prevede anche la sanatoria a settembre su colf e badanti, la possibilità di mandare in pensione i dipendenti pubblici con 40 anni di contributi (anche figurativi) e il progressivo aumento dell’età pensionabile a partire dalle dipendenti del pubblico impiego.
Le accuse di Di Pietro Il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro, non perde occasione per prendersela con il capo dello Stato. Nella sua dichiarazione di voto in aula a Montecitorio sul dl anticrisi attacca nuovamente Berlusconi, sul fronte della tutela dei poteri della Corte dei Conti, e sollecita il Colle. L’ex pm ricorda che nel decreto "c’è uno scherzetto contro la Corte dei Conti che si vede ridotta i poteri di indagine perché questo governo i controlli non li vuole così come non vuole quelli della magistratura ordinaria". Ma, ricorda Di Pietro, "la Corte dei Conti è un organo di autogoverno che non deve subire decisioni dell'esecutivo".
L'affondo di Franceschini "Oggi si scrive un’altra pagina nera del Parlamento". Così il segretario del Pd, Dario Franceschini, ha esordito in aula alla Camera, nel corso delle dichiarazioni di voto. "Sono anni - ha ricordato Franceschini - che discutiamo di riforme costituzionali e di riforma dei regolamenti parlamentari per velocizzare la procedura legislativa: oggi voi lo avete brutalizzato. "Il sistema - ha proseguito il numero uno del Pd - è sempre lo stesso. Viene approvato dal Cdm un decreto in bianco e pubblicato solo 6-7 giorni dopo. Viene mandato alle Camere e inizia stancamente un dibattito che finirà con un maxiemendamento che raccoglie un pò di tutto umiliando il lavoro delle commissioni, alla faccia del requisito costituzionale dell’urgenza e dell’omogeneità di materia".

Il governo stanzia 18 miliardi per il Sud Ma l'evasione più alta è al Mezzogiorno


Il governatore siciliano Raffaele Lombardo è soddisfatto: il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha assicurato che il governo manterrà gli impegni nei confronti del Mezzogiorno, promettendo lo sblocco in tempi brevi dei Fas, i Fondi per le aree sottoutilizzate, per una cifra pari a 18 miliardi di euro da qui al 2013. Già si parla di un “Piano Marshall” per il Sud, ma lo stesso Lombardo ai sorrisi accompagna toni meno rassicuranti: “Naturalmente non molleremo la guardia: controlleremo affinché non si torni indietro”.Fondi, investimenti e crescita. Ma c’è un risvolto della medaglia preoccupante. Nell’articolo pubblicato su Libero oggi in edicola il vicedirettore Gianluigi Paragone scrive dell’inchiesta che ha portato alla scoperta di un’evasione fiscale di un miliardo ad Agrigento. Non si tratta di un caso isolato, basta dare un’occhiata ai dati raccolti dall’Istat nel periodo che va dal 1998 al 2002, sotto la voce “graduatoria dell’intensità dell’evasione regionale (base imponibile evasa / dichiarata)”.Sud evasore - Il podio della classifica è occupato da Calabria (93,89%), Sicilia (65,89%), Puglia (60,65%). Poco sotto, al quarto posto, c’è la Campania con un 60,55%. E sopra il 50% ci sono Sardegna (54,71%), Molise (54,61%) e Liguria (la prima regione del Nord a comparire nella graduatoria con il 50,29% di evasione fiscale).Le cinque “più virtuose” sono la Lombardia (13,04%), Emilia – Romagna (22.05%), Veneto (22,26%), Lazio (26,05%) e Friuli – Venezia Giulia (28,22%). Queste stime sono in molti casi vicine a quelle compilate sul 1993, nella graduatoria “evasione stimata per industria e commercio (reddito evaso / reddito totale)”: comanda la Basilicata con un 83,2%, al secondo posto c’è la Calabria (70,8%) e al terzo la Campania (64,2%). In fondo si piazzano Friuli – Venezia Giulia (23,3%), Trentino – Alto Adige (22,9%), Emilia – Romagna (20,1%), Piemonte (19,1%), Lombardia (13,1%).L’Agenzia delle entrate ha anche disegnato una particolare cartina dell’Italia, in base all’intensità dell’evasione Irap con una media dei dati sempre dal 1998 al 2002. L’intensità è alta nelle province campane, pugliesi, calabresi, siciliane, mentre è bassa in molte zone del Nord tra Lombardia, Emilia – Romagna, Veneto, Friuli – Venezia Giulia e Piemonte. Se quindi gli investimenti servono per far decollare l’economia, occorre ben altro perché l’aereo rimanga in volo.

Via libera della Camera al dl anticrisi. Il premier: "Al Senato ci saranno modifiche"


Roma (Adnkronos) - Il provvedimento è stato approvato con 285 voti favorevoli e 250 contrari. Da domani sarà all'esame di Palazzo Madama. Berlusconi non esclude che possano essere accolte le richieste del ministro dell'Ambiente Prestigiacomo e che anche la norma della tassa sull'oro possa essere rivista


Roma, 28 lug. - (Adnkronos) - Primo via libeara al dl anticrisi dall'aula di Montecitorio: il provvedimento è stato approvato con 285 voti favorevoli e 250 contrari. Da domani sarà all'esame del Senato.

"Vediamo, penso di sì...". Silvio Berlusconi non esclude che il decreto anticrisi oggi approvato alla Camera possa essere modificato quando approderà all'esame del Senato. Il Cavaliere si ferma a scambiare alcune battute con i giornalisti in Transatlantico a Montecitorio. E a chi gli chiede se verranno accolte anche le richieste del ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo replica: "Si', anche, vediamo".
In Transatlantico a Montecitorio, il Cavaliere non esclude che anche la norma della tassa sull'oro contenuta nel dl anticrisi possa essere rivista alla luce del parere negativo espresso dalla Bce. ''Stiamo lavorando'', dice il presidente del Consiglio senza sbilanciarsi. Poco prima di fermarsi con i cronisti, il premier ha avuto un colloquio alla buvette della Camera con il leader della Lega Umberto Bossi presente il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. A chi gli chiedeva se durante il breve incontro si fosse parlato di eventuali ritocchi al decreto a Palazzo Madama, il leader del Carroccio taglia corto: "Abbiamo solo preso una Coca cola e un panino...".
Dalla riforma delle pensioni per le donne della pubblica amministrazione allo scudo fiscale per il rientro dei capitali dall'estero, passando per la regolarizzazione di colf e badanti. Sono molte le novità introdotte nel passaggio del dl alla Camera. Mentre ulteriori 'aggiustamenti' potrebbero arrivare al Senato, con la modifica dell'ex articolo 4, per restituire le competenze al ministero dell'Ambiente su infrastrutture energetiche e ambientali. Potrebbero essere inoltre inserite le misure inizialmente entrate con il maxiemendamento sugli studi di settore, che non hanno avuto l'ok del presidente della Camera, Gainfranco Fini, perché non discusse nel passaggio del provvedimento in commissione.
Nel decreto legge sono contenuti interventi per le imprese e i lavoratori. Per le prime sono previsti sconti fiscali per gli utili reinvestiti nell'acquisto di macchinari e apparecchiature industriali. Per le pmi arriva lo sconto del 3% per gli aumenti di capitale fino a 500.000 euro e la moratoria sui crediti vantati dalle banche, per agevolare le scadenze dei pagamenti. Per i lavoratori, invece, è prevista l'estensione degli ammortizzatori sociali, anche nelle categorie attualmente escluse dalla cig. Tra le altre misure la sanatoria per le multe, la riduzione dei tempi per la riscossione di bonifici e assegni bancari. Mentre i rimborsi Alitalia per gli obbligazionisti vengono elevati al 70%. Tra i principali interventi per reperire le risorse necessarie al decreto, viene introdotta la tassa sulle plusvalenze dell'oro.

sabato 25 luglio 2009

Ora il Pdl sta diventando un partito e mette radici nella società

Prima che il Popolo della libertà si trasformasse da cartello elettorale in partito, il dibattito sulle sue prospettive politiche è stato scarso. Dopo il congresso fondativo, si è fatto via via sempre più sfuocato, forse in ragione dell’idea per cui il Pdl è la semplice proiezione organizzativa della maggioranza di governo. Un errore, perché dentro il centrodestra si sta silenziosamente realizzando quel processo di fusione tra culture politiche che è tappa necessaria per trasformare il «popolo» in «partito». Fino a oggi siamo stati abituati a pensare la cultura politica del centrodestra in termini plurali, come accostamento tra le precedenti tradizioni liberale, sociale e nazionalpopolare, socialista, cattolica e conservatrice. Il passo successivo, come mostra il successo di innovazioni come il New Labour o il sarkozismo, è quello di ripensare e ricostruire i propri pilastri identitari in termini di sintesi e superamento e non di sommatoria, sapendo che non sono sufficienti l’indicazione del leader e la stesura del programma elettorale. Questo sta accadendo, anche se in forma embrionale, e vale la pena darne conto.Partito nuovo, il Popolo della libertà ha davanti a sé due compiti che, in termini di analisi, diventano due sfide. Per prima cosa, la sfida organizzativa: passare da sommatoria delle classi dirigenti dei partiti che l’hanno formato a entità politica organizzativamente definita. L’ha rilevato anche Silvio Berlusconi alla direzione nazionale del partito: la priorità è quella del territorio, organizzazione, candidature, proposta politica. Il centrodestra, in particolare nel Mezzogiorno, terra eternamente contesa di consensi e per questo terra mobile nell’andamento delle preferenze elettorali, ha come imperativo quello di mettere radici solide nella società. Per far questo, e per evitare di ridursi a una miscela di pacchetti di voti che portano in dote le personalità politiche che lo compongono, un partito ha bisogno di strutture, militanti, sedi, processi di selezione e reclutamento di dirigenti chiaramente definiti, canali di dialogo istituzionalizzati con i corpi intermedi e i movimenti sociali. Un partito di questo genere dispone di un’apertura alla società molto superiore a ciò che consentivano i vecchi partiti di massa, e di una capacità organizzativa molto superiore rispetto al modello del partito «leggero» guidato dalle tecniche massmediatiche di marketing elettorale.La seconda sfida è quella più complessa, ma è decisiva: dare forma a una cultura politica originale, sufficientemente modernizzatrice e inclusiva per dare rappresentanza a un elettorato, quello del Pdl, frastagliato per orientamenti etici, bisogni sociali e specificità geografiche, come mostrano le analisi in profondità condotte negli ultimi anni. Nei mesi precedenti la costituzione del Pdl, Giulio Tremonti ha proposto la forma culturale del nuovo centrodestra, sulla base di uno scenario sociale, geopolitico ma anche ideologico profondamente diverso al 1994, quando nacque l’alleanza del Polo delle libertà. Oggi i centri di produzione culturale si sono moltiplicati, e così l’enfasi sulla sicurezza – individuale, sociale, lavorativa, ambientale – come parola-chiave di visione politica, così come il passaggio dal globalismo al ritorno degli Stati e delle nazioni, dal liberismo all’economia sociale di mercato, dalla semplice esaltazione dell’individuo alla valorizzazione delle comunità e dei corpi sociali, sono ormai metabolizzati come punto di partenza dell’elaborazione del Pdl. All’interno di questa cornice si stanno ridefinendo le antiche appartenenze culturali interne al centrodestra, chiamate a dare risposte su temi cruciali come l’identità nazionale, l’integrazione dei nuovi italiani, l’etica pubblica, il governo delle metropoli, il rapporto tra libertà e sicurezza e tra libertà economica, solidarietà e interesse nazionale. Prova ne sono la vivacità delle fondazioni vicine al Pdl e il dibattito intellettuale che ogni tanto si affaccia sui media. Prova ulteriore e recente, per passare a un altro piano, è il Libro bianco sul futuro del modello sociale italiano, La vita buona nella società attiva, elaborato da Maurizio Sacconi come spunto per una riforma personalista e sussidiaria del welfare fondata sul binomio persona-responsabilità. Lo slogan «La persona prima di tutto» proposto da Sacconi, e la valorizzazione della dignità della persona umana a fondamento del concetto di «laicità positiva» elaborato tempo fa da Gianfranco Fini, rappresentano un «nucleo ideale», ha scritto Luciano Lanna, su cui fondare una proposta culturale moderna e italiana che supera precedenti categorie della politica. Tant’è che il personalismo è diventato punto di raccordo culturale tra le esperienze del popolarismo cattolico, del socialismo riformista e della destra sociale. Non è un caso che Gianni Alemanno, in questi giorni, abbia chiamato in seminario a Orvieto Tremonti, Sacconi e La Russa con lo scopo dichiarato di aprire un cantiere di riflessione sugli «orizzonti di valore» del centrodestra. Segnali che il Pdl, senza necessità di commissioni, comitati, garanti e tutto quello che di solito ingessa il confronto culturale (come dimostra il caso del Partito democratico), si sta interrogando su un’identità politica non biodegradabile. Per un partito occupato negli affari di governo, non è poco.

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venerdì 24 luglio 2009

Immigrati, Maroni: "Ora politiche per integrare"


Orvieto - Dopo il primo anno di governo che nelle politiche dell’immigrazione ha posto l’accento "sulla tolleranza zero e sugli strumenti di contrasto", d’ora in avanti "vogliamo porre l’accento, accanto al rigore, sulle politiche di massima integrazione per chi viene a lavorare onestamente nel nostro Paese". Parlando a Orvieto, il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, annuncia "per fine settembre una conferenza sull’immigrazione che vogliamo sia lo spartiacque".
Il lavoro del Quirinale Maroni si dice "stufo" di dover dar conto, di doversi giustificare, per quanto l’Italia sta facendo in materia di immigrazione, visto che in realtà "è un lavoro eccellente" che meriterebbe di essere meglio conosciuto. Parlando ad un convegno organizzato a Orvieto dal sindaco di Roma Gianni Alemanno, Maroni auspica che "in Europa si conosca meglio quanto fatto sul territorio per favorire l’integrazione, con il lavoro di tantissimi sindaci e organizzazioni del volontariato". Maroni annuncia, inoltre, che a Milano a settembre si terrà una conferenza nazionale sull’immigrazione che "segnerà lo spartiacque tra quanto fatto finora in termini di tolleranza zero verso i clandestini e quello che si dovrà fare per favorire al massimo l’integrazione per tutti quegli immigrati desiderosi di lavorare onestamente in Italia e di contribuire allo sviluppo della nostra società".
Lo "zampino" dell'Ue "La verità - continua il titolare del Viminale - è che non siamo così cattivi come qualcuno ci dipinge". E ribadisce: "Sono stufo di essere chiamato, come governo italiano, a dover dare spiegazioni, nei primi dodici mesi c’è stata continuamente questa litania. Lettere e accuse, non c’è stato mai un rilievo, da parte della Commissione Ue, su norme in contrasto con le direttive Ue". "Vogliamo che si cambi musica", aggiunge Maroni scherzando: "Non sono la reincarnazione di Hitler che approva le leggi razziali, anzi ci rido sopra". "L’Italia ha il controllo dell’immigrazione clandestina dal mare ma non dalle frontiere in terraferma - conclude - Austria, Slovenia, Francia, Svizzera sono Paesi nei quali da qualche mese non ci sono più controlli per i flussi di immigrazione, se non per chi viene da fuori l’Unione Europea e presto entrerà a far parte dall’area Schengen anche la Romania che ha il controllo dei flussi dal Mar Nero. C’è un rischio reale di totale incapacità di eseguire i controlli dei flussi da queste aree".

Sanità, Cdm commissaria Campania e Molise


La gestione del comparto affidata ai governatori Bassolino e Iorio



Consiglio dei Ministri ha deciso il commissariamento del sistema sanitario in Campania ed in Molise, affidandone la gestione ai presidenti delle rispettive regioni. È quanto si apprende in ambienti governativi.La gestione della sanità, secondo quanto riferito da fonti governative, dovrebbe essere successivamente affidata a «sub-commissari» esterni alle rispettive amministrazioni. Nel frattempo avranno competenza sulla sanità i governatori di Campania e Molise Antonio Bassolino e Michele Iorio. Quest' ultimo è stato appena nominato commissario per la gestione del sistema sanitario regionale. A breve seguità l'ufficializzazione dell'altra investitura. La decisione di commissariare i sistemi sanitari trova conferma nel comunicato stampa ufficiale diffuso dalla presidenza del Consiglio dei ministri al termine della riunione. Il Consiglio dei ministri, si legge nella nota, «su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giulio Tremonti, d’intesa con il ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, Maurizio Sacconi, ha deliberato di nominare i presidenti delle regioni Molise e Campania, debitamente invitati alla riunione, commissari governativi per gli specifici obiettivi di attuazione dei piani di rientro della spesa sanitaria e degli effetti finanziari in essi previsti».

Università, pronti 525 milioni di euro Gelmini: più fondi agli atenei migliori


Roma - Più fondi agli atenei di qualità: per la prima volta in italia il metro di misura è la qualità. Oggi il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, ha infatti firmato un provvedimento che stabilisce che il 7% del Fondo di finanziamento ordinario, pari a 525 milioni di euro, viene distribuito in base alla qualità della ricerca e della didattica degli atenei. I due terzi di questo fondo sono assegnati in base alla qualità della ricerca, un terzo in base alla qualità della didattica. Ed eccoli gli atenei più virtuosi: in testa l'università di Trento e i politecnici di Torino e Milano.
Varato il pacchetto università Il Cdm vara il pacchetto Università: via libera quindi alla nuova Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario (Anvur). Le cui segnalazioni saranno determinanti per distribuire una parte del Fondo di finanziamento ordinario alle Università e agli Enti di ricerca tanto che gli atenei virtuosi riceveranno più fondi. Con il nuovo provvedimento il 7% del Fondo di finanziamento ordinario (525 milioni di euro) è distribuito in base alla qualità della Ricerca e della didattica. In particolare i due terzi sono stati assegnati in base alla qualità della ricerca, mentre un terzo in base alla qualità della didattica. Con le nuove misure del pacchetto università verrà inoltre "avviata una più coerente razionalizzazione dei corsi di laurea", che prevede "il taglio di quelli inutili". Misura che metterà un freno alla "proliferazione di insegnamenti" avuta negli ultimi anni, che "non rispondono alle reali richieste del mercato del lavoro".
L'eccellenza negli atenei Trento, secondo il ministero, "pur essendo un piccolo ateneo, è riuscito meglio di ogni altro a intercettare, attraverso propri progetti, i finanziamenti europei. I politecnici di Milano e Torino hanno conseguito risultati importanti su didattica, ricerca, capacità di autofinanziarsi, buone valutazioni degli studenti, presenza di molti progetti assegnati dal programma nazionale di ricerca". Quindi si meritano i premi monetari: in arrivo a Trento 6 milioni di euro in più, al politecnico di Milano 8 milioni. Ma è andata bene anche ad altri atenei: Bologna segna un più 5 milioni di euro, Padova un più 4. Meno finanziamenti, invece, sono destinati ad altre 27 università che non hanno raggiunto gli standard qualitativi previsti.A Foggia viene tolto 1 milione di euro, a Macerata 1,13 milioni. Mentre per Trieste, Firenze e Siena l’erogazione della quota di fondi vincolata alla qualità (pari al 7% del totale) è stata sospesa in attesa della presentazione di un piano finanziario di risanamento dei bilanci che attualmente risultano in rosso.
Tagliati i corsi inutili Negli ultimi mesi, è già stato tagliato il 20% dei corsi inutili e con questo provvedimento sarà possibile ridurli ulteriormente. Il provvedimento punta a una "coerente razionalizzazione dei corsi di laurea". Le misure prevedono "una definizione di più elevati requisiti di docenza per attivare i corsi di studio, al fine di ridurne la proliferazione e la disattivazione obbligatoria dei corsi di studio con basso numero di studenti. Si passa, quindi, alla limitazione alla proliferazione degli insegnamenti, attraverso l’individuazione del carico massimo di docenza che ciascun ateneo è complessivamente in grado di erogare, e alla limitazione alla frammentazione degli insegnamenti attraverso definizione del numero minimo di crediti per esame.


Sbloccati i concorsi da ricercatore Nuovi criteri più oggettivi basati su parametri internazionali per i concorsi da ricercatore all’università. In particolare si segnala come indicazione che ogni titolo scientifico sia valutato separatamente e specificamente, per evitare giudizi sommari e approssimativi. Viene inoltre richiesto, per i settori scientifici, il ricorso a valutazioni di indici oggettivi e a sistemi di valutazione internazionali (peer review). Si dovrebbero, in questo modo, ridurre i margini di arbitrio delle commissioni. Ancora, sono stati sbloccati i concorsi e date nuove regole per il reclutamento, con più trasparenza grazie al sorteggio. Con la direttiva firmata oggi dalla Gelmini si avviano le procedure per la formazione delle commissioni di concorso in base alle nuove regole per il reclutamento dei professori universitari e dei ricercatori. I concorsi banditi nelle due tornate nel 2008 erano stati sospesi dalle nuove norme che impongono le nuove e più trasparenti modalità di formazione delle commissioni. Si tratta di 1800 concorsi.
Il reclutamento dei professori Per quanto riguarda il reclutamento dei professori universitari, le commissioni che giudicheranno gli aspiranti professori universitari di prima e seconda fascia saranno composte, a differenza di quanto accade ora, da 4 professori sorteggiati da un elenco di commissari eletti a loro volta da una lista di ordinari del settore scientifico disciplinare oggetto del bando e da 1 solo professore ordinario nominato dalla facoltà che ha richiesto il bando. Si evita così il rischio di predeterminare l'esito dei concorsi e si incoraggia un più ampio numero di candidati a partecipare. Infine, le commissioni che giudicheranno i candidati al concorso saranno composte da 1 professore associato nominato dalla facoltà che richiede il bando e da 2 professori ordinari sorteggiati da una lista di commissari eletti tra i professori appartenenti al settore disciplinare oggetto del bando. La valutazione dei candidati avverrà secondo parametri riconosciuti anche in ambito internazionale.

giovedì 23 luglio 2009

Ecco chi tiene in piedi la persecuzione mediatica contro il Cavaliere

Prendete quanto è accaduto in un solo giorno, cioè ieri: 1) il gruppo editoriale Espresso ha denunciato Silvio Berlusconi - non viceversa -, depositando un esposto curato da Guido Rossi e Federico Grosso: ipotizzano i reati di diffamazione - non viceversa, ripetiamo - e di abuso d’ufficio e di cosiddetto market abuse; in sede civile il Cavaliere è stato citato anche per concorrenza sleale e boicottaggio. Tutto nasce da alcune dichiarazioni da lui rese il 13 giugno quando parlò di un attacco eversivo mosso da la Repubblica e invitò quindi gli industriali a non fare pubblicità su quel quotidiano. Carlo Federico Grosso, in particolare, ieri ha parlato di «attacco senza precedenti».
(Nota: l’associazione Bo.Bi, alias Boicotta il Biscione, è operativa dal 1993 ed è giunta a contare settanta sedi; proprio Repubblica, il 26 novembre 1993, pubblicò i numeri di telefono e di fax dell'associazione e rilanciò questo invito: «Smettiamo di comprare i giornali di Berlusconi e di fare la spesa nei suoi supermercati, ritiriamo la pubblicità dalle sue riviste e dalle sue televisioni, boicottiamo le sue reti tv». I recapiti del Bo.Bi. furono pubblicizzati anche a Il rosso e il nero di Santoro, sulla tv di Stato. Non risulta che «il Biscione» abbia mai denunciato nessuno. È un caso diverso? Forse è un caso diverso).
2) Beppe Grillo - personaggio che dobbiamo sforzarci di considerare un politico a tutti gli effetti in quanto fa liste, è presente in alcuni consigli comunali, fa alleanze con Di Pietro, si candida a segretario di altri partiti - ieri ha prospettato questa realistica dinamica politica: Patrizia D'Addario potrebbe corrispondere a un’emissaria della mafia per far inciampare Berlusconi come già accadde ad Andreotti col cadavere di Salvo Lima; le registrazioni del resto potrebbero essere finte, recitate; pare che stia nascendo questo Partito del Sud, come desiderato storicamente da Cosa nostra, e insomma ci sarebbero degli attriti tra mafia e centrodestra e Grillo li dipinge come se stesse ipotizzando una qualsiasi verifica di governo. Ne ha avute anche per Veltroni: «Un salvagente per Testa d’Asfalto (sarebbe Berlusconi, ndr) è in arrivo. Si chiama Topo Gigio Veltroni che si è proposto come osservatore esterno all’Antimafia. Proporrà una supercazzola al posto del papello e la mafia sarà sconfitta per sempre». Ripetiamo: Beppe Grillo è un politico a tutti gli effetti.
3) Essendo nati per soffrire, ieri c'è stata anche la conferenza stampa di presentazione del libro «Antonello Zappadu, l’Incubo di Berlusconi» scritto da Salvatore Zappadu, che è suo fratello. Il volume è stato presentato ieri. Zappadu, a proposito di sicurezza dello Stato e dintorni, è quello che ha fatto cinquemila scatti inquadrando Villa Certosa e se n'è fottuto di ogni legge sulla privacy. Durante la conferenza stampa, ieri, ha definito «impensabile» che la villa di Berlusconi possa essere «controllata da solo 180 uomini» e ha fatto una rivelazione molto precisa e circostanziata: «L’impressione che ricaviamo da tutta questa vicenda è che all’interno di queste foto ci siano delle situazioni che neanche noi possiamo capire, ma che non si vuole che vengano fuori». Il pene di Mirek Topolanek era venuto fuori benissimo: i preziosi fratelli Zappadu in ogni caso sono riusciti a spiegare che «non c’è niente di pruriginoso in questi scatti» - hanno smentito che ci siano foto di Berlusconi nudo - e infine hanno severamente sentenziato che «la vera notizia è che nel nostro Paese non si possono pubblicare foto-notizie». Topolanek, in effetti, seguita a celare la sua notizia nelle mutande.
4) In ultimo, a proposito di notizie e di mutande, c'è Peppe D'Avanzo di Repubblica: l'unico giornalista del mondo che riesce a scrivere «Berlusconi sapeva che Patrizia era una prostituta» nello stesso articolo in cui una registrazione spiega esattamente il contrario. Ieri l'ha fatto ancora: è il fuochista ufficiale, l'incaricato affinché la fiaccola delle ormai demenziali «dieci domande» arda in eterno. Ormai D'Avanzo passa le giornate a soppesare e a incrociare le uscite di Ghedini, di Noemi, di Berlusconi e della D'Addario con una seriosità e un linguaggio diviso tra la metodologia della ricerca storica e una richiesta di proroga delle indagini preliminari: continua a sudare articolesse come se la vita e la morte - di un governo, perlomeno - dipendessero realmente dall'esattezza di una frase di Berlusconi pronunciata a Porta a Porta, dal dettaglio che il premier sapesse o non sapesse o anche solo presumesse che Patrizia D'Addario nella vita era ciò che aveva stampato in faccia. Come se alcune uscite di Berlusconi - alcune delle quali assolutamente sconclusionate - fossero state non delle reazioni talvolta nervose e improvvisate a una campagna che è stata quello che è stata, ma dei giuramenti davanti alla Nazione e con la mano sulla Bibbia, come se fosse stato Clinton davanti al Congresso o a Kenneth Starr, non Berlusconi di fronte alle domandine demenziali di Peppe D'Avanzo.
Se ci fosse un complotto potrebbe essere davvero del centrodestra o di una parte del centrodestra, a questo punto: perché tutto non fa che favorire quel famoso clima di esasperazione e di inasprimento in cui potrà sguazzare chiunque voglia fare delle nuove leggi per esempio a difesa della privacy - e chi potrebbe opporsi? - o voglia rendere sin troppo liberticida la famosa normativa sulle intercettazioni, cui si sta stendendo una passatoia formidabile. Luca Sofri, un signore di sinistra che ha dispiacere di avere talvolta la mia stima, sul suo sito Wittgenstein.it ha centrato perfettamente il punto: dopo aver citato l'irrigidimento difensivo dei media pro-Berlusconi e l'inevitabile chiusura a riccio della maggioranza di governo – lui naturalmente ha usato termini molto più duri dei miei - si è infine chiesto: «Non è che questa escalation ha a che fare anche con la battaglia di informazione su Villa Certosa, le escort, eccetera? Non è che i giornali di opposizione stanno alzando il livello dello scontro, e la maggioranza risponde dichiarando lo stato di guerra, e ci andiamo di mezzo tutti?». Oh, ci siamo arrivati.

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mercoledì 22 luglio 2009

Anche lo scontro politico dovrebbe avere dei limiti

Anche allo scontro politico dovrebbe esserci un limite. Almeno in democrazia. Invece non è così. Da mesi il gruppo editoriale L’Espresso-Repubblica ha intrapreso una campagna di aggressione sul piano personale contro il presidente del Consiglio che non ha precedenti nell’Europa del dopoguerra. Insinuatisi nella vita privatissima di Berlusconi, i giornalisti (coadiuvati da illustri commentatori ed opinionisti, perfino da raffinati politologi) sul libro-paga dell’ingegner Carlo De Benedetti, quotidianamente, dal maggio scorso, ci propongono particolari politicamente irrilevanti sulle presunte attività amatorie e sui gusti sessuali del premier al solo scopo di screditarlo e costringerlo alle dimissioni, non avendo sortito l’effetto sperato le inchieste giudiziarie e, soprattutto, gli sgangherati appelli al popolo da parte dei suoi oppositori. Se non ci sono riusciti fin qui, difficilmente ci riusciranno in futuro, per la semplice ragione che il loro disperato tentativo s’infrange sulla scogliera dell’indifferenza degli italiani ai quali, giustamente, importa poco sapere con quali e con quante donne si accompagna Berlusconi o come impiega il suo (scarso) tempo libero.
Dal momento in cui il “caso Noemi” è esploso con il fragore innocuo di un fuoco d’artificio a quando una procace escort barese ha messo in piazza le performaces erotiche del Cavaliere, consumate in una notte bollente a Palazzo Grazioli (e non a Palazzo Chigi), non ci sembra che l’Italia e le istituzioni pubbliche siano state risucchiate nelle sabbie mobili della politica gettando sconcerto e paura tra la gente, trasmettendo l’immagine di una società ormai preda della sindrome di Sodoma e Gomorra. Piuttosto, per una sorta di legge del contrappasso, è risultato di tutta evidenza l’impantanamento del gruppo editoriale che ha scatenato la guerra mediatica. Intanto perché non ha ottenuto nessun apprezzabile risultato: la caduta del governo, per esempio. E poi perché, nello stesso torno di tempo, è venuto fuori che esso versa in pessime acque dal punto di vista economico-finanziario tanto da prevedere un numero considerevole di licenziamenti e di richieste di cassa integrazione. Innegabilmente il gruppo ha perso credibilità presso un pubblico che era abituato alle sue analisi, alla narrazione dei grandi eventi, alla ricostruzione dei retroscena politici e non al gossip volgare, ripetitivo fino all’ossessione, ai colpi di maglio sulla dignità di un uomo che è sì il capo del governo, ma non per questo è obbligato a subire un danno ingiusto non avendone egli creati al Paese.
L’incredibile vicenda rivela, al di là della pochezza di un giornalismo fatuo e violento al tempo stesso, come la lotta politica in Italia venga ormai finalizzata all’annientamento del nemico, con tutti i mezzi, tanto più efficaci se politicamente impropri, vale a dire più adatti a colpire la fantasia della gente, a costruire inguardabili mostri da additare al pubblico ludibrio. La visione che il gruppo L’Espresso-Repubblica trasmette ogni giorno occupandosi del privato (penalmente irrilevante) di Berlusconi è quella di una tirannide che non potendo essere sanguinaria è necessariamente viziosa e corrotta. E c’è chi, come il Pd al senato, facendo tesoro di tale visione, la raccoglie e la traduce addirittura in una bizzarra proposta di legge che, se approvata, autorizzerebbe non si sa bene quale pubblico ufficiale ad in filarsi tra le lenzuola dei potenti per giudicarne gli intimi comportamenti.
Un caso di costume, adeguatamente manipolato, diventa, dunque, indizio di un totalitarismo morbido giustificato da un orrendo moralismo giacobino, sostenuto – guarda caso – da chi ha costruito le proprie fortune politiche ed editoriali sulla esaltazione della cultura libertaria fino, in alcuni casi, a sposare l’anarchismo sociale come espressione di vitalità ed il libertinismo individuale.
La crudeltà politica sottesa alla creazione nell’immaginario collettivo del Grande Immoralista a cui nulla deve esse perdonato, legittima l’invocazione della gogna mediatica al fine di mondare la società dei comportamenti inaccettabili da lui commessi. E se dopo un lungo tempo nulla di quanto immaginavano i custodi della pubblica moralità si è verificato (fine di Berlusconi, dissoluzione del governo, elezioni anticipate, sdegno popolare) essi non mostrano di volersi arrendere perché la loro vocazione è quella di ergersi a coscienza critica di una nazione intera. Perciò chi ha messo in piedi una tale colossale opera di discredito non la ritiene esaurita e non vede nessuna buona ragione per fermare la macchina che macina il fango. Fu così anche al tempo del Terrore in Francia quando gli apostoli della “liberazione” si facevano guidare da una diabolica ossessione. Oggi, però, la rivoluzione è talmente meschina che non divorerà i suoi figli: li abbandonerà nel dimenticatoio, l’unico luogo che s’addice ai pennivendoli all’inseguimento di qualche puttana

martedì 21 luglio 2009

Scontro sul Dl anticrisi: il Pd lascia l'aula.


Roma - (Adnkronos) - L'ok delle commissioni Bilancio e Finanze della Camera al decreto che da domani passa all'esame dell'Aula. Il partito democratico contesta il voto in blocco, l'Udc si astiene. Mpa e Idv votano contro


Roma, 21 lug. (Adnkronos) - Via libera al dl anticrisi dalle commissioni Bilancio e Finanze della Camera, che da domani passa all'esame dell'Aula. Dati i tempi ristretti, si è deciso di riunire le questioni più importanti in un unico pacchetto da votare con un solo voto. Soluzione, questa, non gradita al Partito democratico, che in segno di protesta ha abbandonato le commissioni contestando il voto in blocco.


L'Udc si è astenuta mentre l’Italia dei valori ha votato contro. Pollice verso anche dall'Mpa di Lombardo, che si riserva di decidere stasera, in sede di direzione nazionale, se bocciare l'eventuale fiducia al governo in Aula. L'Mpa, che pure fa parte della maggioranza ha votato contro perché ritiene che ci sia stata una ''totale chiusura da parte del governo'' ad accogliere norme migliorative per il Mezzogiorno.
Tra le novità contenute nel pacchetto di proposte c'è lo scudo fiscale, la mini riforma delle pensioni con l'introduzione delle 'finestre mobili' e il graduale innalzamento dell'età per donne nel pubblico impiego, la Tremonti-ter con gli sgravi fiscali per il rafforzamento patrimoniale delle imprese, la moratoria sui debiti delle pmi e la regolarizzazione per colf e badanti. Entrano nel decreto anche la mini sanatoria per le multe contestate fino al dicembre 2004 e le risorse per la proroga delle missioni internazionali di pace. ormai scontato che il governo decida di porre la questione di fiducia.
Contro il proposito del governo di potte la questione di fiducia si schiera il leader del Pd, Dario Franceschini, che parla di un ''modo di svuotare il nostro sistema parlamentare, senza nemmeno dichiararlo''. Per il segretario del Pd, inoltre, "il governo continua a non avere una strategia per far fronte alla crisi".
"Continua a crescere sia il debito che il deficit, senza che il governo abbia minimamente affrontato i nodi della crisi che - avverte il numero uno del Pd - dopo l'estate, arriveranno al pettine: ci sono imprese che hanno difficoltà ad accedere al credito, abbiamo lavoratori che perdono il posto e passano all'improvviso a zero euro. Dire queste cose non è pessimismo, è dire la verità'', sottolinea Franceschini.
''Se avessimo avuto più coraggio, come si dice, avremmo fatto più deficit, avremmo aumentato i rischi e i costi per l'Italia. Non credo sia negli interessi degli italiani fare piu' deficit. Abbiamo fatto la politica che valutamo giusta e che da fuori si considera giusta'', afferma invece il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, nel corso dell'audizione sul Dpef delle commissioni Bilancio di Senato e Camera.
''Siamo convinti, e credo corrisponda alla convinzione della maggioranza degli italiani, che il governo italiano abbia operato in modo corretto e appropriato'' per affrontare la crisi economica. Un'impressione che trova conferma in Italia e all'estero. Se al governo ci fossero stati altri ''forse sarebbe stato diverso. Avrei la tentazione di dire che non abbiamo fatto grossi errori. Abbiamo fatto le cose possibili - rimarca il titolare del dicastero dell'Economia - e compatibili con la realtà in modo appropriato''.

VIA LIBERA A PIANO CASA, 100 MILA ABITAZIONI IN 5 ANNI


ROMA - "Con la firma del decreto da parte del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, si conclude l'iter procedurale per il concreto avvio del Piano Casa, che si prefigge l'obiettivo di realizzare centomila alloggi in 5 anni". A comunicarlo il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Altero Matteoli. La firma al decreto presidenziale fa seguito al parere favorevole sul Piano espresso dalla Conferenza unificata Stato-Regioni e dal Cipe.Il Piano, prosegue la nota, prevede interventi diversificati a seconda delle categorie interessate, disponibilità di finanziamenti pubblici e privati da utilizzare con procedure snelle, incentivi e agevolazioni fiscali. Gli alloggi saranno destinati sia in proprietà quali prima casa, sia in locazione a canone sostenibile e a canone sociale. Beneficiari del Piano Casa sono nuclei familiari a basso reddito, giovani coppie, anziani in condizioni sociali svantaggiate, studenti fuori sede, sfrattati, immigrati regolari a basso reddito, residenti da almeno 10 anni in Italia o da 5 nella stessa Regione. "Il governo - dichiara il ministro Matteoli - ha mantenuto un altro impegno del programma elettorale. Parte così la realizzazione di un ambizioso Piano di alloggi che avrà positive ripercussioni sociali e che amplierà l'offerta di lavoro nel settore delle imprese edilizie su tutto il territorio del Paese. Inizialmente si prevede un intervento di 200 milioni di euro che diventeranno 550 milioni con prossimi stanziamenti. Il Piano - sottolinea Matteoli - consiste in un insieme di interventi di edilizia residenziale pubblica, project financing, agevolazioni alle cooperative edilizie e un sistema integrato di fondi immobiliari, cui è devoluto uno stanziamento di 150 milioni di euro, che a regime si stima attrarrà investimenti per 3 miliardi di euro. Il tutto da attivare con la collaborazione anche finanziaria di Regioni ed Enti locali. Tra l'altro - conclude - è prevista la valorizzazione di aree demaniali con la loro riqualificazione urbana".

lunedì 20 luglio 2009

Giustizia, parte da Venezia la rivoluzione tecnologica.


Venezia - (Adnkronos) - Siglata un'intesa tra il ministro della Pubblica amministrazione Brunetta, dal Guardasigilli Alfano e dal presidente della Corte d'Appello del capoluogo veneto Romei Pasetti. Obiettivo, migliorare l'efficienza dell'apparato pubblico e ottimizzare le risorse personali oggi dedicate ad attività ancora scandite dai tempi della burocrazia cartacea. Il ministro della Giustizia: "Quando la digitalizzazione sarà compiuta avremo una grande svolta"


Venezia, 20 lug. - (Adnkronos) - Riduzione della durata dei processi civili, risparmio dei costi dovuti alle comuncazioni tradizionali e nel miglioramento dell'efficienza dell'apparato pubblico con la possibilita' di utilizzare meglio le risorse personali oggi dedicate ad attivita' ancora scandite dai tempi della burocrazia cartacea.


Sono questi gli obiettivi dell'intesa firmata oggi a Venezia dal ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta, dal ministro della Giustizia Angelino Alfano e dalla presidente della Corte d'Appello di Venezia Manuela Romei Pasetti e dai presidenti dei Tribunali e dei consigli degli Ordini degli avvocati di Bassano del Grappa, Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona e Vicenza per l'attuazione di programmi di innovazione digitale nel settore della giustizia.
I ministri Renato Brunetta e Angelino Alfano hanno spiegato che si tratta di un programma ambizioso che coinvolgendo la Corte d'Appello, i giudici e i Tribunali veneti, si propone il miglioramento dell'apparato giudiziario attraverso metodi di lavoro che sfruttino meglio le potenzialita' degli strumenti dell'Itc. Dunque, non soltanto tecnologia, ma anche soprattuto un programma di collaborazione per mettere a punto procedure previste dalle norme, ma che ancora non hanno trovato piena attuazione nella pratica corrente.
''La giustizia italiana avra' una grande svolta quando la digitalizzazione sara' compiuta'', ha detto il ministro della Giustizia, Angelino Alfano. Il Guardasigilli ha quindi sottolineato che ''il sistema giustizia avra' una grande spinta da tre grandi missioni che sono lo smaltimento progressivo dell'arretrato del contenzioso giudiziario nel nostro Paese. Appunto, la digitalizzazione della giustizia che permettera' una maggiore efficienza. E terzo, la civilta' della detenzione con la costruzione di nuove carceri''.

domenica 19 luglio 2009

Lavoro, nuovo patto con i giovani Anni in più e una pensione più alta


Roma - Mini-riforma o maxi-riforma? L’emendamento inserito a sorpresa dal governo nel decreto anticrisi presentato in giugno modifica, a partire dal 2015, le regole per il pensionamento di tutti: a partire da quell’anno, infatti, uomini e donne vedranno ritardare la loro uscita dal lavoro con un meccanismo automatico, legato alle aspettative di vita certificate dall’Istat. Ma se questo significa restare più a lungo al lavoro, vuol dire anche l’ottenimento di una pensione più alta. Vediamo in che modo, ma con un’avvertenza preliminare: la norma prevede che il dettaglio delle nuove regole sia emanato con decreto ministeriale entro il 31 dicembre 2014. Insomma, ci vorrà tempo prima di conoscere i particolari dell’operazione.
Come funziona il meccanismo. Fra sei anni, nel 2015 appunto, l’età per il ritiro dal lavoro non sarà più fissa, bensì legata all’aspettativa di vita. L’emendamento governativo prevede che in questa prima fase l’aumento dell’età pensionabile non possa superare comunque i tre mesi, a prescindere dalle rilevazioni ufficiali sulle speranze di vita. Se così sarà, l’età minima di pensionamento (considerata secondo gli «scalini» introdotti dall’ex ministro Cesare Damiano al posto dello «scalone») sarà di 61 anni e 3 mesi per i dipendenti, e di 62 anni e 3 mesi per gli autonomi. Ogni cinque anni, sempre con riferimento ai dati Istat sulle aspettative di vita, ci sarà una revisione. Se l’innalzamento delle aspettative sarà simile a quello degli ultimi anni (2-3 mesi per anno), allora il meccanismo automatico produrrà un aumento dell’età pensionabile di tre mesi per ogni anno del quinquennio. Ad esempio: 3 mesi per 5 anni, uguale 15 mesi. È ancora da capire se si potrà comunque andare a riposo con i 40 anni di contributi, a prescindere dall’età anagrafica.
I passi successivi al 2015. Come si è visto, nel 2015 l’aumento dell’età pensionabile non potrà superare comunque i tre mesi. Ma un lustro più tardi, nel 2020, si potrebbe andare in pensione fino a un massimo di 15 mesi dopo il previsto. Così, nel 2010, l’età pensionabile dei lavoratori dipendenti arriverebbe a 62 anni e tre mesi, mentre quella dei lavoratori autonomi raggiungerebbe i 63 anni e 3 mesi. Nel 2030 - dopo la terza revisione quinquennale - l’età potrebbe aumentare ancora fino a 64 anni e 3 mesi per i dipendenti e a 65 anni e 3 mesi per gli autonomi. Nel 2035 si arriverebbe a 65,3 anni per i dipendenti e a 66,3 anni per gli autonomi. Si tratta di previsioni da prendere con le molle. È infatti necessario che l’aspettativa di vita continui ad aumentare regolarmente per il prossimo quarto di secolo (e non è detto che questo avvenga, soprattutto in Italia dove già oggi è tra le più elevate del mondo).L’assegno sarà più pesante. Fatalmente, se si resta a lavorare più a lungo si pagano più contributi e si riceverà una pensione più alta. Nel sistema contributivo, l’ammontare della pensione è legato ai contributi versati, moltiplicati per il cosiddetto «coefficiente di trasformazione». La riforma Dini del ’95 ha previsto una revisione decennale dei coefficienti, a cui però i sindacati si sono sempre ferocemente opposti. Il motivo è evidente: se i coefficienti vengono rivisti al ribasso, anche a parità di contributi la pensione si riduce. Il sistema introdotto con l’emendamento Sacconi-Tremonti va in direzione opposta: si lavora di più, quindi la pensione aumenta (anche grazie al fatto che a fine carriera i contributi sono più «pesanti»). Ma di quanto crescerà la pensione? Ognuno fa caso a se, ma secondo le simulazioni di Milano Finanza-Progetica, si potrebbe andare da un minimo di una quarantina di euro a un massimo di oltre 300 euro, ma solo nel lontano 2043.Riforma per i giovani e per i mercati. Da tutto questo si comprende come i più interessati a questa riforma siano i lavoratori più giovani, in particolare quelli con meno di trent’anni. Qualcosa cambierà anche per i quarantenni, ma per i cinquantenni praticamente nulla cambia. Molto interessati all’intervento sulle pensioni sono i mercati internazionali. La «sostenibilità» dei sistemi pensionistici pubblici è fondamentale per i giudizi sulla solidità finanziaria di un Paese. Un automatismo che ritarda i pensionamenti non può che essere visto con grande favore.

Berlusconi, vertice ad agosto con i ministri in Abruzzo. Il premier: ''Villa Certosa? Forse la venderò''


Roma, 19 lug. (Ign) - Il Premier ribadisce il suo impegno per le zone terremotate confermando l'ipotesi di tenere a L'Aquila una riunione per rilanciare l'azione politica del governo: "Voglio che tutta la squadra sia sul posto per rendersi conto di persona di come stanno le cose''.


Roma, 19 lug. (Ign) - "Voglio che il vertice per la riorganizzazione dell'esecutivo si tenga a L'Aquila". Silvio Berlusconi ribadisce il suo impegno per le zone terremotate rilanciando dalle pagine del 'Corriere della Sera' l'ipotesi di tenere in Abruzzo un 'conclave' tra ministri capigruppo e coordinatori del Pdl per rilanciare l'azione politica del governo. "E lo confermo: voglio che tutta la squadra sia sul posto per rendersi conto di persona di come stanno le cose". Quanto al sindaco della città minaccia le dimissioni, il Premier non si scompone: "Sull'Abruzzo siamo assolutamente tranquilli. Stiamo preparando alloggi per 19 mila persone, due blocchi di villette a schiera, sarà una urbanizzazione con campi gioco, con il verde, vedrete, la gente si troverà bene e non si muoverà più da lì. Proprio oggi ho firmato l'autorizzazione all'acquisto di 4 lotti di mobili per 4.000 alloggi, e tutto sarà pronto per fine ottobre, massimo metà novembre. Quando prendo un impegno, lo rispetto".


Il Cavaliere parla da Villa Certosa, quel luogo violato dagli scatti non autorizzati dove è tornato, a sorpresa, dopo mesi di assenza e dopo aver detto agli amici più cari che non avrebbe passato più lì il suo tempo libero in quel luogo incantato: "Se venderò davvero questa villa? Mah, non lo so, devo pensarci... Vedremo. Quel che è certo - ride -, è che stamattina ho fatto il direttore dei lavori, perché qui ci sono molte cose da mettere a posto".
Berlusconi trova poi spunto anche per parlare dell'ordinanza del sindaco di Milano sul divieto di vendita e consumo di alcol ai minori di 16 anni che definisce un' "idea eccellente, spero venga ripresa da tutte le amministrazioni". "Quella della Moratti - afferma - è un'ottima iniziativa che potrebbe essere estesa a tutta Italia. Io sono estremamente preoccupato per l'uso sconsiderato che i giovani fanno dell'alcol, e infatti da tempo avevo in mente di agire per mettere rimedio a una grave emergenza. Per questo, ben vengano altre ordinanze da parte di sindaci di tutta Italia, avranno tutto il mio appoggio". Anzi, non si esclude che, come avvenne con il decreto antifumo dell'allora ministro Sirchia, anche stavolta il governo possa agire per legge ed estendere il divieto a tutto il territorio nazionale.
Infine un ulteriore elogio al lavoro svolto al G8 e ai passi compiuti sulla scena internazionale: "Mi fa veramente piacere constatare quanto successo abbia avuto, la scia di commenti positivi non si interrompe, avete letto quello che scrive l'Economist, no? E poi le telefonate che ricevo di complimenti per come tutto è stato organizzato al meglio, per i risultati ottenuti... Voi giornalisti non lo avete scritto, ma tutte le decisioni, tutte, sono state prese all'unanimità, e sono assolutamente convinto che i dossier andranno avanti. Altro che polemiche sui regali ai leader, che lo ribadisco, non sono stati pagati dallo Stato ma messi a disposizione dalle aziende. Quelli che arrivano sono davvero riconoscimenti importanti per il ruolo dell'Italia, che non nasce oggi: lo voglio ricordare, sono stato io a consigliare a Bush di intervenire per salvare le banche dopo il fallimento della Lehman Brothers...".

Pugno duro contro gli evasori fiscali: 2 miliardi riportati a casa e senza scudo multe fino al 120%


Roma - (Adnkronos) - Il direttore dell'Agenzia delle Entrate fa il punto sui risultati ottenuti quest'anno: "A fine 2009 sarà un miliardo in più rispetto all'anno precedente". E precisa: "Sì, noi abbiamo cambiato strategia ma soprattutto governo e parlamento ci hanno dato strumenti efficaci".

Roma, 18 lug. (Adnkronos) - "Non è vero" che l'evasione fiscale è esplosa. Certamente "è troppa", è "il problema dei problemi" che ad oggi vale "realisticamente 100 miliardi di euro", ma "nei primi sei mesi di quest'anno ne abbiamo riportati a casa "quasi due, 500 milioni in più rispetto al 2008". Attilio Befera, direttore dell'Agenzia delle Entrate smentisce le accuse dell'opposizione mettendo a confronto, in un'intervista al 'Corriere della Sera', i risultati dello scorso anno con quelli attuali.
"A fine 2009 - dice - avremo riscosso un miliardo in più sempre rispetto al 2008 e parlo di incassi. Gli accertamenti l'anno scorso sono arrivati a 20 miliardi, un record. Prima - rimarca - il fisco riusciva a recuperare il 3% di queste somme, oggi siamo al 10%. Ed è solo l'inizio". Perché questo cambiamento rispetto al passato? "Adesso - spiega Befera - il governo e il parlamento ci hanno dato strumenti efficaci. La spinta che c'è stata sull'adesione volontaria e sugli accertamenti sintetici, con i quali si verifica la capacità di spesa confrontandola con il reddito dichiarato, sta dando ottimi risultati. Poi abbiamo cambiato strategia anche noi, stiamo spingendo sulle indagini bancarie e sugli accertamenti mirati".
Il direttore dell'Agenzia delle Entrate difende poi lo scudo fiscale da quanti affermano che premi di fatto gli evasori: "Non è così - scandisce- perché lo scudo fa da cerniera con la stretta del decreto sui redditi nei paradisi fiscali, che salvo prova contraria sono considerati frutto di evasione. Poi è utile, aiuterà la capitalizzazione delle imprese in una fase di crisi in cui ne hanno bisogno". Riportare 100 milioni dalla Svizzera con lo scudo, fa sapere Befera, "costa 5 milioni. Non ha sanzioni, la dichiarazione è riservata ed esclude l'accertamento, sono sanati solo i reati di omessa o infedele dichiarazione fiscale". Se invece i 100 milioni restano in Svizzera e il Fisco li scova, l'evasore deve allo Stato "circa 40 mln di imposta, più la sanzione, anche questa raddoppiata, quindi 80 mln. Totale 120". Ma, avverte Befera, "di sicuro, prima o poi, i capitali illegali che restano all'estero, li troviamo".

giovedì 16 luglio 2009

Riforma Alfano, Mancino: "Indebite forzature"


Roma - Il Csm versa benzina sul fuoco delle polemiche. Alfano si arrabbia e gira le spalle. Mancino fa il pompiere e tenta di conciliare. "Il parere espresso dalla sesta commissione del Csm sulla riforma del processo penale, attualmente all’esame del Senato, non è una bocciatura, ma è un parere dialogante e condivisibile è il commento del ministro della giustizia Angelino Alfano quando mette in risalto che quello del Csm è solo un parere". Così il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, a conclusione del dibattito al plenum nel quale oggi è stato deciso il rinvio alla prossima settimana per l’esame del parere sulla riforma del processo penale.
Rinvio della votazione "Il rinvio a una riunione successiva del plenum del Csm è stato opportuno - ha detto Mancino - non solo per approfondire le valutazioni espresse in commissione, ma anche per distinguere il momento della formulazione del parere dal momento della risoluzione finale, che è quello della competente sede plenaria". Durante il plenum, il vicepresidente del Csm ha sottolineato: "I titoli di alcuni quotidiani parlano, con una indebita forzatura, di bocciatura della riforma del processo penale". Ricordando l’invito rivolto dal Capo dello Stato a non "dilatare i proprio spazi di intervento", Mancino ha anche aggiunto che "quando il plenum sarà chiamato a formulare il parere, alcune forzature andranno, a mio avviso, eliminate". Il vicepresidente ha anche evidenziato la necessità di affrontare il problema di un "limite temporale" affinché il parere del Csm non interferisca con l’attività parlamentare.

PENSIONI: COMINCIATO INCONTRO GOVERNO-PARTI SOCIALI

ROMA - E' cominciato a palazzo Chigi l'incontro tra il governo e le parti sociali sull'emendamento in materia previdenziale presentato ieri dal governo al decreto anti-crisi. La riunione è presieduta dal sottosegretario alla presidenza del consiglio, Gianni Letta. Presenti i ministri dell'Economia, Giulio Tremonti, del Lavoro, Maurizio Sacconi, e della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta. Per la Confindustria c'é il vice presidente, Alberto Bombassei, mentre la delegazione dei sindacati è composta per la Cgil da Morena Piccinini, per la Cisl da Maurizio Petriccioli, per la Uil da Domenico Proietti e per l'Ugl Maurizio Mollicone. L'emendamento prevede un aumento graduale dell'età pensionabile per le donne nel pubblico impiego a partire dal prossimo anno e dal 2015 per tutti l'età pensionabile legata all'aumento delle aspettative di vita.PENSIONI DONNE A 65 ANNI: UE, BENE ITALIA ATTESA NOTIFICABRUXELLES - La Commissione Europea "accoglie con favore" la proposta presentata dal governo italiano sull'innalzamento dell'età pensionabile delle donne del pubblico impiego a 65 anni. Lo ha detto una portavoce dell'esecutivo. "E' qualcosa che accogliamo con favore. Ora attendiamo la notifica formale", ha detto la portavoce. "Non abbiamo ancora ricevuto la proposta, quando la riceveremo la verificheremo". La portavoce ha sottolineato che con questa proposta l'Italia intende conformarsi alla sentenza della Corte di giustizia della Ue che ha chiesto all'Italia di mettersi in regola rispetto alle norme europee.IL GOVERNO VARA IL DPEF, LA CRISI SI ATTENUA. ARRIVA LO SCUDO FISCALEROMA - Alla Camera è 'giallo' sul doppio emendamento sullo 'scudo fiscale'. I relatori Chiara Moroni (Pdl) e Maurizio Fugatti (Lega) a metà mattinata presentano alle commissioni Finanze e Bilancio un testo che modifica il decreto anti-crisi nel quale si indicano quali saranno i reati che potranno beneficiare dello scudo fiscale e quali no. Ad una prima lettura ci si rende conto che potrebbero essere 'salvati' reati come il falso in bilancio, la bancarotta, il riciclaggio e la ricettazione. L'opposizione va su tutte le furie. Per il leader dell'Idv è il solito strumento per favorire "solo la casta piduista". Mentre per il capogruppo del Pd alla Camera Antonello Soro l'emendamento dei relatori "é senza pudore". Il segretario del Prc Paolo Ferrero chiede, quindi, al capo dello Stato di non firmare il decreto. Il capogruppo del Pd in commissione Giustizia Donatella Ferranti, invece, non ha dubbi: è una norma "buona solo per bancarottieri". Nel giro di poche ore dal ministero si fa sapere che la norma potrebbe essere corretta. "E' in arrivo una nuova formulazione dello scudo fiscale - avverte Marco Milanese, consigliere politico del ministro dell'Economia Giulio Tremonti - nessun reato sarà scudato tranne l'omessa dichiarazione e la dichiarazione infedele". E infatti, in commissione, i relatori presentano una nuova formulazione del testo. Nessun reato, per usare il termine di Milanese, potrà essere "scudato". L'emendamento sul punto adesso è chiarissimo. Non c'é più un elenco di reati 'buoni' e 'cattivi', ma un'unica puntualizzazione: saranno esclusi dall'applicazione del condono "i reati" (cioé tutti), "ad eccezione dei reati di dichiarazione infedele e di omessa dichiarazione". Qualche irregolarità, del resto, la si deve pure aver commessa per essere riusciti a portare dei soldi all'estero. Ma lo Stato, secondo il testo, chiuderà un occhio solo sui peccati più veniali quali la 'dichiarazione infedele' e la 'omessa dichiarazione'. Mentre dello scudo non potranno più beneficiare reati 'caldi' quali il falso in bilancio, la ricettazione, la bancarotta fraudolenta e il riciclaggio. Come si prevedeva, invece, nel primo emendamento. E' stato un "ripensamento repentino", ipotizzano nell'opposizione, forse dettato dal fatto che il provvedimento del governo deve ricevere il via libera anche dall'Europa. Un via libera sul quale Tremonti punta molto. Ed è difficile che da Bruxelles arrivasse l'ok a un testo che di fatto conteneva, per dirla con Di Pietro, una sorta di 'tana libera tutti' anche per i colletti bianchi. Il 'doppio emendamento', insiste Donatella Ferranti, dimostra che "questa mattina il governo c'ha provato, ha sondato il terreno e ha capito che non avremmo in nessun modo permesso l'introduzione di una norma d'inciviltà" a favore di chi ha portato i soldi all'estero e di chi si è macchiato di gravi reati come il falso in bilancio e il riciclaggio. "Sarebbe stata davvero una vergogna - incalza il responsabile Giustizia Idv Luigi Li Gotti - anche perché poi il 'pizzo' del 5% sul valore della merce 'rubata', cioé i proventi dello scudo, sarebbe andato ai terremotati dell'Aquila". Senza che i colpevoli di reati con pene fino ai 15 anni dovessero mai sostenere un processo. Su questo punto però la norma resta uguale sia nella prima, sia nella seconda versione dell'emendamento: la sanatoria, una volta pagata, non potrà più essere usata come prova (autonoma o aggiuntiva) in un processo a "a sfavore del contribuente".DPEF: TREMONTI, STABILITA' BILANCIO, RALLENTA CADUTAStabilità del bilancio pubblico, coesione sociale e credito. L'ultimo Dpef approvato dal consiglio di ministri (la riforma all'esame del Parlamento ne prevede l'abolizione), spiega il ministro dell'economia Giulio Tremonti, si muove lungo queste tre direttrici per contrastare e fronteggiare la crisi e risanare la finanza pubblica. Obiettivi perseguiti già dal precedente documento, rivendica Tremonti dove "si parlava di crisi" e "c'era già chiara la traccia politica di quello che avremmo e abbiamo fatto" con obiettivi che sono "stati raggiunti". Il ministro spiega come le "entrate tengono" come si vede dal dato sull'autotassazione e che il primo obiettivo, quello della stabilità del bilancio, che è un "bene costituzionale" é stato raggiunto e riconosciuto dalle istituzioni internazionali. Tremonti a chi gli contesta l'aumento dell'indebitamento ricorda come la crescita sia dovuta anche al pagamento dei debiti dello Stato verso le imprese che "i precedenti governi" come l'esecutivo Prodi non facevano e per questo "risanavano". Un sistema, a detta dello stesso ministro, che "in fondo alle imprese conveniva" perché percepivano un 11% di interessi ma poi quando è arrivata la crisi creditizia" le aziende si sono accorte che andavano in sofferenza. "I debiti vanno pagati - spiega - e per pagarli servono i soldi, se uno trova il modo per farlo e non aumentare l'indebitamento allora gli diamo il Nobel". Secondo quanto scritto nel Depf l'indebitamento netto, comprensivo delle misure una tantum e degli effetti ciclici, si dovrebbe attestare quest'anno al 5,3% per poi scendere al 5,0% nel 2010. Per quanto riguarda il debito pubblico, che nel 2008 si è attestato al 105,7%, salirà quest'anno di quasi dieci punti al 115,3%, toccherà il 118,2% nel 2010 per poi ridiscendere al 114,1% nel 2013. Per Tremonti il documento centra anche l'altro obiettivo: quello della coesione e della pace sociale, "fondamentale per la vita civile del paese e l'economia". La "spesa pubblica" in questi due settori, chiosa il ministro è "la migliore". In ogni caso "sull'occupazione quanto è stato messo da parte basta, se mancasse qualcosa mettiamo li" ha aggiunto riferendosi "ai 34 miliardi di euro per aiuti a chi è in difficoltà a causa della crisi" citati da Berlusconi. Altro tema è poi quello del credito, uno dei nodi su cui il ministro ha insistito di più negli ultimi mesi: per dare liquidità alle imprese "il governo non può sostituirsi al mercato" ma "può fare pressione per tenere un canale aperto a favore delle imprese. Abbiamo fatto quello che abbiamo potuto con i Bond che abbiamo concordato in un dialogo con l'Europa. Abbiamo fatto i rimborsi Iva e attuato le convenzioni sul sistema bancario. Dobbiamo iniziare la discussione sulla moratoria del credito". Domani è previsto un incontro sul tema con Confindustria e l'Abi.

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